Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, Joseph Stalin, Enver Hoxha 5 Classics of Marxism Comintern (Stalinist-Hoxhaists) http://ciml.250x.com Georgian Section www.joseph-stalin.net SHMG Press Karl Marx Press of thè Georgian section of Comintern (SH) - Stalinist-Hoxhaists Movement of Georgia V. I. LENIN Opere complete i 1893-1894 195 5 - Editori Riuniti - Roma II Edizione Proprietà letteraria riservata della S. p. A. Editori Riuniti Viale Rogìna Margherita, 290 - Roma, PREFAZIONE DELL’ISTITUTO MARX - ENGELS - LENIN ALLA IV EDIZIONE RUSSA Per decisione del Comitato Centrale del Partito comunista ( bolscevico ) delFURSS, l'Istituto Marx-Engels-Lenin presso il CC del PC (b) deirURSS pubblica una nuova edizione , la quarta, delle Opere complete di V.L Lenin . La prima edizione delle opere di Lenin, pubblicata per deci - sione del IX Congresso del partito bolscevico fra il 1920 e il 1926, constava di 20 volumi in 26 tomi (i volumi VII, XI, XII, XIV, XV III e XX si dividevano in due parti). Questa edizione fu il primo tentativo di raccogliere il legato letterario di Lenin . Non c'è da stupirsi che numerose fossero le omissioni: per esempio, non vi vennero inclusi molti articoli di Lenin pubblicati sui giornali bolscevichi Iskra, Vperiod, Proletari, Sozial-Demokrat, Zviezda, Pravda, e nella ripartizione in volumi non si seguì un criterio unico in quanto la distribuzione cronologica si alternava con quella tematica, e viceversa . In conformità con le risoluzioni del II Congresso dei Soviet deirURSS, del gennaio 1924, sulla pubblicazione delle opere di Lenin, nel 1925 vennero avviate una seconda edizione delle opere di Lenin, ed una terza, identica alla seconda per contenuto e di- stribuzione del materiale, ma più economica. Entrambe queste edizioni vennero completate nel 1932. Esse, rispetto alla prima, erano notevolmente più complete e ricche di materiali, tuttavia non erano esenti da difetti di fondo : numerose erano le omissioni, e talvolta ci si scostava dagli originali . Spesso la distribuzione in VI PREFAZIONE DEU.’lSTITUTO MARX-ENGELS-LENIN volumi era stata effettuata in base a caratteristiche esteriori e occa- sionali, le lettere erano state inserite senza un ordine pi'eciso e tra- scurando la successione cronologica, le appendici e i materiali infor- mativi redazionali vari occupavano da un quinto a un terzo di ogni volume e, in taluni casi, superavano per lunghezza la metà del testo . In queste edizioni si trovano anche « gravissimi e perico- losi errori politici nelle appendici, nelle note e nel commento ad alcuni voltimi » ( Risoluzione del CC del PC (b) dell'URSS : Sulla impostazione della propaganda di partito in connessione con la pubblicazione del « Breve corso di storia del PC (b) dell’URSS »). La quarta edizione si propone di eliminare i difetti delle edi- zioni precedenti e di pubblicare la raccolta più completa del legato letterario dì Lenin: essa infatti contiene, oltre le opere già com- prese nella seconda e terza edizione, gli scritti pubblicati in se- guito, in varie raccolte, sulla Pravda, sul Bolscevik, sulla Prole- tarskaia Revoliutsia e su altri organi di stampa. Essa comprende inoltre più di 5 00 documenti non inseriti nella seconda e nella: terza, per oltre 7 0 fogli di stampa. In questi nuovi materiali, che costituiscono un ulteriore completamento del grande patrimonio ideologico del marxismo-leninismo, figurano documenti di tutti i periodi della storia del partito bolscevico. La quarta edizione comprende uno dei primi lavori di Lenin, la nota relazione del rSyj A proposito della cosiddetta questione dei mercati, diretta contro il populismo e contro le prime mani- festazioni del « marxismo legale », che allora stava sorgendo. Com- prende anche nuovi documenti che caratterizzano l'attività di Le- nin nel periodo della vecchia Iskra, tra i quali ricordiamo: Parti- colo Sulla rivista « Svoboda », le tesi Anarchia e socialismo, la Tesi fondamentale contro i socialisti-rivoluzionari, e alcuni altri scritti diretti contro i socialisti-rivoluzionari. Fra i materiali del periodo della prima rivoluzione inseriti nella presente edizione si deve particolarmente segnalare l’articolo 1 nostri compiti e il Soviet dei deputati operai, scritto ai primi di novembre del /905, nel periodo in cui Lenin sviluppava il concreto programma d'azione del partito proletario nella fase decisiva della rivoluzione , quando l'insurrezione armata era giunta a ma- PREFAZIONE DELL’ISTITUTO MARX-ENGELS-LENIN VII turazione . In questo scritto, per la prima volta, Lenin definì i So- viet come organi dell'insurrezione che stava maturando, come embrioni del nuovo potere, organi della dittatura degli elementi rivoluzionari del popolo . Inoltre, sempre sul periodo della prima rivoluzione russa, la presente edizione contiene i seguenti documenti : Progetto di risolu- zione del III Congresso del POSDR a proposito degli avvenimenti nel Caucaso, la recensione del giornale Borba Proletariata, gli arti- coli La rivoluzione in Russia, I primi passi della classe operaia, Fra due battaglie, I compiti del partito operaio e i contadini, il manife- stino Primo maggio, un frammento del poscritto all'opuscolo Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica. Sono inclusi, con maggiore completezza rispetto alle edizioni precedenti, documenti degli anni della reazione che illustrano la lotta di Lenin contro i liquidatori di destra e di « sinistra ». Sono inclusi nuovi materiali — discorsi e progetti di risolu- zioni — che documentano la funzione dirigente di Lenin in seno alla riunione allargata della redazione del Proletari, nel igog, riu- nione che ebbe una funzione importante per V epurazione delle file bolsceviche da ogni sorta di rinnegati nel campo della teoria del marxismo e dai parolai piccolo-borghesi . Gli scritti ; Lettera aperta a tutti i membri del partito socialdemocratico, Sul rossore di ver- gogna del piccolo Giuda Trotski, e le lettere a membri del CC, compresi in questa edizione, lumeggiano una delle fasi deci- sive della storia del bolscevismo: la lotta di Lenin per la convoca- zione della Conferenza di Praga. Vengono anche pubblicati per la prima volta molti materiali del periodo dell'ascesa rivoluzionaria alla vigilia della prima guerra im- perialistica : Carte in tavola. Prima e ora, Partito illegale e lavoro le- gale, All’attenzione dei lettori del « Lue » e della « Pravda », Massa operaia e intellettuali operai e altri articoli, che costituiscono modelli di pubblicistica rivoluzionaria . Vengono anche pubblicate per la prima volta numerose lettere di Lenin alla redazione della Pravda, che documentano la concreta direzione della stampa bolscevica da parte di Lenin . I documenti del periodo della guerra imperialistica, e cioè le Vili PREFAZIONE DELL’ISTITUTO M ARX-EN OELS -LEN 1 N lettere, i progetti di risoluzioni, gli abbozzi di tesi, ecc., contentiti in questa quarta edizione lumeggiano i più importanti problemi del movimento internazionale operaio, la lotta di Lenin all'interno del - l'Unione di Zimmerwald e del gruppo zimmertvaldiano di sinistra per una linea marxista conseguente, internazionalista, nelle que- stioni della guerra, della pace e della rivoluzione. Inoltre, questa quarta edizione contiene i seguenti nuovi mate- riali che caratterizzano la preparazione del partito bolscevico alla Grande Rivoluzione socialista d'Ottobre: i documenti della Confe- renza d' Aprile, e cioè il discorso di Lenin sulla questione dei Soviet e le risoluzioni sulla guerra, sull' atteggiamento verso il governo provvisorio , sulla questione agraria, sulla revisione del programma del partito , sui Soviet dei deputati degli operai e dei soldati, sulla questione nazionale , sulla situazione politica del mo- mento . Inoltre viene pubblicata /'Introduzione alle risoluzioni della VII Conferenza (« Conferenza d’Aprile ») panrussa del POSDR (b), che Lenin pubblicò, assieme alle risoluzioni, sul giornale Soldatskaia Pravda nel maggio del iqij. I nuovi materiali sulla storia della Rivoluzione d'Ottobre comprendono anche una serie di articoli pubblicati in quel periodo sulla Pravda, articoli che ci offrono un esempio delle grandi doti di Lenin come agitatore : Sempre nuove menzogne, La solidità della catena dipende dalla solidità del suo anello più debole, Di chi ridete? Ridete di voi stessi!, Partiti dirigenti e partiti responsabili, Tutto il potere ai Soviet! La nuova edizione contiene anche il « quadernetto rilegato in az- zurro », vale a dire lo scritto di Lenin II marxismo a proposito dello Stato, dove sono raccolti i materiali preparatori per Stato c rivoluzione. I nuovi materiali del periodo posteriore all'Ottobre. inclusi in questa edizione — appunti , telegrammi, lettere personali, brevi progetti e schemi di decreti e decisioni, messaggi e appelli — ca- ratterizzano l'attività multiforme svolta da Vladimir Ilic per la direzione del primo Stato sovietico della storia, per l'organizzazione della difesa della patria socialista contro gli interventisti stranieri, contro l'attività controrivoluzionaria della borghesia e dei grandi proprietari fondiari, per la direzione dell'edificazione socialista . PREFAZIONE DELL’ISTITUTO MARX-ENGELS-LF.NIN IX La quarta edizione contiene , infine, un gran numero di docu- menti legati all’attività di Stalin e pubblicati in questi ultimi anni sulla stampa periodica e in varie raccolte di scritti di Lenin. Tali sono, per esempio, i documenti: Lettera a G.V. Stalin, del 27 dicembre 1912, Pieni poteri a G.V. Stalin per condurre negozianti con la Repubblica popolare ucraina, Nomina di G.V. Stalin a dirigente degli approvvigionamenti nella Russia meri- dionale, i telegrammi a Stalin dell’ 8 e dell’n giugno 1918, il telegramma a Stalin e a Dzcrgìnsbi del 14. gennaio 1919, i telegrammi a Stalin del 20 maggio 1919, del 16 e 19 febbraio 1920, la lettera a Stalin del 2 agosto 1920 e anche una serie di documenti di Stato e di partito, redatti in comune da Lenin e Stalin. Tutti questi materiali costituiscono un ulteriore testimo- nianza della collaborazione ideologica tra Lenin e Stalin , capi del partito bolscevico e del popolo sovietico, della loro attività quali di- rigenti del partito e dello Statò sovietico . Oltre alle opere citate, la quarta edizione contiene in vo- lumi separati i Quaderni filosofici, i Quaderni sulPimperialismo, i Quaderni sulla questione agraria e le Lettere ai familiari: un complesso di scritti che in passato erano stati pubblicati in volumi a sè e in opere scelte, ma non erano' stati compresi nelle seconda e nella terza edizione delle opere . Il testo di questa quarta edizione è stato nuovamente con- frontato con le fonti originali, e cioè con i manoscritti di Lenin, con le edizioni e le ristampe curate personalmente da Lenin, con gli articoli pubblicati su giornali e riviste mentre l’Autore era in vita, con gli stenogrammi da lui riveduti, ecc . A differenza della seconda e della terza, la quarta edizione pubblica il testo senza varianti . Nella distribuzione degli scritti e del carteggio di Lenin la quarta edizione segue l’ordine cronologico. Alcune deroghe non sostanziali al principio cronologico nella distribuzione dei mate- riali sono state fatte solo nei pochi casi in cui lo esigeva la necessità di conservare l’integrità e il legame organico fra le opere di Lenin. All’interno dei volumi tutti i materiali sono distribuiti secondo la X PREFAZIONE DELL'ISTITUTO MARX-ENGELS-LENIN data in cui sono stati scritti o pubblicati, i discorsi c i rapporti se- condo la data in cui sono stati tentiti. La ripartizione degli scritti di Lenin in volumi è stata effet- tuata in base alla perìodizzazione scientifica della storia del par- tito contenuta nella Storia del PC(b) dell’URSS. Breve corso. Le lettere e i telegrammi pubblicati da Lenin o da lui de- stinati alla pubblicazione sono inseriti nei vari volumi secondo lepoca in cui sono stati scritti o pubblicati. Le lettere non pub- blicate mentre Lenin era ancora in vita, sono contenute in vo- lumi a sè. Si. tratta di molte lettere già inserite in volumi della seconda e terza edizione, del carteggio tratto dai volumi XXV III e XXIX di queste edizioni e anche di lettere ancora inedite. Tutto il materiale contenuto nei due volumi del carteggio è stato di- sposto secondo un ordine rigorosamente cronologico , Il materiale informativo si limita alle notizie indispensabili per chi oggi voglia dedicarsi allo studio dell opera di Lenin, e si com- pone delle seguenti parti: i) una breve prefazione al volume ; 2 ) traduzione a pie di pagina dei termini e delle frasi in lingua stra- niera; 3) note contenenti notizie relative ai congressi, alle confe- renze e agli organi di stampa, la spiegazione degli' pseudonimi e dei soprannomi di partito e i riferimenti alle opere di Marx ed Engels citate da Lenin; 4) cronaca biografica dell Autore. In questa edizione viene tradotta in pratica nel modo piti completo la direttiva data da Stalin sin dal 1^23 in uno spe- ciale messaggio a nome del CC del partito bolscevico . Stalin sot- tolineava la necessità di raccogliere accuratamente e rendere pa- trimonio del partito e del popolo tutte le opere di Lenin, tutti i documenti e i materiali attestanti V attività svolta da Vladimir Uic Lenin per la creazione del partito bolscevico, la prepara- zione della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre, Vedifica- zione del primo Stato sovietico del mondo, la direzione del movimento rivoluzionario internazionale del proletariato . In que- sto messaggio era detto : « Non dobbiamo dimenticare che ogni più piccolo pezzo di carta contenente la firma 0 un osservazione di Lenin può costituire un immenso contributo allo studio della per- sonalità e deir attività del capo della rivoluzione mondiale, può aiu- PREFAZIONE DELL’ISTITUTO MARX-ENGELS-LENIN Xt tare a chiarire i compiti e le difficoltà che si ergono lungo il cam- mino su cui noi marciamo, diretti da Lenin ». Questa quarta edizione delle Opere è quindi l'edizione più completa del legato letterario di V. /. Lenin, il cui valore ideologico è inestimàbile . Il nome di Lenin, le sue opere , la sua dottrina vi- vranno nei secoli e nei millenni . Le idee e gli scritti di Lenin hanno educato e educano milioni di combattenti per il comuniSmo . La pubblicazione di questa nuova edizione costituisce un avvenimento di grande importanza nella vita ideologica del par- tito bolscevico e del popolo sovietico, è un nuovo passo avanti nella propaganda del marxismo-leninismo e nell’opera volta ad armare il nostro partito e i quadri intellettuali sovietici di un grande stru- mento ideologico nella lotta per il comuniSmo . L’Istituto Marx-Engels-Lenin NOTA DELL’EDITORE La traduzione del presente volume, che contiene le opere scritte da Lenin negli anni 1893-1894, è stata condotta sul primo volume della quarta edizione delle Opere complete di Lenin, pubblicato a Mosca nel 1941 (VA. Lenin, Socinenia, tom 1, Oghiz, Gosudar- stvennoie Izdatelstvo politiceskoi literatury, 1941). Il presente volume contiene quattro scritti di VA. Lenin (Nuovi spostamenti economici nella vita contadina, A proposito della cosiddetta questione dei mercati, Che cosa sono gli « amici del popolo» e come lottano contro i socialdemocratici?, Il contenuto economico del populismo e la sua critica nel libro del signor Struve), scritti che risalgono al periodo iniziale dell’ attività rivolu- zionaria di Lenin, ai primi anni della sua lotta per la creazione di un partito operaio rivoluzionario in Russia. In queste opere, dirette contro i populisti e i « marxisti legali », Lenin ci dà un’analisi marxista del regime sociale ed economico della Russia dello scorcio del XIX secolo, e formula le tesi program- matiche e i compiti della lotta rivoluzionaria del proletariato russo . Nella presente edizione, le note dell’autore ( non contrassegnate) e quelle della redazione italiana ( contrassegnate N.d.RJ sono col- locate a pie ' di pagina; le note dell’Istituto Marx -Engels -Lenin, op- XIV NOTA DELL’EDITORE portunamente adeguate alle esigenze d'informazione del lettore italiano, sono collocate in fondo al volume . Le citazioni dei testi di Marx ed Engels sono riportate dalle edizioni italiane più recenti, oppure , ove queste non esistano, sono state controllate sul testo tedesco e riferite alla più recente edizione tedesca, il volume è corredato da indici dei nomi, dei giornali e delle ri- viste e da un glossario dei termini russi o in altra lingua straniera conservati nella traduzione italiana. NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA (A proposito del libro di V. E. Postnikov L’azienda contadina nel mezzogiorno della Russia) 1 Scritto nella primavera 1893. Pubblicato per la prima volta nel 1923. ******* &r. , '-*>*- **•+** *e^. ■c.ZW^.r '* 5*^95 p 6 ***”* * ^Zz&eiC^, /Jjt/l. &«9 jyw/+j&) HfiOZ ig% r^^v r - Sf** « A^**^*+~~*^ J&A* - <-*£* <£* T*fJZ^r*^\JL+H ^ /? * y—s r * -* — — — - / » 47 l Am.f i+p /? 1^* *t~* «V^ **« - /C ^ % LJZ ' f? L ** I 1 * *^*«<*-**##*1 ^ * < vyWw^«~W' r^-jv^ ^ r Prima pagii^ del manoscritto dell’articolo ™ U0Vl spostamenti economici nella vita contadina I Il libro di V. E. Postnikov L'azienda contadina nel mezzogiorno della Russia , pubblicato due anni fa (Mosca, 1891, pp. XXXII + 391), è una descrizione straordinariamente particolareggiata e cir- costanziata deireconomia contadina dei governatori di Tauride, Kherson e Iekaterinoslav e, soprattutto, di quella dei distretti con- tinentali (settentrionali) del governatorato di Tauride. Questa de- scrizione si fonda, in primo luogo — e soprattutto — sulle inda- gini statistiche degli zemstvo nei tre governatorati suddetti; in se- condo luogo, sulle osservazioni personali fatte dairautore, in parte per incarico d’ufficio *, in parte con lo scopo specifico di studiare leconomia contadina nel 1887-1890. Il tentativo di mettere insieme le indagini statistiche degli zemstvo per un’intiera zona e di esporne i risultati in forma si- stematica presenta di per se un immenso interesse, perchè le stati- stiche degli zemstvo 2 offrono un materiale vastissimo e molto par- ticolareggiato sulla situazione economica dei contadini, ma in una forma tale che per il pubblico non hanno quasi alcun valore: le raccolte statistiche degli zemstvo costituiscono intieri volumi di tabelle (di solito a ogni distretto è dedicato un volume sepa- rato), il cui solo raggruppamento in rubriche abbastanza estese e chiare richiede un lavoro speciale. La necessità di raggruppare 1 dati delle statistiche degli zemstvo e di elaborarli si avverte ormai * L'autore ha svolto la sua attività come funzionario addetto al riordina- mento delle terre demaniali nel governatorato di Tauride. 2 * 4 LENIN da molto tempo, e recentemente è stata intrapresa a tale scopo la pubblicazione dei Risultati delle statistiche degli zemstvo. Il piano della pubblicazione è il seguente: si prende una determi- nata questione particolare, caratteristica delleconomia contadina, e con particolare cura si raggruppano tutti i dati relativi conte- nuti nelle statistiche degli zemstvo ; si mettono insieme i dati concernenti tanto le terre nere della Russia meridionale quanto, le terre non nere settentrionali, i governatorati esclusivamente agrì- coli e i governatorati industriali. Secondo questo schema sono stati compilati i due volumi già pubblicati dei Risultati ; il primo è dedicato alla « obsteina contadina » (V. V.), il secondo alle « affittanze contadine di terre fuori dei nadiel % (N. Karyscev) 3 . È lecito dubitare della giustezza di questo metodo di raggruppa- mento: in primo luogo, si son dovuti mettere insieme i dati che si riferiscono a diverse regioni economiche con condizioni eco- nomiche differenti (inoltre la singola caratterizzazione di ogni regione presenta enormi difficoltà, data l’incompletezza delle in- dagini degli zemstvo e l’omissione di molti distretti: queste dif- ficoltà si fanno già sentire nel secondo volume dei Risultati ; il tentativo di Karyscev di distribuire fra determinate regioni dif- ferenti i dati contenuti nelle statistiche degli zemstvo non è riuscito);, in secondo luogo, non è assolutamente possibile descri- vere separatamente un determinato aspetto delPeconomia conta- dina senza toccare gli altri; si deve artificiosamente staccare una de- terminata questione e si perde di vista il problema nel suo com- plesso. Le affittanze contadine delle terre fuori dei nadiel vengono staccate da quelle delle terre dei nadiel , dai dati generali sul rag- gruppamento economico dei contadini e sulla superficie dei semi- nativi; esse vengono considerate solo come una parte dell’azienda contadina, mentre costituiscono spesso un metodo particolare di conduzione delle terre di proprietà privata. Perciò, a mio avviso, sarebbe preferibile raggruppare i dati delle statistiche degli zemstvo per regioni determinate con condizioni economiche omogenee. NelPesporre di passaggio la mia opinione sul metodo più giusto di raggruppare le indagini statistiche degli zemstvo , opi- nione alla quale conduce il confronto tra i Risultati e il libro di Postnikov, devo tuttavia precisare che in realtà Postnikov non si NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 5 è proposto di fare una sintesi : egli colloca in secondo piano i dati numerici e cerca unicamente di dare completezza e rilievo alla sua descrizione. Nella sua descrizione l’autore si sofferma quasi con eguale attenzione sulle questioni di carattere economico, giuridico-am- ministrativo (forme del possesso fondiario) e tecnico (agrimen- sura, sistema di conduzione aziendale, raccolti), ma intende porre in primo piano le questioni del primo tipo. « Devo ammettere — dice il signor Postnikov nella Prefazione — che fermo la mia attenzione sul lato tecnico delPazienda contadina meno di quanto si sarebbe potuto fare, ma procedo così perchè le condizioni di carattere economico, a mio avviso, adempiono nell’azienda contadina una funzione più importante della tecnica. Sulla nostra stampa... comunemente si ignora l’aspetto economico... Si dedica un’attenzione molto scarsa allo studio delle questioni economiche fondamentali, auali sono per la nostra economia contadina i problemi dell’agronomia e dell’agri- mensura. Il presente volume dedica appunto maggiore spazio alla spiegazione di questi problemi, e in particolare di quello dell’agro- nomia » ( Prefazione , p. IX). Mentre condivido pienamente l’opinione dell’autore sull’im- portanza relativa delle questioni economiche e tecniche, intendo precisamente dedicare il mio articolo all’esposizione di quella sola parte del lavoro del signor Postnikov nella quale l’economia contadina viene sottoposta a indagine politico-economica *. Nella Prefazione l’autore caratterizza nel modo seguente i punti principali della sua indagine: « Il grande impiego di macchine nelle conduzioni contadine, ve- rificatosi negli ultimi tempi, e il sensibile aumento delle dimensioni dell’azienda nello strato dei contadini agiati segnano una nuova fase nella nostra vita agricola, il cui sviluppo riceverà senza dubbio # Questa esposizione non mi sembra superflua, perchè il libro del signor Postnikov, la cui pubblicazione costituisce uno degli avvenimenti più importanti nella nostra letteratura economica degli ultimi anni, è passato quasi inosservato. In parte, forse, questo si spiega con il fatto che Pautore, sebbene riconosca la grande importanza delle questioni economiche, le espone in modo troppo fram- mentario e appesantisce l’esposizione addentrandosi in altre questioni. 6 LENIN un nuovo impulso dalle difficili condizioni economiche di questo anno. La produttività del lavoro contadino e la capacità lavo- rativa della famiglia crescono considerevolmente con Paumento delle dimensioni dell’azienda e con l’impiego delle macchine, il che finora è stato trascurato nel determinare la superficie che può essere lavorata da una famiglia contadina... «L’impiego delle macchine nell’economia contadina provoca cambiamenti sostanziali nelle condizioni di vita: riducendo nel- Pagricoltura la domanda di manodopera e rendendo ancora più sensibile per i contadini la sovrappopolazione nelle campagne, l'impiego delle macchine contribuisce ad aumentare il numero delle famiglie che, divenendo superflue per il villaggio, devono cercarsi il pane altrove e diventano praticamente dei senza terra. Nel medesimo tempo, permanendo gli attuali metodi agricoli e Pagricoltura estensiva, l’introduzione delle grandi macchine nelleconomia contadina eleva il tenore di vita dei contadini a un livello che sinora non era nemmeno possibile immaginare. Questa circostanza costituisce la garanzia che i nuovi spostamenti economici nella vita contadina hanno una forza. Rilevare e spiegare questi spostamenti fra i contadini della Russia meridionale è il compito immediato che si propone il presente volume » (Prefazione, p. X). Prima di passare a esporre in che cosa consistano, secondo l’autore, questi nuovi spostamenti economici, devo fare altre due precisazioni. In primo luogo, è stato osservato sopra che Postnikov pubblica dati relativi ai governatorati di Kherson, Iekaterinoslav e Tau- ride, ma per l’abbondanza dei particolari si distinguono solo i dati che si riferiscono alFultimo governatorato e, inoltre, non a tutto: l’autore non cita i dati sulla Crimea, le cui condizioni eco- nomiche sono alquanto differenti, e si limita esclusivamente ai tre distretti continentali, settentrionali, del governatorato di Tauride, vale a dire ai distretti di Berdiansk, Melitopol e Dnieprovsk. Io mi limiterò esclusivamente ai dati su questi tre distretti. In secondo luogo, il governatorato di Tauride è abitato, oltre che da russi, anche da tedeschi e bulgari, il cui numero, tuttavia, non è elevato rispetto alla popolazione russa: nel distretto di NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 7 Dnieprovsk ci sono 113 famiglie di coloni tedeschi su 19.586 fa- miglie, vale a dire appena lo 0,6 %. Le famiglie tedesche e bulgare nel distretto di Melitopol sono 2.159 ( = x *^74 “ 1 “ 2 ^ 5 Ì su 34*978, va ^ e a dire il 6,1 %. Infine, nel distretto di Berdiansk esse sono 7.224 su 28.794, va ^ e a dire il 2 5 %* Complessivamente, nei tre distretti ci sono 9.496 famiglie di coloni su 83.358, vale a dire circa 1 /s. Complessivamente il numero dei coloni è quindi molto mo- desto, e nel distretto di Dnieprovsk è addirittura insignificante. L’autore descrive particolareggiatamente l’azienda dei coloni, di- stinguendola sempre da quella dei contadini russi. Io ometto tutte queste descrizioni, limitandomi esclusivamente all’azienda dei contadini russi. Veramente, i dati numerici mettono insieme russi e tedeschi, ma l’inclusione di questi ultimi, dato il loro numero insignificante, non può modificare i rapporti generali, sicché è pienamente possibile caratterizzare, sulla base di questi dati, l’azienda contadina russa. Nel governatorato di Tauride la popolazione russa, che si è stabilita in questo territorio negli ultimi 30 anni, si distingue dai contadini degli altri governatorati russi solo per la sua maggiore agiatezza. In questa zona il possesso fondiario fondato sul Yobstcina è, secondo le parole dell’autore, « tipico e stabile» *; in una parola, se si prescinde dai coloni, l’azienda con- tadina del governatorato di Tauride non presenta nessuna diffe- renza radicale rispetto al tipo comune dell’azienda contadina russa. II «Attualmente — dice Postnikov — in qualsiasi villaggio di una certa importanza nella Russia meridionale (e lo stesso, pro- babilmente, si può dire della maggior parte delle località della Russia) i singoli gruppi della popolazione presentano situazioni economiche talmente diverse, che è estremamente difficile parlare di benessere di determinati villaggi considerati come un tutto unico e dare un’idea di questo benessere con cifre medie. Queste cifre medie indicano alcune condizioni generali che determinano la Solo 5 villaggi hanno possesso fondiario familiare. 8 LENIN vita economica dei contadini, ma non danno idea alcuna di quanto nella realtà siano eterogenei i fenomeni economici » (p. 106). Un po’ più avanti Postnikov si esprime in modo ancora più categorico : « Data la diversità del benessere economico — egli dice — è molto difficile stabilire quale sia il tenore di vita generale della popolazione. Coloro che attraversano rapidamente i grossi vil- laggi del governatorato di Tauride di solito traggono la conclu- sione che i contadini del luogo siano molto agiati; ma si può chia- mare agiato un villaggio se in esso la metà dei contadini è com- posta di benestanti e l'altra metà è permanentemente in miseria? E da quali indizi è determinata la relativamente maggiore o minore agiatezza di questo o quel villaggio? Qui, è evidente, non ba- stano le cifre medie che caratterizzano la situazione della popo- lazione di tutto un villaggio o di una regione per concludere che i contadini vivono nell’abbondanza. L’agiatezza dei contadini si può giudicare solo dall’insieme di molti dati, dividendo la popo- lazione in gruppi i> (p. 154). Può sembrare che in questa costatazione della differenziazione tra i contadini non vi sia niente di nuovo : in generale se ne fa menzione quasi in ogni opera dedicata all’economia contadina. Ma in realtà si menziona di solito questo fatto senza annettervi importanza, lo si considera non sostanziale o persino fortuito; si ritiene possibile parlare di un’azienda contadina tipica, carat- terizzandola con cifre medie; si discute l’importanza di varie mi- sure pratiche valevoli per tutti i contadini. Nel libro di Postni- kov si scorge una protesta contro simili modi di vedere. Egli sottolinea (e più di una volta) « l’enorme eterogeneità nelle condi- zioni economiche delle singole famiglie all’interno d eWobstcina » (p- 323), e si scaglia contro « la tendenza a considerare il mir conta- dino come un qualcosa di organico c di omogeneo, quale viene tut- tora concepito dai nostri intellettuali di città» (p. 351). «Le inda- gini statistiche degli zemstvo dell’ultimo decennio — egli dice — hanno chiarito che la nostra obstcina rurale non è affatto un’unità omogenea, quale appariva ai nostri pubblicisti degli anni set- tanta, e che negli ultimi decenni si è verificata in essa una dif- NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 9 ferenziazione della popolazione in gruppi il cui tenore di vita è molto diverso » (p. 323). Postnikov convalida la sua opinione con una grande quantità di dati sparsi in tutto il libro, e noi dobbiamo ora accingerci a raggruppare sistematicamente tutti questi dati, per verificare se questa opinione è giusta, per decidere chi abbia ragione, se abbiano ragione «gli intellettuali di città», che considerano i contadini come qualcosa di omogeneo, o Postnikov, il quale afferma che là varietà è enorme; e poi, fino a che punto arriva questa eterogeneità? impedisce essa di caratterizzare in generale l’azienda contadina sotto l’aspetto politico-economico, esclusivamente sulla base dei dati medi ? è in grado essa di modificare Fazione e l’influenza delle mi- sure pratiche nei confronti delle diverse categorie di contadini? Prima di riportare le cifre che ci danno la documentazione ne- cessaria per risolvere queste questioni, si deve osservare che tutti i dati di questo genere sono stati presi da Postnikov nelle raccolte sta- tistiche degli zemstvo relative al governatorato di Tauride. Da prin- cipio le statistiche degli zemstvo si limitavano, nei censimenti, a registrare i dati per obstcina , senza raccogliere i dati su ogni famiglia contadina. Tuttavia, ci si accorse ben presto che le fami- glie avevano situazioni patrimoniali differenti e si fecero i cen- simenti per fuoco: fu questo il primo passo verso una studio più approfondito della situazione economica dei contadini. Il passo successivo è stato l’introduzione di prospetti comparativi: muovendo dalla convinzione che le differenze patrimoniali tra i contadini all'interno àtWobstcina sono più profonde delle diffe- renze tra le varie categorie giuridiche dei contadini, gli statistici hanno incominciato a raggruppare tutti gli indici della situazione economica dei contadini secondo determinate differenze patrimo- niali, dividendo per- esempio i contadini in gruppi secondo la estensione dei seminativi, secondo il numero dei capi di bestiame da lavoro, secondo l’estensione dell’arativo dei nadiel per fuoco, ecc. Le statistiche degli zemstvo di Tauride raggruppano i con- tadini secondo l’estensione dei seminativi. Secondo Postnikov questo raggruppamento « sembra indovinato » (p. XII), perchè «nelle condizioni economiche dei distretti di Tauride l’estensione IO LENIN dei seminativi è Pindizio più sostanziale del benessere contadino » (p. XII). « Nelle regioni delle steppe della Russia meridionale — dice Postnikov — per il momento Io sviluppo fra i contadini dei mestieri non agricoli di qualsiasi tipo è relativamente irrisorio e Poccupazione principale della stragrande maggioranza della po- polazione delle campagne è attualmente Pagricoltura, imperniata sulla coltura dei cereali ». « Come testimoniano le statistiche degli zemstvo , nei distretti settentrionali del governatorato di Tauride il 7,6% della popolazione agricola locale esercita esclusivamente un mestiere non agricolo, e inoltre il 16,3% della popolazione possiede aziende artigiane ausiliarie presso la propria azienda agricola» (p. 108). In realtà, anche per le altre località della Russia, il raggruppamento secondo Pestensione dei seminativi sembra molto più giusto degli altri criteri di raggruppamento adottati dagli statistici degli zemstvo, per esempio quello secondo Pestensione dei nadiel 0 della superfìcie coltivabile dei nadiel per famiglia: da un lato, infatti, Pestensione del nadiel non indica direttamente la condizione economica della famiglia, perchè la sua superficie è determinata dal numero dei membri di sesso maschile della famiglia presenti, o che figurano nei registri della revisione 4 , e dipende solo indirettamente dalla situazione econo- mica del capofamiglia, perchè, infine, può darsi che il conta- dino non sfrutti la terra del suo nadiel, la ceda e, mancando di scorte, non abbia nemmeno la possibilità di sfruttarla. Dall’altro lato, se Poccupazione principale della popolazione è Pagricoltura, è indispensabile determinare la superfìcie del seminativo per calcolare la produzione, per accertare la quantità di grano che il contadino consuma, quella che acquista e quella che pone in vendita, perchè se non si spiegano questi problemi, un aspetto molto importante del- l’economia contadina rimarrà oscuro e non risulteranno chiari il carattere dell’azienda agricola e l’importanza di questa rispetto alle occupazioni ausiliarie, ecc. Infine, è necessario porre precisamente Pestensione del seminativo a base del raggruppamento, allo scopo di aver la possibilità di confrontare l’azienda familiare con la cosid- detta norma del possesso fondiario contadino e della conduzione agricola, con la norma alimentare ( Nahrungsflàche ) e lavorativa (Arbeitsflàche). In una parola, il raggruppamento per estensione NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 1 1 del seminativo sembra non solo indovinato, ma anche migliore e assolutamente necessario. In base all’estensione dei seminativi, le statistiche di Tauride ripartiscono i contadini in sei gruppi: i) contadini che non semi- nano; 2) contadini che seminano sino a 5 desiatine; 3) da 5 a io desiatine; 4) da io a 25 desiatine; 5) da 25 a 50 desiatine e 6) oltre 50 desiatine per famiglia. Nei tre distretti il rapporto fra questi gruppi secondo il numero dei fuochi è il seguente: Gruppi di contadini Berdiansk Distrett Mclitopol i Dnie- provak Superficie media del se- minativo per famiglia nei tre distretti (desiatine) * % % che non seminano 6,0 7,5 9,0 n seminano sino a 5 d. 12,0 11,5 11,0 3,5 » t da 5 a 10 d. 22,0 21,0 20,0 8,0 » » n 10 » 25 d. 38,0 39,0 41,8 16,4 » » » 25 a 50 d. 19.0 16,6 15,1 34,5 » » oltre 50 desiatine 3,0 4,4 3,1 75,0 Il rapporto in generale (queste percentuali riguardano tutta la popolazione, compresi anche i tedeschi) varia di poco esclu- dendo i tedeschi: così, l’autore calcola che in complesso nei distretti di Tauride il 40% dei contadini seminano una superficie limitata (sino a io desiatine), il 40% una superficie media (da io a 25 desiatine) e il 20% una superficie molto estesa. L’esclusione dei tedeschi riduce quest’ultima cifra di un sesto (si scende al 16,7%, vale a dire di appena il 3,3%), aumentando corrisponden- temente la percentuale dei contadini che seminano una superficie limitata. Per determinare in quale misura si differenziano questi gruppi, incominceremo dal possesso fondiario e dal godimento della terra. 12 LENIN Postnikov dà questa tabella (l’autore non ha calcolato la somma delle tre categorie di terre in essa indicate) (p. 145): Superficie media del eemìnatìvo per famiglia (desiatine) | Gruppi di contadini Distretto di Berdian 6 k Distretto di Melitopol Distretto di Dnieprovsk terre dei nadiel terre acquistate terre ^rese in aititto io complesso TS ■3 e e ‘u *13 V >- u V fi terre acquistate terre prese in affitto in complesso terre dei nadiel . terre acquistate terre prese in affitto in complesso che non seminano : 6,8 3,1 0,09 10 8,7 0,7 - 9,4 6.4 0,9 0,1 7,4 che seminano sino iSd. 6,9 0,7 0,4 8,0 7,1 0,2 0,4 7,7 5,5 0,04 0,6 6,1 » » da 5 a IO d. 9 - 1,1 10,1 9 0,2 1,4 10,6 8,7 0,05 1,6 10,3 » a » 10 a 25 d. 14,1 0,6 4 18,7 12,8 0,3 4,5 17,6 12,5 0,6 5,8 18,9 » » » 25 a 50 d. 27,6 2,1 9,8 39,5 23,5 1,5 13,4 38,4 16,6 2,3 17,4 36,3 » » oltre 50 d. L.7 31,3 48,4 116,4 36,2 21,3 42,5 100 17,4 30 44 91,4 Per distretto il Ir 1,6 5 21,4 14,1 1,4 6,7 22,2 11,2 1,7 7,0 19,9 «Queste cifre mostrano — dice Postnikov — che il gruppo dei contadini più agiati nei distretti di Tauride ha in godimento non solo dei nadiel più grandi, il che può dipendere dal fatto che le famiglie sono molto numerose, ma è anche nel medesimo tempo quello che più degli altri acquista e prende in affìtto terre » (p. 146 ). Mi sembra che in proposito si debba solo osservare che, quando si passa dal gruppo inferiore al gruppo superiore, la maggiore estensione dei nadiel non può essere completamente spiegata con l’aumento del numero dei componenti delle famiglie. Postnikov presenta la tabella seguente sulla composizione delle famiglie di- vise per gruppi nei tre distretti : NUOVI spostamenti economici nella vita contadina 13 ■ Numero medio dei componenti la famiglia Distretto di Bcrdiansk Distretto dì Melitopol Distretto di Dnieprovsk componenti di ambo i sessi lavoratori componenti di ambo i sessi lavoratori componenti di ambo i Beasi lavoratori ■ssana 0,9 D B che Geminano sino a 5 d. D B 1.0 B n » da 5 a 10 d. 5,6 1.2 5,3 1,2 5,4 1,2 » » » 10 a 25 d. 7,1 1,6 6,8 1,5 6,3 1.4 » » » 25 a 50 d. 8,2 1,8 8,6 1,9 8,2 1,9 » » oltre 50 d. 10,6 2,3 10,8 2,3 10,1 2,3 Per distretto 6,6 1.5 6,5 1,5 6,2 1.4 Dalla tabella risulta che la superficie del nadiel per famiglia au- menta dal gruppo* inferiore al gruppo superiore molto più rapi- damente del numero dei componenti di ambo i sessi e dei lavo- ratori. Illustriamo questo fatto ponendo eguali a 100 le cifre rela- tive al gruppo inferiore per il distretto di Dnieprovsk: 14 LENIN È chiaro che la superficie del nadid è determinata, oltre che dal numero dei componenti la famiglia, anche dalla condizione economica di quest’ultima. Se esaminiamo i dati sulla quantità di terra acquistata nei diversi gruppi, vediamo che acquistano terre quasi esclusiva- mente i gruppi superiori, con seminativi di più di 25 desiatine, e soprattutto quelli che possiedono seminativi di cospicue dimen- sioni, con 75 desiatine per fuoco. Di conseguenza, i dati sulla terra acquistata confermano interamente l’opinione di Postnikov sulla eterogeneità dei gruppi contadini. L’indicazione che, per esempio, l’autore dà a p. 147, quando dice che « i contadini dei distretti di Tauride hanno comprato 96.146 desiatine di terra », non caratte- rizza affatto il fenomeno: quasi tutta questa terra è nelle mani di un’infima minoranza, quella che già dispone dei nadid più estesi, i contadini « agiati », come dice Postnikov, che non sono più di un quinto della popolazione. Lo stesso si deve dire dell’affitto. La tabella surriportata contiene la cifra globale delle terre prese in affitto, tanto di quelle dei nadid quanto di quelle fuori dei nadid. Risulta che l’esten- sione della terra affittata aumenta regolarmente, di pari passo con l’agiatezza dei contadini e, per conseguenza, il contadino prende in affitto tanto più terra quanto più già ne possiede di propria, pri- vando in questo modo i gruppi più poveri della quantità di terra che è loro indispensabile. Si deve osservare che questo fenomeno è generale per tutta la Russia. Il professor Karyscev, traendo le conclusioni relative alle affittanze contadine di terre fuori dei nadid per tutta la Russia, almeno dove esistono le indagini statistiche degli zemstvo , formula la legge generale della dipendenza diretta dell’agiatezza del fitta- volo dall’estensione delle terre affittate *. Inoltre Postnikov fornisce cifre ancora più particolareggiate * Risultati dell’ indagine economica della Russia secondo i dati statistici degli zemstvo, voi II, N, Karyscev, Le affittanze contadine di terre fuori dei nadiel, Dorpat, 1892, pp. 122, 133, ecc. NUOVI spostamenti economici nella vita contadina *5 sulla distribuzione delle terre prese in affitto (terre fuori dei nadiel e terre dei nadiel prese insieme), che io cito qui sotto: Gruppi di contadini Dìatr. di Berdianek Distr. di Melitopol Distr.di Dnieprovbk seminativo seminativo seminativo 0 /° delle famiglie che prendono in affitto per fuoco prezzo di una desiatina .£ fl g s s v Ss « CU II per fuoco prezzo di una dcBiaLina o/0 delle famiglie die prendono in affi L Lo s o s c. prezzo di una desiatina che Beminano sino a 5 d. 10,7 2.1 11,0 14,4 3,0 5,50 25 2,4 15,25 » » da S » 10 d. I 33,6 3,2 9,20 34,8 4,1 5.52 42 3,9 12 I » » » 10 » 2S d. 57,0 7,0 7,65 59,3 7,5 5,74 69 8,5 4,75 » » » 2S » SO d. 60,6 16,1 6,80 80,5 16,9 6,30 88 20 3.75 » » oltre 50 d. [ 78,5 62,0 4,20 88,8 47,6 3,93 91 48.6 3,55 Per distretto 44,8 11.1 5,80 50 12,4 4,86 56,2 1 1 12,4j 4,23 Vediamo anche qui che le cifre medie non possono assolu- tamente definire i fatti: dicendo, per esempio, che nel distretto di Dnieprovsk il 56% dei contadini prende terre in affitto, diamo un’idea molto incompleta di questo affitto, perchè nei gruppi che (come verrà dimostrato in seguito) hanno una quantità insuffi- ciente di terra propria, la percentuale dei fittavoli è molto infe- riore, e cioè solo del 25% nel primo gruppo, mentre il gruppo superiore, che possiede già una quantità di terra del tutto suf- ficiente, ricorre quasi tutto all’affitto (il 91 %). La differenza del nu- mero delle desiatine prese in affitto per fuoco è ancora più con- siderevole: la categoria superiore prende in affitto 30-15-24 volte più di quella inferiore. È evidente che questo modifica anche il carattere stesso dell’affitto, perchè nella categoria superiore si tratta già di un’impresa mercantile, mentre in quella inferiore il ricorso all’affitto è probabilmente un’operazione provocata dalla dura necessità. Quest’ultima ipotesi è confermata dai dati relativi al canone d’affitto: risulta che i gruppi inferiori pagano la terra ad un prezzo più elevato, talvolta persino quattro volte maggiore i6 LENIN rispetto alla categoria superiore (nel distretto di Dnieprovsk). A questo proposito si deve ricordare come anche il fatto che il canone d’affitto aumenti nella misura in cui la superficie della terra presa in affitto diminuisce non è una particolarità del nostro meridione: il lavoro di Karyscev dimostra che questa legge è applicabile in generale. «Nei distretti di Tauride — dice Postnikov a proposito di questi dati — la terra viene presa in affitto prevalentemente dai contadini agiati che fra il nadiel e la terra propria hanno una quantità sufficiente di terra; in particolare questo si deve dire delFaffitto di terre fuori dei nadiel , cioè delle terre padronali e di quelle del demanio, che si trovano a una distanza maggiore dai centri abitati. In sostanza questo è del tutto naturale: per prendere in affitto le terre più lontane è necessario avere una quantità suffi- ciente di bestiame da lavoro, e i contadini meno agiati non nc hanno a sufficienza nemmeno per coltivare i loro nadiel » (p. 148). Non si deve pensare che una simile distribuzione dell’affitto dipenda dal fatto che la terra viene presa in affitto da singoli. Le cose non cambiano affatto quando la terra viene presa in affitto da un’associazione, e non cambiano per il semplice motivo che la distribuzione della terra viene effettuata secondo gli stessi prin- cipi, vale a dire « secondo il denaro che si ha ». «In base ai ruoli delle imposte della Direzione dei beni dema- nali — dice Postnikov — , nel 1890, nei tre distretti, su 133-852 de- siatine di terra del demanio cedute in affitto per contratto, le associazioni contadine avevano in godimento 84.756 desiatine di terra convenientemente situata, vale a dire circa il 63% di tutta la superficie. Ma la terra presa in affitto dalle associazioni conta- dine era goduta da un numero relativamente piccolo di capifami- glia e inoltre prevalentemente da contadini agiati. Il censimento degli zemstvo per fuoco mette in luce questo fatto con suffi- ciente risalto» (p. 150)*: * Postnikov non fornisce i dati dell’ultima colonna di questa tabella (risultati per i tre distretti). Egli osserva a proposito di qucsia tabella che « secondo le con- dizioni deiraffitto i contadini hanno il diritto di seminare solo un terzo della terra presa io affitto». Gruppi di contadini NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA •7 1 453 10057 7 7 007 7,657 . 4,0 68 , 4 5,3 6.7 4 ,36 44 307 ,00 10 .7 i8 LENIN «In questo modo — conclude Postnikov — nel distretto di Dnieprovsk il gruppo dei contadini agiati ha avuto in godimento oltre la metà di tutto l’arativo dato in affitto, in quello di Ber- diansk oltre i due terzi, e nel distretto di Melitopol, dove viene presa in affitto soprattutto la terra del demanio, persino più dei quattro quinti della superficie affittata. Il gruppo dei contadini più poveri (che seminano- sino a io desiatine) ha avuto comples- sivamente in tutti i distretti 1.938 desiatine, ovvero circa il 4% delle terre prese in affitto » (p. 150). L’autore cita poi numerosi esempi dì distribuzione diseguale della terra presa in affitto dalle associazioni, esempi che è superfluo riportare. A proposito delle conclusioni di Postnikov, secondo cui l’affitto dipende dall’agiatezza dei fittavoli, è estremamente interessante rilevare l’opinione opposta degli statistici degli zemstvo. Postnikov ha collocato all’inizio del libro il suo articolo Siti lavori statistici degli zemstvo nei governatorati di Tauride , Kher- son e lekaterinoslav (pp. XI-XXXII). Qui egli esamina fra l’altro il Compendio del governatorato di Tauride , pubblicato nel 1889 dallo zemstvo di Tauride, nel quale sono ricapitolati i risultati di tutta l’indagine. Nell’esaminare il capitolo di questo volume de- dicato all’affitto, Postnikov dice: « Nei nostri governatorati meridionali e orientali, dove c’è molta terra, le statistiche degli zemstvo hanno rilevato una per- centuale abbastanza considerevole di contadini agiati che, oltre al proprio ragguardevole nadiel, prendono ancora in affitto una quantità notevole di altra terra. L’azienda non intende qui sol- tanto soddisfare le esigenze della famiglia, ma anche ricavare una certa eccedenza, un reddito grazie al quale i contadini mi- gliorano i loro fabbricati, si provvedono di macchine, acquistano terre. Questo desiderio è abbastanza naturale e non contiene nulla di riprovevole, perchè in esso non si manifesta ancora nes- sun elemento kulak. [Effettivamente qui non ci sono elementi kulak, ma. senza dubbio, elementi di sfruttamento ci sono: pren- dendo in affitto una quantità di terra che supera di gran lunga il fabbisogno, i contadini agiati sottraggono ai contadini poveri NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA T 9 la terra loro necessaria per procurarsi i mezzi di sostentamento; ampliando la loro azienda essi hanno bisogno di manodopera sup- plementare e ricorrono all’assunzione di salariati]. Ma alcuni degli statistici degli zemstvo , considerando evidentemente come qual- cosa di illegittimo questi fenomeni della vita contadina, si sfor- zano di sminuirli e di dimostrare che Paffuto contadino dipende soprattutto dal bisogno di mezzi di sostentamento e che, se i contadini agiati prendono in affitto molta terra, tuttavia la per- centuale di questi fittavoli diminuisce costantemente con l’au- mentare delle dimensioni del nadiel » (p. XVII); il signor Verner, compilatore del Compendio , per convalidare quest’opinione ha raggruppato secondo le dimensioni dei nadiel i contadini di tutto il governatorato di Tauride, che hanno 1-2 lavoratori e 2-3 capi di bestiame da lavoro. E’ risultato che « con le dimensioni dei nadiel diminuisce regolarmente la percentuale delle famiglie che prendono terra in affìtto e meno regolarmente la quantità di terra presa in affìtto per famiglia » (p. XVIII). Postnikov dice del tutto giustamente che un simile metodo non prova niente, perchè una parte dei contadini viene arbitrariamente distinta (solo coloro che hanno 2-3 capi di bestiame da lavoro), mentre vengono eli- minati proprio i contadini agiati, e inoltre non è possibile rag- gruppare insieme i distretti continentali del governatorato di Tau- ride e la Crimea, perchè le condizioni dell’affitto in essi non. sono identiche: in Crimea V 2 ' 3 / 4 della popolazione è senza terra( i cosid- detti desiatinstciì(t) y nei distretti settentrionali solo i> 3'4 % della po- polazione è senza terra. In Crimea è quasi sempre facile trovare terra da prendere in affitto; nei distretti settentrionale talvolta è im- possibile. È interessante osservare come gli statistici degli zemstvo di altri governatorati hanno compiuto gli stessi tentativi (certo, egualmente infelici) di occultare i fenomeni « illegittimi » della vita contadina, come l’affitto allo scopo di ricavare un reddito (cfr. Karyscev, op. cit.). Se, in questo modo, la ripartizione fra i contadini dell’affitto delle terre fuori dei nadiel conferma che tra le singole aziende contadine esistono differenze non solo quantitative (secondo che 3 • 20 LENTN prendono in affitto molta o poca terra), ma anche qualitative (se- condo che prendono in affitto per il fabbisogno familiare o per produrre per il mercato), a maggior ragione questo si deve dire dell’affitto delle terre dei nadiel. t Di tutti gli arativi dei nadiel — dice Postnikov — che i contadini hanno preso in affitto da altri contadini, il censimento per fuoco del 1884-1886 ha registrato in tre distretti di Tauride 256.716 desiatine, il che costituisce qui un quarto di tutta la terra arativa dei nadiel contadini; c non è stata compresa la superficie che i contadini danno in affitto a raznocintsy che vivono in cam- pagna, e anche agli scrivani, ai maestri, agli ecclesiastici, e ad altre persone di categorie non contadine, di cui non tien conto l’inchiesta del censimento per fuoco. Tutta questa grande estensione di terra viene presa in affitto quasi interamente dai contadini dei gruppi agiati, come dimostrano le cifre seguenti. 11 censimento ha regi- strato l’estensione dei seminativi dei nadiel che i capifamiglia hanno preso in affitto dai vicini: famiglie che seminano sino a io desiatine 16.594 des., cioè 6% » che seminano da io a 25 desiatine 89.526 des., cioè 35 % » che seminano oltre 25 desiatine 150.596 des., cioè 59 % T otale 256.716 des., 100% « La maggior parte di questa terra data in affitto, come lo stesso numero dei contadini locatori, appartiene al gruppo dei contadini che non seminano, che non hanno un’azienda e che seminano una superficie limitata. In questo modo, una parte notevole dei contadini dei distretti di Tauride (approssimativamente circa un terzo di tutta la popolazione), in parte perchè non vuole, ma nella maggioranza dei casi perchè non possiede il bestiame e l’inventario necessari per condurre la sua azienda, non sfrutta tutta la terra del suo nadiel , la dà in affitto e, in questo modo, NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 21 accresce la quantità di terra per l’altra metà, più agiata, dei contadini. La maggior parte dei contadini locatori appartiene senza dubbio al gruppo dei capifamiglia dissestati, in rovina » (PP- i 3 6 ' i 37)- Quanto sopra è confermato dalla seguente tabella relativa «a due distretti del governatorato di Tauride (per il distretto di Melitopol le statistiche degli zemstvo non forniscono dati), che indica la percentuale dei capi famiglia che affittano i loro nudici e la percentuale dell’arativo del nadiel che essi hanno dato in affitto» (p. 135 ): Gruppi di contadini | Distretto di Berdtansk | Distretto di Dnieprovsk | Ja S - a 9 5-8- 3 2 la Ij* li «■8 Ja 2 ^ «jS -3 a ■ 0 .SPg 0 * a 0 0 3-S tena dei nadiel data in affitto % che non seminano 73 97 80 97,1 che seminano sino a 5 desiatine 65 54 30 38,4 » » da S n 10 » 46 23,6 23 17,2 a a 1 10 9 25 a 21,5 8,3 16 8,1 a a a 25 a 50 a 9 2,7 7 2.9 » a oltre SO a 12,7 6,3 7 13,8 Per distretto 32,7 11.2 25,7 14.9 Dal possesso fondiario e dal godimento della terra da parte dei contadini passiamo alla ripartizione delle scorte. Per tutti e tre i distretti presi assieme, Postnikov fornisce i dati seguenti re- lativi al numero dei capi di bestiame da lavoro diviso per gruppi: 22 LENIN ! ! Gruppi di contadini | ! ! In complesso Per fuoco in media in complesso * famìglie che non hanno animali da lavoro n /o > n a buoi animali da lavoro ’B "a che non seminano .... _ 0,3 0,8 1,1 80,5 seminano sino a 5 d. 1 6.467 3.082 1,0 1,4 2,4 48,3 » da 5 a 10 d. . 1 25.152 8.924 1,9 2,3 4,2 12,5 » » 10 a 25 » 80.517 24.943 3,2 4,1 7.3 1.4 » » 25 a 50 » 62.823 19.030 5,8 8,1 13,9 D,1 » oltre 50 d. . . 21.003 11.648 10,5 19.5 30 0,03 In complesso 195.962 67.627 3,1 ! 1 4,5 j 7,6 Di per sè queste cifre non caratterizzano le categorie: questo sarà fatto in seguito, quando si descriverà l’attrezzamento tecnico dell’agricoltura e si raggrupperanno i contadini in categorie econo- miche. Qui osserviamo solo che la differenza tra i gruppi di conta- dini secondo il numero dei capi di bestiame da lavoro che essi pos- seggono è cosi profonda, che nei gruppi superiori troviamo molto più bestiame di quanto ne possa occorrere per la famiglia, e in quelli inferiori così poco (soprattutto bestiame da lavoro) che la conduzione autonoma dell’azienda diventa impossibile. Del tutto analoghi sono i dati relativi alla ripartizione delle scorte morte. « Il censimento per famiglia, che ha registrato le scorte contadine in aratri e buffer**, dà le seguenti cifre per tutta la popolazione dei distretti» (p. 214): || Famìglie ;L _ % Distretti il P rive di lj attrezzi per j| . Taratura ì Con un solo bukker che hanno aratri ccc. Bfrdìimsk ! 33,0 1 10,0 57,0 Mclitopol j 37,0 28,2 34,0 Dniriirovsk i! 39,3 7,0 53,7 * Ragguagliati al bestiame grosso. *• Aratro munito di un rudimentale dispositivo per la semina {N.d.R.). NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 23 Questa tabella mostra quanto è numeroso il gruppo dei con- tadini che non hanno la possibilità di condurre un’azienda auto- noma. La situazione esistente nei gruppi superiori si può vedere dai dati seguenti sulla quantità delle scorte spettanti per fa- miglia nei diversi gruppi secondo il seminativo: Gruppi di contadini Distretto di Berdiansk Distretto di Melitopol Distretto di Dnieprovsk mezzi di traspor- to (carretti, ecc.) j attrezzi (aratri e fru&Jker) mezzi di trasporto attrezzi mezzi di trasporto attrezzi che seminano da 5 a 10 d. 0,8 0,5 0,8 0,4 0,8 0,5 » » » 10 a 25 » 1,3 1,2 1 1 1 » » » 25 a 50 » ' 2,1 2 2 1,6 1,7 1,5 » » oltre 50 d. j M 3,3 3,2 2,8 2,7 2,4 Per quantità di scorte il gruppo più elevato supera di 4-6 volte quello inferiore (l’autore ha completamente scartato il grup- po sino a 5 desiatine di superficie a seminativo); per numero di lavoratori * esso, supera lo stesso gruppo 23/12 volte, vale a dire meno del doppio. Già di qui risulta che il gruppo superiore deve ricorrere all’assunzione di operai, mentre nel gruppo inferiore la metà delle famiglie è priva di attrezzi per l’aratura (N.B. Questo gruppo « inferiore » è il terzo dal basso) e, per conseguenza, non può condurre un’azienda autonoma. Naturalmente le sovraindicate differenze nella quantità di terra e di scorte condizionano anche le differenze nella esten- sione del seminativo. La quantità di seminativo spettante a ogni fuoco del sesto gruppo è stata riportata sopra. L’ammontare complessivo del seminativo dei contadini del governatorato di Tauride è ripartito fra i vari gruppi nel modo seguente: * Cfr. sopra la -tabella sulla composizione delle famìglie per gruppi. 24 LENIN Gruppi di contadini Desiatine di seminativo °/o che seminano sino a 5 d. 34.070 2.4 i 1 2 °/ 0 di aup. aem. per il 40 % a » da 5 a 10 m 140.426 9,7 f della popolazione » u » 10 a. 25 » 540.093 37,6 36 o/o di «up. sem. per il 40 °/ 0 della popolazione a » » 25 a 50 a 494.095 34,3 f \ 50 di »up. «en». per il 20 °/ 0 1 della popolazione a » oltre 50 » 230.583 ' 16,0 In complesso 1.439.267 100 o/o Queste cifre sono di per se eloquenti. Occorre solo aggiungere che Postnikov considera (p. 272) 16-18 desiatine di seminativo per fuoco la superficie media sulla quale una famiglia può vivere di sola agricoltura. Ili Nel capitolo precedente sono stati raggruppati i dati che carat- terizzano il grado di agiatezza dei contadini e le dimensioni delle loro aziende nei vari gruppi. Ora si devono raggruppare i dati che definiscono il carattere delle aziende dei contadini dei diversi gruppi, il metodo e il sistema di conduzione aziendale. Soffermiamoci prima di tutto sull’affermazione di Postnikov secondo cui « la produttività del lavoro contadino e la capacità lavorativa della famiglia aumentano sensibilmente con Taumento delle dimensioni dell’azienda e con l’impiego delle macchine» (p. X). L'autore dimostra quest’affermazione calcolando il numero dei lavoratori e dei capi di bestiame da lavoro per una determi- nata superficie di seminativo nei diversi gruppi economici. Inoltre, non è possibile adoperare i dati sulla composizione delle famiglie perchè « i gruppi economici inferiori inviano una parte dei loro componenti a lavorare come braccianti, mentre i gruppi superiori assumono braccianti» (p. 114). Le statistiche degli zemstvo di Tauride non indicano il numero degli operai assunti e di quelli inviati a lavorare a giornata, e Postnikov calcola questo numero NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 25 approssimativamente, partendo dai dati statistici degli zemstvo relativi al numero delle famiglie che assumono lavoratori e dal computo di quanti lavoratori sono necessari per una determinata superficie di arativo. Postnikov riconosce che i dati calcolati in questo modo non possono avere la pretesa di essere compieta- mente esatti, ma egli pensa che in base ai suoi calcoli può variare notevolmente la composizione della famiglia solo nei due gruppi superiori, perchè negli altri il numero dei salariati è piccolo. Confrontando i dati surriportati sulla composizione delle famiglie con la tavola seguente, il lettore può controllare la giustezza di questa osservazione: Per i tre distretti del gover net orato di Tauride 1 | Lavoratori | Per fuoco j 1 i . 'C Gruppi di contadini ■5 a s 8 a lavorare fu differenza £=? r* • 0 > m (compresi i salariati) che non seminano 239 1.077 — 838 4.3 0.9 » seminano sino a S d. 247 1.484 — 1.237 4.8 1.0 » » da 5 a 10 » 465 4.292 — 3.827 5.2 1.0 » » » 10 a 25 » 2.046 3.389 — 543 6.8 1.6 • » » 25 a 50 a 6.041 — + 6.041 8,9 2.4 » » oltre 50 » 8.241 - + 8.241 13,3 5 In completo 18.079 | 10.242 + 7.837 j — - Confrontando Tultima colonna con i dati sulla composizione delle famiglie, vediamo che Postnikov ha alquanto ridotto il nu- mero dei lavoratori nei gruppi inferiori e l’ha aumentato in quelli superiori. Siccome il suo scopo è di dimostrare che aumentando le dimensioni dell’azienda diminuisce il numero dei lavoratori ne- cessari per una determinata superficie di seminativo, di conse- guenza i calcoli approssimativi dell’autore attenuano piuttosto che accentuare questa diminuzione. Dopo questo calcolo preliminare, Postnikov presenta la seguente LENIN NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 27 delle caratteristiche dell’azienda nei diversi gruppi; in secondo luogo per la questione generale dei rapporti fra grande e piccola coltura. Molti autori hanno fortemente ingarbugliato quest’ulti- ma questione, e il motivo principale è stato il fatto che si sono confrontate aziende eterogenee, che si trovano in condizioni so- ciali diverse e differiscono per il tipo stesso di conduzione; sono state confrontate, per esempio, aziende in cui il reddito viene ri- cavato dalla produzione agricola con aziende in cui il reddito viene ottenuto sfruttando il bisogno di terra di altre aziende (per esempio, le aziende dei contadini e dei grandi proprietari fondiari nel periodo immediatamente successivo alla riforma del i86r ), Postnikov è lontano dal commettere quest’errore, e non dimentica la regola fondamentale che le grandezze da confrontare devono essere omogenee. L’autore, dimostrando in modo più particolareggiato la sua tesi nei confronti dei distretti di Tauride, in primo luogo cita i dati separatamente per ogni distretto; in secondo luogo separata- mente per la popolazione russa, vale a dire per il suo gruppo più numeroso, formato da ex contadini dello Stato (pp. 273-274): ■ Superficie di seminativo per paio di animali da lavoro (desiatine) nel distretti in generale nel gruppo degli ex contadini dello Stato Berd. Melit. Dniepr. Berd. I Melit. | Dniepr. che Beminano Bino a 5 desiatine 8,9 8,7 4,3 — _ | _ » » da 5 a 10 » 8,9 8,7 6.8 8,9 9,1 ! 6,8 » » » 10 » 2S » 10,2 10,6 9,7 10,3 10,9 ! 9,6 » » » 25 » SO » 11,6 12,4 12,3 12,3 12,8 ! 11,9 j » » oltre 50 » 13,5 13,8 15,7 13,7 1 14,3 i 15 In media 10,7 1 11.3 10,1 — — | — La conclusione è identica: «in un’azienda di piccole dimen- sioni la percentuale di animali da lavoro necessaria per un deter- minato seminativo è di iJ 4-2 volte superiore a quella che occorre 28 LENIN per la stessa superficie in un’azienda contadina « completa ». Il censimento per fuoco rivela che la stessa legge è valida anche per tutti gli altri gruppi più piccoli: per gli ex contadini dei grandi pro- prietari, per i fittavoli, ecc., e in tutte le località della zona, persino nelle più piccole, limitate a un solo volost e persino a un solo vil- laggio » (p. 274). Il rapporto fra la superficie del seminativo e le spese per la conduzione non risulta favorevole alle piccole aziende nemmeno per quanto riguarda un altro genere di spese: la manutenzione delle scorte morte e il mantenimento del bestiame da reddito. Abbiamo visto sopra quanto rapidamente aumentino sia ram- mentare delle scorte che il numero dei capi di bestiame per fuoco, procedendo dal gruppo inferiore verso quello superiore. Se si calcola questo inventario per un determinato seminativo, si vedrà che esso diminuisce dal gruppo inferiore a quello superiore (p. 318): Per 100 desiatine di seminativo Gruppi di contadini bestiame da reddito (capi) aratri e bukker carretti che seminano sino a 5 desiatine 42 4,7 IO » » da 5 a IO » 28,8 5,9 9 » » » 10 a 25 » 24,9 6,5 7 » » » 25 a 50 » 23,7 1 4,6 5,7 » a oltre 50 » 25,8 3,8 ì 4,3 1 Per i tre distretti 25,5 5,4 6,5 «Questa tabella indica che con Taumento del seminativo per fuoco, diminuisce progressivamente la quantità delle scorte più importanti (mezzi di lavorazione e mezzi di trasporto) per una data superficie di seminativo, e perciò nelle aziende dei gruppi superiori la spesa per la manutenzione dei mezzi di lavorazione c dei mezzi di trasporto per desiatina deve essere relativamente minore. Il gruppo con seminativo sino a io desiatine per fuoco NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 29 rappresenta in un certo qual modo un’eccezione: esso ha un nu- mero relativamente inferiore di attrezzi da lavoro, rispetto al gruppo successivo con un seminativo di 16 desiatine per fuoco, solo però perchè molti non lavorano con inventario proprio, ma lo prendono in affitto, il che non riduce affatto le spese per l’in- ventario » (p. 318). « Le statistiche degli zemstvo — dice Postnikov — mostrano con incontestabile chiarezza che quanto maggiore è la dimensione dell’azienda contadina, tanto minore è, per una determinata su- perficie di seminativo, la spesa per la manutenzione dell’inven- tario, per il mantenimento della manodopera e l’alimentazione del bestiame da lavoro » (p. 162). « Nei capitoli precedenti è già stato indicato — osserva poi Postnikov — che nei distretti di Tauride questo fenomeno si ve- rifica per tutti i gruppi di contadini e per tutte le zone del luogo Questo fenomeno si manifesta anche, secondo i dati statistici degli zemstvo , nelle aziende contadine di altri governatorati, in cui Pagricoltura costituisce egualmente la branca principale dell’azien- da contadina. In questo modo, il fenomeno ha una vasta diffu- sione, e assume l’aspetto di una legge che acquista una grande importanza economica, perchè essa distrugge in misura consi- derevole il significato economico della piccola azienda agricola » (P- 3 1 3 )- L’ultima osservazione di Postnikov è piuttosto prematura: per dimostrare l’ineluttabilità dell’eliminazione delle piccole aziende da parte di quelli grandi non è sufficiente costatare i maggiori vantaggi di queste ultime (prodotti più a buon mercato); è ne- cessario anche stabilire la superiorità dell’economia monetaria (più esattamente: mercantile) su quella naturale, perchè nell’economia naturale, quando il prodotto serve al consumo personale del pro- duttore e non va sul mercato, il prodotto a buon prezzo non in- contrerà quello caro sul mercato e perciò non sarà in grado di eliminarlo. Del resto, su questo argomento parleremo più partico- lareggiatamente in seguito. Per dimostrare che la legge sopra stabilita è applicabile a tutta ■la Russia, Postnikov prende i distretti per i quali le statistiche degli zemstvo hanno raggruppato particolareggiatamente la popo- LENIN 30 lazione secondo il criterio economico, e calcola le dimensioni della superficie a coltivazione spettante per paio di animali da la- voro e per lavoratore nei diversi gruppi. Si ottiene la stessa con- clusione: «quando l’azienda contadina è di piccole dimensioni, una determinata superficie a coltivazione, per mantenere la forza lavoro, richiede 1 Vi- 2 volte di più di quanto non richieda la stessa superficie in un’azienda di dimensioni più considerevoli » (p. 316). Questo è vero sia per il governatorato di Perni (p. 314), che per quelli di Voroniez e di Saratov, come anche per quello di Cernigov (p. 315), di modo che Postnikov ha indubbiamente di- mostrato che questa legge può essere applicata in tutta la Russia, Passiamo ora alla questione delle « entrate e uscite » (cap. IX) dei diversi gruppi di aziende contadine e dei loro rapporti col mercato : « In ogni azienda che sia un’unità autonoma — dice Postnikov — la superficie territoriale è costituita dalle seguenti quattro parti: una parte produce le derrate alimentari sia per i lavoratori della famiglia che per gli altri lavoratori che vivono nell’azienda, e que- sta è, in senso stretto, la superficie alimentare dell’azienda; un’altra parte fornisce il foraggio per il bestiame che lavora nell’azienda, e può esser chiamata superficie foraggera. La terza parte è co- stituita dalla terra adiacente ai fabbricati, dalle strade, dagli sta- gni, ecc., e da quella parte della superficie coltivata che fornisce le sementi destinate a essere reimpiegate: la si può chiamare super- ficie aziendale , perchè provvede senza distinzioni ai bisogni di tutta l’azienda. Infine, la quarta parte produce il grano e i pro- dotti che, grezzi o trasformati, l’azienda vende sul mercato. Que- sta è la superficie mercantile o commerciale dell’azienda. La di- visione del terreno nelle quattro parti indicate dipende in ogni azienda privata non dal tipo delle colture, ma dalla destinazione immediata di esse. « Il reddito monetario dell’azienda dipende dalla superficie mercantile, e quanto maggiore è qucst’ultima e superiore il va- lore relativo dei prodotti che si ottengono da essa, tanto più ele- vata è la domanda dei proprietari-coltivatori sul mercato e la quantità di lavoro che il paese può mantenere al di fuori del- l’agricoltura nella sfera del suo mercato, e tanto maggiore è l’impor- NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 31 tanza statale (tributaria) e culturale deiragricoltura per il paese, e anche superiori sono il reddito netto dello stesso proprietario e le sue risorse per effettuare le spese e le migliorie agricole » (p. 257). Questo ragionamento di Postnikov sarebbe completamente giu- sto se gli venisse apportata una sola correzione, abbastanza so- stanziale: l’autore parla dell’importanza della superficie mercantile dell’azienda per un paese in generale, mentre, evidentemente, si potrebbe parlare solo di un paese in cui l’economia monetaria sia predominante, in cui una gran parte dei prodotti assuma la forma di merci. Dimenticare questa condizione, ritenerla di per se sottintesa, trascurare l’indagine precisa, in quanto applicabile a un determinato paese, significherebbe cadere nell’errore dell’eco- nomia politica volgare. È molto importante distinguere da tutto il resto dell’azienda la sua superficie mercantile. Per il mercato interno ha importanza non il reddito in generale del produttore (il quale reddito deter- mina il benessere di questo produttore), ma esclusivamente il suo reddito monetario. Il possesso di mezzi monetari non dipende af- fatto dal benessere del produttore: il contadino che ricava dal suo appezzamento un quantitativo di prodotti del tutto sufficiente per il proprio consumo, ma conduce un’economia naturale, gode d’un certo benessere, ma non possiede mezzi monetari; il conta- dino semirovinato, che ricava dal suo appezzamento solo una pic- cola parte del grano che gli è necessario e si procura il rima- nente quantitativo di grano (sebbene in quantità minore e di qualità peggiore) grazie ad « occupazioni ausiliare > occasionali non gode di alcun benessere, ma possiede mezzi monetari. Ne ri- sulta evidente che qualsiasi ragionamento sull’importanza delle aziende contadine e del loro rendimento per il mercato, non fon- dato sul calcolo della parte monetaria del reddito, non può avere alcun valore. Per determinare le dimensioni delle indicate quattro parti del seminativo nelle aziende contadine dei diversi gruppi, Postnikov calcola preliminarmente il consumo annuo di grano, prendendo in cifra tonda due cetvert di grano a testa (p. 259), il che equivale a due terzi di desiatina di seminativo a testa. Egli determina poi la superficie foraggera in i l / 2 desiatina per ogni cavallo, e la su- 3 * LENIN perfide aziendale nel 6% del seminativo e ottiene i dati se- guenti* (p. 319): « La differenza indicata nei redditi monetari delle aziende nei singoli gruppi — dice Postnikov — illustra adeguatamente l’importanza della grandezza dell’azienda, ma in effetti questa differenza tra il rendimento dei seminativi nei vari gruppi dev'es- sere ancora maggiore, perchè nei gruppi superiori si devono supporre raccolti maggiori per desiatina e un valore superiore del grano venduto. « In questo calcolo del rendimento noi non abbiamo computato tutta la superficie dell’azienda, ma solo quella a coltivazione, per- che non abbiamo a disposizione dati precisi sull’impiego dei vari tipi di bestiame nelle altre terre delle aziende contadine dei di- stretti di Tauride; ma siccome il reddito monetario del contadino della Russia meridionale, che si dedica esclusivamente all’agricol- tura, è determinato quasi interamente dal seminativo, le cifre riportate delineano con sufficiente esattezza la differenza dei red- diti monetari che i diversi gruppi di contadini ricavano dalla loro azienda. Queste cifre indicano come questo reddito varii forte- * Per determinare il reddito monetario, Postnikov procede in questo modo: presuppone che tutta la superficie mercantile sia seminata a frumento, che è la coltura cerealicola più pregiata, e, conoscendo il raccolto medio c i prezzi, cal- cola La quantità di valori ricavata da questa superficie. NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 33 mente secondo le dimensioni del seminativo. Una famiglia che possiede 75 desiatine di seminativo ricava annualmente un red- dito monetario di 1.500 rubli, una famiglia con un seminativo di 34,5 desiatine ricava 574 rubli all’anno, e una famiglia con un seminativo di \ 6 l / ì desiatine solo 191 rubli. Una famiglia che col- tiva 8 desiatine ricava solo 30 rubli, vale a dire una somma che è inadeguata a coprire le spese di un’azienda in cui non si ricorre a mestieri ausiliari. Naturalmente, le cifre riportate non indicano an- cora il reddito proveniente dall’azienda, e per ottenerlo si devono detrarre tutte le spese monetarie per l’azienda riguardanti le im- poste, l’inventario, i fabbricati, l’acquisto del vestiario, delle cal- zature, ecc. Ma queste spese non aumentano proporzionalmente all’aumento delle dimensioni dell’azienda. Le spese per il man- tenimento di una famiglia aumentano in proporzione al numero dei suoi componenti e, questo aumento, come si vede dalla tabella, pro- cede molto più lentamente dell’aumento delle dimensioni dei semi- nativi nei diversi gruppi. Per quanto riguarda tutte le spese azien- dali (pagamento dell’imposta fondiaria e dell’affitto, riparazione dei fabbricati e degli attrezzi), esse aumentano nell’azienda in ogni caso non più che proporzionalmente alle dimensioni dell’azienda, mentre invece il reddito monetario globale ricavato dall’azienda, come mostra la tabella precedente, cresce più che in misura di- rettamente proporzionale rispetto alle dimensioni del seminativo. Inoltre, tutte queste spese aziendali sono molto piccole rispetto alla spesa principale dell’azienda per il mantenimento della ma- nodopera. In questo modo, possiamo costatare il fenomeno che il reddito che si ricava dall’esercizio dell’agricoltura diminuisce pro- gressivamente per desiatina in relazione al diminuire delle dimen- sioni dell’azienda > (p. 320). Dai dati di Postnikov vediamo in questo modo che, nei con- fronti del mercato, l’azienda agricola dei contadini nei vari gruppi è sostanzialmente diversa: i gruppi superiori (con seminativi di oltre 25 desiatine per fuoco) conducono già un’azienda mercantile; lo scopo della produzione del grano è di produrre un reddito. In- vece nei gruppi inferiori l’agricoltura non assicura il soddisfaci- mento del fabbisogno indispensabile della famiglia (questo vale 34 LENIN per i contadini che lavorano sino a io desiatine per fuoco); se si calcolano esattamente tutte le spese per Pazienda, risulta senz altro che in questi gruppi Pazienda viene condotta in perdita. È anche estremamente interessante utilizzare i dati riportati da Postnikov per risolvere il problema del rapporto esistente fra la divisione dei contadini in gruppi diversi e Pentita della do- manda sul mercato. Noi sappiamo che Pentita di questa do- manda dipende dalle dimensioni della superficie mercantile, e quest’ultima aumenta con Paumento delle dimensioni delPazienda; ma, intanto, nei gruppi inferiori si verifica una diminuzione di queste dimensioni parallelamente alPaumento delle dimensioni delPazienda nei gruppi superiori. I gruppi inferiori comprendono un numero doppio di famiglie rispetto ai gruppi superiori: i pri- mi contano il 40 % delle famiglie dei distretti di Tauride e i se- condi solo il 20%. Generalmente, non risulta forse che in com- plesso la divisione economica suindicata diminuisce la domanda sul mercato? A dire il vero, possiamo rispondere negativamente a questa domanda già sulla base di considerazioni aprioristiche: in- fatti nei gruppi inferiori le dimensioni delPazienda sono così pic- cole che non tutto il fabbisogno della famiglia può essere soddi- sfatto mediante Pagricoltura; per non morire di fame, coloro che appartengono a questi gruppi inferiori devono offrire sul mercato la propria forza-lavoro, la cui vendita procurerà loro determinati mezzi monetari e in questo modo equilibrerà (sino a un certo punto) la diminuzione della domanda che si verifica in seguito alla diminuzione delle dimensioni delPazienda. Ma i dati di Po- stnikov permettono di dare alla questione così impostata una so- luzione più precisa. Prendiamo un seminativo di non importa quali dimensioni, per esempio di 1.700 desiatine, e supponiamo che sia ripartito in due modi: in primo luogo, fra contadini economicamente omogenei e. in secondo luogo, fra contadini che si dividono in gruppi etero- genei, quali vediamo attualmente nei distretti di Tauride. Nel primo caso, se supponiamo che Pazienda contadina media abbia 17 desiatine di seminativo (come avviene infatti nei distretti di Tauride), avremo 100 aziende, che soddisfano pienamente il loro fabbisogno mediante Pagricoltura. La domanda sul mercato sarà NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 35 pari a 191X100 = 19.100 rubli. Secondo caso: le 1.700 desiatine di seminativo vengono ripartite fra le stesse 100 famiglie in modo diverso, precisamente come sono in realtà ripartiti i seminativi fra i contadini dei distretti di Tauride: 8 famiglie non hanno semi- nativo; 12 coltivano 4 desiatine ciascuna; 20 famiglie ne coltivano 8; 40 famiglie 16; 17 famiglie 34, e 3 famiglie 75 ciascuna (si ot- tiene complessivamente un seminativo di 1.651 desiatine, vale a dire persino un po’ meno di 1.700 desiatine). Con questa riparti- zione, una parte molto notevole dei contadini (il 40%) non sarà in grado di ricavare dalla sua terra un reddito sufficiente per soddisfare tutto il fabbisogno. La domanda monetaria sul mercato, tenendo conto solo delle aziende con seminativi superiori a 5 de- siatine per fuoco, sarà la seguente: 20X30 + 40X191-1-17X574 + 3X1500=22.498. Vediamo in questo modo che, sebbene siano completamente trascurate ben 20 famiglie [le quali senza dubbio percepiscono anche un reddito monetario, ma non dalla vendita dei loro prodotti], nonostante la riduzione del seminativo a 1.603 desiatine, complessivamente la domanda monetaria sul mercato è aumentata. Si è già detto che i contadini dei gruppi economici inferiori sono costretti a vendere la loro forza-lavoro; invece quelli che appartengono ai gruppi superiori devono acquistarne, perchè la loro manodopera non è più sufficiente per coltivare i loro seminativi di proporzioni ragguardevoli. Dobbiamo ora soffermarci un po’ più particolareggiatamente su questo importante fenomeno. Sembra che Postnikov non lo annoveri fra i « nuovi spostamenti economici nella vita contadina » (almeno non lo menziona nella prefazio- ne, dove riassume i risultati del lavoro), ma esso merita un’at- tenzione molto maggiore deUmtroduzione delle macchine o del- rampliamento dell’arativo nelle aziende dei contadini agiati. « I contadini più agiati dei distretti di Tauride — dice l’autore — generalmente impiegano in misura notevole lavoratori sala- riati e conducono aziende di un’estensione che supera di gran lunga la capacità lavorativa delle loro famiglie. Così, nei tre di- stretti, su 100 famiglie impiegano lavoratori salariati, per tutte le categorie di contadini: 3 6 LENIN contadini che non hanno seminativo 3,8% > » seminano sino a 5 desiatine 2,5% » p * da 5 a io desiatine 2,6 % » » » da io a 25 desiatine 8,7% > » » da 25 a 50 desiatine 34,7% > » * oltre 50 desiatine 64,1 % In complesso 12,9% « Queste cifre indicano che impiegano manodopera sala- riata prevalentemente i coltivatori agiati che hanno seminativi più cospicui» (p 144). Confrontando i dati precedentemente riportati sulla composi- zione delle famiglie per gruppi, senza salariati (separatamente per i tre distretti) e con salariati (congiuntamente per i tre di- stretti), vediamo che i coltivatori che seminano da 25 a 50 desiatine per famiglia aumentano la manodopera nella loro azien- da, mediante l’assunzione di salariati, approssimativamente nella misura di un terzo (da 1,8 - 1,9 lavoratori per famigia a 2,4); i coltivatori con seminativi di oltre 50 desiatine per famiglia rad- doppiano quasi la manodopera (da 2,3 a 5), e l’aumentano per- sino in misura maggiore, secondo il calcolo dell’autore, il quale ritiene che essi debbano assumere sino a 8.241 lavoratori (p. 115), avendone di propri 7.129. Che i gruppi inferiori debbano inviare manodopera a cercar lavoro altrove in proporzioni notevoli, ri- sulta chiaramente se non altro dal fatto che l’azienda agricola non è in grado di fornire la quantità dei prodotti necessaria per il loro mantenimento. Purtroppo non abbiamo dati esatti sul numero di coloro che cercano lavoro altrove. Può servire come indicazione indiretta il numero dei capifamiglia che cedono i loro nadiel\ abbiamo riportato sopra l’affermazione di Postnikov, se- condo cui nei distretti di Tauride circa un terzo della popolazione non sfrutta completamente la terra dei propri nadieL IV Dai dati surriportati risulta che Postnikov ha pienamente di- mostrato la sua tesi sull’* enorme eterogeneità» nelle condizioni NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 37 economiche delle singole famiglie. Questa eterogeneità non si ri- ferisce solo alla maggiore o minore agiatezza dei contadini e alle dimensioni dei loro seminativi, ma anche al carattere delPazienda nei diversi gruppi. Ma non basta. A quanto pare, i termini « ete- rogeneità > e « differenziazione » non sono adeguati a caratte- rizzare esaurientemente il fenomeno. Se un contadino possiede un capo di bestiame da lavoro, e un altro ne possiede dieci, noi parliamo di differenziazione, ma se uno prende in affitto decine di desiatine di terra, oltre al nadiel che gli assicura una vita agiata, con Punico scopo di ricavare un reddito dallo sfruttamento di questa terra, e in questo modo priva un altro contadino della pos- sibilità di prendere in affitto la terra di cui ha bisogno per prov- vedere al sostentamento della sua famiglia, abbiamo, a che fare, evidentemente, con qualcosa di molto più importante; dobbiamo chiamare questo fenomeno « contrasto » (p. 323), « lotta di inte- ressi economici » (p. XXXII). Postnikov, adoperando questi ter- mini, non ne valuta adeguatamente tutta Pimportanza; egli non osserva nemmeno che anche questi ultimi termini sono inade- guati. L’affitto della terra dei nadiel nel gruppo impoverito della popolazione, l’assunzione come bracciante del contadino che ha cessato di condurre la sua azienda : questo non è più solo contrasto, ma sfruttamento diretto. Nel riconoscere il profondo contrasto economico esistente oggi fra i contadini, non possiamo più limitarci alla semplice divisione dei contadini in alcuni strati, secondo le loro condizioni econo- miche. Questa divisione sarebbe sufficiente se l’eterogeneità suac- cennata si riducesse tutta a differenze quantitative. Ma non è così. Se per una parte dei contadini lo scopo dell’esercizio dell’agricol- tura è l’utile commerciale, e il risultato è un cospicuo reddito mo- netario, mentre per un’altra parte l’esercizio dellagricoltura non copre nemmeno il fabbisogno della famiglia; se il miglioramento delPazienda per i gruppi superiori dei contadini presuppone la ro- vina dei gruppi inferiori, se i contadini agiati si servono in misura considerevole di lavoro salariato, mentre il povero è costretto a ri- correre alla vendita della propria forza-lavoro, si tratta già senza dubbio di differenze qualitative, e il nostro compito dev’essere ora quello di raggruppare i contadini secondo le differenze insite nel 3 « LENIN carattere stesso della loro azienda (intendendo per carattere del- l’azienda non le particolarità tecniche, ma quelle economiche). Postnikov rivolge troppo poca attenzione a queste ultime dif- ferenze; perciò, sebbene egli riconosca la necessità « di una suddi- visione più generale della popolazione in gruppi» (p. no) e tenti di fare questa suddivisione, il suo tentativo, come vedremo su- bito, non può considerarsi del tutto riuscito. « Per una suddivisione più generale della popolazione in gruppi economici — dice Postnikov — noi adoperiamo un altro criterio, che, sebbene non abbia un identico significato economico per le varie località, tuttavia concorda meglio con la divisione in gruppi che gli stessi contadini stabiliscono tra loro, e che anche le stati- stiche degli zemstvo rilevano per tutti i distretti. Questa divisione viene fatta in base alla maggiore o minore autonomia dei capi- famiglia per quanto riguarda il metodo di conduzione del- l’azienda, secondo la quantità del bestiame da lavoro esistente nell’azienda» (p. no). « Attualmente i contadini della Russia meridionale si possono dividere in base al grado di autonomia economica dei capifamiglia e, nel medesimo tempo, secondo i loro metodi di conduzione, nei seguenti tre gruppi principali: 1. Capifamiglia con animali da tiro, ovvero che posseggono un tiro, vale a dire l’aratro completo o un attrezzo che lo sostituisce per l'aratura, ed eseguono i lavori agricoli con animali propri, senza prenderne in affitto e senza associarsi. Con l’aratro o il but^ker questi capifamiglia posseggono nella loro azienda 2-3 paia o più di animali da lavoro e, corrispondentemente, 3 lavo- ratori adulti nella famiglia, o 2 lavoratori adulti e un semioperaio. 2. Contadini provvisti di animali da tiro a metà, ovvero in società, vale a dire capifamiglia che si associano fra loro per i lavori agricoli, non avendo animali in numero sufficiente da formare un tiro proprio. Questi coltivatori tengono nella loro azienda un paio 0 un paio e mezzo e persino, in alcuni casi, due paia di animali da lavoro e, corrispondentemente, uno 0 due lavoratori adulti. Quando il terreno è compatto ed è ne- cessario lavorarlo con l’aratro (o col bitter che lo sostituisce) e con NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 39 tre paia di animali da lavoro, questi coltivatori necessariamente si associano, anche se hanno due paia di animali da lavoro. 3. Capifamiglia senza animali da tiro, ovvero « appiedati ». che non posseggono animali o hanno un solo animale da lavoro (nella maggior parte dei casi un cavallo, perchè di solito i buoi si tengono a paia e lavorano solo appaiati). Essi lavorano pren- dendo in affitto gli animali altrui, o cedono le loro terre in affitto contro una parte del raccolto e non posseggono un seminativo. « Questo raggruppamento fondato su un criterio economico ormai radicato nella vita contadina, quale è in questo caso il numero degli animali da lavoro e il modo del tiro, viene fatto di solito dai contadini stessi. Ma esistono grandi diversità sia nel- lambito di ciascuno dei gruppi sopra nominati, sia nella suddi- visione dei gruppi stessi » (p. 121). La composizione numerica di questi gruppi in percentuale rispetto al numero complessivo dei fuochi è la seguente (p. 125): I 11 III Distretto di Berdiansk Distretto di Melitopol Distretto di Dnieprovsk Lavorano con bestiame proprio 3 7>° 3 2 >7 43»° Lavorano in società 44.6 46.8 34.8 Lavorano con bestiame preso in affitto n >7 13,0 *3 > 2 Non possiedono seminativi 6 >7 7> 5 9,0 Accanto a questa tabella l’autore pone il raggruppamento delle aziende secondo il numero dei capi di bestiame da lavoro che esse posseggono, per determinare la ripartizione del bestiame da tiro nei distretti in esame: Distretti Aziende in % del loro numero complessivo Possiedono bestiame da lavoro Non possiedono bestiame da lavoro 1 4 capi e più 2-3 capi 1 capo Berdiansk 36,2 41,6 7.2 15,0 Melitopol -34,4 44,7 5,3 15,6 Dnieprovsk 44,3 36.6 5,1 14,0 4 o LENIN Per conseguenza, nei distretti di Tauride un tiro completo richiede almeno quattro capi di bestiame da lavoro per fuoco. Questo raggruppamento di Postnikov non può considerarsi del tutto soddisfacente, anzitutto perchè entro ciascuno dei tre gruppi si riscontrano forti differenze: «Nel gruppo dei capifamiglia che posseggono un tiro com- pleto — dice l’autore — incontriamo nella Russia meridionale una grande eterogeneità: accanto al grande tiro dei contadini agiati esiste anche il piccolo tiro dei contadini più poveri. Il primo, a sua volta, si suddivide in tiro completo (6-8 e più capi di bestiame da lavoro) e incompleto (4-6 capi)... Anche nella categoria dei capi- famiglia ” appiedati ” vi è una grande eterogeneità di condizioni economiche » (p. 124). Un altro inconveniente della suddivisione adottata da Postni- kov è costituito dal fatto che nelle statistiche degli zemstvo il raggruppamento della popolazione è effettuato, com’è già stato indicato sopra, non secondo il numero degli animali da lavoro, ma secondo le dimensioni del seminativo. Per dare un quadro esatto della condizione economica dei diversi gruppi, ci si deve perciò basare sul raggruppamento secondo le dimensioni del se- minativo. Secondo questo criterio Postnikov divide precisamente la po- polazione in tre gruppi: capifamiglia che ^seminano poca terra, con non più di io desiatine di seminativo e senza terra; capifami- glia che seminano una superficie media, ossia di 10-25 desiatine; e capifamiglia che seminano molta terra, cioè più di 25 desiatine per famiglia. L’autore chiama «povero il primo gruppo, medio il secondo, agiato il terzo. Sulla composizione numerica di questi gruppi Postnikov dice: « In generale, fra i contadini di Tauride (senza gli allogeni) i capifamiglia che seminano molta terra costituiscono circa 1 /o del numero complessivo delle famiglie, quelli che hanno semina- tivi di estensione media sono circa il 40%, e un po’ più del 40% è rappresentato dalle famiglie che seminano poca terra e da quelle che non seminano affatto. Nella popolazione comples- siva dei distretti di Tauride (compresi gli allogeni), 1 /s, vale a dire circa il 20%, è costituito dai contadini che seminano molta terra, NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA mentre il 40 % è rappresentanto dai contadini che seminano una superficie media, e circa il 40 % è composto dai contadini che se- minano poca terra e da quelli che non seminano affatto >(p. 112). Per conseguenza, aggiungendo i tedeschi varia in modo del tutto insignificante la composizione dei gruppi, cosicché si possono utilizzare i dati generali per tutto il distretto senza com- mettere errori. Il nostro compito deve consistere ora nel definire con la mag- giore precisione possibile la posizione economica di ciascuno di questi gruppi preso a sè, e nel cercare di chiarire in questo modo quanto sia grande la differenza economica fra i contadini, e quali siano le cause di questa differenza. Postnikov non si è posto questo compito; perciò i dati da lui riportati si distinguono per la loro grande dispersione, e le con- clusioni generali sui gruppi non sono sufficientemente precise. Incominciamo dal gruppo inferiore, dal gruppo dei contadini po- veri, che nei distretti di Tauride abbraccia i 2 /s della popolazione. Quanto sia povero questo gruppo in realtà può giudicarsi nel modo migliore dalla quantità del bestiame da lavoro (stru- mento principale di produzione nell’agricoltura). Per i tre distretti del governatorato di Tauride, dove si hanno complessivamente 263.589 capi di bestiame da lavoro, il gruppo inferiore ne possiede (p. t 1 7) 43.625, vale a dire appena il 17%, 2 l /z volte meno della media. I dati sulla percentuale delle famiglie che non pos- seggono animali da lavoro sono stati riportati sopra (80 %- 48 %- T2% per le tre suddivisioni del gruppo inferiore). Postnikov, sulla base di questi dati, ha tratto la conclusione che « la percentuale dei capifamiglia che non posseggono bestiame proprio è sensibile solo nei gruppi senza seminativi e con seminativi sino a io de- siatine per fuoco » (p 135). L’estensione dei seminativi in questo gruppo è in rapporto col numero dei capi di bestiame: su un’estensione complessiva di 962.933 desiatine (per i tre distretti), si seminano su terra propria 146.114 desiatine, vale a dire il 15%. Aggiungendo la terra presa in affitto si hanno 174.496 desiatine di seminativo; ma siccome il seminativo aumenta anche negli altri gruppi, e aumenta in misura più sensibile che nel gruppo infe- 42 LENIN riore, si ottiene come risultato che il seminativo del gruppo infe- riore costituisce solo il 12% di tutto il seminativo, vale a dire che ol- tre i 3 /a della popolazione possiede 1 /a del seminativo. Se si ram- menta che Fautore considera come normale (tale cioè da soddisfare tutti i bisogni della famiglia) precisamente il seminativo medio del contadino di Tauride, è facile vedere quale torto venga fatto nella ripartizione a questo gruppo, i cui seminativi sono 3 l /a volte in- feriori alla media. È del tutto naturale che in queste condizioni l’azienda agri- cola di questo gruppo si trovi in una situazione estremamente precaria: abbiamo visto sopra che il 33-39% della popolazione dei distretti di Tauride — di conseguenza la stragrande maggio- ranza del gruppo inferiore — non possiede alcun attrezzo ara- torio. La mancanza di inventario costringe i contadini a lasciare la terra, a cedere in affitto i loro nadiel : Postnikov ritiene che questi contadini che cedono la terra (senza dubbio con un’azienda ormai completamente dissestata) costituiscano circa Y 3 della po- polazione, vale a dire anche qui una maggioranza notevole del gruppo povero. Osserviamo incidentalmente che il fenomeno della « vendita > (secondo l’espressione usuale dei contadini) dei nadiel è stato costatato dappertutto, e in misura molto notevole, dalle statistiche degli zemstvo. Rilevato questo fatto, la stampa è già riuscita a trovare il mezzo per combatterlo: l’inalienabilità dei nadiel. Postnikov contesta giustamente l’efficacia di simili mi- sure, che rivelano negli autori una fiducia puramente buro- cratica nella potenza dei provvedimenti dall’alto. « Non c’è dubbio — egli dice — che il semplice divieto di cedere le terre in affitto non elimina questo fenomeno, le cui radici sono troppo profonde nell’attuale regime economico della vita contadina. Il contadino che non possiede inventario e mezzi per la pro- pria azienda, in pratica non può usufruire del suo nadiel e deve darlo in affitto ad altri contadini che hanno i mezzi per condurre un’azienda. La diretta proibizione di cedere le terre costringerà a effettuare questa cessione di nascosto, senza con- trollo e, probabilmente, a condizioni, per chi cede la terra, peggiori di quelle di oggi, perchè cede la terra chi vi è costretto. E poi, per pagare gli arretrati dei debiti contratti col fisco, i con- NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 43 tadini incominceranno a cedere i loro nadiel più spesso attraverso la Siclsi^aia rasprava 6 , e questa cessione sarà la meno vantaggiosa per i contadini poveri » (p. 140). La decadenza totale dell’azienda si osserva in tutto il gruppo povero : « In sostanza — dice Postnikov — i capifamiglia che non se- minano e quelli che seminano poca terra, coltivando la loro terra con animali altrui presi in affitto, non presentano una grande differenza nelle loro condizioni economiche. I primi cedono in af- fitto a compaesani tutta la loro terra, i secondi solo una parte di essa, ma gli uni e gli altri lavorano come braccianti al servizio dei loro compaesani, oppure si guadagnano la vita con occupa- zioni ausiliarie e per la maggior parte agricole , continuando ad abitare nei loro poderi. Perciò entrambe le categorie di contadini — quelli che non seminano e quelli che seminano poca terra — possono essere considerate insieme ; gli uni e gli altri sono capi- famiglia che stanno perdendo la loro azienda, e nella maggior parte dei casi sono già andati o stanno andando in rovina, che non pos- seggono il bestiame e l’inventario necessario per condurre l’azienda » (p- T 35)- « Se le famiglie che non hanno un’azienda e che non semi- nano costituiscono per lo più aziende che sono andate in rovina — dice Postnikov poco dopo — , quelle che seminano poca terra e ne danno parte in affitto pongono la loro candidatura a diven- tare come le prime. Qualsiasi cattivo raccolto duna certa gravità, qualsiasi calamità, come un incendio, la perdita dei cavalli, ecc, staccano ogni volta da questo gruppo una parte dei capifamiglia, facendoli entrare nella categoria dei contadini senza azienda e dei braccianti. Il coltivatore che perde per qualche motivo il be- stiame da lavoro compie il primo passo verso la decadenza. La coltivazione della terra col bestiame preso in affitto presenta molte incognite e irregolarità, e di solito costringe a diminuire la super- ficie deH’arativo. Le locali casse rurali di depositi e prestiti e i compaesani negano il credito a questo contadino [in nota: «Nei grossi villaggi dei distretti di Tauride sono molto numerose le società di depositi e prestiti che funzionano con l’aiuto finanziario della Banca di Stato, ma esse concedono prestiti solo agli agri- 44 LENIN coltori agiati e benestanti»]; di solito egli riceve il prestito a con- dizioni più onerose rispetto ai contadini ” possidenti ” Come concedergli un prestito — dicono i contadini — se non ha nulla che gli si possa prendere?” Una volta invischiato nei debiti, alla prima calamità perde anche la terra, soprattutto se deve ancora pagare gli arretrati al fisco » (p. 139). Quanto sia profonda la decadenza dell’azienda agricola fra i contadini del gruppo povero, risulta molto chiaramente dal fatto che l’autore si rifiuta persino di indagare sul modo come preci- samente essi conducono la loro azienda. Nelle aziende che semi- nano meno di io desiatine per famiglia — egli dice — « l’agricol- tura versa in condizioni troppo precarie perchè possa essere defi- nita in modo preciso » (p. 278). I suddetti tratti caratteristici dell’azienda contadina del gruppo inferiore, benché questo gruppo sia molto numeroso, non sono affatto sufficienti: essi sono esclusivamente negativi, mentre do- vrebbe pur esserci qualche tratto positivo. Finora ci è stato detto soltanto che i contadini di questo gruppo non si possono consi- derare proprietari-coltivatori conduttori di un’azienda autonoma, perchè da loro l’agricoltura è in piena decadenza, perchè il loro seminativo è assolutamente insufficiente, perchè, insomma, essi la- vorano la loro terra alla meno peggio. « Possono seguire un certo qual criterio nelle loro colture — osservano gli statistici nella descri- zione del distretto di Bakhmut — solo i coltivatori agiati e bene- stanti, cui non mancano le sementi, mentre i contadini poveri semi- nano quel che riescono a racimolare, dove e come capita » (p. 278). Tuttavia l’esistenza di tutta la massa di contadini che fa parte del gruppo inferiore (nei tre distretti di Tauride vi sono oltre 30.000 famiglie con più di 200 mila membri di entrambi i sessi) non può essere casuale. Se non provvedono al proprio sostenta- mento mediante la propria azienda, di che vivono ? Essi vivono so- prattutto vendendo la propria forza-lavoro. Abbiamo visto sopra che Postnikov ha detto che i contadini di questo gruppo vivono con il lavoro bracciantile e con le occupazioni ausiliarie. Data la quasi completa assenza di artigianato nel meridione, queste oc- cupazioni sono per la maggior parte agricole e si riducono, per conseguenza, al lavoro agricolo salariato . Per dimostrare più par- NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 45 ticolareggiatamente che la vendita della forza-lavoro è appunto il tratto principale deireconomia dei contadini del gruppo inferiore, volgiamoci a considerare questo gruppo secondo le categorie in cui lo dividono le statistiche degli zemstvo. Dei capifamiglia che non seminano è superfluo parlare: sono braccianti veri e propri. Nella seconda categoria troviamo già contadini che seminano, con seminativi che arrivano fino a 5 desiatine per famiglia (in media 3,5 desiatine). Dalla divisione su riportata del seminativo in aziendale, foraggero, alimentare e mercantile risulta che questo seminativo è del tutto insufficiente. « Il primo gruppo, con semi- nativi che arrivano fino a 5 desiatine per famiglia — dice Po- stnikov — non ha la parte mercantile, commerciale; la sua esi- stenza è possibile solo grazie ai guadagni ausiliari, ottenuti col lavoro bracciantile e con altri metodi» (p. 319). Rimane l’ultima categoria, quella dei capifamiglia con seminativi di 5-10 desiatine per fuoco. Si domanda: fra i contadini di questo gruppo, in che rapporto si trova l’azienda agricola indipendente con le cosiddette «occupazioni ausiliario? Per rispondere con precisione a questa domanda, sarebbe necessario avere alcuni bilanci contadini tipici y riguardanti i coltivatori di questo gruppo . Postnikov riconosce pie- namente la necessità e l’importanza dei dati concernenti i bilanci, ma afferma che « la raccolta di questi dati è molto difficoltosa e in molti casi è semplicemente impossibile per gli statistici » (p. 107). È molto difficile condividere quest’ultima osservazione: gli stati- stici di Mosca hanno raccolto alcuni bilanci estremamente inte- ressanti e particolareggiati (cfr. Raccolta di dati statistici sul go- vernatorato di Mosca. Sezione di statistica economica. Voli. VI e VII); per alcuni distretti del governatorato di Voronez, come dice l’autore stesso, i dati sui bilanci sono raccolti persino per fuoco. Purtroppo i dati specifici di Postnikov sui bilanci sono estre- mamente inadeguati: egli riporta sette bilanci di coloni tedeschi e un solo bilancio di un contadino russo; inoltre, tutti i bilanci si riferiscono a contadini che coltivano molta terra (il seminativo minimo è quello del contadino russo, pari a 39V2 desiatine), vale a dire al gruppo la cui economia si può rappresentare abbastanza chiaramente sulla base dei dati esistenti nelle statistiche degli zemstvo . Dopo aver espresso il suo rincrescimento per « non es- 4 6 LENIN sere riuscito a raccogliere durante il viaggio un maggior numero di bilanci contadini », Postnikov dice che « l’esatta determina- zione di questi bilanci è in generale una cosa difficile. I contadini di Tauride rendono noti abbastanza facilmente i loro dati eco- nomici, ma per la maggior parte essi stessi non conoscono l’esatto ammontare del loro reddito e delle spese. I contadini ricordano ancora più esattamente la cifra globale delle loro spese, o le maggiori entrate o uscite, ma quasi sempre non ricordano le pic- cole cifre» (p. 288). Tuttavia, sarebbe meglio raccogliere alcuni bilanci, sia pure senza i particolari di scarso rilievo, invece di rac- cogliere, come ha fatto l’autore, « sino a 90 descrizioni, con valu- tazione » della situazione economica, che viene chiarita a suffi- cienza dai censimenti degli zemstvo per famiglia. Data la mancanza di bilanci, abbiamo a nostra disposizione solo dati di due tipi per determinare il carattere deireconomia del gruppo che stiamo esaminando: in primo luogo, i calcoli di Po- stnikov su quanto seminativo è necessario per mantenere una famiglia media; in secondo luogo, i dad sulla divisione del semi- nativo in quattro parti e sull’ammontare medio delle spese mo- netarie (per famiglia all’anno) dei contadini del luogo. Sulla base di calcoli particolareggiati sul numero delle desia- tine di seminativo necessarie per il sostentamento della famiglia, per la produzione di sementi e per l’alimentazione del bestiame, Postnikov trae questa conclusione definitiva: «La famiglia contadina di media composizione e di media agiatezza, che vive esclusivamente dell’agricoltura e chiude il suo bilancio senza deficit, in base ai raccolti medi deve destinare 4 desiatine del suo seminativo per il sostentamento di 6,5 membri della famiglia, 4 desiatine e mezza per l’alimentazione di 3 ca- valli da lavoro, una desiatina e mezza per la produzione di se- menti per l’azienda, e 6-8 desiatine per la vendita del grano al mercato: complessivamente t6-i8 desiatine di seminativo... Il con- tadino medio di Tauride possiede circa 18 desiatine di seminativo per famiglia, ma il 40% della popolazione dei tre distretti di Tauride possiede meno di io desiatine di seminativo per famiglia e, se si dedica egualmente all’agricoltura, è solo perchè ricava una parte del suo reddito dalle occupazioni ausiliarie e dalla cessione NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 47 della sua terra in affitto. La situazione economica di questa parte della popolazione è anormale, instabile, perchè nella maggior parte dei casi essa non può disporre di riserve per le annate cattive » ( p -272)- Siccome l’estensione media del seminativo per famiglia nel gruppo considerato è di 8 desiatine, vale a dire meno della metà del necessario (17 desiatine), abbiamo il diritto di concludere che i contadini di questo gruppo ricavano la maggior parte del loro reddito dalle « occupazioni ausiliarie », cioè dalla vendita della loro forza-lavoro. Un altro calcolo: secondo i dati surriportati di Postnikov sulla ripartizione dei seminativi, 0,48 desiatine di seminativo su 8 ven- gono destinate alla produzione di sementi; 3 desiatine all’alimen- tazione del bestiame (in questo gruppo spettano a ogni famiglia 2 e non 3 capi di bestiame da lavoro); 3,576 desiatine al sostentamento della famiglia (anche la sua composizione è inferiore alla media, essendo di circa 5,5 membri invece di 6,5), cosicché resta meno di 1 desiatina (0,944) P er P arte mercantile, il cui reddito l’autore calcola pari a 30 rubli. Ma l’ammontare delle spese monetarie indi- spensabili per il contadino di Tauride è sensibilmente superiore. È molto più facile raccogliere i dati sull’entità delle spese monetarie che sui bilanci, dice l’autore, perchè non di rado i contadini stessi fanno i loro calcoli in proposito. Secondo questi calcoli risulta che: « Per una famiglia media, vale a dire composta del marito che lavora, della moglie e di quattro bambini e adolescenti, se essa gestisce l’azienda sulla terra propria — approssimativamente 20 desiatine — senza ricorrere all’affitto, Tammontare annuo delle spese monetarie indispensabili per i contadini di Tauride è di 200-250 rubli. La spesa monetaria minima che una piccola fa- miglia deve sostenere, purché si limiti in tutto, è valutata pari a 150-180 rubli. Si ritiene che non si possa avere un reddito inferiore a questa cifra, perchè il lavoratore ammogliato guadagna in que- sta zona 120 rubli all’anno con il lavoro bracciantile, avendo assi- curati i viveri e la casa e non dovendo sostenere nessuna spesa per il mantenimento del bestiame, per la manutenzione delle scorte, ecc., e potendo inoltre percepire una ” eccedenza ” dalla terra che ha dato in affitto ai suoi compaesani » (p. 289). Siccome il 4 8 LENIN gruppo considerato è inferiore alla media, noi prenderemo la spesa minima, non la spesa monetaria media, e persino la cifra più bassa del minimum , vale a dire 150 rubli, che devono essere guadagnati con le «occupazioni». Sulla base di questo calcolo, l’azienda pro- pria dà al contadino del gruppo considerato (30 + 87,5 * =z) 117,5 rubli, e la vendita del suo lavoro 120 rubli. Per conseguenza otte- niamo di nuovo che i contadini di questo gruppo con azienda agricola indipendente possono coprire solo la parte minore delle loro spese minime **. In questo modo l’esame del carattere dell’azienda in tutte le categorie del gruppo inferiore porta all’indubbia conclusione che, sebbene la maggior parte dei contadini abbia una piccola super- ficie di seminativo, cionondimeno la fonte prevalente dei mezzi di sostentamento è la vendita della loro forza-lavoro. Tutti i con- tadini di questo gruppo sono più operai salariati che proprietari- coltivatori. Postnikov non ha impostato il problema del carattere del- l’azienda dei contadini del gruppo inferiore e non ha chiarito il rapporto fra le occupazioni ausiliare e l’azienda: questo è un grave difetto del suo lavoro. Perciò egli ha lasciato senza spiega- * 3,5 desiatine di superficie alimentare produrranno un valore di 25 rubli per desiatina (25 X 3,5 = 87,5); cfr. il calcolo di Postnikov a p. 272. ••I calcoli del signor Iugiakov nel n. 9 della Russata Mysl 7 del 1885 {Norme del possesso fondiario popolare ) confermano pienamente questa con- clusione. Egli ritiene che per il governatorato di Tauride un nadiel di 9 desiatine costituisce il minimo di arativo necessario per mantenere una famiglia. Invece, secondo il signor Iugiakov il nadiel deve servire soltanto a fornire i cereali occor- renti per Palimentazione e per pagare le imposte, ritenendosi che le spese rimanenti siano coperte dalle occupazioni ausiliare. I bilanci delle statistiche degli zemstvo dimostrano che le spese del secondo tipo costituiscono la parte maggiore di tutte le spese. Cosi nel governatorato di Voronez, la spesa media della famiglia contadina e di 495,39 rubli, considerando sia la spesa .in natura che quella in denaro. Di questa somma 109,10 rubli sono destinati airalimentazione del bestiame [JV. B. Iugiakov mette ralimentazione del bestiame a carico della superficie foraggera e dei terreni ausiliari, e non a carico dell'arativo], 135,80 rubli sono destinati al- ralimentazione a base dì ortaggi c alle imposte, e 250,49 rubli alle spese rima- nenti, cioè al vestiario, alle scorte, alVaffitto, al soddisfacimento di vari bisogni economici, ecc. [I 24 bilanci nella Raccolta di dati statistici sul distretto di 0 //ro- gozsì(\. Nel governatorato di Mosca la spesa media annua per famiglia ammonta a 384,83 rubli, di cui 156,03 per il sostentamento a base di cereali c per le im- poste, e 192,80 per le spese rimanenti [media di 8 bilanci raccolti dagli statistici di Mosca, 1 . c.]. NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 49 zione adeguata il fenomeno, strano a prima vista, per cui i con- tadini del gruppo inferiore, avendo troppo poca terra propria, la abbandonato, la cedono in affìtto; perciò non si è visto che dal ca- rattere generale dell’azienda dipende il fatto importante che la quantità dei mezzi di produzione (vale a dire della terra e del- l’inventario) è considerevolmente minore per i contadini del gruppo inferiore rispetto a quelli del gruppo medio. Siccome’ la quantità media dei mezzi di produzione, come abbiamo visto, assicura precisamente solo il soddisfacimento delle esigenze in- dispensabili della famiglia, dairaccennata sfavorevole condizione dei contadini poveri risulta con assoluta necessità che essi sono obbligati -a cercare altri mezzi di produzione per impiegare la loro forza lavoro, vale a dire a vendersi. Passiamo al secondo gruppo, al gruppo medio , anch’esso com- prendente il 40% della popolazione. Rientrano in questo gruppo i proprietari con seminativi da io a 25 desiatine per famiglia. Il termine « medio » è pienamente applicabile a questo gruppo, con, la riserva tuttavia che i suoi mezzi di produzione sono alquanto (di poco) inferiori alla media: la superficie del seminativo è di 16,4 desiatine per famiglia, mentre la media per tutti i contadini è di 17 desiatine. Il bestiame è di 7,3 capi per famiglia, mentre la media è di 7,6 (3,2 capi di bestiame da lavoro rispetto alla media di 3.1 capi). L’arativo non supera le 17-18 desiatine per famiglia ( nadiel , terra acquistata e terra presa in affìtto), mentre la media è di 20-21 desiatine, secondo i distretti. Il confronto tra le dimensioni del seminativo per famiglia e la media data da Postnikov, mostra che l’azienda su terra propria fornisce a questo gruppo in misura appena sufficiente quanto è indispensabile per il suo sostentamento. A quanto pare, secondo tutti questi dati, si potrebbe pensare che l’azienda dei contadini di questo gruppo sia la più stabile: con essa il contadino copre tutte le spese; egli non lavora per ricavare un reddito, ma solo per soddisfare le prime necessità. Ma in realtà noi vediamo precisamente l’opposto : l’azienda dei contadini di questo gruppo si distingue per la sua notevolissima precarietà. Prima di tutto, questo gruppo dovrebbe disporre della dimen- sione media del seminativo, cioè di 16 desiatine. Per conseguenza, i 5-J72 5 « LENIN proprietari che hanno da io a 16 desiatine di seminativo non co- prono con l’esercizio dell’agricoltura tutte le spese e sono costretti anch’essi a ricorrere ad occupazioni ausiliarie. Dal calcolo appros- simativo di Postnikov, che abbiamo riportato sopra, vediamo che in questo gruppo vengono assunti 2.846 operai salariati, e ne sono inviati a lavorare 3.389, cioè 543 in più. Quindi, circa la metà delle aziende di questo gruppo non è pienamente autonoma. Inoltre in questo gruppo ogni famiglia dispone in media di 3,2 capi di bestiame da lavoro, mentre per il tiro, come abbiamo visto sopra, ne occorrono 4. Quindi, una parte considerevole dei proprie- tari di questo gruppo non ha il bestiame sufficiente per coltivare la propria terra e deve ricorrere all’associazione. Anche in questo gruppo il numero dei contadini associati non è inferiore alla metà: ci induce a pensarlo il fatto che il numero globale delle azien- de che posseggono un tiro costituisce circa il 40%, di cui il 20% va a completare il gruppo superiore agiato e il restante 20% entra nel gruppo medio, cosicché non meno della metà del gruppo medio è sprovvista di tiro. Postnikov non riporta il numero dei contadini associati in questo gruppo. Se ci rivolgiamo alle raccolte statistiche degli zemstvo, troviamo i dati seguenti (per due di- stretti) # . In complesso nel gruppo con seminativi di 10*25 d. j Distretti 1 con seminativi dì 10*25 d. con bestiame proprio con bestiame in società con bestiame in affino con altri metodi V 1 0 1 * superficie a seminativo (desiatine) famiglie «» .a 3 8 TJ famiglie desiatine famiglie desiatine « 'Sd a & ■ desiatine ■ Melitopol Dnieprovsk 13.789 8.234 226.389,21 ■137.343,75 4.218 4.029 79.726,55 71.125,2 9.20T 3.83S 141.483,26 61.159,05 321 320 4.405,8 4.352,5 49 50 1 773,3 707,25 * Raccolta di dati statistici per il distretto di Melitopol (Appendice del I voi. della Raccolta per il governatorato di Tauride). Simferopoli, 1885, p. B 195. Raccolta di dati statistici per il distretto di DnieprovsJ^ (voi. II della Raccolta per il governatorato di Tauride), Simferopoli, 1886, p. B 123. NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 51 In questo modo, nel gruppo medio di entrambi i distretti, la minoranza delle famiglie coltiva la terra con bestiame proprio: nel distretto di Melitopol meno di l /z delle famiglie; nel distretto di Dnieprovsk meno della metà. Per conseguenza, il numero dei contadini associati, considerato sopra per tutti e tre i distretti (7 2 ), è persino troppo basso e niente affatto esagerato. Certo, Tim- possibilità di coltivare la terra con bestiame proprio caratterizza già a sufficienza la precarietà deirazienda, ma a titolo illustrativo riportiamo la descrizione che delPassociazione ci dà Postnikov, il quale, purtroppo, dedica troppo poca attenzione a questo fenome- no, interessante sia sotto l’aspetto economico che per quanto ri- guarda le condizioni di vita. « I capifamiglia che lavorano in società — dice Postnikov — in media lavorano una superficie inferiore [rispetto a quella dei con- tadini che lavorano con bestiame proprio] in virtù della stessa legge della meccanica secondo cui tre cavalli, aggiogati insieme, non esercitano una trazione tripla rispetto a quella di un solo cavallo. I contadini che si associano fra loro possono abitare in punti diversi del villaggio (prevalentemente si associano i pa- renti), inoltre il numero dei campi di due capifamiglia (si asso- ciano anche tre coltivatori) è doppio rispetto a quello di uno solo. Tutto questo aumenta le spese di trasporto ». [In nota: « Nella ripartizione delle terre, ogni famiglia riceve in un certo settore un solo appezzamento in base al numero dei suoi membri, e perciò le famiglie -poco numerose ricevono appezzamenti più piccoli. Nel governatorato di Tauride le condizioni dell’associa- zione sono molto varie. A quello tra i contadini associati che possiede il buffer si ara una desiatina in più; per esempio, agli uni io desiatine a quest’altro il, oppure su chi non possiede il bu\\er gravano tutte le spese per le riparazioni durante i la- vori. Il trattamento è anche diverso secondo la quantità del bestiame messo in comune: agli uni viene arata la terra per un giorno di più, ecc. Nel villaggio di Kamenka il proprietario del bu\ker riceve una somma di denaro che va da 3 a 6 rubli per stagione di semina. In generale, i dissidi fra i contadini associati sono molto frequenti »]. « Inoltre per comporre un dissidio occorre un certo tempo, e accade anche che prima della fine dei lavori 5 * 52 LENIN Taccordo raggiunto venga rotto. In altri casi, i contadini che non hanno cavalli sufficienti per l’erpicatura li staccano dal buk\er\ alcuni cavalli sono impiegati per il trasporto dell’acqua, altri per l’erpicatura. Mi è stato riferito che nel villaggio di Iuzkui i contadini associati spesso lavorano col bitter non più di una desiatina al giorno, vale a dire la metà di quel che si lavora di regola > (p. 233). All’insufficienza delle scorte vive si aggiunge la scarsità delle scorte morte. Dalla tabella su riportata, relativa alle scorte spet- tanti per famiglia nei diversi gruppi, risulta che in tutti i distretti il gruppo medio possiede almeno un attrezzo aratorio per fa- miglia. Ma in realtà la ripartizione delle scorte non è uniforme nemmeno in seno al gruppo. Postnikov, purtroppo, non cita dati in proposito, e noi dobbiamo ricorrere alle raccolte statistiche degli zemstvo. Non hanno affatto attrezzi aratori, nel distretto di Dnie- provsk 1.808 famiglie su 8.227, c ne ^ distretto di Melitopol 2.954 su 13.789; nel primo distretto la percentuale delle' famiglie cui la ri- partizione è sfavorevole costituisce il 21,9%, nel secondo distretto il 21,4%. Non c’è dubbio che i capifamiglia senza attrezzi aratori si avvicinano, per la loro posizione economica, al gruppo inferiore, mentre i capifamiglia che posseggono più di un attrezzo aratorio per famiglia si avvicinano al gruppo superiore. Il numero dei ca- pifamiglia che non posseggono aratri è ancora maggiore, raggiun- gendo il 32,5% nel distretto di Dnieprovsk e il 65,5% nel di- stretto di Melitopol. Infine, i proprietari di questo gruppo man- cano quasi completamente di macchine per la mietitura (che hanno un’importanza molto grande nell’azienda contadina del- la Russia meridionale data la penuria di braccia per la mietitura a mano e la grande lunghezza dei campi coltivati, che protrae per mesi e mesi il trasporto del grano): nel distretto di Dnieprovsk l’intiero gruppo possiede 20 falciatrici e mietitrici (una macchina ogni 400 famiglie); nel distretto di Melitopol si hanno 178,5 fal- ciatrici e mietitrici (una macchina ogni 700 famiglie). Postnikov descrive nel modo seguente il sistema economico generale dei contadini di questo gruppo: « I capifamiglia che hanno nella loro azienda meno di quattro capi di bestiame da lavoro devono per forza associarsi per lavo- NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 53 rare i loro campi e per seminare. I capifamiglia di questa categoria hanno nell’azienda due lavoratori o uno solo. La diminuzione delle capacità lavorativa relativa di questi coltivatori dipende già delle mi- nori dimensioni dell’azienda, dal doversi associare e dall’inven- tario più modesto. L’aratura viene effettuata dai contadini as- sociati il più delle volte con un bitter piccolo, a tre vomeri, che lavora più lentamente. Questi coltivatori mietono il grano con la macchina presa in affitto dai vicini, ma quando il vi- cino ormai ha già mietuto il suo. La mietitura a mano dura più a lungo, in alcuni casi richiede l’assunzione di giornalieri e costa di più. Ogni lavoro domestico straordinario o l’adempi- mento dei doveri sociali interrompe il lavoro dei coltivatori sin- goli. Il capofamiglia singolo quando va a eseguire i lavori in una zona lontana, dove i contadini trascorrono spesso un’intiera set- timana portando in una sola volta a termine la semina e l’erpi- catura, deve tornare molto spesso a casa per visitare la famiglia rimasta nel villaggio» (p. 278). Questi capifamiglia singoli (che lavorano da soli) nel gruppo che stiamo esaminando sono la maggioranza, come risulta dalla tabella seguente, riportata da Po- stni kov, dove è indicato il numero dei membri che lavorano in una famiglia nei diversi gruppi, determinati sulla base del seminativo, per tutti e tre i distretti del governatorato di Tauride (p. 143). Gruppi di contadini Su 100 famiglie senza lavoratori maschi con un lavoratore con due lavoratori con tre lavoratori e oltre che non seminano 19 67 11 3 » seminano fino a 5 d. 9 77.6 11,7 1,7 » » da S a 10 » 4.2 74,8 17.7 3.3 » » » 10 a 25 » 1,7 59 29 10,3 » » » 25 a 50 » 1.2 40 35.7 23,1 a » oltre 50 » 0.9 25 34,3 39,8 In complesso 4.3 60.6 24,6 10,5 54 LENIN Da questa tabella risulta che nel gruppo medio i 3 /b delle fami- glie hanno un lavoratore ciascuna o non ne hanno affatto*. Per illustrare il rapporto tra il gruppo medio e quello supe- riore e in generale la stabilità deirazienda del primo, riportiamo dalla Raccolta dei dati statistici per il distretto di Dnieprovsk i dati sulla ripartizione fra i gruppi di tutto il seminativo e in par- ticolare della superficie a coltivazione che si trova a disposizione dei contadini **. Otteniamo le seguenti tabelle: Gruppi di contadini 0 a. cu * HI ì! lì Arativo dei nadiel Terra acquistata Terra prete in affitto Terra ceduta in affitto Terre gestite in complesso Superficie a coltivazione r deaia tine % desiatine % desiatine % desiatine desiatine % desiatine % povero 39,9 i 56.444,95 25,5 2.003,25 6 7.838,75 6 21.551,25 44.735,7 12,4 38.439,25 11 41,7 102.793,7 46,5 5.376 16 48.397.7S 35 r 8.311 148.256.45 41,2 137.343,75 43 agiato 18,4 61.844,25 28 26.530,75 78 81.645,95 59 3.039,25 ì 66. 98 1.7 46,4 150.614,45 46 In compiuto 100 | 221.082,9 100 33.910 100 137.882,45 100 32.901,5 359.973,85 100 326.397,45 1 100 • Per confermare la sua tesi circa i considerevoli vantaggi economici di cui godono i coltivatori con famiglia numerosa (vale a dire con molti lavoratori) ri- spetto a quelli soli, Postnikov cita il noto libro di Trirogov: La comunità conta - dina e il (estatico. ** I dati si riferiscono a tutto il distretto di Dnieprovsk, inclusi Ì centri abitanti non compresi nei volost. I dati della colonna: «Terre gestite in comples- so» sono stati calcolati da me: bo sommato la terra dei nadiel , la terra presa in affitto e quella acquistata, e ho detratto la terra data in aifitto. E* stato preso il distretto di Dnieprovsk perchè è quasi interamente russo. NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 55 Da questa tabella risulta che il gruppo medio è in testa per le dimensioni degli arativi dei nadiel : esso detiene il 46,5% della terra. L’insufficienza dei nadiel ha costretto i contadini a ricorrere all’affitto, grazie al quale le dimensioni delle terre condotte dai contadini sono aumentate in generale di oltre una volta e mezzo. Anche la quantità di terra del gruppo medio è aumentata in senso assoluto , ma in senso relativo è diminuita: questo gruppo ha solo il 41,2% della superficie territoriale complessiva e il 43% della superficie arativa; il primo posto è occupato dal gruppo superiore Per conseguenza, non solo il gruppo inferiore, ma anche il gruppo medio subisce una pressione diretta da parte del gruppo superiore, che gli toglie la terra. Tutte le suddette considerazioni ci danno il diritto di carat- terizzare nel modo seguente la situazione economica del gruppo medio. In questo gruppo rientrano i coltivatori-proprietari, che vivono esclusivamente del reddito del loro seminativo; la super- ficie di quest’ultimo è quasi uguale a quello del seminativo medio dei contadini locali (o un po’ inferiore), e soddisfa in misura appena sufficiente il fabbisogno della famiglia. Ma l’insufficienza di scorte vive e morte e la loro distribuzione ineguale rendono l’azienda dei contadini di questo gruppo instabile, precaria, soprat- tutto in seguito alla minacciosa tendenza del gruppo superiore a soppiantare i gruppi inferiore e medio. Passiamo al gruppo superiore, che comprende i contadini agiati. Rientra in questo gruppo, nei distretti di Tauride, x /s della popolazione con seminativi di oltre 2 y desiatine per famiglia. Quanto sia effettivamente più ricco degli altri questo gruppo per quel che riguarda sia il bestiame da lavoro che l’inventario, le di- mensioni sia dei nadiel che delle altre terre, è stato sufficiente- mente documentato sopra. Per mostrare esattamente quanto i con- tadini di questo gruppo siano più agiati dei contadini medi, ri- portiamo ancora solo i dati sui seminativi: nel distretto di Dnie- provsk al gruppo agiato spettano 41,3 desiatine di seminativo per famiglia, mentre al gruppo medio in questo distretto spettano 17,8 desiatine per famiglia, vale a dire meno della metà. In gene- rale, questo aspetto della questione — la maggiore agiatezza dei contadini che seminano molta terra — è spiegato da Postnikov in 56 LENIN inodo abbastanza esauriente, ma egli non ha rivolto quasi per nulla la sua attenzione a un’altra questione, molto più rilevante: quale importanza ha l’azienda di questo gruppo nella produzione agricola generale della regione e a qual prezzo (per gli altri gruppi) il gruppo superiore consegue un successo? Il fatto è che questo gruppo è numericamente molto piccolo: nel governatorato di Tauride, che è la regione più agiata dei sud, rientra in questo gruppo solo il 20% della popolazione. Sf po- trebbe pensare perciò che la sua importanza neH’economia di tutta la regione non sia grande *. Ma in realtà noi vediamo esat- tamente l’opposto: in generale nella produzione agricola que- sta minoranza agiata adempie una funzione predominante. Nei tre distretti del governatorato di Tauride, su una superficie di seminativo totale di 1.439.267 desiatine, i contadini agiati hanno 724.678 desiatine, vale a dire più della metà. Certo queste ci- fre sono lontane dall’esprimere esattamente la preponderanza del gruppo superiore, perchè i raccolti nelle aziende dei con- tadini agiati sono molto superiori rispetto a quelli dei contadini poveri e dei contadini medi, la cui azienda, secondo la surriportata definizione di Postnikov, non è gestita in modo razionale. Quindi producono grano principalmente i contadini del gruppo superiore, e perciò (fatto di particolare importanza, ma frequente- mente ignorato) tutte le possibili definizioni dell’agricoltura, i giudizi sui miglioramenti agricoli, ecc., riguardano prevalen- temente e soprattutto (talvolta persino in modo esclusivo) la mi- noranza agiata. Prendiamo, per esempio, i dati sulla diffusione degli attrezzi perfezionati. Postnikov riferisce quanto segue sull’inventario del contadino di Tauride: 4 L’inventario contadino, salvo rare eccezioni, è identico a quello dei coloni tedeschi, ma è meno vario, in parte di qualità peggiore, e quindi di valore inferiore. Costituisce un’eccezione la parte sud-occidentale del distretto di Dnieprovsk, raramente e scar- • Commette questo errore, per esempio, il signor Slonimski che, in un arti- colo, sul libro di Postnikov scrive: « Il gruppo dei contadini agiati sì perde nella massa dei contadini poveri e in alcune località sembra quasi del tutto inesi- . stente» {Vicstni\ Evropy , 1893, n. 3, p. 307). NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 57 samente abitata, che conserva ancora l’attrezzatura primitiva della Piccola Russia * con l’aratro pesante di legno e l’aratro primitivo di legno dai denti di ferro. Nelle altre zone dei distretti di Tau- ride i contadini adoperano dappertutto aratri perfezionati, di ferro. Accanto all’aratro occupa un posto di prim’ordine, per lavorare i campi, anche il bu\\er y che in molti casi è persino l’unico attrezzo aratorio dei contadini. Ma più spesso il bu\\er viene adoperato accanto all’aratro... Per l’erpicatura si adoperano dappertutto er- pici di legno con denti di ferro, che di solito sono di due tipi; erpici a due cavalli che coprono una superficie larga io piedi, e er- pici a un cavallo che hanno circa un sagen di larghezza... Il bu \ - \er è un attrezzo con tre, quattro o cinque vomeri... Molto spesso sulla parte anteriore del buì{\cr vien installata una piccola semi- natrice che funziona in concomitanza con la ruota portante del bitter. Essa effettua la semina simultaneamente alla coper- tura dei semi da parte del buì^ker. Fra gli altri attrezzi dei con- tadini per la coltivazione della terra si trova anche, sebbene non spesso, il rullo di legno, che serve a spianare i campi dopo la semina. Le mietitrici si sono diffuse fra i contadini soprattutto nell’ultimo decennio. Nei villaggi agiati, secondo le dichiara- zioni dei contadini, quasi la metà delle famiglie possiede que- ste macchine... Fra i contadini le falciatrici si incontrano molto più raramente delle mietitrici... Nello stesso modo sono anche poco diffusi fra i contadini i rastrelli trainati dal cavallo e le treb- biatrici. Dappertutto si adoperano le vagliatrici... Per i trasporti si adoperano esclusivamente i carretti tedeschi e i carri fabbricati adesso in molti villaggi russi... Per la trebbiatura si adoperano dappertutto rulli dentati di pietra di maggiore o minore lun- ghezza » (p. 213-215). Per sapere com’è ripartita questa attrezzatura, ci si deve rivol- gere alle raccolte statistiche degli zemstvo , sebbene in esse i dati non siano completi: le statistiche di Tauride hanno registrato solo gli aratri e i buffer, le mietitrici e le falciatrici, e i carriaggi (cioè i carretti o i carri). Se raggruppiamo i dati per i distretti di Me litopol e Dnieprovsk, vediamo che il gruppo superiore detiene Ucraina (N. d. /?.). LENIN 5 8 19.987 aratri ed erpici su un numero complessivo di 46.522, vale a dire il 42,9%; 23.747 calessi su 58.478, vale a dire il 39,9 %; infine, 2841 mietitrici e falciatrici su 3061, vale a dire il 92,8%. Sono stati riportati sopra i dati che mostrano come la produt- tività del lavoro nei gruppi superiori dei contadini è considerevol- mente più elevata che nei gruppi inferiori e medi. Vediamo ora quali particolarità tecniche condizionano questa particolarità eco- nomica dei contadini che seminano grandi estensioni di terra. «Le dimensioni dell’azienda e il modo della sua conduzione da parte dei contadini — dice Postnikov — determinano in misura considerevole anche il sistema e il carattere della coltivazione della terra. Purtroppo questa interdipendenza è stata sinora poco indagata nel nostro paese da coloro che studiano l’azienda agricola contadina, per i quali quest’ultima non di rado appare ancora omogenea in tutti gli strati della popolazione rurale. Lasciando da parte il sistema di coltivazione, cercherò di riassumere breve- mente queste particolarità della tecnica dell’azienda dei singoli gruppi di contadini, nella misura in cui mi sono apparse chiare nei miei viaggi nei distretti di Tauride. « I capifamiglia che lavorano con bestiame proprio e fanno a meno dell’associazione, tengono nell’azienda 4-5-6 e più capi di bestiame da lavoro* e, in questo campo, la loro situazione eco- nomica presenta molte differenze. Il bu\\er a quattro vomeri esige che vengano aggiogati quattro capi di bestiame; per quello a cinque vomeri occorrono poi cinque capi. Dopo l’aratura viene l’erpicatura e, se l’agricoltore non ha un cavallo in più, deve erpicare il campo non subito ma dopo la fine dell’aratura, vale a dire coprire i semi con terra già alquanto essiccata, il che costi- tuisce una condizione sfavorevole per la germinazione. Se l’ara- tura viene effettuata a grande distanza dal villaggio e si deve trasportare l’acqua e il foraggio, la mancanza di un cavallo in più interrompe anch’essa il lavoro. In tutti questi casi, mancando gli animali da lavoro necessari, si perde tempo e si ritardano le semine. Quando hanno un maggior numero di animali da la- •I contadini del gruppo agiato hanno 6-io capi di bestiame da lavoro per famiglia (cfr. sopra). NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 59 voro e lavorano col bu\\er a molti vomeri, i contadini effettuano più rapidamente le loro semine, utilizzano meglio le giornate di bel tempo, coprono i semi con terra più umida. Quindi i vantaggi della tecnica nelle semine primaverili sono tutti per il proprie- tario ” completo ”, che nell’azienda ha sei e, meglio ancora, sette capi di bestiame da lavoro. Con sette cavalli possono funzionare simultaneamente un bu\\er a cinque vomeri, e due erpici. Per questo proprietario — dicono i contadini — ” non esistono inter- ruzioni nei lavori « Ancora più importante è la differenza nella situazione di que- sti coltivatori durante il periodo che segue la mietitura, quando nell’azienda locale, in caso di raccolto abbondante, le forze lavo- rative sono impegnate al massimo. Il proprietario che ha sei capi di bestiame da lavoro effettua la prima trebbiatura del grano simul- taneamente al trasporto, il grano non si abbica, per cui, natu- ralmente; si risparmia tempo e forza-lavoro » (p. 277). Per ultimare la descrizione del carattere dell’azienda di que- sti contadini che seminano grandi estensioni di terra, si deve ancora osservare che in questo gruppo di coltivatori, come rileva Postnikov, la semina è un’operazione « mercantile ». I dati sup- portati sull’estensione della superficie mercantile confermano pie- namente la definizione dell’autore, perchè la maggior parte del se- minativo dà un prodotto che affluisce sul mercato e, precisa- mente, il 52% di tutta l’area nelle aziende con seminativi da 25 a 50 desiatine e il 61 % nelle aziende con seminativi superiori a 50 desiatine. Lo stesso è dimostrato dall’entità del reddito monetario ricavato: persino il minimum di questo reddito per il gruppo agiato, vale a dire 574 rubli per famiglia, supera di oltre il doppio l’ammontare della spesa monetaria indispensabile (200-250 rubli), costituendo in questo modo un’eccedenza, che viene accumulata e serve per ampliare l’azienda e migliorarla. « Per i contadini più agiati, con seminativi di oltre 50 desiatine per famiglia, persino una delle branche zootecniche — l’allevamento degli ovini a vello ruvido — assume già un carattere mercantile », come informa Postnikov (p. 188). Passiamo ora a un’altra questione, anch’essa insufficientemente elaborata (persino quasi non toccata) da Postnikov: come influì- 6o !ENIN scono sulla massa i successi economici della minoranza dei con- tadini? Senza dubbio, del tutto negativamente: i dati surriportati (soprattutto subaffitto) lo dimostrano in modo adeguato, sicché qui ci si può limitare solo a tirare le somme. In tutti e tre i distretti del governatorato di Tauride i contadini prendono com- plessivamente in affitto 476.334 desiatine di terra ( nadiel e terre fuori dei nadiel ), di cui 298.727, vale a dire più dei 3 /s (63%), sono prese in affitto dal gruppo agiato. Al gruppo povero spetta solo il 6% e al gruppo medio il 31 %. Se si tiene presente che han- no bisogno di prendere terra in affitto soprattutto, se non esclusiva- mente, i due gruppi inferiori (i dati su riportati sulla distribuzione della superficie terriera fra i gruppi di contadini del distretto di Dnieprovsk mostrano che nel gruppo superiore il solo arativo del nadiel corrisponde quasi completamente alle dimensioni « normali » del seminativo), sarà chiara la fortissima limitazione che essi devono subire, per quanto riguarda la terra, grazie airampliamento della parte mercantile delTarativo dei contadini agiati *. Conclusioni del tutto identiche si ricavano anche dalla distri- buzione dei nadiel ceduti in affitto, i cui dati sono stati riportati sopra. Per mostrare quale importanza ha Taffitto dei nadiel per i contadini dei diversi gruppi, riportiamo la descrizione di questo fenomeno dal capitolo IV dell’opera di Postnikov. «Nelle condizioni in cui vive il contadino della Russia meri- dionale — egli dice — le terre dei nadiel servono attualmente ai fini di una vasta speculazione. La terra viene . ipotecata con ri- lascio di cambiali, molto diffuse qui fra i contadini di Tauride, il reddito della terra va al creditore sino airestinzione del debito la terra viene ceduta o venduta per 1-2 anni c per periodi più lunghi, come 8, 9 c ix anni, e queste cessioni dei nadiel sono uffi- cialmente registrate presso gli uffici dei volost c dei villaggi. Di domenica e nei giorni festivi mi è capitato di vedere, nei grossi vil- laggi, davanti alla sede degli uffici amministrativi grandi folle ru- morose. Quando chiesi i motivi deirassembramento mi fu risposto # « Il tedesco opprime il contadino locale... perchè lo priva .Iella terra vicina che egli potrebbe prendere in affitto o acquistare » (p. 202). dice Postnikov. Evi- dentemente, sotto questo aspetto, il contadino russo agiato si avvicina di più al colono tedesco che al suo compatriota povero. NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 6l che si stavano offrendo e vendendo nadiel , operazione registrata dalle autorità del villaggio... La vendita anticipata * dei nadiel a vantaggio di terzi viene praticata sia nei villaggi dove la terra è già stata ripartita in base alle liste di revisione e non si veri- fica nessuna nuova radicale ripartizione, quanto nei villaggi dove la ripartizione vien fatta in base al numero dei contadini real- mente presenti e con nuove spartizioni radicali; ma, in questi ul- timi, il termine a partire dal quale può avvenire la vendita è più breve ed è calcolato sulla base del termine entro il quale la terra viene spartita, termine che negli ultimi tempi, in questa re- gione, nella maggior parte dei casi viene fissato in precedenza da una decisione del mir. Attualmente questa vendita antici- pata dei nadiel nei villaggi della Russia meridionale è al cen- tro degli interessi più vitali dei contadini agiati del luogo, tanto numerosi qui, particolarmente nei distretti di Tauride. Essa costituisce, fra Paltro, una delle condizioni principali della grande coltura che viene praticata qui dai contadini agiati di Tauride con grandi vantaggi economici. Precisamente per questo motivo i con- tadini agiati si dimostrano attualmente sensibili verso qualsiasi mu- tamento nelle loro condizioni di vita che possa privarli di questo affitto di terre, le quali nella maggior parte dei casi sono a buon mercato, e soprattutto delle terre che sono più vicine » (p. 140). Si descrive poi come PUfficio distrettuale per gli affari contadini di Me- litopol 8 richieda che ogni singolo caso di cessione dei nadiel abbia il consenso delPassemblea del m/r, come i contadini siano stati col- piti da questa disposizione e come « la conseguenza sia stata per ora solo la scomparsa dei registri dei contratti fondiari dai tribu- nali, sebbene, probabilmente, questi registri continuino ad essere tenuti ma non ufficialmente » (p. 140). Benché prendano in affitto immense distese di terre, i conta- dini agiati Sono quasi gli unici acquirenti delle terre: nel di- stretto di Dnieprovsk essi detengono il 78% di tutta la terra ac- quistata, nel distretto di Melitopol 42.737 desiatine su un totale di 48.099 desiatine, vale a dire P88 %. Cioè prima che la terra sia. stata completamente riscattata (NJJi.). 62 LENIN Infine, questa stessa categoria di contadini gode di finanzia- menti straordinari; in aggiunta alla surriportata osservazione del- ittore sulle casse rurali nel mezzogiorno, citiamo la seguente caratterizzazione : «Le casse rurali e le società di depositi e prestiti che oggi sono diffuse da noi in alcune località — sono, per esempio, molto numerose nei villaggi di Tauride — prestano il loro aiuto soprattutto ai contadini agiati. Il loro aiuto si può ritenere so- stanziale. Più volte dai contadini di Tauride, dove funzionano queste società, ho avuto occasione di sentire espressioni del ge- nere: "Grazie a Dio, adesso ci siamo liberati dai giudei”, ma sono i contadini agiati che parlano così. I contadini economica- mente deboli non trovano garanti e non usufruiscono dei prestiti > (p. 368). Questa monopolizzazione del credito non costituisce nulla d’imprevisto: la transazione creditizia non è altro che una compravendita con pagamento dilazionato. È del tutto naturale che possa pagare solo chi ha i mezzi e, fra i contadini della Russia meridionale, solo una minoranza agiata possiede questi mezzi. Per descrivere in modo completo il carattere delPeconomia di questo gruppo, che supera tutti gli altri gruppi presi assieme per i risultati della sua attività produttiva, resta solo da ricordare che esso si serve « in misura considerevole » del lavoro salariato, che i rappresentanti del gruppo inferiore sono costretti a for- nirgli. È necessario osservare in proposito che un censimento preciso del lavoro salariato nella produzione agricola presenta enormi difficoltà, che, a quanto pare, le nostre statistiche degli zemstvo non hanno ancora superato. Siccome Tagricoltura non richiede un lavoro permanente e uniforme per tutto Panno, ma solo un lavoro intensificato in un determinato periodo di tempo, la registrazione dei soli operai salariati fissi è lontana dal rappresentare il grado di sfruttamento del lavoro salariato, mentre il calcolo della mano d’opera avventizia (spesso cottimisti) è estremamente difficile. Po- stnikov, calcolando approssimativamente il numero dei salariati in ogni gruppo, ha preso come media lavorativa nel gruppo agiato ig desiatine di seminativo per lavoratore *. Dal capitolo VII della •Per 1,8-2, 3 lavoratori si sale a 27-34,5 desiatine, mentre i contadini del gruppo agiato seminano 34,5-75 desiatine. Per conseguenza, la caratteristica gene- NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 63 sua opera, dove l’autore esamina particolareggiatamente qual è in realtà l’estensione della superficie coltivata, risulta che una simile media viene raggiunta solo con la mietitura meccanizzata del gra- no. Invece persino nel gruppo agiato il numero delle mietitrici non è elevato: nel distretto di Dnieprovsk, per esempio, esiste all’in- circa una macchina ogni io famiglie, cosicché, persino prendendo in considerazione quanto afferma l’autore, e cioè che chi ha delle macchine, terminato il proprio raccolto, le dà in affitto, risulta egualmente che la maggior parte dei contadini deve fare a meno delle macchine e, per conseguenza, assumere operai giornalieri. L’impiego del lavoro salariato nel gruppo superiore deve avvenire perciò in misura maggiore di quanto non calcoli l’autore, di modo che l’alto reddito monetario ottenuto dai contadini di questo grup- po, costituisce per una parte considerevole (se non interamente) un reddito proveniente dal capitale , nel significato specifico che l’eco- nomia politica scientifica attribuisce a questo termine. Riassumendo quanto si è detto sul terzo gruppo, abbiamo le seguenti caratteristiche: i contadini agiati, che detengono mezzi di produzione in misura notevolmente superiore alla media e il cui lavoro perciò si distingue per la maggiore produttività, predomi- nano e sono i principali produttori agricoli in tutta la regione; l’economia di questo gruppo è di tipo mercantile c basata in misura considerevole sullo sfruttamento del lavoro salariato. La suddetta breve rassegna delle differenze politico-econo- miche nell’economia dei tre gruppi della popolazione locale è stata basata sull’elaborazione sistematica del materiale contenuto nel libro di Postnikov e concernente 1’economia contadina della Russia meridionale. A mio avviso, questa rassegna mostra che non è possibile studiare l’economia contadina (sotto l’aspetto po- litico-economico) se non si procede a una divisione in gruppi dei contadini. Postnikov, come è già stato osservato sopra, lo rico- nosce e anzi critica le statistiche degli zemstvo che hanno tra- scurato questo punto, di modo che le loro combinazioni, nonostante la grande abbondanza di cifre, « non sono chiare » e « dietro gli al- ralc di questo gruppo è che le sue aziende hanno dimensioni che superano note- volmente la media lavorativa della famiglia. 6 4 LENIN beri non vedono la foresta » (p. XII). Veramente Postnikov non ha il diritto di muovere un simile rimprovero alle statistiche degli zemstvo, perchè anche lui non ha operato sistematicamente la di- visione dei contadini in gruppi «.chiari», ma la giustezza dell’esi- genza che egli pone è fuori di dubbio. Una volta riconosciuto che fra le singole aziende si riscontrano differenze non solo quantita- tive ma anche qualitative*, è ormai assolutamente indispensasbile dividere i contadini in gruppi, differenziati non in base all’« agia- tezza », ma in base al carattere economico-sociale dell’azienda. È lecito sperare che le statistiche degli zemstvo non tardino a farlo. V Postnikov non si limita a costatare i contrasti economici esistenti fra i contadini, ma segnala altresì l’accentuarsi di questo fe- nomeno: « Dappertutto da noi le condizioni economiche dei contadini variano secondo i gruppi — egli dice — ed è così da tempo remoto, ma negli ultimi decenni questa differenziazione della popolazione contadina ha incominciato a manifestarsi molto for- temente e, a quanto pare, si accentua sempre di più » (p. 130). Le difficili condizioni economiche del 1891 dovevano dare, se- condo Topinione dell’autore, un nuovo impulso a questo processo. Si domanda: quali sono i motivi di questo fenomeno, che esercita un’influenza così notevole su tutta la popolazione con- tadina? « Il governatorato di Tauride — dice Postnikov — è fra quelli che posseggono le più grandi estensioni di terra nella Russia europea, con i nadiel contadini più estesi; in esso esiste dapper- tutto il possesso fondiario dell’ obsteina, con una distribuzione più o meno uniforme della terra in base ai componenti delle fa- • Il carattere dell’azienda è determinato dalla produzione per il consumo» daH’attività mercantile; il carattere dello sfruttamento del lavoro è determinato dalla vendita della propria forza-lavoro, come fonte principale dei mezzi per vivere, e dall'acquisto della forza-lavoro come conseguenza necessaria dell’espan- sione delle aree seminate al di là del limite della capacità lavorativa della famiglia. NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 65 miglie, e l’esercizio dell’agricoltura costituisce l’occupazione quasi esclusiva della popolazione rurale; tuttavia qui il censimento per fuoco rivela che il 15% della popolazione agricola non possiede bestiame da lavoro, e circa un terzo della popolazione non ha un attrezzamento adeguato per coltivare i propri nadiel » (p. 106). « Da che cosa dipende — si domanda l’autore — una varietà così larga nei gruppi e, in particolare, che cosa determina, in un’eco nomia esclusivamente agricola, una percentuale così alta di capifa- miglia che non hanno nè seminativi nè animali da lavoro, qual è quella che esiste oggi nella regione descritta? » (p. 130). Postnikov, mettendosi alla ricerca delle cause di questo feno- meno, sbaglia completamente strada (per fortuna non a lungo) e incomincia a dissertare sul « vagabondaggio », sull’* ubriachezza ». persino sugli incendi e sui furti di cavalli. Tuttavia conclude che non in queste cause consiste il lato più sostanziale della que- stione. Anche la mancanza del capo di casa nelle famiglie, vale a dire la mancanza di lavoratori adulti, non spiega nulla: le fa- miglie in cui non ci sono lavoratori adulti costituiscono solo il 18% del numero complessivo delle famiglie che non conducono un’azienda nei distretti di Tauride (vale a dire che non hanno terra seminata). « Le cause principali della mancata conduzione dell’azienda — conclude l’autore — devono essere ricercate in altri fattori della vita economica dei contadini » (p. 134). E, precisamente, Postni- kov ritiene che « fra le cause indicate che concorrono a determi- nare la decadenza dell’azienda contadina dei capifamiglia non associati, quella che si può considerare fondamentale e che, pur- troppo, sinora è stata scarsamente chiarita dalle nostre statistiche degli zemstvo^ consiste nello spezzettamento dei nadiel e nella li- mitata utilizzazione della terra da parte dei contadini, nella dimi- nuzione delle dimensioni medie dell’azienda contadina» (p. 141). «La causa fondamentale della povertà economica della Russia — dice l’autore — è la limitata estensione del possesso fondiario e dell’azienda contadina, che non permette di utilizzare tutta la capacità lavorativa della famiglia contadina» (p. 341). Per chiarire questa affermazione di Postnikov — espressa in modo estremamente impreciso, perchè l’autore stesso ha stabilito 6 — 572 66 LENIN che le dimensioni medie dell’azienda contadina (17-18 desiatine di seminativo) sono sufficienti per assicurare un’esistenza passabile alla famiglia, e che non è possibile fissare in modo generale, globale per tutti i contadini, le dimensioni dell’azienda — si deve ricor- dare che egli ha stabilito sopra la legge generale deiraumento della produttività del lavoro contadino a misura che aumentano le dimensioni dell’azienda. L’integrale utilizzazione della forza- lavoro della famiglia (e degli animali da lavoro) viene raggiunta, secondo il suo calcolo, solo nei gruppi superiori: per esempio, nei distretti di Tauride, solo fra i contadini agiati; la stragrande mag- gioranza della popolazione « coltiva stentatamente la terra in modo improduttivo» (p. 340), spendendo inutilmente una grande quantità di energie. Nonostante che l’autore abbia pienamente dimostrato la di- pendenza della produttività del lavoro dalle dimensioni del- l’azienda e il rendimento estremamente basso nei gruppi infe- riori dei contadini, non è però il caso di vedere in questa legge (Postnikov la chiama legge della sovrappopolazione agricola in Russia, saturazione del lavoro nell’agricoltura) la causa della di- sgregazione della massa contadina: si tratta precisamente di sta- bilire perchè i contadini si siano divisi in gruppi così diversi; e* lo sovrappopolazioni agricola già presuppone questa divisione: il concetto stesso l’autore se le formato mettendo insieme le aziende piccole e grandi e i loro redditi. Perciò non si può ri- spondere alla domanda: «da che cosa dipende la grande etero- geneità nei gruppi? », indicando la sovrappopolazione agricola. Evidentemente anche Postnikov ne è consapevole. Però egli non si è posto in modo preciso il compito di indagare le cause del fe- nomeno, cosicché le sue osservazioni hanno il difetto d’essere al- quanto frammentarie: accanto ad enunciazioni inesatte, poco coerenti, si trovano anche idee giuste. Così, per esempio, egli dice: «Non ci si può attendere che la lotta accanita attualmente in corso nelle campagne sul terreno del possesso fondiario possa contribuire in avvenire a sviluppare nella popolazione i principi dclYobstcina e della concordia. E questa lotta non è tem- poranea, determinata da condizioni fortuite... Essa ci appare non come una lotta fra le tradizioni d eìYobstcina e l’individualismo NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA 67 che si sviluppa nella vita delle campagne, ma come una semplice lotta di interessi economici, il cui esito deve essere fatale per una parte della popolazione, in virtù dell’esistente scarsità di terra > (p. XXXII). « Ed è una verità abbastanza evidente — dice Postnikov in un altro punto — che, data la scarsità di terra e le piccole dimensioni deirazienda, data la mancanza di un artigianato sufficientemente sviluppato, non vi può essere agiatezza fra i contadini, e tutto ciò che è debole sotto l’aspetto economico, in un modo o neiraltro, prima o poi, deve essere eliminato dall’agricoltura contadina» (p.368). Queste osservazioni contengono una risposta molto più giusta, e, inoltre, si tratta di una risposta che è in completa armonia col fenomeno della differenziazione della popolazione che abbiamo esposto prima. La risposta è la seguente: la comparsa di una massa di famiglie che non conducono la loro azienda e l’aumento del loro numero sono determinati dalla lotta d’interessi eco- nomici fra i contadini. Su quale terreno e con quali mezzi si svolge questa lotta? Per quanto riguarda i mezzi, essi sono non soltanto, anzi non tanto la mancanza di terra (come si po- trebbe pensare sulla base delle osservazioni di Postnikov teste ri- portate), quanto la diminuzione delle spese di produzione che segue immediatamente l’aumento delle dimensioni dell’azienda, come è stato sufficientemente chiarito sopra. Per quanto riguarda il terreno sul quale nasce la lotta, esso è indicato abbastanza chiaramente dalla seguente osservazione di Postnikov: « Esiste un determinato minimum di superficie aziendale, al di sotto del quale l’azienda contadina non può scendere, perchè essa diviene allora svantaggiosa o persino impossibile. Per prov- vedere al sostentamento della famiglia e all’alimentazione del be- stiame [?], all’azienda occorre una determinata superficie alimen- tare; nell’azienda dove non vi sono mestieri ausiliari, o dove questi sono scarsi, occorre inoltre una determinata superficie mer- cantile per poter vendere i prodotti, onde procurare alla famiglia contadina i mezzi monetari per pagare le imposte, per provvedersi di vestiario e di calzature, per effettuare le spese indispensabili per gli attrezzi, i fabbricati, ecc. Se le dimensioni dell’azienda 6 * 68 LENIN contadina scendono al di sotto di questo minimo, l'azienda non si regge. In questo caso converrà al contadino abbandonare l'azienda e divenire bracciante, riducendo così le spese, mentre potrà soddi- sfare i suoi bisogni più integralmente e con un minor reddito com- plessivo » (p. 141). Se, da un lato, il contadino trova vantaggioso estendere il suo seminativo molto al di là del proprio fabbisogno di grano, questo accade perchè egli può vendere il suo prodotto. Se, dall'altro lato, il contadino trova vantaggioso abbandonare l’azienda e fare il bracciante, questo accade perchè il soddisfacimento della maggior parte dei suoi bisogni richiede spese in danaro, cioè che egli venda i suoi prodotti*; e siccome, vendendo i prodotti della sua azienda, egli incontra sul mercato un concorrente col quale non è in grado di competere, Tunica risorsa che gli resta è di ven- dere la sua forza-lavoro. In una parola: il terreno sul quale si svi- luppano i fenomeni sopra descritti è la produzione per il mer- cato. Il motivo fondamentale per cui s’accende una lotta d’in- teressi economici fra i contadini è l’esistenza di ordinamenti in cui il regolatore della produzione sociale è il mercato. Ultimata la descrizione dei « nuovi spostamenti economici nella vita contadina » e compiuto il tentativo di spiegarli, Postnikov passa a esporre le misure pratiche che devono risolvere la « que- stione agraria ». Noi non seguiremo Fautore in questo campo, in primo luogo, perchè questo non rientra nei compiti del presente articolo; in secondo luogo, perchè questa parte dell'opera di Po- stnikov è la più debole. Quest’ultima considerazione sarà piena- mente comprensibile se si ricorda che nel nostro autore si in- contrano le maggiori contraddizioni e omissioni precisamente quando egli tenta di spiegare i processi economici, e senza una spiegazione completa e precisa di questi processi non è neanche possibile suggerire una qualsiasi misura pratica. • Cfr. i dati su riportati sulla superficie alimentare e mercantile del seminativo (solo il reddito di queste superfici è destinato a soddisfare i bisogni del coltivatore» e non dell’agricoltura , vale a dire costituisce reddito nel significato genuino» e non spese di produzione)» e anche i dati sulla spesa monetaria media del conta- dino di Tauride in rapporto con la quantità di grano destinata alla alimenta- zione (2 cetvert a testa, per maschi e femmine). A PROPOSITO DELLA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 0 Scritto nell’autunno 1893. Pubblicato per la prima volta nel 1937, sul n. 2t del BohceviJ{. 1 Da noi, in Russia, si può sviluppare , e sviluppare integrai - mente, il capitalismo, quando la massa del popolo è povera e s'im- poverisce sempre più ? In effetti, per lo sviluppo del capitalismo è necessario un vasto mercato interno, e la rovina dei contadini mina questo mercato, minaccia di provocarne la chiusura com- pleta e di impedire che si organizzino gli ordinamenti capitali- stici. Si dice, in verità, che, trasformando in mercantile lecono- mia naturale dei nostri produttori diretti, il capitalismo si crea, con ciò stesso, un mercato; ma è forse concepibile che, con i miseri residui deireconomia naturale, possa svilupparsi da noi, fra contadini semipoveri, la potente produzione capitalistica che noi vediamo in Occidente? Non è forse chiaro che, già a causa del- rimpoverimento della massa, il nostro capitalismo rappresenta qual- cosa di impotente e senza fondamento, incapace di abbracciare tutta la produzione del paese e di divenire la base della nostra eco- nomia sodale? Queste sono le questioni che la nostra letteratura mette continua- mente in campo contro i marxisti russi; la mancanza del mercato è uno degli argomenti principali che vengono addotti contro l'appli- cabilità della teoria di Marx alla Russia. Alla confutazione di que- sto argomento è consacrata, fra l’altro, la relazione La questione dei mercati , della cui analisi ci dobbiamo occupare. V- LENIN II Il relatore pone come premessa fondamentale il presupposto del « dominio generale ed esclusivo della produzione capitalistica ». Movendo da questa premessa, il relatore espone il contenuto del capitolo XXI del II volume del Capitale (Sezione 3“: La riprodu- zione e la circolazione del capitale complessivo sociale ). Marx si pone qui il compito di indagare in qual modo la pro- duzione sociale reintegra quella parte del prodotto che serve per soddisfare i bisogni individuali degli operai e dei capitalisti, e quella che serve per formare gli elementi del capitale produttivo. Perciò, se nel I volume, studiando la produzione e la riprodu- zione del capitale individuale , ci si poteva limitare all’analisi delle parti costitutive del capitale e del prodotto secondo il loro valore [il valore del prodotto, com’è dimostrato nel primo volume del Capitale , è composto da c (capitale costante) -f- v (capitale va- riabile) + pv (plusvalore)], qui diventa necessario prendere in considerazione la suddivisione del prodotto secondo la sua com- posizione materiale, perchè la parte del prodotto che è costituita dagli elementi del capitale, non può servire per il consumo indi- viduale, e viceversa. In considerazione di questo, Macx divide tutta la produzione sociale — e, per conseguenza, anche il pro- dotto complessivo sociale — in due categorie: I) la produzione dei mezzi di produzione, vale a dire degli ele- menti del capitale produttivo, delle merci che possono essere de- stinate solo al consumo produttivo, e II) la produzione dei mezzi di consumo, vale a dire delle merci destinate al consumo indi- viduale della classe dirgli operai c della classe dei capitalisti. Come base dell’indagine viene preso lo schema seguente [le cifre arabe indicano le unità di valore — per esempio milioni di rubli — mentre quelle romane indicano le categorie della pro- duzione sociale. Il saggio del plusvalore viene indicato in per- centuale] : I 4000 c + 1000 v + 1000 pv = 6000 [ Capitale = 7500 ) II 2000 c -j- 500 v + 500 pv — 3000 ( Prodotto = 9000 ) Supponiamo anzitutto di avere a che fare con la riproduzione LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 73 semplice, ammettiamo cioè che la produzione non s allarghi, con- servando permanentemente le vecchie dimensioni; questo signi- fica che tutto il plusvalore 10 viene consumato improduttivamente dai capitalisti, viene speso per i bisogni individuali, e non per Taccu- mulazione. In questa condizione è evidente, in primo luogo, che II 500 v e II 500 pv devono essere consumati dai capitalisti e dagli operai di questa stessa categoria II, perchè questo prodotto esiste sotto forma di mezzi di consumo, destinati al soddisfacimento dei bisogni individuali. Inoltre, I 4000 c nella sua forma naturale deve essere consumato dai capitalisti della categoria I, perchè la condizione per cui le dimensioni della produzione sono inva- riabili^ esige che lo stesso capitale sia conservato per Tanno suc- cessivo al fine di produrre mezzi di produzione; per conseguenza, anche la reintegrazione di questa parte del capitale non presenta difficoltà alcuna: la parte corrispondente del prodotto, esistente sotto la forma naturale di carbone, di ferro, di macchine, ecc., sarà scambiata fra i capitalisti che si occupano della produzione dei mezzi di produzione, e, come prima, servirà loro come capitale costante. Rimangono in questo modo I (v -f- pv) e II c. I 1000 v — (— I 1O00 pv — prodotto esistente sotto forma di mezzi di pro- duzione — e II 2000 c, sotto forma di mezzi di consumo. Gli operai e i capitalisti della categoria I (nella condizione della ri- produzione semplice, vale a dire del consumo di tutto il plusva- lore) devono consumare mezzi di consumo per un valore di 2000 [1000 (v) + 1000 (pv)]. I capitalisti della categoria II, per avere la possibilità di continuare la produzione nelle dimensioni pre- cedenti, devono acquistare mezzi di produzione per 2000, onde reintegrare il loro capitale costante (2000 II c). Ne consegue chia- ramente che I v + I pv devono essere scambiati con II c, perchè senza questo scambio non è possibile la produzione nelle dimen- sioni precedenti. Condizione della riproduzione semplice è che la somma del capitale variabile e del plusvalore della categoria I sia eguale al capitale costante della categoria II : I (v + pv) = II c. In altri termini, questa legge si può formulare così: la somma di tutto il valore prodotto ex novo durante Tanno (in entrambe le categorie) deve essere eguale al valore globale del prodotto 74 LENIN esistente sotto forma di mezzi di consumo: I (v pv) II (v + pv) = II (c + v + pv). S’intende che, nella realtà, la riproduzione semplice non può esistere, perchè la produzione di tutta la società non può rimanere ogni anno nelle dimensioni precedenti e anche perchè l’accumu- lazione è la legge deirordinamento capitalistico. Esaminiamo perciò in che modo avviene la produzione sociale in dimensioni crescenti, o accumulazione. Nell’accumulazione solo una parte del plusvalore viene consumata dai capitalisti per soddisfare I bisogni individuali, mentre l’altra parte viene consumata in modo produttivo, vale a dire viene convertita in elementi del capitale produttivo perchè si allarghi la produzione. Perciò, nell’accumu- lazione, l’eguaglianza fra I (v 4 * pv) e II c non è possibile; è ne- cessario che I (v + pv) sia superiore a II c, affinchè una parte del plusvalore nella categoria I (I pv) non sia scambiata con i mezzi di consumo, ma serva per allargare la produzione. Ot- teniamo dunque A. Schema della riproduzione semplice: I 4000 C + IOOO V + IOOO pv = 6000. II 2000 C + SOO V 4 - 500 pv = 2000. I (v + pv) = II c B. Schema iniziale per V accumulazione: I 4000 c + 1000 v + 1000 P v = 6000. II 1500 c + 750 v 4 * 75 ° m — 3000 I (v 4- pv) > Il c. Vediamo ora in che modo si deve svolgere la produzione so- ciale nella condizione dell’accumulazione. Primo anno. I 4000 c + 1000 v 4- 1000 pv = 6000. j Capitale = 7250 ) II 1500 c 4 - 750 v 4 - 750 pv = 3000. ) Prodotto = 9000 ) LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 75 I (iooo v + 500 pv) vengono scambiati con II 1500 e (come anche nella riproduzione semplice). I 500 pv vengono accumulati, vale a dire vanno ad allargare la produzione, si trasformano in capitale . Se prendiamo la divisione precedente in capitale costante e variabile, avremo I 500 pv = 400 c + 100 v. II capitale costante addizionale (400 c) esiste nello stesso pro- dotto I (la sua forma naturale sono i mezzi di produzione); il capitale variabile addizionale (100 v) deve essere attinto presso i capitalisti della seconda categoria, i quali, per conseguenza, de- vono anchessi accumulare: essi scambiano una parte del loro plusvalore (II 100 pv) con mezzi di produzione (I 100 v) e con- vertono questi mezzi di produzione in capitale costante addizio- nale. Per conseguenza, il loro capitale costante aumenterà da 1500 c a 1600 c; per metterlo in opera è necessaria una forza-lavoro addi- zionale — 50 v — che viene nuovamente presa dal plusvalore dei capitalisti della categoria IL Unendo il capitale addizionale nella I e nella II categoria a quello originario, otteniamo questa ripartizione del prodotto: I 4400 c — |- noo v + (5°° pv) =: 6000. II 1600 c + 800 v + (600 pv) = 3000. Il plusvalore posto fra parentesi indica il fondo di consumo dei capitalisti, vale a dire quella parte del plusvalore che non è desti- nata airaccumulazione, ma al soddisfacimento dei bisogni indivi- duali dei capitalisti. Se la produzione continuerà a mantere il ritmo di prima, alla fine deiranno avremo: I 4400 c + iioo v + noo pv = 6600 (Capitale ==7900^ II 1600 c + 800 v + 800 pv = 3200 (Prodotto = 9800 ) I (noo v + 550 pv) vengono scambiati con II 1650 c* mentre 76 LENIN i 50 c addizionali vengono attinti dagli 800 II pv [Paumento di 50 in c provoca un aumento di 25 in t>]. Poi 550 I pv vengono accumulati come prima: 500 I pv = 440 c -f- 1 io v 165 II pv = no c + 55 v. Unendo ora al capitale originario quello addizionale [440 c si aggiungono a I 4400 c; no v a I 1100 v. 50 c e no c si aggiungono a II 1600 c; e a II 800 v si aggiungono 25 v e 55 v], otteniamo: I 4840 c + 1210 v + (550 pv) = 6600 II 1760 c + 880 v + (560 pv) — 3200 Con Pulteriore movimento della produzione otteniamo: I 4840 c + 1210 v + 1210 pv = 7260 ^Capitale = 8690 '( II 1760 c -f- 880 v + 880 pv — 3520 ) Prodotto = 10780 j) e così via. Ecco — nei tratti essenziali — i risultati delle indagini di Marx sulla questione della riproduzione dèi capitale complessivo sociale. Queste indagini (è necessario precisarlo) sono riprodotte qui nella forma più succinta; sono omesse moltissime questioni analizzate particolareggiatamente da Marx — per esempio, la circolazione monetaria, la reintegrazione del capitale fìsso, consumato gra- dualmente ecc., — perchè tutto questo non ha diretto riferimento con la questione esaminata. Ili Quali conclusioni trae il relatore da queste indagini di Marx? Purtroppo, egli non dà alle sue conclusioni una formulazione LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 77 del tutto precisa e determinata, di modo che occorre sintetizzarle per proprio conto, sulla base di alcune osservazioni che non ar- monizzano pienamente fra loro. Così, per esempio, leggiamo: « Abbiamo visto qui — dice il relatore — - in che modo si compie l’accumulazione nella categoria I, nella produzione dei mezzi di produzione per i mezzi di produzione: ...questa accu- mulazione si compie indipendentemente sia dal movimento della produzione dei beni di consumo, che dallo stesso consumo indi- viduale, a chiunque esso si riferisca » (foglio 15/3)* Naturalmente non si può parlare di « indipendenza » dell’ac- cumulazione dalla produzione dei beni di consumo, se non altro perchè per allargare la produzione vi è bisogno di un nuovo ca- pitale variabile e, per conseguenza, anche di beni di consumo; l’autore, probabilmente, con questa espressione voleva semplice- mente sottolineare quella particorità dello schema, secondo cui la riproduzione di I c — capitale costante nella categoria I — avviene senza scambi con la categoria II, vale a dire ogni anno nella società una certa parte, poniamo, di carbone, viene prodotta per assicurare l’estrazione stessa del carbone. Naturalmente questa produzione (di carbone per estrarre il carbone), mediante una serie di scambi successivi, si collega con la produzione dei beni di consumo: altrimenti non potrebbero esistere nè gli industriali del carbone, nè i loro operai. In un altro punto il relatore si esprime in forma già molto più attenuta : « Il movimento principale dell’accumulazione ca- pitalistica — egli dice — si compie e si è compiuto (ad eccezione dei periodi molto remoti) indipendentemente da qualsiasi produt- tore diretto, indipendentemente dal consumo individuale di qual- siasi strato della popolazione » (foglio 8). Qui si accenna già solo al predominio della produzione dei mezzi di produzione sulla produzione dei beni di consumo nello sviluppo storico del ca- pitalismo. Questo accenno viene ripetuto un’altra volta : « Se per la società capitalistica è tipica, da un lato, l’accumulazione per l’accumulazione, il consumo produttivo ma non individuale, dal- l’altro lato, per essa è tipica precisamente la produzione dei mezzi di produzione per i mezzi di produzione» (foglio 21/2) 78 LENIN Se con questi accenni Fautore ha voluto dire che la società capita- listica differisce dalle altre organizzazioni economiche che l’hanno preceduta precisamente per lo sviluppo delle macchine e della produzione delle materie indispensabili a queste macchine (car- bone, ferro, ecc), questo è assolutamente giusto. Per il livello rag- giunto dalla tecnica la società capitalistica supera tutte le altre, ma il progresso della tecnica si esprime precisamente nel fatto che il la- voro umano viene sempre più relegato in secondo piano rispetto al lavoro delle macchine. Invece di occuparsi della critica delle affermazioni del rela- tore, che non sono abbastanza chiare, è meglio perciò rivolgersi direttamente a Marx, e vedere se dalla sua teoria si può trarre la conclusione della « preponderanza » della categoria I sulla II, e in che senso si deve intendere questa preponderanza. Dallo schema su riportato di Marx non si può trarre alcuna conclusione circa la preponderanza della categoria I sulla II: in questo schema entrambe si sviluppano parallelamente. Ma questo schema non prende in considerazione precisamente il progresso tecnico. Com’è stato dimostrato da Marx nel I volume del Capi- tale , il progresso tecnico si esprime nel fatto che il rapporto fra capitale variabile e capitale costante (~) diminuisce gradualmente, mentre nello schema questo rapporto è considerato immutabile. È già ovvio che, se viene apportata questa modifica allo schema, si avrà un incremento più rapido dei mezzi di produzione rispetto ai beni di consumo. Nondimeno, mi sembra che non sia superfluo riportare questo calcolo, in primo luogo per chiarezza, e, in se- condo luogo, per evitare che si traggano eventuali conclusioni sba- gliate da questa premessa. [Nella tabella seguente il saggio deH’accumulazione è assunto come invariabile: metà del plusvalore viene accumulata e l’altra metà viene consumata individualmente]. [Si può tralasciare lo schema seguente e passare direttamente alle sue conclusioni nella pagina successiva. La lettera d indica il capitale addizionale, destinato ad allargare la produzione, vale a dire la parte accumulata del plusvalore}. LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 79 iranno I 4000 c + 1000 v + 1000 pv = 6000 . . . . v: (c + v)=2o,o% II 1500 c + 750 v + 750 pv = 3000 ....** * 33»3 % I (1500 v + 500 pv) = I 1500 c 1 d, I 500 pv = 450 C+50V * * * — io d. II 60 pv = 50 c + io v p p p — I 4450 c + 1050 v + (500 pv)= 6000 ^ II 1550 c-j- 750 v -j- (690 pv) = 3000 2 0 anno I 4450 c + 1050 v + 1050 pv 6500 p 19,2 % II 1550 c+ 760 v + 760 pv = 3070 .... » p » 32»9 % I (1050 v -j- 525 pv) = II 1575 c II (1550 c+ 25 pv) y I d. II 28 pv — 25 c + 3 v » p p circa — 9 1 d. I 525 pv = 500 c + 25 p p p circa — 21 / 1 d. II 28 pv — 25 c + 3 v > p p circa — I 4950 c+ 1075 v + (525 P v ) — 6550 9 d. II 1602 c + 766 v + (702 pv )-= 3070 3 0 anno I 4950 c + 1075 V + 1075 pv = 7100 . . . , p p p 17,8 % II 1602 c + 766 V + 766 pv = 3134 . . . . p » p 32.3 % I (1075 V + 537 Vi pv) = II 1612 Vi c II (1602 c + io Vi pv) / , d. II Il Vi pv IO ! /2 C + IV p p p circa — 12 d. I 537 Vi P v = 5 r 7 Vi c + 20 v » p p 1 circa — / 26 1 d. II 22 pv 20 c -f 2 v p » p circa — I 5467 Vi C + 1095 V + (537 J /z pv) = 7100 11 II 1634 Vi c -j- 769 v + (730 Vi pv) = 3134 . 4 0 anno » I 5467 Vi c -f 1095 v -f 1095 pv — 7657 Vi • . p p p J 6.7 % II 1634 Vi c + 769 v + 769 pv = 3172 y 2 . . p p p 32.0% e così via. 8o LEK IN Raffrontiamo ora le conclusioni di questo schema per quanto riguarda l’incremento delle diverse parti del prodotto sociale: ! Mezzi ! dì produzione { per i mezzi Mezzi di produzione per i mezzi Mezzi di consumo 1 Prodotto com- plessivo sociale j V ìi il dì | produz. di j consumo °Ìo . °/« 1 ) i 1 % ! 1° anno 4000 100 2000 100 3000 100 | 9000 100 2° anno I i «so 111,25 2100 105 ‘ 3070 102 j 9620 107 3° anno ! i 1 j 4950 123,75 2150 107,5 3134 104 i | 10234 114 4° anno i | 5467, 5 ! 136,7 2190 1 109,5 3172 106 10828,5 120 Vediamo quindi che l’aumento più rapido è quello della pro- duzione dei mezzi di produzione per i mezzi di produzione; viene poi la produzione dei mezzi di produzione per i mezzi di con- sumo, mentre l’aumento più lento riguarda la produzione dei mezzi di consumo. Si potrebbe arrivare a questa conclusione anche senza le indagini condotte da Marx nel II volume del Capitale , sulla base della legge che il capitale costante ha la tendenza ad aumentare più rapidamente del capitale variabile: il principio secondo cui si ha un più rapido incremento dei mezzi di produzione è una semplice parafrasi di questa legge in riferi- mento alla produzione complessiva sociale. Ma sarebbe forse necessario compiere un altro passo avanti? Se abbiamo assunto che il rapporto fra v e c -|- v diminuisce costante* mente, perchè non assumere che v diventa eguale a o, che 1q stesso numero di operai resta sufficiente per una maggiore quantità di mezzi di produzione? Allora la parte accumulata di plusvalore si unirà direttamente al capitale costante nella categoria I, e lo svi- luppo della produzione sociale avverrà esclusivamente nei riguardi LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 8l dei mezzi di produzione per i mezzi di produzione, con una completa stagnazione della II * categoria **. Naturalmente questo significherebbe già abusare degli schemi perchè questa conclusione è fondata su premesse inverosimili e perciò è sbagliata. È ammissibile che il progresso della tecnica, il quale fa decrescere il rapporto fra v e c, si esprima solo nella categoria I, lasciando la seconda in stagnazione completa? È conforme alle leggi della società capitalistica, la quale esige da ogni capitalista l’allargamento dell’azienda sotto la minaccia della rovina, che nella categoria II non si verifichi nessuna accu- mulazione? Quindi, l’unica conclusione giusta che si può trarre dalle su- esposte indagini di Marx sarà che nella società capitalistica la pro- duzione dei mezzi di produzione cresce più rapidamente della produzione dei mezzi di consumo. Come si è già detto, questa conclusione è una diretta conseguenza del principio universal- mente noto secondo cui la produzione capitalistica dà alla tecnica uno sviluppo incomparabilmente più elevato in confronto alle epo- che precedenti ## *. Solo in un punto Marx si pronuncia esauriente- * Non voglio dire che un fenomeno del genere sia assolutamente impos- sìbile, come caso singolo. Ma il fatto è che qui non si tratta di casi singoli, bensì della legge generale di sviluppo della società capitalistica. ## Mi servirò di uno schema per spiegare di che si tratta: I 4000 c + 1000 v + 1000 pv = 6000 II 1500 c + 750 V + 750 pv = 3000 I (1000 v + 500 pv) = II 1500 c I 500 pv vengono accumulati, unendosi a I 4000 c: I 4500 C + 1000 v + (500 pv) = 6000 II 1500 c + 750 V + 750 pv = 3000 I 4500 C + IOOO v + IOOO pv = 6500 II 1500 c -f- 750 V + 750 pv = 3000 I (1000 v -f- 500 pv) = II 1500 c I 500 pv vengono accumulati come prima, ecc. ### Perciò la conclusione esposta si può anche formulare in modo alquanto diverso: nella società capitalistica lo sviluppo della produzione (e, per conse- guenza, anche del « mercato ») può avvenire o mediante l’incremento dei mezzi di consumo, oppure — c questo è il caso principale — mediante il progresso della tecnica, vale a dire sostituendo al lavoro a mano il lavoro meccanizzato giacché la variazione del rapporto fra v e c esprime precisamente il diminuire dell’importanza del lavoro a mano. 7-512 82 LENIN mente in modo specifico su questa questione, e questo punto con- ferma interamente la giustezza della nostra formulazione: « Ciò che distingue qui la società capitalistica dal selvaggio non è, come ritiene Senior, il fatto che il selvaggio abbia il pri- vilegio e la peculiarità di spendere il suo lavoro in un certo tempo, che non gli procura frutti risolvibili (convertibili) in reddito, cioè in mezzi di consumo. La differenza è invece la seguente: a) La società capitalistica impiega una. parte maggiore [nota bene ] del suo lavoro annuo disponibile nella produzione di mezzi di produzione {ergo di capitale costante) che non possono risol- versi in reddito nè nella forma di salario nè in plusvalore, ma possono operare soltanto come capitale » ( Das Kapital> II voi., p.436) 11 . IV Si domanda ora: quale rapporto ha la teoria esposta con la «famosa questione dei mercati»? In effetti essa muove dalla premessa del « dominio generale ed esclusivo del modo capita- listico di produzione», ma la «questione» consiste precisamente nel domandare «se è possibile» in Russia lo sviluppo integrale del capitalismo. Veramente, questa teoria corregge in parte la concezione usuale dello sviluppo del capitalismo, ma è evidente che la spiegazione del modo come si sviluppa il capitalismo in generale non fa ancora compiere un solo passo in avanti alla questione della « possibilità » (e della necessità) dello sviluppo del capitalismo in Russia. Tuttavia il relatore non si limita a esporre la teoria di Marx sullo svolgimento della produzione complessiva sociale organiz- zata capitalisticamente. Egli accenna alla necessità di distinguere « due momenti sostanzialmente diversi nell’accumulazione del capitale: 1) lo sviluppo della produzione capitalistica in ampiezza, quando essa abbraccia le sfere già esistenti del lavoro, soppian- tando Teconomia naturale, e si estende a spese di quest’ultima; e 2) lo sviluppo della produzione capitalistica, se così ci si può esprimere, in profondità, quando la sua estensione avviene indi- LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 83 pendentemente dall’economia naturale, vale a dire col dominio generale ed esclusivo del modo capitalistico di produzione ». Senza addentrarci per il momento nella critica di questa distinzione, pas- siamo direttamente a esaminare quello che intende l’autore per sviluppo del capitalismo in ampiezza: la spiegazione di questo processo, consistente nella sostituzione deH’economia capitalistica a quella naturale, ci deve mostrare in che modo il capitalismo russo « abbraccerà tutto il paese ». Il relatore illustra lo sviluppo del capitalismo in ampiezza con lo schema seguente; A sono i capitalisti; W sono i produttori diretti. a, ai, au sono le aziende capitalistiche. Le frecce indicano il movimento delle merci scambiate. c, v, m *, sono le parti costitutive del valore delle merci. I, II indicano la forma naturale delle merci; I i mezzi di produzione, II i mezzi di consumo. «La differenza sostanziale fra i luoghi A e W — dice il re- latore — consiste nel fatto che in A sono indicati i produttori * Corrispondente al pv del testo. Lenin si serve dell’iniziale del tedesco Merhwert (plusvalore) (NJ.R.). 7 * 8 4 LENIN capitalisti, i quali consumano produttivamente il loro plusvalore, mentre in W sono indicati i produttori diretti, i quali consumano improduttivamente il loro plusvalore (intendo qui l’eccedenza del valore del prodotto rispetto al valore dei mezzi di produzione e dei mezzi di sussistenza indispensabili). « Seguiamo le frecce secondo lo schema, e non ci sarà diffìcile vedere come si sviluppa la produzione capitalistica in A a spese del consumo in W, conquistandolo gradualmente». Il prodotto dell’azienda capitalistica a viene inviato « ai produttori diretti » sotto forma di beni di consumo; in cambio i «produttori diretti» fanno ritornare il capitale costante (c) sotto forma di mezzi di produzione e il ^capitale variabile (v) sotto forma di mezzi di consumo, e il plusvalore (pv) sotto forma di elementi del capitale produttivo addizionale: ci + Vi. Questo capitale serve per im- piantare la nuova azienda capitalistica ai, che nello stesso modo invia il suo prodotto sotto forma di beni di consumo ai « produt- tori diretti » e così via. « Dal riportato schema di sviluppo in ampiezza del capitalismo risulta che tutta la produzione si trova in strettissima dipendenza dal consumo sui mercati ” esteri”, dal consumo delle masse (e dal punto di vista generale è del tutto indifferente dove si trovino queste masse, vicinissimo ai capitalisti o in qualche posto al di là dell'oceano). È evidente che l’allarga- mento della produzione in A> vale a dire lo sviluppo del capita- lismo in questa direzione, terminerà non appena tutti i produttori diretti in W si trasformeranno in produttori di merci, giacche, come abbiamo visto sopra, ogni nuova azienda (o l’allargamento di una vecchia) è destinata a una nuova cerchia di consumatori di W. La concezione corrente dell'accumulazione capitalistica, vale a dire della riproduzione capitalistica in dimensioni allargate — dice in conclusione il relatore — si limita precisamente a consi- derare le cose sotto questo aspetto, senza sospettare lo sviluppo in profondità della produzione capitalistica, indipendentemente da qualsiasi paese con produttori diretti, vale a dire indipendente- mente dai cosiddetti mercati esteri ». L’unico punto di tutta l’esposizione col quale si può essere LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 85 d’accordo è che questo modo di concepire lo sviluppo in ampiezza del capitalismo, e lo schema che l’illustra si trovano nella più completa conformità con le concezioni populiste correnti sull’ar- gomento. In Fealtà è difficile presentare tutta Passurdità e Pinconsistenza delle concezioni correnti con risalto maggiore e in modo più evidente di come è stato fatto nello schema riportato. La « concezione corrente » ha sempre considérato il nostro capitalismo come qualcosa di staccato dal « regime popolare », che sta in disparte, esattamente com’è stato rappresentato dallo sche* ma: in esso non si vede affatto in che cosa consista il legame dei due «luoghi », capitalistico e popolare. Perchè le merci inviate da A trovano lo sbocco in W? che cosa provoca la trasformazione delleconomia naturale di W in economia mercantile? La conce- zione corrente non ha mai dato una risposta a queste domande, considerando lo scambio come un fatto accidentale e non come un determinato sistema di economia . Inoltre, la concezione corrente non ha mai spiegato dove e in che modo è nato il nostro capitalismo, esattamente come fa lo schema: si presentano le cose come se i capitalisti venisséro dal di fuori, non si sa da dove, e non dalle file di quegli stessi « produt- tori diretti ». Rimane incomprensibile dove i capitalisti si procu- rino gli « operai disponibili », necessari per le aziende a, ai, ecc. Tutti sanno che in realtà questi operai vengono reclutati preci- samente fra i « produttori diretti », ma dallo schema non risulta affatto che la produzione mercantile, abbracciando il « luogo » W , vi abbia creato un contingente di operai disponibili. In un parola, questo schema — esattamente come concezione corrente — non spiega un bel nulla dei fenomeni dei nostri ordi- namenti capitalistici, e perciò non serve a niente. Lo scopo per il quale è stato compilato — la spiegazione di come il capitalismo si sviluppa a spese deireconomia naturale, abbracciando tutto il paese — non viene affatto raggiunto, perchè, come lo stesso relatore intuisce, « se ci si attiene coerentemente alla concezione esaminata, è necessario concludere che la cosa non può in nessun modo 86 LENIN arrivare sino allo sviluppo universale del modo capitalistico di produzione ». Dopo questo non rimane che meravigliarsi del fatto che l’au- tore aderisca anch’egli, sebbene parzialmente, a questa concezione, dicendo che «il capitalismo si è sviluppato effettivamente [?] nei periodi della sua infanzia in questo modo facilissimo [sic!?] (facilissimo perchè qui vengono conquistati settori di lavoro già esistenti), e in parte si sviluppa in questa direzione anche adesso [??], in quanto sul globo terrestre esistono ancora residui dell’eco- nomia naturale, e in quanto aumenta la popolazione ». In realtà questo non è un modo « facilissimo » di sviluppo del capitalismo, ma molto semplicemente un « modo facilissimo d’in- tendere > il processo, talmente « facilissimo », che sarebbe più esatto chiamarlo incomprensione totale. I populisti russi di tutte le sfuma- ture tirano avanti tuttora con questi metodi « facilissimi » : senza mai pensare a spiegare il modo come è nato il nostro capitalismo e come esso funziona, essi si limitano a confrontare il capitalismo, « punto dolente > dei nostri ordinamenti, col punto « sano », coi produttori diretti, col «popolo»; il primo viene messo a sinistra, il secondo a destra, e tutto questo profondo ragionamento è coronato da frasi sentimentali su ciò che è « dannoso » e ciò che c « utile » per la «convivenza umana». V Per correggere lo schema su riportato, è necessario incomin- ciare dall’analisi dei concetti di cui si tratta. Per produzione mer- cantile si intende un’organizzazione dell’economia sociale in cui i prodotti sono creati da produttori singoli, isolati, ciascuno dei quali, inoltre, si specializza nella lavorazione di un determinato prodotto, sicché per soddisfare il fabbisogno sociale è indispensa- bile la compravendita dei prodotti (che in virtù di questo diventano merci) sul mercato. Per capitalismo s’intende lo stadio di sviluppo LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 87 della produzione mercantile, in cui diventano merce non più sol- tanto i prodotti del lavoro umano, ma anche la stessa forza-lavoro dell’uomo. Vi sona quindi due momenti importanti nello sviluppo storico del capitalismo: 1) la trasformazione dell’economia natu- rale dei produttori diretti in economia mercantile e 2) la trasfor- mazione dell’economia mercantile in economia capitalistica. La prima trasformazione si compie in virtù del fatto che compare la divisione sociale del lavoro, la specializzazione dei produttori isolati, singoli [N.B.: questa è una condizione imprescindibile dell’economia mercantile], i quali sono occupati in una sola branca deirindustria. La seconda trasformazione si compie in virtù del fatto che i singoli produttori, producendo merci per il mercato cia- scuno separatamente dall’altro, entrano in un rapporto di concor- renza: ciascuno cerca di vendere al prezzo più alto, di acquistare al prezzo più basso, e il risultato necessario è il rafforzamento del forte e la caduta del debole, l’arricchimento di una minoranza e la rovina della massa, che conduce alla trasformazione dei produt- tori indipendenti in operai salariati e dei numerosi piccoli stabi- limenti in poche grandi aziende. Quindi lo schema dev’essere tracciato in modo da mostrare entrambi questi momenti dello sviluppo del capitalismo e le modifiche che questo sviluppo pro- duce nella grandezza del mercato, vale a dire nella quantità dei prodotti che si trasformano in merci. Lo schema seguente è appunto tracciato secondo questo pia- no: abbiamo fatto astrazione da tutte le circostanze estranee, vale a dire le abbiamo considerate immutate (per esempio il nu- mero degli abitanti, la produttività del lavoro e molti altri fattori), per analizzare compiutamente l’influenza che esercitano sul mer- cato i soli momenti dello sviluppo del capitalismo di cui abbiamo fatto cenno. Spiegazione dello schema : I, II... VI sono i produttori, a, b, c, sono le branche industria- li (per esempio l’agricoltura, l’indu- stria estrattiva e di trasformazione). a = b = c — 3 . La grandezza del valore dei prodotti a~ b — c è eguale a ^ (a tre unità di valore), di cui 1 corrisponde al plusvalore *. Nella colonna « mercato » è indi- cata la grandezza del valore dei prodotti venduti (e acquistati); fra parentesi è posta la grandezza del valore della forza-lavoro (= f.l.) venduta (e acquistata). Le frecce che vanno da un pro- duttore airaltro significano che il primo è operaio salariato alle di- pendenze delibai tro. Si presuppone la riproduzione semplice : tutto il plusvalore viene consumato improduttivamente dai capitalisti. • La parte del valore che sostituisce il capitale costante è assunta come inva- riata c perciò è omessa. Produttori Produzione Consumo naturale branche industriali complessi- vamente a b | c I a b c 9 9 II a b c 9 9 III a b c 9 9 IV a b c 9 9 9 V a b c 9 VI a b c 9 9 Totale 6 0 6 b 6 c 54 54 i ! a 2 b 2 c 9 6 11 a a - 9 6 ni - 2 c 9 6 IV - ■ - -1 V 1 a . a a 2 b 2 b - 9 6 2 c 9 6 V! - 9 6 Totale 6 a 6 b 6 c 54 36 I | | 2 a 1 i — 1 6 c - — 1 AÀ 24 11 II Va® “ iv-i ! 1 Va III 7- a — 1 — j — 1 1 Va J l>/ 2 IV 2 a 6 b A A 1 1 — 1 24 11 V T V.a-LL- 1 - I Va 1 1 /2 VI V*» — ~ 1 i ~ l l /s l‘/i Totale 6 a 6 b 6 c 54 28 9 o LENIN Esaminiamo adesso questo schema, il quale mostra le modi- ficazioni successive nel sistema deireconomia di una comunità, composta di sei produttori. Nello schema sono riportati sei pe- riodi, che rappresentano gli stadi di trasformazione deireconomia naturale in economia capitalistica. Primo periodo. Abbiado sei produttori, ciascuno dei quali impiega il suo lavoro in tutte e tre le branche industriali (in a , in b t in c). Ognuno consuma per se, nella propria azienda, il prodotto ottenuto (9 per ogni produttore: a -)- b -f- c = 9). Perciò abbiamo qui la forma pura deireconomia naturale; i prodotti non affluiscono affatto sul mercato. Secondo periodo. Il produttore I modifica la produttività del suo lavoro: egli abbandona l’attività industriale b e impiega il tempo, prima adoperato in questa branca industriale, per l’atti- vità industriale c. In seguito a questa specializzazione di un solo produttore, gli altri riducono la produzione c , perchè il produttore I ha prodotto un’eccedenza rispetto al proprio consumo, e inten- sificano la produzione b , allo scopo di creare il prodotto per il pro- duttore I. La divisione del lavoro che si è manifestata conduce inevitabilmente alla produzione mercantile: il produttore I vende ice acquista 1 b , gli altri produttori vendono 1 b (ognuno dei cinque vende 1 /o b) e acquistano 1 c (ciascuno 1 /& c); sul mer- cato affluisce una quantità di prodotto del valore 6. La grandezza del mercato corrisponde esattamente al grado di specializzazione del lavoro sociale: si è specializzata la produzione di un c (1 0 = 3) e di un b (1 b = 3), vale a dire di 1 /» della produ- zione complessiva sociale [18 c (= a = b)], e sul mercato è af- fluito Y® del prodotto complessivo sociale. Terzo periodo. La divisione del lavoro procede ulteriormente, abbracciando in pieno le branche industriali b e c: tre produttori si occupano solo dell’attività industriale b> altri tre solo dell’atti- vità industriale c. Ciascuno vende 1 c (o 1 b), vale a dire tre unità di valore, e acquista anche 3 — 1 b (oppure 1 c). Questa accentua- zione della divisione del lavoro conduce allo sviluppo del mer- cato, sul quale affluiscono ormai 18 unità di valore. La grandez- za del mercato corrisponde di nuovo esattamente al grado di spe- cializzazione (= divisione) del lavoro sociale: si è specializzata la LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 91 produzione di 3 b e 3 c, vale a dire di Y» della produzione sociale, e sul mercato affluisce 1 /a del prodotto sociale. Il quarto periodo rappresenta già la produzione capitalistica: il processo di trasformazione della produzione mercantile in pro- duzione capitalistica non risulta dallo schema, e perciò dev’essere descritto separatamente. Nel periodo precedente ogni produttore era già un produttore di merci (nei settori industriali b e c che sono i solf in esame): ciascuno produceva separatamente, da solo, indipendentemente dagli altri produttori, ciascuno produceva per il mercato, la cui ampiezza, naturalmente, non era conosciuta da nessuno di essi. Questo rapporto fra i produttori isolati, che lavorano per un mercato comune, si chiama concorrenza. È ovvio che l’equilibrio fra la produzione e il consumo (fra l’offerta e la domanda), in queste condizioni, viene raggiunto solo attraverso una serie di oscillazioni. Il produttore più abile, intraprendente e forte si raf- forzerà ancora più in seguito a queste oscillazioni, mentre quello debole e inetto rimarrà schiacciato. Arricchimento di pochi indi- vidui e impoverimento della massa: queste sono le conseguenze inevitabili della legge della concorrenza. La conclusione è che Ì produttori rovinati perdono l’indipendenza economica ed en- trano come operai salariati nello stabilimento allargato del loro fortunato rivale. E lo schema rappresenta appunto questa si- tuazione. Le branche industriali b e c, divise prima fra tutti i 6 produttori, ora sono concentrate nelle mani di 2 produt- tori (il I e il IV). Gli altri produttori lavorano alle loro di- pendenze come salariati, ricevendo non più tutto il prodotto del loro lavoro, ma ricevendo in meno il plusvalore, che il padrone si appropria [ricorderò che il plusvalore, secondo la premessa, è pari a 1 /a del prodotto, sicché chi produce 2 b (= 6) ne riceverà dal padrone i 2 /a, vale a dire 4]. Ne deriva, come conseguenza, un’accentuazione della divisione del lavoro e un allargamento del mercato, sul quale affluiscono ormai 22 unità, sebbene la « massa *■ si sia « impoverita » : i produttori, divenuti (in parte ) operai salariati, ricevono ciascuno non più 9, ma solo 7 unità dell’intiero prodotto; ognuno di essi ottiene 3 dalla propria azienda indipendente (agri- cola : industria a) e 4 dal lavoro salariato (dalla produzione di 2 b 92 LENIN o 2 c). Questi produttori, i quali ormai sono più operai salariati che padroni indipendenti, hanno perduto la possibilità di portare sul mercato qualsiasi prodotto del loro lavoro, perchè essendo an- dati in rovina hanno perduto i mezzi di produzione indispensabili per fabbricare un prodotto. Essi hanno dovuto ricorrere alle « occupazioni ausiliarie », cioè hanno dovuto portare sul mercato la propria forza-lavoro e, con il denaro ricevuto dalla vendita di questa nuova merce, acquistare il prodotto ad essi necessario. Dallo schema risulta che i produttori II e III, V e VI vendono ciascuno forza-lavoro per 4 unità di valore e acquistano beni di consumo per la stessa somma. Per quanto riguarda i pro- duttori capitalisti, il I e il IV, ciascuno di essi produce un pro- dotto del valore di 21; di questo ciascuno consuma io [3 (= a) + 3 (=: c oppure b) -f* 4 (plusvalore ottenuto da 2 c 0 da 2 b )] 3 e vende 1 1 ; acquista merci per 3 (c oppure b) -f* 8 (forza-lavoro). In questo caso è necessario osservare che non otteniamo una corrispondenza assoluta fra il grado di specializzazione del la- voro sociale (si è specializzata la produzione di 5 b e 5 c, vale a dire per un totale di 30) e la grandezza del mercato (22), ma questa irregolarità dello schema dipende dal fatto che si presup- pone la riproduzione semplice *, vale a dire l’assenza di accu- mulazione, per cui ne deriva anche che il plusvalore tolto agli ope- rai (4 per ogni capitalista) viene consumato tutto in natura . Sic- come in una società capitalistica ['accumulazione non può man- care, in seguito sarà apportata la necessaria correzione. Quinto periodo. La disgregazione dei produttori di merci si è estesa anche alla produzione agricola (a): gli operai salariati, lavorando essi principalmente negli stabilimenti industriali altrui, non hanno potuto continuare a condurre la loro azienda, e si sono rovinati : sono rimasti loro soltanto miseri residui deU’azien- da agricola, le cui dimensioni si sono dimezzate rispetto a quelle precedenti (che, secondo la nostra premessa, erano appena sufficienti per soddisfare il fabbisogno della famiglia), esattamente come gli attuali seminativi della stragrande maggioranza dei nostri conta- dini « coltivatori » rappresentano solo misere briciole dellazienda • Questo vale egualmente sia per il quinto che per il sesto periodo LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 93 agricola indipendente. L’industria a ha incominciato, esattamente nello stesso modo, a concentrarsi in un numero molto ristretto di grandi imprese. Siccome ormai gli operai salariati non sono più in grado di soddisfare i loro bisogni col proprio grano, il sa- lario, che era stato diminuito dall’azienda agricola indipendente degli operai, aumenta, dando all’operaio i mezzi monetari per acquistare il pane (sebbene in misura minore di quanto ne con- sumava prima, quando era lui a produrlo): ora l’operaio produce personalmente i x /2 (= 1 /2 a) e acquista i, ricevendo complessiva- mente 2 1 /2> invece dei precedenti 3 (= a). Gli imprenditori capitali- sti, i quali hanno associato ai loro stabilimenti industriali un’azien- da agricola allargata, producono ora 2 a (= 6) per ciascuno, dei quali 2 passano agli operai sotto forma di salario, mentre 1 Q/z a) — il plusvalore — rimane a loro. Lo sviluppo del capitalismo rap- presentato da questo schema è accompagnato dall’* impoverimen- to » del « popolo » (ormai gli operai consumano complessivamente solo 6 1 /2 e non 7, come nel periodo 4) e dall’espansione del mercato, sul quale affluiscono già 26 unità. Il « declino dell’azienda agricola > presso la maggior parte dei produttori ha provocato non la contra- zione, ma l’espansione del mercato dei prodotti agricoli. Sesto periodo. Viene portata a termine la specializzazione delle occupazioni, vale a dire della divisione del lavoro sociale. Tutte le branche industriali si sono separate e sono divenute una specialità di produttori singoli. Gli operai salariati hanno comple- tamente perduto l’azienda indipendente e vivono ormai esclusi- vamente di lavoro salariato. Il risultato è di nuovo lo stesso: svi- luppo del capitalismo [l’azienda autosufficiente è stata definitiva- mente soppiantata], « impoverimento della massa » [sebbene il salario sia aumentato, il consumo degli operai è diminuito da 6 */: 2 a 6: essi producono 9 per ciascuno (3 a, 3 b, 3 c) e danno 1 /3 al padrone come plusvalore], e ulteriore espansione del mercato, sul quale affluiscono ormai i 2/3 del prodotto sociale (36). VI Riassumiamo ora le conclusioni che scaturiscono dallo schema riportato. 94 LENIN La prima conclusione consiste nel fatto che il concetto di « mercato > è del tutto inscindibile dal concetto della divisione sociale del lavoro, di quella che Marx chiama « base generale di qualsiasi produzione mercantile » [e, per conseguenza — ag- giungiamo noi — anche capitalistica]. Il « mercato » si forma dove e in quanto compare la divisione sociale del lavoro e la pro- duzione mercantile. L’ampiezza del mercato è inscindibilmente connessa col grado di specializzazione del lavoro sociale. « Esso [il prodotto] riceve solo nel denaro la forma generale di equivalente socialmente valida; e il denaro si trova nelle ta- sche altrui. Per tirarlo fuori di lì, la merce deve essere anzitutto valore d’uso per il possessore di denaro, e quindi il lavoro speso in essa dev’essere speso in forma socialmente utile, cioè far buona prova come articolazione della divisione sociale del lavoro . Ma la divisione del lavoro è un organismo spontaneo di produzione, le cui fila si sono tessute e continuano a tessersi alle spalle dei pro- duttori di merci. Può darsi che la merce sia il prodotto di un nuovo modo di lavoro che pretenda di soddisfare un bisogno soprav- venuto di recente, o che debba provocare per la prima volta, di sua iniziativa, un bisogno. Un particolare atto lavorativo che ancor ieri era una funzione fra le molte funzioni di un medesimo produttore di merci , oggi forse si strappa via da questo nesso , st fa indipendente , e proprio per questo manda al mercato il proprio prodotto parziale come merce autonoma » (Das Kapital , voi. I, p. 85 12 . Il corsivo è mio). In questo modo i limiti dello sviluppo del mercato, esistendo la società capitalistica, sono posti dai limiti della specializzazione del lavoro sociale. E questa specializzazione, per sua stessa natura, è infinita, precisamente come lo sviluppo della tecnica. Perchè aumenti la produttività del lavoro umano, diretto, per esempio, a fabbricare una qualsiasi piccola parte del prodotto intiero, è in- dispensabile che la produzione di questa piccola parte si specia- lizzi, divenga una produzione particolare, il cui prodotto sia un prodotto in serie, e perciò ammetta (e provochi) l’impiego delle macchine, ecc. Questo da un lato. E, dall’altro lato, il progresso della tecnica nella società capitalistica consiste nella socializ- zazione del lavoro, e questa socializzazione esige necessariamente LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 95 la specializzazione delle differenti funzioni del processo di pro- duzione, la loro trasformazione da funzioni frazionate, singole, che si ripetono separatamente in ogni stabilimento addetto a questa produzione, in funzioni socializzate, concentrate in un solo nuovo stabilimento e destinate a soddisfare le esigenze di tutta la società. Porterò un esempio. € Durante gli ultimi tempi, negli Stati dell’America del Nord gli stabilimenti per la lavorazione del legno si specializzano sem- pre più, ” sorgono fabbriche che producono, per esempio, esclu- sivamente manici d’asce o manici di scopa o tavolini pieghevoli... La meccanizzazione progredisce senza tregua, si inventano co- stantemente nuove macchine, che semplificano e rendono meno costosa una determinata branca della produzione... Ogni branca, per esempio, della produzione dei mobili è divenuta una attività a sè, richiede macchine particolari e operai specializzati... Nella produzione delle carrozze i cerchioni delle ruote sono fabbri- cati in speciali officine (Missouri, Arkansas, Tennessee), i raggi delle ruote nell’Indiana e nell’Ohio, i mozzi, a loro volta, sono fabbricati in officine speciali del Kentucky e dell’Illinois. Tutte queste parti singole vengono acquistate da apposite fabbriche, la cui specialità è la produzione delle ruote intiere. In questo modo non meno di una decina di fabbriche partecipano alla produzione di qualsiasi carrozza a buon mercato”» (Tverskoi, Dieci anni in America . Viestni\ Evropy , 1893, I. — Cito secondo Nik.-on 13 , p. 91, nota 1). Da ciò si vede sino a qual punto è errata l’affermazione se- condo cui nella società capitalistica l’espansione del mercato, provocata dalla specializzazione del lavoro sociale, dovrebbe termi- nare non appena tutti i produttori naturali si siano trasformati in produttori di merci. La produzione russa delle carrozze si è trasfor- mata già da tempo in produzione mercantile, ma tutti i cerchioni delle ruote si producono tuttora separatamente in ogni fabbrica di carrozze (o di ruote); il livello della tecnica è basso, la produ- zione è frazionata fra una massa di produttori. Il progresso della tecnica deve comportare la specializzazione delle diverse fasi della produzione, la loro socializzazione e, per conseguenza, l’espan- sione del mercato. 96 LENIN Qui si deve fare una precisazione. Tutto ciò che si è detto non conduce affatto alla negazione del principio secondo cui una nazione capitalistica non può esistere senza mercati esteri. Nella produzione capitalistica l’equilibrio della produzione con il con- sumo viene raggiunto solo attraverso una serie di oscillazioni; quanto maggiore è la produzione, quanto più vasta è la cerchia dei consumatori ai quali essa è destinata, tanto più forti sono queste oscillazioni. Si comprende perciò che quando la produ- zione borghese ha raggiunto un alto grado di sviluppo, non ha più la possibilità di mantenersi nel quadro dello Stato nazionale: la concorrenza costringe i capitalisti a estendere continuamente la produzione e a cercarsi mercati esteri per la vendita in massa dei prodotti. È evidente che la necessità di mercati esteri per una nazione capitalistica non rappresenta una deroga alla legge che il mercato è una semplice espressione della divisione sociale del lavoro neireconomia mercantile e che, per conseguenza, esso può espandersi airinfinito come la divisione del lavoro, più di quanto le crisi possano turbare la legge del valore. Le lamentele a propo- sito dei mercati sono comparse nella pubblicistica russa solo quando la nostra produzione capitalistica in certe sue branche (per esempio l’industria cotoniera) raggiunse il suo pieno sviluppo, abbracciò quasi tutto il mercato interno, si concentrò in poche aziende gigan- tesche. Che la base materiale delle chiacchiere e dei « problemi » re- lativi ai mercati sia rappresentata precisamente dagli interessi della nostra grande industria capitalistica è dimostrato nel modo mi- gliore dal fatto che nessuno ancora, nella nostra letteratura econo- mica, ha pronosticato la rovina della nostra industria artigiana in conseguenza della scomparsa dei « mercati », sebbene l’industria artigiana produca valori per oltre un miliardo di rubli e lavori per lo stesso « popolo » impoverito. Le geremiadi sulla rovina della nostra industria per la penuria di mercati non sono altro che una scoperta manovra dei nostri capitalisti, i quali in questo modo fanno pressione sulla politica, identificano (modestamente con- sapevoli della loro «impotenza») gli interessi della loro tasca con gli interessi del « paese », e si dimostrano capaci di spingere il governo sulla via di una politica di conquiste coloniali, di trascinarlo persino in guerra, per salvaguardare questi interessi LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 97 « statali ». Ci vuol proprio tutto lo smisurato, abissale utopismo populista e l’ingenuità populista per considerare le geremiadi sui mercati — queste lacrime di coccodrillo di una borghesia piena- mente consolidata e già diventata presuntuosa — come una prova dell’* impotenza » del nostro capitalismo! La seconda conclusione consiste nel fatto che * l’impoveri- mento della massa del popolo» (questo termine immancabile di tutte le argomentazioni populiste sul mercato) non solo non osta- cola lo sviluppo del capitalismo, ma, al contrario, è precisamente l’espressione del suo sviluppo, è una condizione del capitalismo e lo rafforza. Per il capitalismo è necessario «l’operaio libero», e l’impoverimento consiste precisamente nel fatto che i piccoli pro- duttori si trasformano in operai salariati. Questo impoverimento della massa è accompagnato dall’arricchimento di pochi sfrutta- tori; la rovina e il declino delle piccole aziende Sono accom- pagnati dal rafforzamento e dallo sviluppo delle più grandi; en- trambi i processi favoriscono l’espansione del mercato: il conta- dino «impoverito», che prima provvedeva al proprio sostenta- mento con la sua azienda, ora vive di « occupazioni ausiliarie », vale a dire della vendita della sua forza-lavoro; i beni di consumo necessari ora se li deve comprare (sebbene in quantità minore e di qualità peggiore); d’altra parte, i mezzi di produzione dai quali questo contadino viene liberato si concentrano nelle mani di una minoranza, si trasformano in capitale , e il prodotta con essi otte- nuto va ormai sul mercato. Solo così si spiega il fenomeno che l’espropriazione in massa dei nostri contadini nel periodo poste- riore alla riforma è stata accompagnata non dalla diminuzione, ma dall’aumento della produttività globale del paese * e dal- l’espansione del mercato interno: è universalmente noto il fatto che la produzione delle grandi fabbriche e officine è immensa- mente aumentata, che si sono considerevolmente diffuse le aziende • Questo può sembrare discutibile forse solo nei confronti della produzione agricola. « La produzione dei cereali si trova in assoluto ristagno », dice, per esempio, il signor N.-on. Egli trae questa conclusione fondandosi solo sui dati relativi di otto anni (1871-1878). Esaminiamo i dati relativi a un periodo più lungo: otto anni, naturalmente, sono troppo pochi. Confrontiamo i dati relativi agli anni sessanta [ Raccolta statistica militare , 1871], settanta [dati di N.-on.] *-571 98 LENIN artigiane — le une e le altre lavorano principalmente per il mer- cato interno — così come è pure aumentata la quantità di grano in circolazione sui mercati interni (sviluppo del commercio dei cercali airinterno del paese). La terza conclusione — relativa all'importanza della pro- duzione dei mezzi di produzione — esige che si apportino delle correzioni allo schema. Come è già stato osservato, questo schema non pretende affatto di rappresentare tutto il processo di sviluppo del capitalismo, ma solo di rappresentare il modo in cui si ri- specchia nel mercato la sostituzione dell’economia naturale con quella mercantile, e di quest’ultima con l’economia capitalistica. Perciò nello schema si è fatto astrazione dall’accumulazione. In- vece, nella realtà la società capitalistica non può esistere senza accumulare, giacché la concorrenza costringe ogni capitalista, sotto la minaccia della rovina, ad allargare la produzione. Questo al- largamento della produzione è stato rappresentato anche nello schema: il produttore I, per esempio, durante Tintervallo fra il terzo e il quarto periodo, ha allargato la sua produzione c fino a triplicarla: da 2 c a 6 c; prima egli lavorava nella sua azienda da solo, mentre adesso ha due operai salariati. È chiaro che questo allargamento della produzione non poteva verificarsi senza accumulazione: è stato necessario costruire un'officina capace di accogliere un certo numero di persone, acquistare gli strumenti di produzione in misura maggiore, provvedersi di materie prime in quantità maggiore e di molte altre cose. Lo stesso vale- anche per c ottanta [Raccolta di dati sulla Russia , 1890]. I dati si riferiscono a 50 governa- torati della Russia Europea e abbracciano tutti i cereali, oltre le patate. Medie x. annue Per 1 periodi Semina ' Raccolto ( detraendo le sementi) Raccolto totale 1 Popolazione (migliaia) migliaia di cetvert 1864 — 1866 ( 3 ) ì 71.696 100 151.840 100 3,12 61.421 100 (1867) 1871 — 1878 (8) 71.378 99,5 195.024 128,4 3,73 76.594 124,7 (1876) 1883 — 1887 ( 5 ) 80.293 111,9 254.914 167,8 4,17 85.395 139,0 (1886) 1 In rapporto alla semina (N. d. J?.)- LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 99 il produttore IV, che ha allargato la produzione b. Questo allar- gamento di singole aziende e la concentrazione della produ- zione dovevano necessariamente provocare (o intensificare, il che è lo stesso) la produzione dei mez^i di produzione per i capitali- sti: delle macchine, del ferro, del carbone, ecc. La concen- trazione della produzione ha aumentato la produttività del lavoro, ha sostituito il lavoro meccanizzato al lavoro a mano e ha eli- minato un certo numero di operai. D’altra parte, si è svilup- pata anche la produzione di queste macchine e degli altri mezzi di produzione, convertiti dai capitalisti in capitale costante, che ora incomincia ad aumentare più rapidamente del capitale va- riabile. Se si confronta, per esempio, il quarto periodo col sesto, si riscontra un aumento di una volta e mezzo della produzione dei mezzi di produzione (perchè nel primo caso sono 2 le aziende ca- pitalistiche che esigono un aumento del capitale costante, mentre neirultimo sono 3): confrontando questo aumento con l’espan- sione della produzione dei beni di consumo, riscontreremo quel- lo stesso aumento più rapido della produzione dei mezzi di pro- duzione di cui si è parlato sopra. Tutto il significato e tutta l’importanza di questa legge dell’au- mento più rapido dei mezzi di produzione consiste solo nel fatto che la sostituzione del lavoro meccanizzato al lavoro a mano — in generale il progresso della tecnica neirindustria mec- canizzata — esige uno sviluppo intensificato delle industrie vol- te all’estrazione del carbone e del ferro, di questi autentici « mezzi di produzione per i mezzi di produzione». Che il relatore non abbia capito il significato di questa legge, e dietro gli schemi che rappresentano il processo abbia perso di vista il contenuto effet- tivo del processo, risulta chiaramente da questa sua dichiara- zione: «A uno sguardo profano, questa produzione dei mezzi di produzione per i mezzi di produzione sembra completamente assurda, ma certamente anche [sic!] l’accumulazione del denaro per il denaro di Pliusckin * era un processo egualmente [ ? ! ! ] del tutto assurdo. Nè gli uni nè l’altro sanno quel che si fanno». I populisti si sforzano precisamente di dimostrare questa stessa cosa: •Personaggio delle Anime morte di Gogol, prototipo delTavaro (N.J.R.). 100 LENIN l’assurdità del capitalismo russo, il quale porta alla rovina, essi dicono, il popolo, ma non offre una organizzazione superiore della produzione. Naturalmente queste sono favole. Nella sosti- tuzione del lavoro a mano col lavoro meccanizzato non ce niente di «assurdo»: al contrario, in questo consiste precisamente tutta l’opera progressiva della tecnica umana. Quanto più elevato è lo sviluppo della tecnica, tanto più viene soppiantato il lavoro a mano dell’uomo, che viene sostituito da una serie di macchine sempre più complesse: nella produzione generale del paese occu- pano un posto sempre più importante le macchine e gli articoli indispensabili per il loro funzionamento*. È necessario completare queste tre conclusioni con altre due osservazioni. In primo luogo, quanto si è esposto non nega affatto la « con- traddizione nel modo capitalistico di produzione » di cui parla Marx quando dice: «Gli operai in quanto compratori della merce sono importanti per il mercato. Ma in quanto sono ven- ditori della loro merce — la forza-lavoro — la società capitalistica ha la tendenza a costringerli al minimo del prezzo » ( Das Kapital voi. II, p. 303, nota 32 14 ). Sopra è già stato mostrato che nella società capitalistica non può non aumentare anche quella parte della produzione sociale che produce beni di consumo. Lo svi- luppo della produzione dei mezzi di produzione non fa che spo- stare l’accennata contraddizione, ma non la elimina. Si può eli- minarla solo sopprimendo lo stesso modo capitalistico di produ- zione. È ovvio tuttavia che è già di per sè del tutto assurdo ve- dere in questa contraddizione un ostacolo al pieno sviluppo del capitalismo in Russia (come amano fare i populisti); del resto questo è già stato sufficientemente spiegato dallo schema. • Si comprende perciò che è sbagliato distinguere nello sviluppo del capitali- smo uno sviluppo in ampiezza e uno sviluppo in profondità: tutto lo sviluppo procede in modo identico mediante la divisione del lavoro; fra questi momenti non c’è differenza « sostanziale ». La differenza che esiste effettivamente fra di essi si riduce ai differenti stadi del progresso della tecnica. Gli stadi inferiori di sviluppo della tecnica capitalistica — la cooperazione semplice e la manifattura non conoscono ancora la produzione dei mezzi dì produzione per i mezzi di pro- duzione: essa sorge e raggiunge uno sviluppo gigantesco solo in uno stadio supe- riore, con la grande industria meccanizzata. LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI IOI In secondo luogo, neiresaminare il rapporto fra lo sviluppo del capitalismo e l’espansione del « mercato », non è possibile tra- scurare la verità irrefutabile che lo sviluppo del capitalismo com- porta inevitabilmente un più elevato livello dei bisogni di tutta la popolazione e del proletariato operaio. Questo elevamento è de- terminato in generale dairintensificarsi dello scambio dei prodotti, che conduce a collisioni più frequenti fra gli abitanti della città e della campagna, delle differenti località geografiche, ecc. Allo stesso risultato conduce anche la compattezza, l’agglomeramento, del proletariato operaio, che ne elevano la coscienza e il senso della dignità umana, e gli danno la possibilità di lottare con successo con- tro le tendenze rapaci degli ordinamenti capitalistici. Questa legge della amento dei bisogni si è esplicata in tutta la sua efficacia nella storia dell’Europa; si confrontino, per esempio, il proletario fran- cese della fine del XVIII e della fine del XIX secolo, o l’operaio inglese degli anni quaranta * e quello odierno. Questa stessa legge esercita la sua azione anche in Russia: il rapido sviluppo, dell’economia mercantile e del capitalismo nel periodo posteriore alla riforma ha provocato anche un elevamento del livellò dei bisogni dei « contadini » : i contadini hanno incominciato a vi- vere «più puliti» (per quanto riguarda il vestiario, l’abitazione, ecc.). A dimostrare che questo fenomeno indubbiamente pro- gressivo deve essere riconosciuto appunto come un merito del capitalismo russo e di nient’altro, basta il fatto generalmente noto (rilevato da tutti gli studiosi delle nostre aziende artigiane e dell’azienda contadina in generale) che i contadini delle zone in- dustriali sono molto « più puliti » dei contadini che esercitano solo l’agricoltura e non sono stati quasi toccati dal capitalismo. Natu- ralmente questo fenomeno si manifesta prima di tutto e più fa- cilmente nell’assimilazione dell*aspetto puramente esteriore, ap- pariscente, della «civiltà», ma solo dei reazionari incalliti del ge- nere del signor V.V. sono capaci di deplorare questo fenomeno e di non vedere in esso niente altro che «decadenza». * Cfr. Fr. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra nel 1844 . È la situazione della più terribile e immonda miseria (nel significato letterale della parola) e del completo declino della coscienza della dignità umana. 102 LENIN VII Per capire in che cosa consiste propriamente la « questione dei mercati », la cosa migliore è di confrontare la concezione populista e quella marxista del processo, illustrate dagli schemi i° (sullo scambio fra i capitalisti del luogo A e i produttori diretti del luogo W) e 2 ° (sulla trasformazione dell’economia naturale dei 6 produttori in economia capitalistica). Prendiamo il i° schema, e non riusciremo a spiegarci nulla. Perchè si sviluppa il capitalismo? Da che cosa nasce? Esso viene presentato come un fenomeno « fortuito », la sua nascita viene attribuita o al fatto che « noi non abbiamo seguito quella via.,. », o flll'c introduzione » dall’alto. Perchè «la massa impoverisce»? Anche qui lo schema non dà una risposta, e i popoulisti, in- vece di rispondere, se la cavano con frasi sentimentali sul « re- gime consacrato dai secoli », sulla deviazione dal giusto cam- mino, e analoghe sciocchezze, di cui è così fecondo il cele- bre « metodo soggettivo in sociologia ». L’incapacità di spiegare il capitalismo e la tendenza a prefe- rire le utopie allo studio e alla spiegazione della realtà portano a negare l’importanza e la forza del capitalismo. Il capitalismo sarebbe una specie di ammalato incurabile che non ha dove at- tingere le sue forze per svilupparsi. E noi apportiamo alle con- dizioni di questo ammalato un miglioramento irrisorio, quasi inavvertibile, se diciamo che esso può svilupparsi mediante la pro- duzione « dei mezzi di produzione per i mezzi di produzio- ne ». Ma per questo è necessario lo sviluppo della tecnica del capitalismo *, e « noi vediamo » che precisamente questo sviluppo manca. Per questo è necessario che il capitalismo abbracci tutto il paese, e noi vediamo che « ad uno sviluppo generale del capita- lismo non si può in nessuno modo arrivare». Al contrario, se prendiamo il 2 schema, nè lo sviluppo del capitalismo, nè Timpoverimento del popolo ci sembreranno più fenomeni fortuiti. Essi accompagnano necessariamente lo sviluppo deU’economia mercantile, fondata sulla divisione del lavoro so- • Vale a dire la sostituzione delle grandi unità industriali a quelle piccole, l’eliminazione del lavoro a mano da parte del lavoro meccanizzato. LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI I0 3 ciale. La questione del mercato viene eliminata completamente, perchè il mercato non è altro che l’espressione di questa divisione del lavoro e della produzione mercantile. Lo sviluppo del capi- talismo non appare più soltanto possibile [e questo è ciò che, nel migliore dei casi*, il relatore potrebbe dimostrare], ma anche necessario, perchè il progresso della tecnica, se l’economia sociale è già fondata sulla divisione del lavoro e sulla forma mercantile del prodotto, non può non condurre al rafforzamento e all’appro- fondimento del capitalismo. Ci si domanda ora : perchè si deve accettare proprio la seconda concezione? In base a quale criterio è giusta? In base ai dati di fatto della realtà economica russa contem- poranea. Il centro di gravità del 2° schema è il passaggio dall’economia mercantile all’economia capitalistica, la differenziazione dei produt- tori di merci, che si dividono in capitalisti e proletariato. E se diamo uno sguardo ai fenomeni dell’odierna economia sociale della Russia, vedremo che il posto principale è occupato precisamente dalla disgregazione dei nostri piccoli produttori. Se consideriamo i con- tadini coltivatori, risulterà che, da un lato, vi sono contadini che ab- bandonano in massa la terra, perdono l’indipendenza economica, si trasformano in proletari, mentre dall’altro lato, ve ne sono altri che estendono costantemente i loro arativi e passano a col- ture migliorate. Da una parte, vi sono contadini cui vengono a mancare le scorte agricole (vive e morte), dall’altra vi sono con- tadini che si procurano scorte migliori, incominciano ad acqui- stare macchine, ecc. fefr. V.V. Tendenze progressive nell* econo- mia contadina}. Da una parte, vi sono contadini che abbandonano la terra, vendono i loro nadiel , li cedono in affitto, dall’altra vi sono contadini che prendono in affitto nadiel altrui e comprano avidamente terre di proprietà privata. Tutti questi son fatti uni- versalmente noti, stabiliti da moltissimo tempo**, la cui unica • Vale a dire nel caso che egli valuti giustamente e capisca esattamente l’im- portanza della produzione dei mezzi di produzione. # * I contadini stessi molto acutamente hanno chiamato questo processo « di- stacco dei contadini dall agricoltura * (cfr. Panorama agricolo del governatorato di Nizni-Novgorod per il 1892. N-N., 1893; parte III, pp. 186-187). 104 LENIN spiegazione risiede nelle leggi deireconomia mercantile, che porta la disgregazione anche fra i nostri contadini dell’* obstcina » e li divide in borghesia e proletariato. Prendiamo gli artigiani: ri- sulterà che nel periodo successivo alla riforma non solo sono sorte nuove industrie artigiane e quelle vecchie si sono sviluppate più rapidamente [questo fenomeno è un risultato della disgregazione or ora indicata dei contadini coltivatori, un risultato della pro- gressiva divisione sociale del lavoro*], ma inoltre la massa degli artigiani si è impoverita sempre più, è caduta in miseria e ha perduto l’indipendenza economica, mentre un’insignificante mi- noranza si è arricchita a spese di questa massa, ha accumulato enormi capitali, si è trasformata in un gruppo di accaparratori, che hanno accentrato nelle loro mani le vendite e hanno organizzato, in ultima analisi, nella stragrande maggioranza delle nostre in- dustrie artigiane, il sistema della grande produzione fondata sul lavoro a domicilio ormai completamente capitalistico. L’esistenza di queste due tendenze opposte fra i nostri piccoli produttori mostra in modo evidente che il capitalismo e l’impo- verimento della massa non solo non si escludono, ma, al contra- rio, si condizionano reciprocamente, e dimostra incontestabilmente che oggi il capitalismo è già la base essenziale della vita econo- mica della Russia. Ecco perchè non sarà un paradosso dire che la soluzione della (altrimenti, infatti, non ci si potrebbe domandare : « può » svilupparsi il ca- • L’aver ignorato questo fenomeno costituisce uno dei più gravi errori teorici del signor Nikolai-on. LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI I0 5 pitalismo? «deve» la Russia attraversare la fase del capitalismo? «si deve» conservare Yobstcina ?, ecc.) — secondo le quali il capi- talismo escluderebbe rimpoverimento del popolo, il mercato sarebbe qualcosa di separato e indipendente dal capitalismo, una certa par- ticolare condizione del suo sviluppo. Non si può risolvere la questione senza prima correggere que- ste assurdità. Poniamo, infatti, che alla domanda: «può svilupparsi in Russia il capitalismo, dal momento che la massa del popolo povera e s’impoverisce sempre più? », a qualcuno venga in mente di rispondere in questo modo: «Sì, si può sviluppare, perchè il capitalismo non si svilupperà a spese dei beni di consumo, ma a spese dei mezzi di produzione ». È evidente che questa ri- sposta si fonda sull’idea del tutto giusta secondo cui l’ascesa della produttività globale di una nazione capitalistica avviene prin- cipalmente a spese dei mezzi di produzione (vale a dire più a spese dei mezzi di produzione che dei beni di consumo), ma è ancor più evidente che questa risposta non può far pro- gredire di un solo passo la soluzione del problema, come non si può ottenere una conclusione giusta da un sillogismo, se è giusta la premessa minore, ma è assurda quella maggiore. Questa risposta (lo ripeto ancora una volta) suppone già che il capitalismo si sviluppi, abbracci tutto il paese, passi ad una fase tecnica supe- riore (grande industria meccanizzata), mentre il problema s’im- pernia precisamente sulla negazione della possibilità di sviluppo del capitalismo e della sostituzione della grande produzione a quella piccola. E necessario che dalla sfera delle sterili speculazioni concer- nenti il « possibile » e il « dovuto » « la questione dei mercati » sia spostata sul terreno della realtà, sul terreno dello studio e della spiegazione di come si formano gli ordinamenti econo- mici russi e perchè essi si formano precisamente così e non al- trimenti. Mi limiterò a riportare qualche esempio tratto dal materiale a mia disposizione, per mostrare in modo concreto di che ge- O' i o6 LENIN nere sono precisamente i dati su cui si fonda la precedente espo- sizione. Per mostrare che i piccoli produttori si disgregano e che nel loro seno si svolge non solo il processo di impoverimento, ma anche il processo di creazione della (relativamente) grande azien- da borghese, riporterò i dati su tre distretti puramente agricoli della Russia europea, appartenenti a diversi governatorati: il di- stretto di Dnieprovsk del governatorato di Tauride, il distretto di Novouzensk del governatorato di Samara e il distretto di Ka- mysein del governatorato di Saratov. I dati sono presi dalle raccolte statistiche degli zemstvo. Per prevenire eventuali obie- zioni circa il carattere non tipico dei distretti prescelti (nelle no- stre regioni periferiche, che quasi non hanno conosciuto il ser- vaggio, ed erano popolate in misura considerevole già sotto gli or- dinamenti « liberi > posteriori alla riforma, la disgregazione ha fatto effettivamente progressi più rapidi che nel centro), dirò quanto segue: 1) Dei tre distretti continentali del governatorato di Tauride è stato scelto quello di Dnieprovsk perchè è interamente russo [le famiglie di coloni sono lo o,6%] ed è popolato da contadini che fanno parte di un 'ob steina. 2) Per il distretto di Novouzensk sono stati presi solo i dati sulla popolazione russa (dell* obsteind) [Cfr. Raccolta di dati statistici per il distretto di Novouzens\> pp. 432-439. Rubrica a], senza comprendere i cosiddetti « contadini dei \hutor », vale a dire quei contadini che sono usciti dzWobstcina e si sono stabi- liti per conto loro su terreni acquistati o presi in affìtto. L’inseri- mento di questi veri e propri rappresentanti deH*economia delle affittanze* accentuerebbe notevolmente la disgregazione. 3) Per il distretto di Kamyscin sono stati presi solo i dati che riguardano la popolazione granderussa (AtM'ob steina). •Infatti 2294 contadini dei khutor posseggono 123.252 desiatine di semina- tivo (vale a dire una media di 53 desiatine per proprietario). Essi hanno 2662 lavo- ratori salariati (e 234 lavoratrici). Posseggono 40.000 cavalli e buoi. Numerosis- simi sono gli attrezzi perfezionati: cfr. p. 453 della Raccolta di dati statistici per il distretto di Novouzensk- LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 107 a (4 (smitnap in) ?i| 9 rai«j jad OAiiouicnaa pp eptpddna (aoUBiaap m) iaii ■vintaat iap aiogiadnal % a n »P OMWim 5 N 6 > i ■3 S I i ■a Q -3 2 (aupoiaap in) i»d oAuvnnn» |ap eptpiadiu °/o (anpoiaap in) iau ■B uimaa iap apgjadnal g ? °/o oi[9ranj an*P ontano (amisisap di) BTi 8 im«j jad OAiionicaaa pp apgjadna 0/0 (aoiiotaap ni) iaì» ■boi mai pp aiagjadnal O/o ai[3rniBj »[PP o-iaumn . (' uooa inotzipnoo »| opnooae) nnpoinoa ip iddiuQ M il M ti à.s li 3 3 io8 LENIN Per il distretto di Dnieprovsk il raggruppamento è stato ope- rato, nelle raccolte, secondo il numero di desiatine del seminativo per famiglia, e negli altri distretti secondo il numero dei capi del bestiame da lavoro. Nel gruppo povero del distretto di Dnieprovsk sono com- prese le famiglie che non seminano e quelle con sino a io desiatine di seminativo per famiglia; dei distretti di Novouzensk e Kamy- scin sono classificate in questo gruppo le famiglie senza bestiame da lavoro e con un capo di bestiame da lavoro. Nel gruppo medio del distretto di Dnieprovsk sono classificate le famiglie con semi- nativi di 10-25 desiatine per famiglia; del distretto di Novouzensk le famiglie con 2-4 capi di bestiame da lavoro; del distretto di Kamyscin le famiglie con 2-3 capi di bestiame da lavoro. Nel gruppo agiato sono comprese le famiglie con seminativi superiori a 25 desiatine (distretto di Dnieprovsk) 0 che posseggono più di 4 capi di bestiame da lavoro per famiglia (distretto di Novou- zensk) e più di 3 (distretto di Kamyscin). Da questi dati risulta chiaramente che fra i nostri contadini coltivatori e membri dcWobstcina si svolge non un processo di impoverimento e di dissesto in generale, ma un processo di di- sgregazione e divisione in borghesia e proletariato. Un’immensa massa di contadini (il gruppo povero) — circa la metà in me- dia — perde l’indipendenza economica. Nelle sue mani si trova ormai solo una piccolissima, irrisoria parte di tutta l’economia agricola dei contadini del luogo, vale a dire appena il 13% circa (in media) della superficie a seminativo; a ogni famiglia spet- tano in media 3-4 desiatine di seminativo. Per giudicare che cosa questo seminativo significhi, diremo che nel governatorato di Tau- ride la famiglia contadina, per vivere esclusivamente della sua azienda agricola indipendente senza ricorrere alle cosiddette « oc- cupazioni ausiliario, deve avere 1718 desiatine* di seminativo. È chiaro che i rappresentanti del gruppo inferiore vivono ormai molto più delle occupazioni ausilìarie che della loro azienda, vale a dire vivono mediante la vendita della loro forza-lavoro. E se esaminiamo i dati più particolareggiati che caratterizzano la si- • Nei governatorati di Samara e Saratov questo rapporto sarà inferiore di una volta e mezzo, data la minore agiatezza della popolazione locale. LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI 109 tuazionc dei contadini di questo gruppo, vedremo che precisa- mente questo gruppo fornisce il maggiore contingente di conta- dini che abbandonano l’azienda, cedono i loro nadiel , vengono privati dell’inventario e vanno in cerca di un’occupazione. I conta- dini di questo gruppo sono i rappresentanti del nostro proleta- riato agricolo. Ma, d’altra parte, fra gli stessi contadini deWobs teina emerge un gruppo completamente diverso con caratteri diametralmente op- posti. I contadini del gruppo superiore posseggono seminativi che superano di 7-10 volte i 1 seminativi del gruppo inferiore. Se si con- fronta il numero di desiatine di questi seminativi (23-40 per famiglia) con il numero « normale > di desiatine di seminativo grazie al quale una famiglia può vivere discretamente della sua azienda agricola, vedremo che esso è di 2-3 volte superiore a quest’ultimo. È chiaro che questi contadini esercitano ormai l’agri- coltura per conseguire un reddito, per commerciare il grano. Essi accumulano cospicui risparmi e li impiegano per migliorare l’azienda ed elevare il livello delle colture; si procurano, per esem- pio, macchine agricole e attrezzi perfezionati: posseggono attrezzi agricoli perfezionati, per esempio, nel distretto di Novouzensk il 14% dei capifamiglia in generale; fra i contadini del gruppo su- periore poi, ne posseggono il 42% dei capifamiglia (di modo che in questo gruppo rientra il 75% del numero totale delle famiglie contadine del distretto che posseggono attrezzi agricoli perfezio- nati), e nelle loro mani è concentrato P82 % di tutti questi attrezzi posseduti dai « contadini > *. Con le sole forze lavorative proprie i contadini del gruppo superiore non possono più provvedere alla col- tivazione dei loro seminativi e perciò ricorrono all’assunzione di manodopera: per esempio, nel distretto di Novouzensk il 35% dei capifamiglia del gruppo superiore tengono operai salariati fissi (senza calcolare quelli che vengono assunti, ad esempio, per la mie- titura, ecc.); lo stesso vale anche per il distretto di Dnieprovsk. In lina parola, i contadini del gruppo superiore rappresentano già, in- dubbiamente, una borghesia. La loro forza non si fonda più sulla * Complessivamente nel distretto 1 contadini posseggono 5724 attrezzi perfe- zionati. no LENIN spoliazione degli altri produttori (come la forza degli usurai e dei « kulak »), ma sull’organizzazione autonoma * della produ- zione: nelle mani di questo gruppo, che costituisce appena 1 /* dei contadini, è concentrata oltre la metà della superficie a seminativo [prendo la media generale per tutti e tre i distretti]. Se si tiene presente che nelle aziende di questi contadini la produttività del lavoro (vale a dire il raccolto) è incomparabilmente superiore a quella dei proletari del gruppo inferiore che coltivano stentata- mente la terra, non si può non trarre la conclusione che la bor- ghesia rurale dà il principale impulso alla produzione del grano. Quale influenza doveva esercitare questa divisione dei conta- dini in borghesia e proletariato [in questo processo i populisti non vedono altro che « l’impoverimento della massa»] sulla grandezza del « mercato », vale a dire sulla grandezza di quella quantità di grano che si trasforma in merce ? È chiaro che que- sta quantità doveva aumentare considerevolmente, perchè la massa di grano prodotta dai contadini del gruppo superiore superava di gran lunga il loro fabbisogno e affluiva sul mercato; d’altra parte i rappresentanti del gruppo inferiore dovevano acquistare il grano con i mezzi monetari forniti loro dalle altre occupazioni. Per riportare dati precisi su questa questione non dobbiamo più ricorrere alle raccolte statistiche degli zemstvo , ma all’opera di V. E. Postnikov, L'azienda contadina nel mezzogiorno della Russia. Postnikov descrive, secondo i dati statistici degli zemstvo , l’economia contadina dei tre distretti continentali del governa- torato di Tauride (Berdiansk, Melitopol e Dnieprovsk) e analizza questa economia nei diversi gruppi di contadini [divisi in sei ca- tegorie secondo le dimensioni dei seminativi: i) contadini che non seminano; 2) contadini che seminano sino a 5 desiatine; 3) con- tadini che seminano da 5 a io desiatine; 4) da io a 25 desiatine; 5) da 25 a 50 desiatine e 6) oltre 50 desiatine]. L’autore, studiando i rapporti dei diversi gruppi col mercato, divide la superficie a seminativo di ogni azienda agricola nelle seguenti quattro parti: 1) superficie aziendale : così Postnikov chiama quella parte del se- • Fondata» naturalmente, anch'essà sulla spoliazione non prà dei produttori indipendenti, ma degli operai. LA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI III minativo che fornisce le sementi indispensabili per l'azienda; 2) superficie alimentare , che fornisce il grano per il sostentamento dei lavoratori appartenenti o no alla famiglia; 3) superficie forag- gera, che fornisce il foraggio al bestiame da lavoro, e, infine, 4) superficie commerciale o mercantile , che fornisce il prodotto da trasformare in merce, da alienare sul mercato. È evidente che solo quest’ultima parte dà un reddito monetario , mentre le altre danno un reddito naturale, vale a dire un prodotto consumato nell’azienda stessa. Postnikov, calcolando la superficie di ciascuna di queste parti per i gruppi di contadini divisi secondo la superficie del semi- nativo, ricava la tabella seguente: Gruppi di contadini Su 100 desiatine di seminativo Reddito in denaro ricavato Nei tre distretti del governatorato di Tauride Area media della superficie a seminai, in ogni gruppo I. ■nperficie alimentare superficie foraggera superficie mercantile •v > s | T> .9 *. a a. « p«r fuoco 0 -S " H «Si «p.2 ■ SE» CL 6 « a a •d w di cui spettano alla superficie mercantile (rubli) che aem. sino 5 d. F 90,7 42,3 —39,0 34.070 3,5 de*. » » da 5 a 10 » • 44.7 37,5 + U,8 3,77 30 140.426 16.851 8 » p p 10 a 25 » I 6 27,5 30,0 36,5 11,68 191 540.093 194.433 16,4 » » » 25 a 50 p 6 17,0 25,0 52,0 16,64 574 494.095 256.929 34,5 » » oltre SO » 11 12,0 21,0 61,0 19,52 1500 230.583 140.656 75 Totale 1 6 42 1.439.267 608. B69 17-18 des. Note alla tabella : 1) Postnikov non dà la penultima colonna; essa è stata calcolata da me; 2) Postnikov determina la grandezza del reddito in denaro supponendo che tutta la superficie mercantile sia seminata a frumento, e calcolando il raccolto me- dio e il valore medio del grano. Vediamo da questi dati che quanto più grande diventa l’azien- da tanto più essa acquista" carattere mercantile, e tanto maggiore è la parte del grano prodotta per la vendita [12-36-52-61 % nella 12 LENIN successione dei gruppi]. I principali seminatori, i contadini dei due gruppi superiori (essi hanno più della metà di tutta la super- ficie a seminativo), alienano oltre la metà di tutto il loro prodotto agricolo [52 e 61%]. Se non ci fosse la divisione dei contadini in boighesia e pro- letariato, se, in altri termini, la superficie a seminativo fosse di- stribuita fra tutti i « contadini » , della forma- zione capitalistica; dice, cioè, di aver esaminato la legge di svi- luppo di questa sola formazione, e di nessun’altra. Questo, in primo luogo. E, in secondo luogo, notiamo i metodi con 1 quali Marx ha elaborato le sue conclusioni: questi metodi consistono, come abbiamo sentito or ora dal signor Mikhailovski, in una « analisi minuziosissima dei fatti corrispondenti >. Passiamo ora ad esaminare quest’idea fondamentale del Capi- tale , che il nostro filosofo soggettivista ha tentato così destramente di eludere. In che cosa consiste, propriamente, il concetto di for- mazione economica sociale? E in che modo lo sviluppo di questa formazione si può e si deve considerare come un processo storico naturale? Ecco le questioni che stanno ora davanti a noi. Ho già rilevato che, dal punto di vista dei vecchi (non per la Russia) economisti e sociologi, il concetto di formazione economica sociale è del tutto superfluo: essi parlano della società in generale, discu- tono con gli Spencer la definizione della società in generale, il fine e l’essenza della società in generale, ecc. Questi sociologi sog- gettivisti si fondano, in tali dissertazioni, su argomenti di questo genere: lo scopo della società è Tutile di tutti i suoi membri, perciò l’equità esige un’organizzazione di un dato genere; i re- gimi non corrispondenti a questa forma ideale di organizzazione (« La sociologia deve incominciare con un po’ di utopia » : queste parole di uno degli autori del metodo soggettivo, del signor Mikhailovski, caratterizzano ottimamente l’essenza dei loro pro- cedimenti) sono anormali e devono essere eliminati. « Il compito essenziale della sociologia — argomenta per esempio il signor Mikhailovski — consiste nel mettere in chiaro le condizioni so- ciali nelle quali questa o quella esigenza della natura umana viene soddisfatta». Come vedete, questo sociologo si interessa soltanto di una società che soddisfi la natura umana e nient’affatto di questa o quella formazione sociale che, per giunta, può essere I 3 2 LENIN fondata su un fenomeno non corrispondente alla « natura uma- na », come l’asservimento della maggioranza da parte di una mi- noranza. Vedete inoltre che, dal punto di vista di questo socio- logo, non si può neppur parlare di considerare lo sviluppo della società come un processo storico-naturale. (« Dopo aver ricono- sciuto che una data cosa è desiderabile o indesiderabile, il sociologo deve trovare le condizioni per l’attuazione di ciò che è desiderabile o per l’eliminazione di ciò che è indesiderabile », « per l’attuazione di questi e quegli ideali », argomenta lo stesso signor Mikhailovski). Per di più, non si può neanche parlare di uno sviluppo, ma soltanto delle diverse deviazioni da ciò che è « desiderabile », dei « difetti » che si sono prodotti nella storia in seguito... in seguito al fatto che gli uomini non erano intelligenti, non sapevano capire bene che cosa esiga la natura umana, non sapevano trovare le con- dizioni per la realizzazione di tali ordinamenti razionali. È chiaro che l’idea fondamentale di Marx, Tidea di un processo storico naturale di sviluppo delle formazioni economico-sociali scalza dalle radici questa morale puerile che pretende chiamarsi socio logia. In che modo, dunque, Marx ha elaborato quest’idea fon damentale? Egli ha fatto questo separando dai vari campi della vita sociale il campo economico, separando da tutti i rapporti sociali i rapporti di produzione , come rapporti fondamentali, pri- mordiali, che determinano tutti gli altri. Marx stesso ha descritto nel modo seguente il corso dei suoi ragionamenti intorno a questo problema : « Il primo lavoro intrapreso per sciogliere i dubbi che mi as- salivano fu una revisione critica della filosofia del diritto di Hegel... La mia ricerca arrivò alla conclusione che tanto i rapporti giuridici quanto le forme dello Stato non possono essere compresi nè per se stessi, nè per la cosiddetta evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici, piuttosto, nei rapporti materiali dell’esistenza, il cui complesso viene abbracciato da Hegel, seguendo l’esempio degli inglesi e dei francesi del secolo XVIII, sotto il termine di ” società civile”; e che l’anatomia della società civile è da cercare nell’economia politica... Il risultato ge- nerale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servi di filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 133 nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione* che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura econo- mica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica, e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che deter- mina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddi- zione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (il che è solo l’equivalente giuridico di tale espressione) entro i quali esse forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rap- porti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si stu- diano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere costatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o fi- losofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione... A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati come epoche che mar- cano il progresso della formazione economica della società » le . Quest’idea del materialismo in sociologia era già, di per sè, # Il corsivo è di Lenin ( N.d.R .). i34 LENIN un’idea geniale. S’intende che per il momento si trattava ancora soltanto di un’ipotesi, ma di un’ipotesi tale che creava per la prima volta la possibilità di un atteggiamento rigorosamente scienti- fico verso i problemi storici e sociali. Sino ad allora, i sociologi, che non riuscivano a discendere fino ai rapporti più semplici, fino ai rapporti primordiali, come sarebbero i rapporti di produzione, e che affrontavano direttamente l’indagine e lo studio delle forme giuridiche e politiche, urtavano nel fatto che queste forme sono originate da queste o quelle idee del genere umano in un deter- minato periodo, e si arrestavano qui; ne risultava che i rapporti sociali sembravano consapevolmente edificati dagli uomini. Ma questa deduzione, che ha trovato la sua completa espressione nel- l’idea del Contrai social* 0 (di cui si trovano tracce molto evidenti in tutti i sistemi di socialismo utopistico), era in contraddizione assoluta con tutto quel che si osserva nella storia. Non è mai avve- nuto, e non avviene neppure oggi, che i membri della società imma- ginino il complesso dei rapporti sociali nei quali essi vivono come qualche cosa di determinato, di integro, dominato da un certo principio; al contrario, la massa si adatta inconsciamente a questi rapporti, ed è così lontana dalFimmaginarseli come rapporti sto- rici e sociali particolari, che la spiegazione, per esempio, dei rap- porti di scambio, nei quali gli uomini sono vissuti per molti secoli, è stata data soltanto in questi ultimi tempi. Il materia- lismo ha eliminato questa contraddizione, proseguendo l’analisi in modo, più approfondito, spingendola fino all’origine di queste stesse idee sociali dell’uomo ; e la sua conclusione sulla dipen- denza del corso delle idee dal corso delle cose è l’unica compa- tibile con la psicologia scientifica. Inoltre, anche sotto un altro aspetto, quest’ipotesi ha innalzato per la prima volta la sociologia al livello di scienza. Finora i sociologi trovavano difficoltà a di- stinguere, nella rete intricata dei fenomeni sociali, i fenomeni importanti e i fenomeni non importanti (questa è la radice del soggettivismo in sociologia) e non sapevano trovare un criterio oggettivo per una tale differenziazione. 11 materialismo ha dato un criterio completamente oggettivo, separando « i rapporti di produzione» come struttura della società e dando la possibilità di applicare a questi rapporti quel criterio scientifico generale CHE COSA SONO GLI AMTCr DEL POPOLO 135 della reiterabilità, la cui applicazione alla sociologia era negata dai soggettivisti. Fino a quando costoro si limitarono ai rapporti sociali ideologici (cioè a quei rapporti che prima di formarsi passano attraverso la coscienza * degli uomini) non potevano notare la reiterabilità e la regolarità dei fenomeni sociali nei diversi paesi, e la loro scienza, nel migliore dei casi, era soltanto una descri- zione di questi fenomeni, una scelta di materiale greggio. L analisi dei rapporti sociali materiali (vale a dire dei rapporti che si for- mano senza passare attraverso la coscienza degli uomini: scam- biando i prodotti, gli uomini entrano in rapporti di produzione, anche senza essere consci che qui si ha un rapporto sociale di pro- duzione) ha subito reso possibile di rilevarne la reiterabilità e la regolarità e di generalizzare gli ordinamenti di diversi paesi in modo da giungere ad un unico concetto fondamentale di forma - zione sociale. Soltanto questa generalizzazione ha permesso di passare dalla descrizione (e dalla valutazione dal punto di vista di un ideale) dei fenomeni sociali all’analisi rigorosamente scien- tifica di tali fenomeni, individuando, per spiegarci con un esem- pio, ciò che distingue un paese capitalistico dall’altro e analiz- zando ciò che è comune a tutti. Infine, in terzo luogo, quest’ipotesi creò per la prima volta la possibilità di una sociologia scientifica , perchè soltanto riconducendo i rapporti sociali ai rapporti di produzione, e questi ultimi al li- vello delle forze produttive, si è ottenuta una base salda per rap- presentare l’evoluzione delle formazioni sociali come un processo storico naturale. Ed è ovvio che senza una tale concezione non vi può neanche essere una scienza sociale. (I soggettivisti, per esempio, pur riconoscendo che i fenomeni storici si producono secondo certe leggi, non erano in grado di considerare l’evolu- zione di questi fenomeni come un processo storico naturale, ap- puntò perchè si arrestavano sulle idee sociali e sui fini dell’uomo, senza ricondurre queste idee e questi fini ai rapporti sociali materiali). Ma ecco che Marx, dopo aver enunciato questa ipotesi negli anni quaranta, intraprende lo studio concreto ( nota bene: con- Si tratta sempre, s'intende, della coscienza dei rapporti sociali c di nessun’altra. ’ 3 6 LENIN creto) del materiale. Egli prende una delle formazioni econo- mico-sociali — il sistema dell’economia mercantile — e* sulla base di una mole prodigiosa di dati (che egli studiò per non meno di venticinque anni) dà un’analisi minuziosissima delle leggi del fun- zionamento di questa formazione e della sua evoluzione. Quest’ana- lisi è limitata ai soli rapporti di produzione tra i membri della società: Marx, senza mai ricorrere, per spiegare la cosa, a un qualsiasi elemento che si trovi al di fuori di questi rapporti di produzione, dà la possibilità di vedere come si evolve l’orga- nizzazione mercantile deireconomia sociale, come essa si tra- sforma in organizzazione capitalistica, creando le classi antago- nistiche (nei limiti dei rapporti di produzione) della borghesia e del proletariato, come essa accresce la produttività del lavoro sociale e, con ciò stesso, introduce un elemento che entra in con- traddizione inconciliabile con le basi di questa stessa organizza- zione capitalistica. Questo è lo scheletro del Capitale. Tutto sta però nel fatto che Marx non si accontentò di questo scheletro, che egli non si limitò alla sola « teoria economica » nel senso abituale della parola, che egli — pur spiegando la struttura e l’evoluzione di una data formazione sociale esclusivamente con i rapporti di produzione — investigò ciò nondimeno sempre e dappertutto le sovrastrutture corrispondenti a questi rapporti di produzione, rivestì lo scheletro di carne e sangue. Se il Capitale ebbe un così enorme successo è perchè questo libro di un « economista tedesco » mostrò al lettore tutta la formazione sociale capitalistica come una cosa viva, con i suoi aspetti della vita quotidiana, con la manifestazione sociale concreta dell’antagonismo delle classi inerente ai rapporti di produzione, con la sovrastruttura politica borghese che pro- tegge il dominio della classe dei capitalisti, con le idee borghesi* di libertà, eguaglianza, ccc., con i rapporti familiari borghesi. Si comprende ora che il confronto con Darwin è del tutto esatto: il Capitale altro non è se non « alcune idee generalizzatrici, stretta- mente legate tra loro, che fanno corona a un intiero Monte Bianco di fatti concreti ». E se qualcuno, leggendo il Capitale , è stato capace di non scorgere queste idee generalizzatrici, la colpa non è già più di Marx, il quale, come abbiamo visto, indicava queste idee per- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 137 sino nella prefazione. E non basta; un simile confronto è giusto non soltanto esteriormente (non si sa perchè il lato esteriore in- teressi in modo particolare il signor Mikhailovski), ma anche in- teriormente. Come Darwin mise fine alla concezione secondo la quale le specie animali e quelle vegetali non avevano nessun lega- me tra loro, erano prodotti del caso, « creazioni di dio », ed erano immutabili — e per la prima volta portò la biologia su un terreno del tutto scientifico, stabilendo la variabilità delle specie e la loro successione — , così Marx mise termine alla concezione che con- siderava la società come un aggregato meccanico di individui, che ammette cambiamenti di tutti i generi secondo la volontà di chi ne è a capo (o, ciò che è lo stesso, secondo la volontà della società e del governo), sorge e si trasforma accidentalmente, e per la prima volta portò la sociologia su un terreno scientifico, stabi- lendo il concetto di formazione economico-sociale come complesso di determinati rapporti di produzione e stabilendo che lo sviluppo di queste formazioni è un processo storico naturale. Oggi — dal momento della comparsa del Capitale — la con- cezione materialistica della storia non è più un’ipotesi, ma una tesi scientificamente dimostrata, e finche non avremo un altro tentativo di spiegare scientificamente il funzionamento e lo svi- luppo di qualche formazione sociale — appunto di una forma- zione sociale, e non della vita quotidiana di un qualsiasi paese o popolo, o anche di una classe, ecc. — , finché non avremo un altro tentativo che riesca a ordinare i « fatti corrispondenti » esat- tamente come ha saputo fare il materialismo, che riesca a dare un quadro vivo di una data formazione, unito ad una spiega- zione rigorosamente scientifica di essa, fino ad allora la conce- zione materialistica della storia sarà sinonimo di scienza sociale. Il materialismo non rappresenta « in prevalenza una concezione scientifica della storia », come pensa il signor Mikhailòvski, ma l’unica concezione scientifica della storia. E potete adesso immaginare una stranezza più spassosa di questa : che si trovino degli uomini i quali sono riusciti a leggere il Capitale senza trovarvi il materialismo I — Dov’è il materialismo? — domanda il signor Mikhailovski, sinceramente perplesso. Egli ha letto il Manifesto comunista , e non ha notato che gli i 3 8 LENIN ordinamenti moderni — e giuridici, e politici, e familiari, e reli- giosi, e filosofici — vi sono spiegati in modo materialistico, che anche la critica delle teorie socialiste e comuniste cerca e trova le radici di queste teorie in questi o quei rapporti di produzione. Egli ha letto la Miseria della filosofia , e non ha notato che l’esame della sociologia di Proudhon vi è svolto da un punto di vista materialistico, che la critica della soluzione proposta da Proudhon per i più diversi problemi storici parte dai principi del materialismo, che le indicazioni deH’autore stesso sul dove cer- care i dati per la soluzione di questi problemi riconducono tutte ai rapporti di produzione. Egli ha letto il Capitale , e non ha notato di avere davanti a se un modello di analisi scientifica di una formazione sociale — e della più complicata — secondo il metodo materialistico, un modello riconosciuto da tutti e non superato da nessuno. Ed egli non sa far altro che ponzare sulla profonda questione: «In quale delle sue opere Marx ha esposto la sua concezione mate- rialistica della storia? ». Chiunque conosca Marx gli risponderebbe con un’altra do- manda: in quale delle sue opere Marx non ha esposto la sua concezione materialistica della storia? Ma il signor Mikhailovski verosimilmente verrà a sapere delle ricerche materialistiche di Marx solo quando queste verranno segnalate e debitamente rubricate in qualche lavoro di filosofia della storia di un qualsiasi Kareiev sotto il titolo Materialismo economico. Ma la cosa più curiosa è che il signor Mikhailovski accusa Marx di non avere « proceduto a una revisione [sic!] di tutte le teorie conosciute del processo storico ». Questo è invero molto divertente. Ma in che cosa consistevano, per i nove decimi, queste teorie? In costruzioni puramente aprioristiche, dogmatiche, astrat- te: che còse la società, che cose il progresso? ecc. (Prendo espres- samente esempi cari alla mente e al cuore del signor Mikhai- lovski). Ma simili teorie sono dannose, per il fatto stesso di esi- stere; sono dannose per i loro metodi fondamentali, per il loro carattere puramente e interamente metafisico. Infatti, incominciare col domandarsi che cos’è la'società e che cos’è il progresso, significa incominciare dalla fine. Dove* prenderete voi il concetto di società CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 139 e di progresso in generale, se non avete ancora studiato neppure una formazione sociale in particolare, se non avete neppure sa- puto stabilire questo concetto, se non avete neppure saputo intra- prendere un serio studio dei fatti, un’analisi obiettiva di uno qualunque dei rapporti sociali? Questo è il contrassegno più evidente della metafisica, dalla quale incominciava ogni scienza: finché non si riusciva a intraprendere lo studio dei fatti, si in- ventavano sempre, a priori , delle teorie generali, sempre rimaste infeconde. Il chimico metafisico, non sapendo ancora indagare di fatto i processi chimici, inventava una teoria che rispondesse alla domanda: che forza è l’affinità chimica? Il biologo metafisico dissertava intorno alla questione: che cosa sono la vita e la forza vitale? Lo psicologo metafisico ragionava intorno alla questione: che cos’è l’anima? Qui già il procedimento stesso era assurdo. Non si può ragionare intorno all’anima senza spiegare partico- larmente i processi psichici; qui il progresso deve consistere ap- punto nel rigettare le teorie generali e le elucubrazioni filosofiche relative alla questione: che cose l’anima ? e saper porre su un terreno scientifico lo studio dei fatti che caratterizzano questi 0 quei processi psichici. Perciò l’accusa del signor Mikhailovski rassomiglia in tutto al modo d’agire di uno psicologo metafisico il quale, dopo aver passato tutta la sua vita a scrivere « indagini > relative alla questione: che cos’è l’anima? (senza saper spiegare con esattezza neppure un fenomeno psichico, anche semplicis- simo), voglia accusare uno psicologo scientifico di non aver pro- ceduto a una revisione di tutte le teorie già conosciute riguardanti l’anima. Questo psicologo scientifico ha rigettato le teorie filo- sofiche sull’anima e ha intrapreso direttamente lo studio del sub- strato materiale dei fenomeni psichici — i processi nervosi — e ha dato, poniamo, un’analisi e una spiegazione di questi e quei processi psichici. Ed ecco: il nostro psicologo metafisico legge questo lavoro, loda la descrizione dei processi e lo studio dei fatti, ma non è soddisfatto. Permettete — dice egli tutto agitato, sen- tendo che intorno a lui si parla di una concezione del tutto nuova della psicologia esposta da questo scienziato, di un metodo parti- colare di psicologia scientifica —, permettete, dice accalorandosi il filosofo, in quale opera è dunque esposto questo metodo? Ma in 140 LENIN questo scritto vi sono «soltanto dei fatti»? Non si tratta per niente di una revisione di «tutte le teorie filosofiche suiranima cono- sciute »? Questo è un lavoro che non corrisponde affatto allo scopo! Nello stesso modo il Capitale , s’intende, non è un lavoro ri- spondente allo scopo per il sociologo metafisico che non ha notato la sterilità dei ragionamenti aprioristici intorno alla natura della società e non ha capito che, invece di studiare e spiegare, tali metodi gabellano soltanto per concezione della società le idee borghesi di un mercante inglese o gli ideali del socialismo pic- colo-borghese di un democratico russo, e niente di più. Ed è per ciò che tutte queste teorie storico-filosofiche sono sorte e sono scop- piate come bolle di sapone, rappresentando nel migliore dei casi un sintomo delle idee e dei rapporti sociali del loro tempo, e non facendo progredire di un iota la comprensione da parte dell’uomo di rapporti sociali anche singoli, ma reali (e non di quelli che « rispondono alla natura umana »). In questo campo il gigan- tesco passo avanti compiuto da Marx è consistito appunto nel- l’aver rigettato tutti questi ragionamenti intorno alla società e al progresso in generale e neH’aver dato invece Tanalisi scientifica di una società e di un progresso: della società e del progresso capi- talistici. E il signor Mikhailovski lo accusa di aver incominciato dal principio e non dalla fine, di aver incominciato dall’analisi dei fatti e non dalle conclusioni finali, dallo studio di rapporti sociali parziali, storicamente determinati, e non dalle teorie ge- nerali intorno alla natura di questi rapporti sociali in generale! Ed egli domanda: « Dov’è dunque il lavoro corrispondente?» Oh, saggissimo sociologo soggettivista! ! Se il nostro filosofo soggettivista si limitasse soltanto a restare perplesso davanti alla questione di sapere in quale opera sono esposte le basi del materialismo, sarebbe ancora un mezzo male. Ma — quantunque non abbia trovato in nessun posto non sol- tanto la motivazione, ma neppure l’esposizione della concezione materialistica della storia (e forse appunto perchè non ha trovato questo) — egli incomincia con l’attribuire a questa dottrina pre- tese che essa non ha mai avanzato. Egli cita un passo di Bloss, secondo cui Marx ha proclamato una concezione della storia as- solutamente nuova, e poi, senza tante cerimonie, asserisce che CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO T 4 r questa teoria pretende di « aver spiegato al genere umano il suo passato », di aver spiegato «tutto [sic!!?] il passato del genere umano», ecc. Ma questo è falso da cima a fondo! La teoria pretende soltanto di spiegare ['organizzazione sociale capitalistica e nessun’altra. Se l'applicazione del materialismo all ^analisi e alla spiegazione di una formazione sociale ha dato dei risul- tati così brillanti, è ben naturale che il materialismo nella storia non sia più un’ipotesi, ma una teoria scientificamente verificata; è ben naturale che la necessità di un tale metodo si estenda anche alle rimanenti formazioni sociali, quantunque esse non siano state sottoposte a uno studio concreto speciale e a un’analisi minuziosa, proprio come l'idea del trasformismo, dimostrata rispetto a una sufficiente quantità di fatti, si estende a tutto il campo della biolo- gia, nonostante che per singole specie animali e vegetali non sia stato ancora possibile stabilire con esattezza il fatto della loro tra- sformazione. E come il trasformismo non pretende affatto di spie- gare « tutta » la storia della formazione delle specie, ma soltanto di portare a un livello scientifico i metodi di questa spiegazione, così anche il materialismo nella storia non ha mai preteso di spiegare tutto, ma soltanto di indicare « l\inico metodo scientifico » — se- condo lespressione di Marx (Il capitale) — di spiegare la storia 2l . Da questo si può giudicare quanto siano spiritosi, seri e decorosi i metodi polemici adoperati dal signor Mikhailovski, quando in- comincia col travisare Marx attribuendo al materialismo nella storia l’assurda pretesa di « spiegare tutto », di trovare « la chiave di tutte le serrature storiche » (pretesa che Marx, s’intende, ha smentito subito e in forma molto caustica nella sua « lettera » 22 a proposito degli articoli di Mikhailovski), poi fa dell’ironia su que- ste pretese da lui stesso inventate e infine, citate le idee esatte di Engels (esatte perche questa volta si dà la citazione e non una parafrasi) — secondo il quale l’economia politica, come la intendono i materialisti « deve tuttora essere creata » e « la scienza economica che sinora possediamo si limita » alla storia della società capitali- stica 23 — , ne trae la conclusione che « con queste parole si restringe di molto il campo d’azione del materialismo economico»! Quale infinita ingenuità o quale infinita presunzione deve avere un uomo per credere che simili trucchi passino inavvertiti! Dap- 142 LENIN prima travisa Marx, poi fa dell’ironia sulle proprie menzogne, in seguito cita idee esatte, e adesso ha la sfrontatezza di affermare che queste idee restringono il campo d’azione del materialismo eco- nomico ! Dall’esempio seguente si può vedere di che specie e qualità sono le ironie del signor Mikhailovski : « Marx non li [i fondamenti della teoria del materialismo economico] motiva » « in nessun posto », dice il signor Mikhailovski. « È vero, Marx si proponeva di scrivere insieme ad Engels un’opera di carattere storico-filo- sofico e filosofico-storico e, anzi, la scrisse (negli anni 1845- 1846), ma essa non fu mai stampata 24 . Engels dice: ” La parte redatta consiste in una esposizione della concezione materialistica della storia, che prova soltanto quanto a quel tempo fossero an- cora incomplete le nostre conoscenze della storia economica ”. Cosicché — conclude il signor Mikhailovski — i punti fonda- mentali del ” socialismo scientifico ” e della teoria del materiali- smo economico furono scoperti e subito dopo anche esposti nel Manifesto , in un periodo nel quale, per espresso riconoscimento di uno degli autori, le conoscenze occorrenti per un’opera simile erano in loro ancora deboli». Come è gentile questa critica, non è vero? Engels dice che essi avevano delle conoscenze deboli nel campo della « storia » economica, e che perciò non avevano stampato una loro opera di carattere filosofico-storico «generale». E il signor Mikhailovski interpreta questo nel senso che le loro conoscenze erano deboli «per un’opera» come l’elaborazione «dei punti fondamentali del socialismo scientifico», cioè della critica scientifica del regime « borghese », già esposta nel Manifesto. Delle due luna : o il signor Mikhailovski non è in -grado di capire la differenza fra il ten- tativo di abbracciare tutta la filosofia della storia e il tentativo di spiegare scientificamente il regime borghese, oppure egli sup- pone che Marx ed Engels non avessero conoscenze sufficienti per far la critica dell’economia politica. E, in questo caso, è molto cru- dele da parte sua non farci conoscere le sue considerazioni a proposito di questa insufficienza, le sue correzioni e le sue aggiunte. La decisione di Marx e di Engels di non pubblicare un'opera filosofico-storica e di concentrare tutte le forze nell’analisi CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 143 scientifica di una sola organizzazione sociale caratterizza sol- tanto Taltissimo grado della loro probità scientifica. La decisione del signor Mikhailovski di ironizzare su questo con una piccola ag- giunta, secondo la quale Marx ed Engels avrebbero esposto le loro concezioni confessando essi stessi di non aver conoscenze suffi- cienti per elaborarle, caratterizza soltanto metodi polemici che non attestano nè intelligenza, nè dignità. Altro esempio: «Quanto a motivare il materialismo econo- mico come teoria storica, ha fatto di più Engels, l 'alter ego di Marx — dice il signor Mikhailovski. — Di lui abbiamo un’opera di ca- rattere specificamente storico: Uorigine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato in rapporto (im Anschluss ) alle in- dagini di Lewis H. Morgan. Questo "Anschluss” è veramente degno di nota. Il libro deiramericano Morgan fu pubblicato molti anni dopo che Marx ed Engels avevano enunciato i fonda- menti del materialismo economico e in modo del tutto indipen- dente da esso ». Ed ecco che- « i materialisti economici avrebbero aderito » a questo libro e, per giunta, poiché nei tempi preistorici non esisteva la lotta delle classi, avrebbero introdotto la seguente «correzione» alla formula della concezione materialistica della storia: il fattore determinante, accanto alla produzione dei va- lori materiali, è la produzione deiruomo stesso, cioè la prolifica- zione, che ha una funzione di primaria importanza nell'epoca primitiva, quando il lavoro, per la sua produttività, era ancora tutt’altro che sviluppato. « Il grande merito di Morgan — dice Engels — è quello di avere trovato nelle unioni gentilizie degli Indiani deirAmerica del Nord... la chiave che ci schiude i più importanti e fin qui in- soluti enigmi della più antica storia greca, romana e tedesca » 25 . «Dunque — sentenzia a questo proposito il signor Mikhai- lovski — verso il 1850 veniva scoperta e proclamata una conce- zione della storia assolutamente nuova, materialistica e veramente scientifica, la quale fece per la scienza storica ciò che la teoria di Darwin aveva fatto per le scienze naturali moderne ». Ma questa concezione — ripete poi ancora una volta il signor Mikhailovski — non fu mai motivata scientificamente. « Non soltanto essa non fu verificata sulla base di fatti numerosi e svariati [il Capitale M4 LENIN non è un’opera «adeguata»: in essa vi 'sono soltanto fatti e ana- lisi minuziose!], ma non fu neanche sufficientemente motivata, non foss’altro che per mezzo della critica e dell’esclusione degli altri sistemi storico-filosofici ». Il libro di Engels Herrn E. Diih - rings Umtvàlzung der Wissenschaft * «contiene soltanto dei ten- tativi ingegnosi compiuti cammin facendo », e perciò il signor Mikhailovski ritiene possibile eludere totalmente le numerosis- sime questioni essenziali che sono toccate in quest’opera, nono- stante che questi « tentativi ingegnosi » mostrino molto ingegno- samente l’inconsistenza delle sociologie « che incominciano dalle utopie», nonostante che in quest’opera sia svolta una critica par- ticolareggiata di quella « teoria della violenza » secondo la quale gli ordinamenti giuridico-politici determinano gli ordinamenti economici, teoria che i signori pubblicisti della Russ\oie Bogatstvo propugnano con tanto zelo. In realtà, è molto più facile lanciare, a proposito di un’opera, alcune frasi che non dicono nulla, an- ziché analizzare seriamente anche una sola delle questioni che essa risolve materialisticamente; per giunta, in questo modo, non si corre nessun pericolo, perchè la censura, verosimilmente, non permetterà mai la traduzione di tale libro, e il signor Mikhai- lovski può definirlo ingegnoso, senza nessun rischio per la sua filosofia soggettivistica. Ancora più caratteristico e istruttivo (come illustrazione del detto che la lingua è data all’uomo per nascondere il proprio pen- siero o per dare alla vacuità la forma del pensiero) è l’apprezza- mento del Capitale di Marx. « Nel Capitale vi sono pagine brillanti di storia, ma [magnifico questo « ma »! Non è neppure un « ma », bensì quel celebre «mais* che tradotto in russo vuol dire: «le orecchie non crescono più in su della fronte »] esse, anche per l’in- tento stesso del libro, concernono un solo periodo storico deter- minato, e non stabiliscono le tesi fondamentali del materialismo economico, ma toccano semplicemente il lato economico di un certo gruppo di fenomeni storici ». In altre parole : il Capitale , che è appunto consacrato soltanto allo studio della società capi- li rovesciamento della scienza ad opera del signor E. Duhring (N.d.R<), CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO *45 talistica, dà un’analisi materialistica di questa società e delle sue sovrastrutture, « ma » il signor Mikhailovski preferisce lasciare da parte quest’analisi: qui si tratta, vedete un po’, soltanto di «un» periodo, e lui, il signor Mikhailovski, vuole abbracciare tutti i pe- riodi, e per giunta abbracciarli in modo da non parlare in par- ticolare neppure di uno di essi. S’intende che per raggiungere que- sto scopo — cioè per abbracciare tutti i periodi senza trattarne so- stanzialmente nessuno — c’è soltanto una via: la via dei luoghi comuni e delle frasi « brillanti » e vuote. E nessuno eguaglia il signor Mikhailovski nell’arte di cavarsela con delle frasi. Risul- terebbe, secondo lui, che non vale la pena di intrattenersi (in separata sede) sulla sostanza delle indagini di Marx, per la sem- plice ragione che Marx « non stabilisce le tesi fondamentali del materialismo economico, ma tocca semplicemente il lato econo- mico di un certo gruppo di fenomeni storici ». Quale profondità di pensiero! — «Non stabilisce», ma «tocca semplicemente»! — Com e semplice, in realtà, eludere con delle frasi qualsiasi que- stione! Per esempio: se Marx indica ripetute volte in qual modo i rapporti tra i produttori di merci sono la base dell’eguaglianza dei diritti civili, del libero contratto e gli altri simili principi dello Stato giuridico, che cosa è questo? Stabilisce egli in questo modo il materialismo o lo tocca «semplicemente»? Con la mo- destia che gli è propria, il nostro filosofo evita una risposta alla sostanza della questione e trae direttamente delle conclusioni dai suoi « ingegnosi tentativi » di parlare brillantemente senza dir nulla. « Non è sorprendente — suona questa conclusione — che qua- rantanni dopo la proclamazione di una teoria che aveva la pretesa di illuminare la storia universale, la storia antica, dei greci, dei romani e dei germani sia rimasta per questa teoria un enigma insolubile? La chiave di questo enigma è stata data, in primo luogo, da un uomo assolutamente estraneo alla teoria del ma- terialismo economico, da un uomo che non sapeva nulla di essa e, in secondo luogo, è stata data per mezzo di un fattore non economico. Un’impressione piuttosto divertente è suscitata dal termine: *' produzione dell’uomo stesso”, cioè prolificazione, ter- mine al quale Engels si aggrappa per conservare non foss'altro che n -572 146 LENIN un nesso verbale con la formula fondamentale del materialismo economico. Egli è tuttavia costretto a riconoscere che la vita del genere umano per molti secoli non si è svolta secondo questa for- mula ». E, in realtà, voi avete un modo molto « sorprendente » di polemizzare, signor Mikhailovski! La teoria consisteva nell’affer- mazione che, per « spiegare » la storia, non bisogna cercarne le basi nei rapporti sociali ideologici, ma in quelli materiali. La insufficienza del materiale documentario non permetteva di ap- plicare questo metodo all’analisi di alcuni fenomeni importan- tissimi della storia più antica d’Europa, per esempio, all’analisi dell’organizzazione gentilizia 26 , che per questa ragione restava un enigma *. Ma ecco che Morgan, grafie al ricco materiale da lui raccolto in America, ha la possibilità di analizzare l’essenza dell’organizzazione gentilizia, ed egli arriva a concludere che la spiegazione di questa forma non deve essere ricercata nei rap- porti ideologici (per esempio, nei rapporti giuridici o religiosi), ma nei rapporti materiali. È chiaro che questo fatto dà una con- ferma brillante al metodo materialistico, e niente più. E quando il signor Mikhailovski stabilisce, a rimprovero di questa dottrina, che, in primo luogo, la chiave dei più difficili enigmi storici è stata trovata da un uomo « assolutamente estraneo > alla teoria del materialismo economico, ci si può soltanto meravigliare che degli uomini possano a tal segno non saper distinguere ciò che parla in loro favore da ciò che li colpisce duramente. In secondo luogo — argomenta il nostro filosofo — la prolificazione non è un fattore economico. Ma dove avete « letto » in Marx e in Engels che essi par- lassero necessariamente di materialismo economico? Quando essi definirono la loro concezione del mondo, la chiamarono semplice- mente: materialismo. La loro idea fondamentale (espressa in modo assolutamente definito se non altro nel passo di Marx citato sopra) era che i rapporti sociali si dividono in rapporti materiali e rapporti ideologici. Questi ultimi sono soltanto una sovrastruttura dei primi, * Anche qui il signor Mikhailovski non perde l'occasione di far deirironia: come può essere? Abbiamo una concezione scientifica della storia, e la storia antica resta un enigma! Voi, signor Mikhailovski, potete imparare da qualsiasi manuale che il problema dell'organizzazione gentilizia è annoverato tra i problemi più difficili e ha dato origine a una grande quantità di teorie le quali hanno tentato di risolverlo. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 147 che si creano fuori della volontà e della coscienza dell’uomo, come forma (risultato) dell’attività dell’uomo diretta alla conservazione della propria esistenza. La spiegazione delle forme giuridico-politi- che — dice Marx nella suddetta citazione — deve essere cercata « nei rapporti della vita materiale». E allora, il signor Mikhailovski pensa forse che i rapporti concernenti la prolificazione rien- trino nel novero dei rapporti ideologici? Le spiegazioni del signor Mikhailovski a questo proposito sono così caratteristiche che vale la pena di soffermarcisi. « Per quanto ci siamo stillati il cervello sulla ” prolificazione ” — egli dice — per tentare di stabilire un suo nesso anche soltanto verbale col materialismo economico, per quan- to la prolificazione s’incroci, nella rete complicata dei fenomeni della vita sociale, con altri fenomeni, compresi anche quelli eco- nomici, essa ha pur sempre le sue proprie radici fisiologiche e psichiche. [Forse è per i lattanti che voi, signor Mikhailovski, raccontate che la prolificazione ha delle radici fisiologiche! ? An- diamo, cosa volete dar ad intendere?]. E questo ci ricorda che i teorici del materialismo economico, non solo non hanno fatto i conti con la storia, ma neanche con la psicologia. Non ce dubbio che i rapporti gentilizi hanno perduto la loro importanza nella storia dei paesi civili, ma non si può dire così sicuramente la stessa cosa per i rapporti puramente sessuali e familiari. Essi, s’in- tende, hanno subito dei forti cambiamenti sotto la pressione della vita, che in generale si va complicando; tuttavia con una certa abilità dialettica si potrebbe dimostrare che non soltanto i rap- porti giuridici, ma anche i rapporti economici stessi costituiscono una ” sovrastruttura ” dei rapporti sessuali e familiari. Noi non ci occuperemo di questo; ma ad ogni modo ricorderemo almeno l’istituto dell’eredità ». Finalmente il nostro filosofo è riuscito a venir fuori dal campo delle frasi vuote*, e a passare a fatti determinati, i quali am- mettono una verifica e non permettono tanto facilmente di «elu- • In realtà, come chiamare altrimenti un metodo che consiste nel rimproverare i materialisti di non aver fatto i conti con la storia, senza neppur tentare di esaminare letteralmente nessuna delle numerose spiegazioni materialistiche di vari problemi storici date dai materialisti? O un metodo consistente neU’asserire che si potrebbe dimostrare, ma che non ce n'incaricheremo? li* 148 LENIN dere con chiacchiere » l’essenza della questione. Vediamo dunque in qual modo il nostro critico di Marx dimostra che l’istituto dell’ere- dità è una sovrastruttura dei rapporti sessuali e familiari. « Nell’ere dità si trasmettono — argomenta il signor Mikhailovski — dei prodotti della produzione economica [« prodotti della produzione economica »!! Che linguaggio dotto! £ come sonoro ed elegante!], e fino a un certo punto l’istituto stesso dell’eredità è condizionato dal fatto della concorrenza economica. Ma, in primo luogo, nel- l’eredità si trasmettono anche dei valori non materiali, ciò che si esprime nella cura di educare i figli nello spirito dei padri ». Co- sicché, l’educazione dei fanciulli rientra nell’istituto dell’eredità! Per esempio, nelle leggi civili russe c’è un articolo secondo cui « i genitori devono tendere, mediante l’educazione domestica, a pre- parare il carattere dei loro figli e a favorire i propositi del gover- no». È forse questo quel che il nostro filosofo chiama istituto deireredità? — «E, in secondo luogo — anche restando esclusi- vamente nel campo economico — , se l’istituto deireredità è in- concepibile senza i prodotti della produzione trasmessi eredita; riamente, esso è egualmente inconcepibile senza i prodotti della ” prolificazione ” — senza di essi e senza quella psiche complessa e intensa che aderisce direttamente a tali prodotti». (Fate atten- zione al linguaggio: la psiche complessa «che aderisce» ai pro- dotti della prolificazione! Questa è una vera perla!) L’istituto dell’eredità è dunque una sovrastruttura dei rapporti familiari e sessuali, perchè l’eredità è inconcepibile senza la prolificazione. Ma questa è una vera scoperta deirAmerica! Finora tutti pensavano che la prolificazione non potesse spiegare l’istituto deireredità, più di quanto la necessità di ingerire dei cibi possa spiegare l’istituto della proprietà. Finora tutti pensavano che se, per esempio, in Russia, nell’epoca in cui prosperava il sistema dei pomestie 27 , la terra non poteva essere trasmessa in eredità (perchè considerata sol- tanto come proprietà condizionata), bisognava cercare la spiega- zione di questo fatto nelle particolarità dell’organizzazione sociale di quel tempo. Il signor Mikhailovski suppone, a quanto pare, che la cosa si spieghi semplicemente col fatto che la psiche, che aderisce ai prodotti della prolificazione del proprietario fondiario di quel tempo, si distinguesse per essere non sufficientemente complessa. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 149 Grattate « l’amico del popolo » — possiamo dire parafrasando un detto celebre — e troverete il borghese. In realtà, quale altro significato possono avere questi ragionamenti del signor Mikhai- lovski intorno al nesso dell’istituto dell 'eredità con l’educazione dei figli, la psiche della prolificazione, ecc., se non che l'istituto dell’eredità è altrettanto eterno, necessario e sacro quanto l’educa- zione dei figli! È vero, il signor Mikhailovski ha tentato di la- sciarsi una scappatoia affermando che « fino a un certo punto l’istituto dell’eredità è condizionato dal fatto della concorrenza economica»; ma questo in realtà non è altro che un tentativo di eludere una risposta categorica alla questione, e per giunta un tentativo compiuto con mezzi inadatti. Come potremo noi pren- dere in considerazione quest affermazione, quando non ci si dice neppure una parola per precisare quale sia quel « certo punto » fino al quale l’eredità dipende dalla concorrenza, quando non ci si dice affatto in qual modo esattamente si spiega questo nesso tra la concorrenza e l’istituto dell’eredità? Infatti, l’istituto deb l’eredità presuppone già la proprietà privata e quest’ultima sorge soltanto quando appare lo scambio. Alla sua base sta la nascente specializzazione del lavoro sociale e l’alienazione dei prodotti sul mercato. Fino a quando, per esempio, tutti i membri della comu- nità primitiva indiana lavoravano in comune tutti i prodotti a loro necessari, la proprietà privata era impossibile. Quando invece si introdusse nella comunità la divisione del lavoro e i membri della comunità incominciarono a occuparsi ognuno per conto proprio della lavorazione di un qualche prodotto e a venderlo sul mer- cato, espressione di questa separazione materiale dei produttori di merci fu l’istitulo della proprietà privata. Sia la proprietà privata che l’eredità sono categorie di ordinamenti sociali nei quali si sono già formate le piccole famiglie (monogamiche) iso- late e lo scambio ha già incominciato a svilupparsi. L’esempio del signor Mikhailovski dimostra tutto l’opposto di quel che egli voleva dimostrare. Nel signor Mikhailovski ce ancora un’indicazione concreta, e anch’essa è una perla nel suo genere! « Per quanto riguarda i rapporti gentilizi — continua egli correggendo il materialismo — essi impallidirono nella storia dei popoli civili, in parte effet- 150 LENIN tivamente sotto i raggi delTinfluenza delle forme di produzione [di nuovo un sotterfugio, ma ancor più ovvio. Quali forme di pro- duzione precisamente? Frase vuota!]; ma in parte si disciolsero, nella loro propria continuazione e generalizzazione, nei rapporti nazionali ». Cosicché i rapporti nazionali sono la continuazione e la generalizzazione dei rapporti gentilizi! Il signor Mikhailovski, evidentemente, prende a prestito la sua concezione della storia della società da quella favola per bambini che si insegna agli allievi del ginnasio. La storia della società — afferma questa dot- trina scolastica — è la seguente: in principio c’era la famiglia, cellula di ogni società *, poi — si dice — la famiglia si sviluppò fino a divenire tribù e la tribù si sviluppò fino a formare lo Stato. Se il signor Mikhailovski ripete gravemente questa sciocchezza puerile, ciò dimostra soltanto — oltre a tutto il resto — che egli non ha la nlinima idea neanche dcH’andamento della storia russa. Se si poteva parlare di una vita basata sull’organizzazione gen- tilizia nella Russia antica, è indubbio che già nel medioevo, al- l’epoca del regno di Mosca, questi rapporti gentilizi non esiste- vano più; lo Stato era cioè fondato su unioni nient’affatto genti- lizie, ma locali: i signori feudali e i monasteri accoglievano con- tadini di diverse località, e le comunità così costituite erano pu- ramente territoriali. Tuttavia, non sembra che si potesse parlare in quel tempo di legami nazionali nel senso proprio della parola: lo Stato era frazionato in « terre » staccate, parzialmente anche in principati, che conservavano tracce vive della passata auto- nomia, particolarità nell’amministrazione, e che avevano talvolta proprie truppe particolari (i boiari locali andavano in guerra con propri reparti militari), frontiere doganali particolari, ecc. Soltanto il nuovo periodo della storia russa (approssimativa- mente dal secolo XVII) è realmente caratterizzato da una fusione di fatto di tutte queste regioni, terre e principati in un tutto unico. Questa fusione, egregio signor Mikhailovski, non fu originata dai rapporti gentilizi, e neppure dalla loro continua- * Questa è un’idea puramente borghese: le piccole famiglie frazionate di- vennero predominanti solo in regime borghese; esse mancavano completamente nei tempi preistorici. Nulla di più caratteristico per il borghese che estendere i tratti degli ordinamenti contemporanei a tutti i tempi e a tutti i popoli. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO l 5 T zione e generalizzazione: essa fu originata dall’intensificarsi degli scambi tra le regioni, dall’aumento progressivo della circolazione delle merci, dalla concentrazione dei piccoli mercati locali in un mercato unico di tutta la Russia. E poiché i dirigenti e padroni di questo processo erano i mercanti capitalisti, la creazione di questi rapporti nazionali non fu altro che la creazione di rapporti bor- ghesi. Con entrambe le sue indicazioni concrete, il signor Mi- khailovski si è solo dato la zappa sui piedi e non ci ha dato altro che degli esempi di banalità borghesi; «banalità», perchè egli ha spiegato l’istituto dell’eredità per mezzo della prolificazione e del- la sua psiche, e la nazionalità per mezzo dei rapporti gentilizi; « borghesi », perchè ha scambiato le catégorie e le sovrastrutture di una formazione sociale storicamente determinata (fondata sullo scambio) con delle categorie generali e perpetue, come l’edu- cazione dei figli e i rapporti « puramente » sessuali. È qui sommamente caratteristico il fatto che appena il nostro filosofo soggettivista si è provato a passare dalle frasi a indicazioni concrete, basate sui fatti, è immediatamente sprofondato nel pan- tano. Ed egli, a quanto pare, si sente molto bene in questa posizione non troppo pulita : vi si adagia, si pavoneggia c schizza fango tut- t’intorno. Per esempio, quando vuole confutare la tesi che la storia è una serie di episodi della lotta di classe, egli, dandosi. Paria di pensare profondamente, afferma che questo è un’« esagerazione » e soggiunge: «L’Associazione internazionale degli operai 28 fondata da Marx, organizzata per condurre la lotta di classe, non ha im- pedito agli operai francesi e tedeschi di massacrarsi e distruggersi reciprocamente », il che dovrebbe dimostrare che il materialismo non ha fatto i conti «con il demone dell’orgoglio nazionale e del- l'odio nazionale ». Una tale affermazione dimostra da parte del critico la più grossolana incomprensione del fatto che gli interessi molto reali della borghesia commerciale e industriale costituiscono la base principale di quest’odio e che parlare del sentimento na- zionale come di un fattore a sè stante, significa soltanto oc- cultare l’essenza della questione. Del resto, abbiamo già visto quale profondo concetto della nazionalità abbia il nostro filosofo. Il signor Mikhailovski non sa comportarsi verso l’Internazionale se non con un'ironia del tutto degna di un Burenin 2 * 1 : «Marx, I 5 2 LENIN capo dell’ Associazione internazionale degli operai, che è crollata, è vero, ma che deve rinascere ». Certo, se si considera come il nec plus ultra della solidarietà internazionale il sistema dello scambio « equo », come l’espone prolissamente e con banalità pic- colo-borghese il cronista per gli affari interni nel n. 2 della Russ- iate Bogatstvo , e se non si comprende che lo scambio, equo e non equo, presuppone e implica sempre il dominio della bor- ghesia, e che, senza distruggere l’organizzazione economica fon- data sullo scambio, non è possibile porre termine ai conflitti inter- nazionali, allora è comprensibile che si parli deH’Internazionale soltanto con scherno. Allora è comprensibile che il signor Mi- khailovski non possa arrivare in nessun modo a comprendere que- sta semplice verità: che non c’è nessun altro mezzo di lotta contro l’odio nazionale aH’infuori deH’organizzazione e dell’unio- ne della classe degli oppressi per combattere la classe degli op- pressori in ogni singolo paese; all’infuori dell’unione di queste organizzazioni nazionali di operai in un unico esercito operaio internazionale per combattere il capitale internazionale. Quanto al fatto che l’Internazionale non ha impedito agli operai di mas- sacrarsi a vicenda, basterà ricordare al signor Mikhailovski gli av- venimenti della Comune, i quali hanno mostrato quale è l’atteg- giamento effettivo del proletariato organizzato verso le classi di- rigenti che scatenano le guerre. In tutta questa polemica del signor Mikhailovski sono soprat- tutto rivoltanti i metodi. Se egli non è contento della tattica del- l’Internazionale, se non condivide le idee in nome delle quali si organizzano gli operai europei, le critichi per lo meno franca- mente e direttamente, esponendo la sua idea su una tattica più adatta, su concezioni più giuste. Ma egli non muove nessuna obiezione determinata, chiara, e lancia soltanto qua e là, in un diluvio di frasi, degli scherni insensati. Come non chiamare fango questa roba, soprattutto se si tien conto che la difesa delle idee e della tattica deH’Internazionale non è permessa legalmente in Russia? Identici sono i metodi che il signor Mikhailovski ado- pera quando polemizza con i marxisti russi; senza darsi 1*. pena di formulare con probità ed esattezza determinate loro tesi per sottoporle a una critica diretta e precisa, egli preferisce attac- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 153 carsi a piccoli frammenti, che gli sono giunti all orecchio, di un'ar- gomentazione marxista e travisarli. Giudicate voi stessi: «Marx era troppo intelligente e troppo erudito per credere di aver sco- perto proprio lui l'idea della necessità storica dei fenomeni sociali e della loro conformità a una legge... Ai gradini inferiori [della scala marxista *] non si sa questo [che « l'idea della necessità storica non è una novità inventata nè scoperta da Marx, ma una verità da lungo tempo stabilita »] o, per lo meno, si ha un’idea confusa del secolare dispendio di forze e di energie intellettuali occorso per stabilire questa verità >. S'intende che simili affermazioni possono effettivamente im- pressionare un pubblico che sente parlare del marxismo per la pri- ma volta, e che tra questo pubblico il critico può con facilità rag- giungere il suo scopo : travisare, far dell’ironia e « vincere » (così — a quanto si dice — i collaboratori della Russkpie Bogatstvo giudi- cano gli articoli del signor Mikhailovski). Chiunque conosca un pochino Marx, vedrà subito tutta la falsità e l'artificiosità di simili metodi. Si può non essere d'accordo con Marx, ma non si può contestare che egli ha formulato nel modo più netto delle conce- zioni che costituivano una « novità * rispetto a quelle dei sociali- sti precedenti. La novità consisteva nel fatto che i socialisti precedenti, per motivare le loro concezioni, ritenevano suffi- ciente mostrare l’oppressione delle masse nel regime esistente, mostrare la superiorità del regime nel quale ognuno avrebbe ri- cevuto ciò che egli stesso avrebbe prodotto, mostrare che questo regime ideale corrispondeva alla « natura umana », al concetto di una vita etico-nazionale, ecc. Marx riteneva impossibile ac- contentarsi di un simile socialismo. Egli non si limitò a dare una definizione, un apprezzamento e un giudizio del regime esi- * A proposito di questo termine privo di senso, bisogna notare che il signor Mikhailovski mette in prima linea Marx (troppo intelligente e troppo erudito, per- chè il nostro critico possa criticare apertamente e direttamente l’una 0 l’altra delle sue tesi), poi mette Engels (« un ingegno non tanto creativo »), poi gli uomini più o meno indipendenti come Kautsky, e poi gli altri marxisti. Ora, che importanza seria può avere questa classificazione? Se il critico non è cohtento dei popolariz- zatori di Marx, chi gli impedisce di correggerli secondo Marx? Egli non fa niente di simile. Ha evidentemente tentato di far dello spirito, ma ne son venute fuori soltanto delle banalità. ‘54 LENIN stente, ma ne diede una spiegazione scientifica, riconducendo que- sto regime esistente, diverso nei diversi Stati europei e non europei, a una base .comune: alla formazione sociale capitalistica, e sotto- pose le leggi del funzionamento e dello sviluppo di questa società ad un’analisi obiettiva (dimostrò la necessità dello sfruttamento in questo regime). Nello stesso modo, egli non riteneva possibile accontentarsi dell’affermazione che soltanto il regime socialista corrisponde alla natura umana, come dicevano i grandi socialisti utopisti e i loro miseri epigoni, i sociologi soggettivisti. Con la stessa analisi obiettiva del regime capitalistico egli dimostrò la necessità della trasformazione di questo regime in regime socia- lista. (Dovremo ancora ritornare sulla questione del modo come egli precisamente dimostrò questo, e del modo come il signor Mikhailovski contestò questa dimostrazione.) Ecco la fonte di quei riferimenti alla necessità che si possono frequentemente in- contrare nei marxisti. Il travisamento della questione da parte del signor Mikhailovski è evidente: egli ha omesso tutto il contenuto concreto della teoria, tutta la sua essenza e ha presentato le cose come se tutta la teoria si riducesse alla sola parola « necessità » (« non si può invocare soltanto la necessità nelle complicate que- stioni pratiche»), come se la dimostrazione di questa teoria con- sistesse nel dire: così esige la necessità storica. In altre parole, egli non ha parlato del contenuto della dottrina; si è aggrappato soltanto a un suo soprannome, e adesso ricomincia a far deirironia su questo « semplice circolo banale », nel quale egli stesso si è sforzato di trasformare la dottrina di Marx. Noi non c'incaricheremo certo, di seguire questo giuoco, perchè ormai conosciamo abbastanza bene questa roba. Lasciamo pure che faccia delle capriole a sol- lazzo e godimento del signor Burenin (il quale non per niente nel Novoie Vretnia fa le moine al signor Mikhailovski) 30 , lasciamo pure che abbai in sordina contro Marx, dopo avergli fatto delle riverenze : « la sua polemica con gli utopisti e con gli idealisti — dice lui — è unilaterale arjche di per se stessa », ossia anche senza la ripetizione dei suoi argomenti da parte dei marxisti. Queste trovate possiamo chiamarle soltanto latrati, perchè contro questa pole- mica il signor Mikhailovski non presenta letteralmente nes- suna obiezione di fatto, ben definita, controllabile; cosicché, mal- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO T 55 grado il nostro desiderio di iniziare una discussione su questo tema, dato che riteniamo questa polemica estremamente impor- tante per risolvere le questioni socialiste russe, non siamo proprio in grado di rispondere ai latrati e possiamo soltanto alzare le spalle: « Ah, botolo , forte ti senti se contro l elefante abbai! » # Non privo d'interesse è il ragionamento successivo del signor Mikhailovski intorno alla necessità storica, giacché esso ci rivela, almeno in parte, l’effettivo bagaglio ideologico del « nostro celebre sociologo » (nomea della quale il signor Mikhailovski, al pari del signor V. V., gode tra i rappresentanti liberali della nostra « so- cietà colta »). Egli parla del « conflitto tra l’idea della necessità storica e l’importanza dell’attività personale » : gli uomini politici s’ingannano, quando immaginano di essere coloro che muovono, mentre sono « mossi », sono « marionette messe in movimento da un misterioso retroscena, dalle leggi immanenti della necessità storica ». Tale è la conclusione che si vuol far derivare da quel- l’idea, che viene perciò chiamata « sterile » e « vaga ». Non ogni lettore comprende probabilmente dove il signor Mikhailovski ab- bia preso tutto questo pasticcio: le marionette, ecc. Sta di fatto che quest’idea del conflitto tra il determinismo e la morale, tra la necessità storica e l’importanza dell’individuo, è uno dei tra- stulli preferiti del filosofo soggettivista. Egli ha imbrattato a questo proposito montagne di carta e detto un cumulo di sciocchezze sentimentali piccolo-borghesi per appianare questo conflitto a van faggio della morale e della funzione dell’individuo. In realtà qui non c’è nessun conflitto; esso è stato inventato dal signor Mikhailovski, il quale temeva (e non senza ragione) che il deter- minismo scalzasse le basi della morale piccolo-borghese che gli è così cara. L’idea del determinismo, stabilendo la necessità delle azioni umane, rigettando la favola sciocca del libero arbitrio, non sopprime affatto la ragione, nè la coscienza deU’uomo, nè l’apprez- zamento delle sue azioni. All’opposto, soltanto dal punto di vista del determinismo è possibile dare un apprezzamento rigoroso e # Dalla favola L’elefante e il botolo di Krylov (N.d.R.). i 5 6 LENIN giusto, invece di attribuire tutto ciò che si vuole al libero arbi- trio. Nello stesso modo anche ridea della necessità storica non compromette per nulla la funzione deirindividuo nella storia: tutta la storia si compone appunto delle azioni di individui che sono indubbiamente dei fattori attivi. La questione reale che sorge quando si deve giudicare Fattività sociale di un indi- viduo, consiste nel sapere: in quali condizioni il successo è assicurato a questa attività? quali sono le garanzie che que- sta attività non rimanga un atto isolato, sommerso in una marea di atti contrastanti? A questo si riduce anche un’altra questione che i socialdemocratici e gli altri socialisti russi risol- vono differentemente: in qual modo Fattività tendente alFattua- zione del regime socialista deve attrarre le masse per dar risultati seri? È evidente che la soluzione di questo problema dipende di- rettamente e immediatamente dal concetto che si ha del raggrup- pamento delle forze sociali in Russia, della lotta delle classi, di cui si compone la realtà russa; e anche questa volta il signor Mi- khailovski non ha fatto altro che girare attorno alla questione senza neppur tentare di porla esattamente e senza provarsi a darle una qualche soluzione. La soluzione socialdemocratica della questione è fondata, com’è noto, sulla convinzione che gli ordina- menti economici russi sono rappresentati da una società borghese, dalla quale vi può essere una sola via d’uscita — derivante neces- sariamente dallessenza stessa del regime borghese — , cioè la lotta di classe del proletariato contro la borghesia. È evidente che una critica seria dovrebbe essere diretta o contro l’opinione secondo la quale i nostri ordinamenti sono ordinamenti borghesi, o contro il concetto che si ha dell’essenza di questi ordinamenti e delle leggi del loro sviluppo; ma ad affrontare delle questioni serie il signor Mikhailovski non ci pensa neppure. Egli preferisce ca- varsela con una fraseologia vuota a proposito della necessità, che sarebbe una parentesi troppo generica, ecc. Sicuro, ogni idea sarà una parentesi troppo generica, signor Mikhailovski, se la svuotate, come fareste con un pesce secco, di tutto il conte- nuto, e poi incominciate a prendervela con la pelle rimasta! Que- sta pelle che ricopre le questioni realmente serie, scottanti, del nostro tempo, rappresenta il campo d’azione preferito dal signor CI IR COSA SONO OLI AMICI DEL POPOLO *57 Mikhailovski, il quale, per esempio, sottolinea con particolare fie- rezza che « il materialismo economico trascura o mette in una luce falsa la questione degli eroi è della folla ». Vogliate notare che il domandarsi da quali classi in lotta precisamente sia formata la realtà russa contemporanea e su quale terreno essa sorga, è verosimilmente una questione troppo generica per il signor Mi- khailovski, ed egli la elude. Invece il problema dei rapporti esi- stenti tra Teme e la folla — non importa se formata di operai, di contadini, di fabbricanti o di proprietari terrieri — lo interessa in sommo grado. Può darsi che anche queste siano questioni « in- teressanti»; ma rimproverare ai materialisti di orientare tutti i loro sforzi alla soluzione di quei problemi che hanno un rapporto diretto con la libeiazione della classe lavoratrice, significa essere un ammiratore della scienza filistea e nientaltro. A conclusione della sua «critica» (?) del materialismo, il signor Mikhailovski ci offre ancora una falsificazione e un tentativo di travisare i fatti. Dopo aver espresso dei dubbi sulla giustezza dcHopinione di En- gels, secondo cui il Capitale era stato accolto dalla congiura del silenzio da parte degli economisti ufficiali 31 (ed egli giustifica i suoi dubbi con la curiosa considerazione che in Germania esistono molte università!), il signor Mikhailovski dice: «Marx, d altronde, non mirava esclusivamente a questa cerchia di lettori [gli operai] e aspettava qualche cosa anche dagli uomini di scienza ». È asso- lutamente falso: Marx comprendeva benissimo che non si poteva fare assegnamento sull’imparzialità e sulla critica scientifica dei rappresentanti borghesi della scienza, e nel poscritto alla seconda edizione del Capitale si pronunciò a questo proposito nel modo più netto. Egli vi dice: «La comprensione che il Capitale ha tro- vato rapidamente in vaste sfere della classe operaia tedesca è la miglior ricompensa del mio lavoro. Un uomo che economica- mente rappresenta il punto di vista borghese, il signor Mayer, fab- bricante viennese, ha giustamente mostrato in un opuscolo uscito durante la guerra franco-tedesca che il grande senso teorico [ der grosse theoretische Sinn ] che veniva considerato patrimonio eredi- tario tedesco, è stato completamente smarrito dalle cosiddette classi colte della Germania, e invece torna a rivivere nella sua classe operaia » 82 . i 5 8 LENIN La falsificazione riguarda ancora il materialismo ed è intera- mente congegnata secondo il primo stampo: «La teoria [del materialismo] non è mai stata motivata e controllata scientifica- mente». Questa è la tesi. Dimostrazione: «Alcune buone pa- gine di contenuto storico appartenenti a Engels, a Kautsky e ad alcuni altri (come nellemerita opera di Bloss) potrebbero fare a meno dell’etichetta del materialismo economico, giacché [no- tate: «giacché»!] in realtà [sic!] in esse si tiene conto di tutta la complessità della vita sociale, anche se in questo accordo pre- vale la nota economica». Conclusione...: «nella scienza, il mate- rialismo economico non si é giustificato ». Vecchio ginoco! Per dimostrare che una teoria è infondata, il signor Mikhailovski incomincia con lo snaturai la, attribuendole l’intento assurdo di non prendere in considerazione tutta la com- plessità della vita sociale, mentre, al contrario, i materialisti (mar- xisti) sono stati i primi socialisti che sollevarono la questione della necessità di analizzare non soltanto la vita economica, ma tutti gli aspetti della vita sociale *; in seguito costata che, « in realtà », i materialisti hanno spiegato « bene » tutta la complessità della vita sociale mediante l’economia (fatto che evidentemente si rivolge contro l’autore), e infine trae la conclusione che il mate- rialismo « non si é giustificato ». Invece le vostre falsificazioni, signor Mikhailovski, si sono giustificate ottimamente! Ecco tutti gli argomenti che il signor Mikhailovski adduce per • Ciò c stato espresso con la massima chiarezza nel Capitale e nella tattica dei socialdemocratici in confronto a quella dei socialisti precedenti. Marx formulò chiaramente l’esigenza di non limitarsi all’aspetto economico della questione. Nel 1843, Marx, tracciando il programma della rivista che aveva progettato di pubbli- care, scriveva a Ruge: « ... il principio socialista, a sua volta, non è che uno degli aspetti... Noi dobbiamo occuparci altrettanto dell’altro aspetto, del resistenza teorica deiruomo, dunque far oggetto della nostra critica la religione, la scienza, ecc... Come la religione è l’indice delle lotte teoriche degli uomini, lo Stato politico 10 è delle loro lotte pratiche. Lo Stato politico esprime dunque all’interno della sua forma sub specie rei publicae tutte le lotte, i bisogni, le verità sociali. Non è dunque affatto al di sotto della hauteur des principes far oggetto della critica la questione politica più particolare, ad esempio la differenza tra sistema degli stati e sistema rappresentativo. Infatti questa questione esprime soltanto in modo politico la differenza tra il dominio dell'uomo e il dominio della proprietà privata. 11 critico dunque non soltanto può, egli deve entrare in questioni politiche (che, secondo l'opinione dei socialisti volgari sono al di sotto di ogni dignità), » 33 J59 CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO «confutare» il materialismo. Ripeto: qui non c’è nessuna cri- tica, ma ci sono chiacchiere pretenziose e vuote. Domandate a chiunque: quali obiezioni ha addotto il signor Mikhailovski con- tro l’idea che i rapporti di produzione stanno alla base degli altri rapporti? come ha confutato la giustezza del concetto — elaborato da Marx per mezzo del metodo materialistico — della formazione sociale e del processo storico naturale di sviluppo di queste formazioni? come ha dimostrato l’inesattezza delle spiegazioni materialistiche (almeno di quelle fornite dagli scrit- tori che egli ha menzionato) dei diversi problemi storici? costui non potrà far a meno di rispondervi : egli non ha addotto nessuna obiezione, non ha confutato nulla, non ha indicato nessuna ine- sattezza. Egli non ha fatto altro che girare attorno alla questione sforzandosi di mascherarne l’essenza con delle frasi, e cammin fa- cendo ha ideato vari trucchi meschini. E da un critico di tal fatta non c’è da aspettarsi nulla di serio quando egli, nel n. 2 della Russfoie Bogatstvo , continua a confu- tare il marxismo. La sola differenza è che la sua facoltà inventiva in materia di falsificazioni è già esaurita, ed egli incomincia a uti- lizzare le falsificazioni altrui. Come esordio, ci offre uno sproloquio intorno alla « comples- sità » della vita sociale: ecco — egli dice — il galvanismo, per esempio, è legato anche col materialismo economico, poiché gli esperimenti di Galvani « fecero impressione » anche su Hegel. Che spirito ammirevole! Con lo stesso successo si potrebbe stabilire un legame tra il signor Mikhailovski e l’imperatore della Cina! Che cosa ne consegue, se non che certi uomini sono soddisfatti quando dicono delle sciocchezze?! « L’essenza del corso storico delle cose — continua il signor Mikhailovski — , inafferrabile in generale, non è stata colta nep- pure dalla dottrina del materialismo economico, quantunque essa poggi, a quel che pare, su due pilastri: sulla scoperta dell’impor- tanza determinante delle forme di produzione e di scambio, e sul carattere assoluto del processo dialettico ». Dunque, i materialisti si appoggiano sul « carattere assoluto » del processo dialettico! Basano cioè le loro teorie sociologiche sulle triadi di Hegel. Ci troviamo di fronte all’accusa banale che at- i6o LENIN tribuisce al marxismo la dialettica hegeliana, accusa che, a quanto pare, è già stata abbastanza logorata dai critici borghesi di Marx. Questi signori, i quali non sono in grado di obiettare nulla di so- stanziale contro la dottrina, si sono aggrappati al modo di espri- mersi di Marx, si sono gettati contro lorigine della teoria, pen- sando in questo modo di intaccarne l’essenza. E il signor Mi- khailovski non si fa scrupolo di ricorrere a simili metodi. Gli è servilo di pretesto un capitolo deiropera di Engels contro Dùhring. A Dùhring, che aveva attaccato la dialettica di Marx, Engels re- plica che Marx non ha mai pensato di « dimostrare * qualche cosa con le triadi di Hegel, che Marx aveva soltanto studiato e in- vestigato il processo reale, che egli riconosceva come unico criterio di una teoria la sua fedeltà alla realtà. Se poi, qualche volta, av- viene che lo sviluppo di un qualche fenomeno sociale sembra coin- cidere con lo schema hegeliano: tesi — negazione — negazione della negazione, non c’è nulla di stupefacente, giacché nella natura questo non è affatto una cosa rara. Ed Engels comincia a citare degli esempi tratti dal campo della storia naturale (sviluppo del seme) e dal campo sociale, del genere di questo: airinizio vi era il comuniSmo primitivo, poi la proprietà privata, e poi la socia- lizzazione capitalistica del lavoro; oppure: da principio vi era il materialismo primitivo, poi l’idealismo e, infine, il materialismo scientifico, tee . È chiaro per tutti che il centro di gravità dell’ar- gomentazione di Engels è che i materialisti devono rappresentare in modo giusto ed esatto il processo storico effettivo; che l’insi- stenza sulla dialettica, la scelta di esempi i quali dimostrano che la triade è giusta, non sono che residui di quell’hegelismo dal quale è sorto il socialismo scientifico, residui del suo modo d’espri- mersi. E invero, quale importanza possono avere esempi di pro- cessi «dialettici», dal momento che si è dichiarato categorica- mente che è assurdo voler «dimostrare» una cosa con le triadi, che nessuno ha mai pensato a questo? Non è chiaro che questa è un’allusione aU’origine della dottrina e niente più? Il signor Mi- khailovski lo sente lui stesso, quando afferma che a una teoria non conviene far colpa della sua origine. Ma per vedere in questi ragionamenti di Engels qualche cosa di più deH’origine della teo- ria, bisognerebbe, evidentemente, dimostrare che almeno un prò - CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO l6l blema storico è stato risolto dai materialisti non sulla base di fatti appropriati, ma per mezzo delle triadi. Ha forse tentato di dimo- strare questo il signor Mikhailovski ? Niente affatto. Al contrario, egli stesso è stato costretto a riconoscere che « Marx ha talmente riempito di contenuto concreto lo schema dialettico vuoto, che lo si può asportare da questo contenuto come il coperchio dalla sco- della, senza che nulla cambi » (più avanti parleremo dell’ecce- zione che fa qui il signor Mikhailovski a proposito deiravvenire). Se le cose stanno così, perchè mai il signor Mikhailovski si oc- cupa con tanto zelo del coperchio che non cambia nulla? A che scopo continua a ripetere che i materialisti « si appoggiano » sul carattere assoluto del processo dialettico? A che scopo afferma che, combattendo contro questo coperchio, egli combatte contro uno dei « pilastri » del socialismo scientifico, quando ciò è ma- nifestamente falso? È ovvio che non mi metterò a esaminare come il signor Mi- khailovski analizzi gli esempi di triadi, perchè, ripeto, ciò non ha nessun rapporto nè col materialismo scientifico, nè col marxi- smo russo. Ma c’è una questione interessante: per quali ragioni, in fin dei conti, il signor Mikhailovski ha snaturato in tal modo l’atteggiamento dei marxisti verso la dialettica? Le ragioni sono due: in primo luogo, il signor Mikhailovski ha sentito il suono della campana, ma non sa da che parte venga; in secondo luogo, il signor Mikhailovski ha commesso (o, meglio, ha preso da Dùh- ring) un’altra falsificazione. Ad i). Il signor Mikhailovski, leggendo le pubblicazioni mar- xiste, ha continuamente urtato nel « metodo dialettico » nella scienza sociale, nel « pensiero dialettico », sempre nella sfera delle questioni sociali (della quale soltanto si tratta), ecc. Nella sempli- cità deiranimo suo (meno male se non è che semplicità!) egli si è detto che questo metodo consiste nel risolvere tutti i problemi di sociologia secondo le leggi della triade di Hegel. Se egli avesse considerato la cosa con appena un po’ di attenzione, non avrebbe potuto non convincersi dell’assurdità di questa concezione. Ciò che Marx ed Engels chiamavano metodo dialettico — in contrapposto al metodo metafisico — non è null’altro che il metodo scientifico in sociologia, consistente nel considerare la società come un or- 12-572 IÓ2 LENIN ganismo vivente, in continuo sviluppo (e non come qualche cosa di meccanicamente concatenato, che ammette, per conseguenza, ogni sorta di combinazioni arbitrarie di singoli elementi sociali), per lo studio del quale è necessaria l’analisi obiettiva dei rapporti di produzione che costituiscono una data formazione sociale e la ricerca delle leggi del suo funzionamento e del suo sviluppo. Cer- cheremo di illustrare più avanti, con l’esempio dei ragionamenti dello stesso signor Mikhailovski, il rapporto tra il metodo dialettico e il metodo metafisico (nel cui concetto rientra, senza dubbio, anche il metodo soggettivo in sociologia). Per ora noteremo sol- tanto che chiunque legga la definizione e l’esposizione del me- todo dialettico in Engels (nella polemica contro Dùhring. In russo: L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza ), o in Marx (varie note nel Capitale e Poscritto alla seconda edizione; Miseria della filosofia) 3 *, costaterà che delle triadi di Hegel non si parla neppure, ma che tutto si riduce a considerare l’evoluzione sociale come un processo storico naturale di sviluppo delle for- mazioni economico-sociali. Come dimostrazione riporto in extenso l’esposizione del metodo dialettico pubblicata nel Viestni\ Evro - py 35 , anno 1872, n. 5 (la nota intitolata: Il punto di vista della cri- tica dell'economia politica di K. Marx ) 36 , che Marx cita nel suo Poscritto alla seconda edizione del Capitale . In questo po- scritto Marx dice che il metodo da lui applicato nel Capitale era stato mal compreso. « I recensori tedeschi, naturalmente, gridano alla sofistica hegeliana ». E per maggior chiarezza Marx cita l’esposizione del suo metodo, data nella nota suddetta. Per Marx, — si dice in quella nota — una cosa sola importa, e precisamente: trovare la legge dei fenomeni che sta indagando, e per lui è impor- tante soprattutto la legge del loro mutamento, del loro sviluppo, del trapasso dei fenomeni da una forma nell’altra, da un ordina- mento dei rapporti sociali nell’altro. In conseguenza di ciò Marx si preoccupa di una cosa sola: comprovare attraverso un’inda- gine scientifica precisa la necessità degli attuali ordinamenti dei rapporti sociali, costatando nel modo più completo possibile quei fatti che gli servono come punti di partenza o come punti di ap- poggio. A questo scopo è del tutto sufficiente dimostrare, insieme alla necessità dell’ordine esistente, la necessità di un ordine nuovo, CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO l6 3 nel quale il primo deve trapassare inevitabilmente, del tutto indif- ferente rimanendo che gli uomini vi credano o non vi credano, che essi ne siano o non ne siano coscienti. Marx considera il mo- vimento sociale come un processo di storia naturale retto da leggi che non solo non dipendono dalla volontà, dalla coscienza e dalle intenzioni degli uomini, ma che, anzi, determinano la loro volontà, la loro coscienza e le loro intenzioni. (Ne prendano nota i signori soggettivisti, che distinguono lo sviluppo sociale dallo sviluppo che ha luogo nella storia naturale appunto perchè l’uomo si pre- figge dei « fini » coscienti ed è guidato da determinati ideali). Se l’elemento cosciente ha una funzione così subordinata nella storia della civiltà, è ovvio che la critica che ha per oggetto la civiltà stessa men che mai potrà prendere a fondamento una qualsiasi forma o un qualsiasi risultato della coscienza. Il che significa che non l’idea, ma solo il fenomeno esterno, oggettivo, può servirle come punto di partenza. La critica deve consistere nel raffron- tare, nel comparare un fatto determinato non con l’idea, ma con un altro fatto; per essa importa soltanto che entrambi i dati di fatto vengano indagati nel modo più esatto possibile e che costituiscano differenti momenti di sviluppo l’uno in confronto all’altro; inoltre è particolarmente necessario che venga 1 indagata con altrettanta esattezza tutta la serie degli ordinamenti noti, la loro successione e il nesso nel quale si presentano i vari gradi dello sviluppo. Marx nega proprio l’idea che le leggi della vita economica siano identiche sia per il passato che per l’avvenire. Al contrario ogni periodo storico ha le sue leggi proprie. La vita economica ci offre un fenomeno analogo a quello della storia dello sviluppo negli altri settori della biologia. Gli economisti del passato, quando confrontavano le leggi economiche con le leggi della fisica e della chimica, non ne comprendevano la natura. Un’analisi più profonda dimostra che la distinzione fra i vari organismi sociali è altrettanto profonda quanto quella fra gli organismi vegetali e gli organismi animali. Marx, proponendosi di stu- diare l’ordinamento economico capitalistico da questo punto di vista, non fa che formulare con rigore scientifico lo scopo che deve proporsi ogni indagine precisa della vita economica. Il valore scientifico di tale indagine sta nella spiegazione delle leggi spe- 164 LKNIN cifiche (storiche) che regolano nascita, esistenza, sviluppo e morte di un organismo sociale dato e la sua sostituzione da parte di un altro, superiore. Ecco una descrizione del metodo dialettico pescata da Marx nella gran mole di note apparse sui giornali e sulle riviste a pro- posito del Capitale , e tradotta da lui in tedesco perchè, com’egli dice, questa definizione del metodo è perfettamente esatta. Ci si domanda: si trova qui anche una sola parola che ricordi le triadi, le tricotomie, il carattere perentorio del processo dialettico e altre simili assurdità, contro le quali guerreggia così cavallerescamente il signor Mikhailovski? E Marx, dopo questa descrizione, dice esplicitamente che il suo metodo è « diametralmente l’opposto » del metodo di Hegel. Per Hegel, lo sviluppo dell’idea, conforme- mente alle leggi dialettiche della triade, determina lo sviluppo della realtà. È ovvio che soltanto in questo caso si potrebbe parlare deirimportanza delle triadi, del carattere perentorio del processo dialettico. Per me, al contrario, — dice Marx — « l’elemento ideale non è che il riflesso dell’elemento materiale ». E tutto si riduce in questo modo a « una concezione positiva del presente e della sua evo- luzione necessaria » : alle triadi non resta altra funzione che quella del coperchio e della pelle (« mi misi a civettare con le espressioni proprie a Hegel », dice Marx in questo stesso poscritto), che può in- teressare soltanto dei filistei. Ci si domanda ora: come dobbiamo giudicare un uomo che ha voluto criticare uno dei « pilastri » del materialismo scientifico, cioè la dialettica, e si è messo a parlare di tutto un po’, persino delle rane e di Napoleone, senza dire però che cosa sia questa dialettica, senza dire se lo sviluppo della società sia effettivamente un processo storico naturale, se sia giusta la conce- zione materialistica delle formazioni economico-sociali considerate come organismi sociali particolari, se siano giusti i metodi di analisi obiettiva di queste formazioni, se sia vero che le idee sociali non determinano l’evoluzione sociale, ma sono determinate da essa? e così via. Si può ammettere che in questo caso vi sia soltanto incom- prensione ? Ad 2). Dopo una simile «critica» della dialettica, il signor Mikhailovski attribuisce a Marx questi metodi di dimostrazione « per mezzo » della triade hegeliana e, s’intende, combatte vitto- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 1 65 riosamente contro di essi, « Per quanto concerne l’avvenire — egli dice — le leggi immanenti della società :ono stabilite in modo esclusivamente dialettico ». (Ecco leccezione ricordata sopra). Il ragionamento di Marx intorno all’inevitabilità dell’espropriazione degli espropriatori in virtù delle leggi dello sviluppo del capitalismo ha « un carattere esclusivamente dialettico * L’« ideale » di Marx della comunanza della terra e del capitale, « nel senso della sua inevitabilità e certezza, si regge esclusivamente all’estremità della catena hegeliana a tre anelli ». Quest’argomento è interamente preso da Dùhring, che l’aveva esposto nella sua Kritische Geschichte der Nationaloe bonomie und des Sozialismus (3® ediz. 1879, pp. 486-487)*. Ma il signor Mikhailovski non fa nessun accenno a Dùhring. Che, dopo tutto, sia egli riuscito a escogitare da solo questo travisamento di Marx? Engels ha dato una magnifica risposta a Dùhring, e poiché egli cita anche la critica di Dùhring, ci limiteremo a questa risposta di Engels 37 . Il lettore vedrà che essa può servire interamente anche per il signor Mikhailovski. « ” Questo saggio storico [sulla genesi della cosiddetta accumu- lazione originaria del capitale in Inghilterra] — dice Dùhring — è ancora relativamente la cosa migliore del libro di Marx, e sarebbe ancora migliore se non si reggesse oltre che sulle stampelle scientifiche, su quelle dialettiche. Cioè, in mancanza di qualche mezzo migliore e più chiaro, qui la hegeliana negazione della ne- gazione deve far da levatrice ed estrarre l’avvenire dal grembo del passato. La soppressione della proprietà individuale, compiutasi nella maniera già detta sin dal XVI secolo, è la prima negazione. Essa sarà seguita da una seconda, caratterizzata come negazione della negazione, e perciò come ristabilimento della ’ proprietà indi- viduale *, ma in una forma più elevata, basata sul possesso comune del suolo e degli strumenti di lavoro. Se questa nuova ’ proprietà individuale ’ è stata ad un tempo chiamata dal signor Marx anche proprietà sociale, qui si appalesa la superiore unità di Hegel, nella quale la contraddizione deve essere superata [aufgehoben y termine speciale hegeliano], ossia, secondo un gioco di parole, deve essere insieme sorpassata e conservata. * Storia critica delleconomia politica c del socialismo (NJ.RJ). 1 66 LENIN « ... Conseguentemente l’espropriazione degli espropriatoti è per così dire il risultato automatico della realtà storica nelle sue rela- zioni materiali esterne... Difficilmente un uomo ragionevole si la- scerebbe convincere della necessità della proprietà comune del suolo e del capitale basando la sua fede su dei trucchi hegeliani del genere della negazione della negazione. L’ibrida forma nebu- losa delle idee di Marx non sorprenderà, del resto, chi sappia che cosa si può combinare o piuttosto che stravaganze devono venir fuori prendendo come base scientifica la dialettica hegeliana. Per chi sia. ignaro di questi artifici bisogna notare espressamente che la prima negazione hegeliana è il concetto catechistico del peccato originale, e la seconda è quella di una superiore unità, che porta alla redenzione. Ora, non è effettivamente possibile fon- dare la logica dei fatti su questo giochetto analogico preso a prestito dal campo della religione... Il signor Marx resta tranquilla- mente nel mondo nebuloso della sua proprietà ad un tempo indi- viduale e sociale, e lascia ai suoi adepti la cura di risolvere questo profondo enigma dialettico ” >. Così parla il signor Diihring. « Quindi — conclude Engels — Marx non è in grado di dimo- strare la necessità della rivoluzione sociale, dell’instaurazione di una società fondata sulla proprietà comune della terra e dei mezzi di pro- duzione creati dal lavoro, senza ricorrere alla hegeliana negazione della negazione; e basando la sua teoria socialista su questo gio- chetto analogico preso a prestito dalla religione, giunge alla con- clusione che nella società dell’avvenire dominerà una proprietà che è ad un tempo individuale e sociale, intesa come unità superiore hegeliana data dal superamento della contraddizione *. < Lasciamo da parte per intanto la negazione della negazione e guardiamo alla ” proprietà ad un tempo individuale e sociale ”. Essa * Che questa formulazione delle concezioni di Diihring calzi a pennello anche al signor Mikhailovski può essere dimostrato anche da un brano del suo arti- ticolo, K. Marx giudicato dal signor I. Giuk^ovskj. Replicando al signor Giukovski, il quale aveva affermato che Marx è un difensore della proprietà privata, il signor Mikhailovski accenna a questo schema di Marx e lo spiega nel modo seguente: « Nel suo schema Marx ha introdotto due trucchi universalmente noti della dia- lettica hegeliana: in primo luogo, lo schema costruito secondo le leggi della triade hegeliana; in secondo luogo, la sintesi basata sull’identità degli opposti: proprietà individuale e comune. Per conseguenza, la parola ” individuale ” ha il senso par- ticolare, puramente convenzionale, di un elemento del processo dialettico, e non si CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 167 viene caratterizzata dal signor Duhring come un "mondo nebulo- so ” e, per quanto la cosa sembri strana, egli ha effettivamente ragio- ne. Ma disgraziatamente chi si trova in questo mondo nebuloso non è Marx, ma invece àncora una volta proprio il signor Duhring...». Correggendo Marx secondo Hegel, gli attribuisce quella unità supe- riore della proprietà di cui Marx non ha detto neppure una parola. « Iji Marx leggiamo : ” È la negazione della negazione. E que- sta non ristabilisce la proprietà privata, ma invece la proprietà in- dividuale sulla conquista delibera capitalistica, sulla cooperazione e sul possesso collettivo della terra e dei mezzi di produzione pro- dotti dal lavoro stesso. La trasformazione della proprietà privata smi- nuzzata, poggiante sul lavoro personale degli individui in proprietà capitalistica, c naturalmente un processo incomparabilmente più lungo, più duro e più difficile della trasformazione della proprietà capitalistica, che già poggia di fatto sulla conduzione sociale della produzione, in proprietà sociale ”. Questo è tutto. Gli ordinamenti instaurati mediante l’espropria zione degli espropriato^ vengono quindi caratterizzati come il ristabilimento della proprietà indivi- duale, ma sulla base della proprietà sociale della terra e dei mezzi di produzione creati dal lavoro stesso. Ciò significa, per chiunque ca- pisca il senso delle parole [anche russe, signor Mikhailovski, es- sendo la traduzione assolutamente esatta], che la proprietà sociale si estende alla terra e agli altri mezzi di produzione e la proprietà individuale ai prodotti, e quindi agli oggetti d’uso. E perchè la cosa sia comprensibile anche a un bambino di sei anni, Marx sup- pone, a p. 56 definizione tedesca, (edizione russa, p. 30) " un’asso- ciazione di uomini liberi che lavorino con mezzi di produzione comuni e spendano coscientemente le loro molte forze-lavoro in- dividuali come una sola forza-lavoro sociale”, quindi una società organizzata socialisticamente, e dice: ”La produzione comples- siva dell’associazione è una produzione sociale. Una parte serve a può fondare assolutamente nulla su una parola ». Queste cose sono state dette da un uomo animato dalle migliori intenzioni, il quale difendeva davanti al pubblico russo il « sanguigno » Marx contro il borghese signor Giukovski. Ed egli, con tutte queste buone intenzioni, illustra Marx in modo tale che questa sua idea del pro- cesso sembra basata su dei < trucchi *1 II signor Mikhailovski può trarre di qui una morale che non gli sarà inutile, e cioè che per uno scopo qualsiasi le buone in- tenzioni da sole sono un po* poco. i68 LENIN sua volta da mezzo di produzione. Rimane sociale. Ma un’altra parte viene consumata come mezzo di sussistenza dai membri dell’associazione. Quindi deve essere distribuita fra di essi * E questa cosa è davvero abbastanza chiara anche per la testa hege- lianizzata del signor Diihring. « La proprietà a un tempo individuale e sociale, questa ibrida forma confusa, questa insulsaggine che risulta necessariamente dalla dialettica di Hegel, questo mondo nebuloso, questo profondo enigma dialettico che Marx lascia da risolvere ai suoi adepti, an- cora una volta è una libera creazione e una libera immaginazione del signor Diihring... «Ma — continua Engels — quale funzione ha in Marx la negazione della negazione? A p. 791 e sgg. [edizione russa p. 648 e sgg.] ** egli riassume i risultati conclusivi dell’indagine, com- piuta nelle cinquanta pagine [nell’edizione russa trentacinque] che precedono, sulla cosiddetta accumulazione originaria del capi- tale. Prima dell’era capitalistica esisteva, almeno in Inghilterra, la piccola industria fondata sulla proprietà privata che il lavoratore aveva dei suoi mezzi di produzione. La cosiddetta accumulazione originaria del capitale qui è consistita nell’espropriazione di questi produttori diretti, cioè nella dissoluzione della proprietà privata fondata sul lavoro proprio. Questo fenomeno fu possibile perchè la piccola industria, di cui abbiamo parlato sopra, è compatibile solo con una produzione e una società strettamente limitate e pri- mitive, perchè ad un certo grado di evoluzione, crea essa stessa le basi materiali della sua distruzione. Questa distruzione, la trasfor- mazione dei mezzi di produzione individuali e frazionati in mezzi di produzione socialmente concentrati, forma la preistoria del ca- pitale. Appena gli operai si sono trasformati in proletari, i loro mezzi di lavoro si sono trasformati in capitale, appena il modo di produzione capitalistico comincia a reggersi in piedi, l’ulteriore socializzazione del lavoro e Tulteriore trasformazione della terra e degli altri mezzi di produzione [in capitale], e perciò l’ulteriore espropriazione dei proprietari privati, prendono una forma nuova. • K. Marx, Il capitale , I, 1, Roma, Edizioni Rinascita, 1954, II edizione, p. 92 ( NJJl .). • # Ivi, I, 3, pp. 222-224 passim (N.d.R.). CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 169 "Ora, quello che deve essere espropriato non è più il lavoratore indipendente che lavora per sè, ma il capitalista che sfrutta molti operai, Questa espropriazione si compie attraverso il giuoco delle leggi immanenti della stessa produzione capitalistica, attraverso la centralizzazione dei capitali. Ogni capitalista ne colpisce a morte molti altri per suo conto. Di pari passo con questa centralizzazione, ossia con l’espropriazione di molti capitalisti da parte di pochi, si sviluppano su scala sempre crescente la forma cooperativa del pro- cesso di lavoro, la consapevole applicazione tecnica della scienza, lo sfruttamento metodico della terra, la trasformazione dei mezzi di lavoro in mezzi di lavoro utilizzabili solo collettivamente, il ri- sparmio dei mezzi di produzione attraverso il loro impiego come mezzi di produzione di un lavoro combinato, sociale, mentre tutti i popoli vengono via via intricati nella rete del mercato mondiale e così si sviluppa in misura sempre crescente il carattere interna- zionale del regime capitalistico. Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la massa della miseria, della pressione, deirasservimento, della dege- nerazione, dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre più s f ingrossa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso meccanismo del processo di produzione capitalistico. Il monopolio del capitale diventa un vincolo del modo di produzione, che è sbocciato insieme ad esso e sotto di esso. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona l’ul- tima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati «E ora io chiedo al lettore: dove sono gli intrecci dialettici ag- grovigliati e gli arabeschi di idee, quel garbuglio mal concepito di idee per cui in fine tutto è uno, dove i miracoli dialettici a uso dei fedeli, dove il gran mistero della dialettica, dove gli aggrovi- gliamenti conformi alla dottrina hegeliana del logos, senza i quali Marx, secondo il signor Dùhring, è incapace di compiere il suo sviluppo? Marx dimostra semplicemente dal punto di vista storico, e brevemente riassume, questo concetto: che proprio come una 170 LENIN volta la piccola industria creò necessariamente col suo proprio sviluppo le condizioni della sua distruzione, cioè deirespropria- zione dei piccoli proprietari, così ora il modo di produzione ca- pitalistico ha creato del pari le stesse condizioni materiali che necessariamente lo distruggono. È questo un processo storico, e se ad un tempo è un processo dialettico, la colpa non è di Marx, per quanto ciò possa essere spiacevole per il signor Diihring. « Solo ora, dopo aver portato a termine la sua dimostrazione storico-economica, Marx prosegue : ” Il modo di appropriazione ca- pitalistico che nasce dal modo di produzione capitalistico, e quindi la proprietà privata capitalistica, sono la prima negazione della pro- prietà privata individuale, fondata sul lavoro personale. Ma la pro- duzione capitalistica genera essa stessa, con Tineluttabilità di un processo naturale, la propria negazione. È la negazione della negazione ”, ecc. (come si è citato sopra). « Marx non pensa dunque, caratterizzando questo processo come negazione della negazione, di dimostrare per questa via che esso è un processo storicamente necessario. Al contrario: dopo aver dimostrato storicamente che il processo, in effetti, in parte si è compiuto e in parte deve ancora compiersi, lo caratterizza inoltre come un processo che si compie secondo una legge dialettica de- terminata. Questo è tutto. Ancora una volta è quindi una pura insinuazione del signor Dùhring la sua affermazione che la nega- zione della negazione debba far qui da levatrice, estraendo Pavvenire dal grembo del passato, o che Marx esiga che ci si debba, sul credito accordato alla negazione della negazione, lasciar convin- cere della necessità della proprietà comune del suolo e del ca- pitale» (p. 125). Il lettore vede che tutta questa magnifica lezione che Engels impartisce a Dùhring può per intiero essere rivolta anche al signor Mikhailovski, il quale afferma esattamente la stessa cosa, e cioè che per Marx Pavvenire si regge esclusivamente airestremità della catena hegeliana e che la convinzione della sua inevitabilità può essere soltanto fondata sulla fede • Non sarà superfluo, mi pare, rilevare a questo proposito che tutta questa spiegazione di Engels si trova nello stesso capitolo nel quale si parla del seme, della dottrina di Rousseau e di altri esempi del processo dialettico. Sembrerebbe che il CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 171 Tutta la differenza tra Duhring e li signor Mikhailovski si riduce ai due seguenti piccoli punti: in primo luogo, Duhring, quantunque non possa parlare di Marx senza avere la bava alla bocca, ha tuttavia ritenuto necessario ricordare nel paragrafo suc- cessivo della sua Storia che Marx nel poscritto respinge categori- camente l’accusa di hegelismo. Invece il signor Mikhailovski non dice una parola di quest’esposizione (citata sopra), assolutamente chiara e netta, nella quale Marx dice che cosa intende per metodo dialettico. In secondo luogo, l’altra originalità del signor Mikhailovski consiste nel fatto che egli ha concentrato tutta la sua attenzione suH*impiego dei tempi dei verbi. Perchè, quando parla deH’avve- ni re, Marx adopera il presente? — domanda il nostro filosofo con aria trionfante. A tal proposito voi potete trovare delle spiegazioni in ogni grammatica, o emerito critico: vi si dirà che il presente si adopera invece del futuro quando questo futuro appare come sicuro e inevitabile. Ma perchè questo, perchè è sicuro? — chiede allarmato il signor Mikhailovski, volendo mostrare un’agitazione tale da giustificare anche i suoi travisamenti. Anche a questo pro- posito Marx ha dato una risposta assolutamente netta. Si può pensare che questa risposta sia insufficiente o errata, ma allora bisogna dire in che cosa precisamente e perchè precisamente essa è errata, e non dir delle sciocchezze sullo hegelismo. Vi fu un tempo in cui il signor Mikhailovski non soltanto sa- peva lui stesso in che cosa consisteva questa risposta, ma l’insegnava anche agli altri. Il signor Giukovski — egli scriveva nel 1877 — poteva fondatamente considerare come problematica la co- struzione di Marx a proposito dell’avvenire, ma « non aveva il diritto morale» di eludere la questione della socializzazione del lavoro, «alla quale Marx attribuisce un’importanza immensa». Ma si capisce! Giukovski nel 1877 non aveva il diritto morale di solo confronto di questi esempi con le dichiarazioni cosi chiare e categoriche di Engels (e di Marx al quale fu Ietto preventivamente il manoscritto di quest’opera) — affermanti che non si può nemmeno parlare di dimostrare una cosa qualsiasi con le triadi o che non si può introdurre nella rappresentazione del processo reale i « termini convenzionali » di queste triadi — debba essere del tutto sufficiente per comprendere quanto sia assurda l'accusa di dialettica hegeliana lanciata contro il marxismo. 172 LENIN eludere la questione, mentre invece il signor Mikhailovski nel 1894 ha questo diritto morale! Forse quod licet lavi non licei bovili Non posso non ricordare qui un fatto curioso a proposito della concezione di questa socializzazione, esposta una volta dalle Otiecestvennye Zapiski 38 . Nel n. 7 dell’anno 1883 fu pubblicata una Lettera alla redazione di un certo signor Postoronni 39 , il quale, proprio come il signor Mikhailovski, riteneva problematica la « costruzione » di Marx a proposito del futuro. « In sostanza — ragiona questo signore — la forma sociale del lavoro sotto il dominio del capitalismo si riduce al fatto che alcune centinaia o migliaia di operai torniscono, battono, aggiustano, temprano, ca- ricano, tirano e compiono ancora molte altre operazioni nello stesso locale. Ma il carattere generale di questo regime è ottimamente espresso nel detto ” ognuno per sè e dio per tutti Che cosa centra qui la forma sociale del lavoro?». Si vede subito che quest’uomo ha capito di che si tratta! «La forma sociale del lavoro» «si riduce» al «lavoro nello stesso lo- cale»!! E dopo idee così barbare, esposte per di più in una delle migliori riviste russe, ci si vuol convincere che la parte teorica del Capitale è generalmente riconosciuta dalla scienza. Sì, non avendo la capacità di obiettare qualche cosa di serio al Capitale , « la scienza universalmente riconosciuta » ha incominciato a in- chinarsi davanti a esso, continuando nello stesso tempo a dimo- strare la più elementare ignoranza e a ripetere le vecchie banalità dell’economia scolastica. Bisogna soffermarsi alquanto su questo punto per mostrare al signor Mikhailovski qual è l’essenza della questione, che egli, secondo la sua inveterata abitudine, ha com- pletamente lasciato in disparte. La socializzazione del lavoro ad opera della produzione capita- listica non consiste assolutamente nel fatto che gli uomini lavorino nello stesso locale (questa è soltanto una piccola parte del pro- cesso), ma nel fatto che la concentrazione dei capitali è accompa- gnata da una specializzazione del lavoro sociale, dalla diminuzione del numero dei capitalisti in ogni determinata branca deirindustria e dairaumento del numero delle branche particolari deirindustria; nel fatto che molti processi frazionati della produzione si fondono in un unico processo sociale di produzione. Se, per esempio, nel- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 173 lepoca della tessitura artigiana i piccoli produttori filavano essi stessi il loro filo e tessevano le stoffe, avevamo allora poche branche d’industria (filatura e tessitura erano fuse insieme). Ma se la pro- duzione viene socializzata dal capitalismo, il numero delle branche particolari dell’industria aumenta, la filatura del cotone c la tes- situra si fanno a parte; questa specializzazione e questa concen- trazione della produzione fanno sorgere a loro volta nuove bran- che: la produzione di macchine, l’estrazione del carbone fossile, ecc. In ogni branca dell’industria, diventata oggi più specializzata, il numero dei capitalisti diminuisce continuamente. Ciò significa che il legame sociale tra i produttori si consolida sempre più, che i produttori si raggruppano in un tutto unico. Ognuno dei piccoli produttori isolati eseguiva da solo parecchie operazioni e perciò era relativamente indipendente dagli altri: se, per esempio, l’ar- tigiano seminava lui stesso il lino, lo filava e lo tesseva, egli era quasi indipendente dagli altri. In un simile regime di piccoli produttori di merci isolati (e soltanto in esso) si giustificava il detto: «ognuno per sè e dio per tutti», vale a dire l’anarchia delle fluttuazioni del mercato. Le cose vanno in un modo del tutto diverso quando si giunge, grazie al capitalismo, alla socia- lizzazione del lavoro. Il fabbricante che produce delle stoffe di- pende dal fabbricante che fila il cotone; quest’ultimo dal capita- lista piantatore che ha seminato il cotone, dal proprietario dell’of- ficina nella quale si fabbricano le macchine, da quello della miniera di carbone fossile, ecc. ecc. Ne risulta che nessun capita- lista può fare a meno degli altri. È chiaro che il detto «ognuno per sè » non è più applicabile in nessun modo ad un simile regime: qui oramai ognuno lavora per tutti e tutti lavorano per ciascuno (e non rimane più posto per dio, nè come fantasia celeste, nè come « vitello d’oro » terrestre). Il carattere del regime cambia completamente. Al tempo del regime nel quale esistevano delle piccole aziende isolate, se il lavoro si arrestava in una qualsiasi di esse, ciò si ripercuoteva soltanto su un piccolo numero di mem- bri della società, non causava una confusione generale, c per conseguenza non richiamava l’attenzione generale, non induceva a un intervento sociale nella questione. Ma se un tale arresto si è prodotto in una grande azienda di una branca d’industria già i74 LENIN fortemente specializzata, che lavora quindi per quasi tutta la so- cietà e a sua volta dipende da tutta la società (per semplificare scelgo il caso in cui la socializzazione ha raggiunto il punto cul- minante), allora Fattività deve arrestarsi in tutte le rimanenti aziende della società, perchè esse possono ricevere i prodotti ne- cessari soltanto da quell’azienda, possono realizzare tutte le loro merci soltanto se dispongono delle merci di quell’azienda. Tutte le produzioni si fondono così in un unico processo sociale di pro- duzione, mentre ogni produzione è diretta da un singolo capita- lista, dipende dal suo arbitrio, e gli dà i prodotti sociali a titolo di proprietà privata. Non è forse chiaro che la forma di produ- zione entra in contraddizione inconciliabile con la forma dell’ap- propriazione? Non è forse evidente che quest’ultima non può non adattarsi alla prima, non può non divenire anch’essa sociale, cioè socialista? E lo spiritoso filisteo delle Otiecestvennye Zapiski riduce tutto al lavoro in un solo locale. Questo sì che si chiama prendere un granchio! (Ho descritto un solo processo materiale, un solo cam- biamento dei rapporti di produzione, senza toccare il lato sociale del processo: l’unione, il raggruppamento e l’organizzazione degli operai, poiché questo è un fenomeno derivato e di second’ordine). Se è necessario spiegare ai «democratici» russi cose così ele- mentari, ciò è dovuto al fatto che essi si sono impantanati fino al collo nelle idee piccolo-borghesi, tanto da non essere deci- samente in grado di immaginare altro regime alFinfuori del re- gime piccolo-borghese. Ma ritorniamo al signor Mikhailovski. Che cosa ha egli obiet- tato contro i fatti e le considerazioni sui quali Marx ha fondato la conclusione dell’inevitabilità del regime socialista in forza delle leggi stesse dello sviluppo del capitalismo? Ha forse mostrato che nella realtà — data l’organizzazione mercantile dell’economia so- ciale — non avviene un aumento della specializzazione del pro- cesso sociale del lavoro, una concentrazione dei capitali e delle aziende, una socializzazione di tutto il processo lavorativo? No, egli non ha portato nessun argomento per confutare questi fatti. Ha forse scosso la tesi secondo la quale l’anarchia, inconciliabile con la socializzazione del lavoro, è inerente alla società capita- listica? Egli non ha detto nulla a questo proposito. Ha forse CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 175 dimostrato che l’unione dei processi di lavoro di tuti i capitalisti in un unico processo sociale di lavoro può coesistere con la pro- prietà privata? Che è possibile e pensabile una via d’uscita da questa contraddizione, oltre a quella indicata da Marx? No, egli non ha detto neanche una parola a questo proposito. A che cosa si appoggia dunque la sua critica? A dei trucchi, a dei travisamenti e a un torrente di frasi che non sono altro che giochetti. E infatti, come chiamare altrimenti simili metodi, quando il critico — dopo aver detto preventivamente molte sciocchezze sui tre stadi successivi della storia — rivolge a Marx, con aria severa, una domanda di questo genere: «E poi? >, vale a dire, come procederà la storia dopo questo stadio finale del processo che egli ha descritto? Guardate un po’: Marx fin dall’mizio della sua atti- vità letteraria e rivoluzionaria ha dichiarato nel modo più netto che cosa egli esige dalla teoria sociologica: essa deve rappresentare esattamente il processo effettivo e nient’altro (si veda, per esempio che cosa dice il Manifesto del Partito comunista , a proposito delle posizioni teoriche dei comunisti 40 ). Marx nel Capitale ha rigo- rosamente rispettato questa esigenza: postosi il compito di fare un’analisi scientifica della formazione sociale capitalistica, egli ha fatto punto dopo aver dimostrato che lo sviluppo di quest’orga- nizzazione, effettivamente in atto davanti ai nostri occhi, ha una certa tendenza, che questa organizzazione deve inevitabilmente perire e trasformarsi in un’altra organizzazione più elevata. E il signor Mikhailovski, lasciando da parte tutta l’essenza della dot- trina di Marx, pone la più sciocca delle domande: «E poi? ». E aggiunge con profondità di pensiero: «Devo riconoscere con fran- chezza che non mi figuro del tutto chiaramente la risposta di Engels». Noi invece dobbiamo riconoscere francamente, signor Mikhailovski, che abbiamo un’idea del tutto chiara dello spirito e dei procedimenti di una «critica» di questo genere! Oppure anche quest’altro ragionamento : « Nel medioevo la proprietà individuale, come ce la presenta Marx, basata sul lavoro personale, non era il fattore nè unico nè predominante, neppure nel campo dei rapporti economici. AI suo fianco esistevano molte altre cose, alle quali tuttavia il metodo dialettico, nell’interpreta- 176 LENIN zionc di Marx [e non nel travisamento del signor Mikhailovski?], non propone di ritornare... È evidente che tutti questi schemi non offrono un quadro della realtà storica, e nemmeno delle sue pro- porzioni, ma soddisfano soltanto la propensione dell’intelletto umano a pensare ogni oggetto nei suoi stadi di passato, presente e futuro ». Persino i vostri metodi di alterare le cose, signor Mi- khailovski, sono uniformi sino alla nausea! dapprima si intro- duce di soppiatto nello schema di Marx, che si propone di for- mulare il processo reale dello sviluppo del capitalismo * e niente altro, l’intenzione di dimostrare una cosa qualsiasi per mezzo delle triadi, e, in seguito, si costata che lo schema di Marx non corrisponde a questo piano imposto dal signor Mikhailovski (il terzo stadio reintegra soltanto un lato del primo stadio, lasciando da parte tutti gli altri), e si conclude nel modo più disinvolto che \ lo schema, evidentemente, non offre un quadro della realtà storica »! Si può concepire una polemica seria con un uomo simile, incapace (per adoperare un’espressione di Engels a proposito di Dùhring), anche. in via di eccezione, di citare fedelmente? Come si possono qui muovere obiezioni quando si assicura il pubblico che lo schema non risponde « evidentemente » alla realtà senza neppur fare il tentativo di mostrare la sua inesattezza in un qualsiasi punto? Invece di criticare il contenuto effettivo delle concezioni mar- xiste, il signor Mikhailovski fa dello spirito sulle categorie del passato, del presente e deiravvenire. Engels, per esempio, muo- vendo delle obiezioni alle «verità eterne» del signor* Dùhring, dice che « ci si predica oggi » una triplico- morale : la morale cri- stiano-feudale, la borghese e la proletaria; cosicché passato, pre- sente e futuro hanno le loro teorie morali 41 . Il signor Mikhai- lovski, a questo proposito, argomenta: «Penso che alla base di ogni divisione della storia in tre periodi, stanno appunto le • Si sono lasciati da parte gli altri tratti del regime economico medioevale, precisamente perchè essi appartenevano alla formazione sociale feudale, mentre Marx studia soltanto la formazione capitalistica. Nella sua forma pura, il processo di sviluppo del capitalismo è effettivamente incominciato (per esempio in In- ghilterra) dal regime dei piccoli produttori di merci isolati e dalla loro proprietà individuale basata sul lavoro. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO *77 categorie del passato, del presente e dell'avvenire ». Che profondità di pensiero! Ma chi non sa che, se si considera un qualsiasi feno- meno sociale nel processo del suo sviluppo, si troveranno sem- pre in esso delle vestigia del passato, dei fondamenti del presente e dei germi dell’avvenire? Forse che, per esempio, Engels pensava di affermare che la storia della morale (egli parlava soltanto del «presente») si limitava ai tre momenti indicati? che la morale feudale non era stata preceduta, per esempio, dalla morale schia- vistica e quest’ultima dalla morale della comunità comunistica pri- mitiva? Invece di criticare seriamente il tentativo di Engels di orientarsi nelle tendenze delle idee morali contemporanee per mezzo di una loro spiegazione materialistica, il signor Mikhai- lovski ci offre la più vuota fraseologia! A proposito di simili metodi di « critica » del signor Mikhai* lovski, il quale incomincia col dichiarare che non sa in quale opera sia stata esposta la concezione materialistica della storia, non sarà forse inutile ricordare che vi fu un tempo in cui Fautore conosceva una di queste opere e sapeva giudicarla più giusta- mente. Nel 1877, il signor Mikhailovski dava il seguente giudizio del Capitale : « Se si toglie al Capitale il suo coperchio pesante, grossolano e inutile, fatto di dialettica hegeliana [che razza di stranezza è questa? Perchè nel 1877 la «dialettica hegeliana» era «inutile», e nel 1894 risulta che il materialismo si basa sul « carattere perentorio del processo dialettico »?], allora, indipenden- temente dagli altri meriti di quest'opera, noi vediamo che essa contiene, elaborato in modo eccellente, del materiale per risolvere la questione generale del rapporto tra le forme e le condizioni materiali della loro esistenza e un’impostazione eccellente di questa questione per un determinato campo». Ma che cose «il rapporto tra le forme e le condizioni materiali della loro esistenza », se non la questione dei rapporti tra i diversi aspetti della vita sociale, della sovrastruttura dei rapporti ideologici sociali sui rap- porti materiali, questione la cui nota soluzione costituisce la dottrina del materialismo? Proseguiamo. « Propriamente parlando, tutto il ” Capitale ” [il corsivo è mio] è consacrato allo studio di come una forma sociale, dopo esser sorta, si evolve incessantemente, accentua i suoi tratti caratteristici, 13 -572 i 7 8 LENIN assimila e subordina a se le scoperte, le invenzioni, i miglioramenti dei metodi di produzione, i nuovi mercati, la scienza stessa, co- stringendoli a lavorare per essa, e di come, infine, questa forma non possa sostenere gli ulteriori cambiamenti delle condizioni ma- teriali ». Caso strano! Nel 1877 «tutto il Capitale » era consacrato allo studio materialistico di una data forma sociale (in che cos’altro consiste il materialismo, se non nella spiegazione delle forme so- ciali per mezzo delle condizioni materiali?), e nel 1894 non si sa neppure in quale opera si debba cercare un’esposizione di questo materialismo! Nel 1877, nel Capitale c’era « uno studio » di come « una data forma [cioè la forma capitalistica, non è vero?] non possa sostenere gli ulteriori cambiamenti [notate questo] delle condi- zioni materiali », e nel 1894 risulta che non esiste nessuno studio, e che la convinzione che la forma capitalistica non possa sostenere un ulteriore sviluppo delle forze produttive si regge « esclusiva- mente all’estremità della triade hegeliana»! Nel 1877 il signor Mikhailovski scriveva che « l’analisi dei rapporti fra una data forma sociale e le condizioni materiali della sua esistenza resterà per sempre [il corsivo è mio] un monumento della forza logica e deH’immensa erudizione dell’autore», e nel 1894 egli afferma che la dottrina del materialismo non è mai stata controllata e motivata scientificamente in nessun luogo! Caso strano! Che cosa significa ciò in realtà? Che cosa è avve* nuto? Sono avvenute due cose: in primo luogo, il socialismo russo , il socialismo contadino degli anni settanta — che «'s’infischiava » della libertà a causa del suo carattere borghese, che lottava con- tro « i liberali dalla mente aperta », i quali si sforzavano di at- tenuare gli antagonismi della vita russa, e che sognava una ri- voluzione contadina — si è completamente disgregato e ha par- torito quel volgare liberalismo piccolo-borghese che considera come « impressioni confortanti » le tendenze progressive dell’eco- nomia contadina, dimenticando che esse sono accompagnate (e condizionate) dall’espropriazione in massa dei contadini. In se- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 1 79 condo luogo, nel 1877 il signor Mikhailovski era talmente preso dal suo proposito di difendere il « sanguigno » (cioè il rivoluzio- nario socialista) Marx dai critici liberali, che non rilevò rincora- patibilità del metodo di Marx col suo proprio metodo. Ma poi questa contraddizione inconciliabile tra il materialismo dialettico e la sociologia soggettivistica gli venne spiegata, gli venne spiegata dagli articoli e dai libri di Engels, gli venne spiegata dai socialde- mocratici russi (in Plekhanov s’incontrano spesso delle osserva- zioni molto acute aH'indirizzo del signor Mikhailovski). E il signor Mikhailovski, invece di mettersi seriamente a rivedere la questione, ha perduto semplicemente ogni ritegno. Egli, che una volta (nel 1872 e nel 1877) 42 rivolgeva complimenti a Marx, gli abbaia oggi contro, nascondendosi dietro lodi di dubbia qualità, e schiamazza, e schizza bava contro i marxisti russi che non vo- gliono accontentarsi « della protezione del più debole economica- mente », dei depositi di merci e dei miglioramenti nelle campagne, dei musei e delle artel per artigiani e di altri simili progressi piccolo- borghesi fatti colle migliori intenzioni, e vogliono invece restare « sanguigni » partigiani della rivoluzione sociale, e istruire, diri- gere e organizzare gli elementi sociali effettivamente rivoluzionari. Dopo questa piccola incursione nel campo di un passato molto lontano, si può, mi pare, terminar Tanalisi della « critica » della teoria di Marx fatta dal signor Mikhailovski. Proviamoci a fare il bilancio e a riassumere gli « argomenti » del critico. La dottrina che egli aveva intenzione di demolire si basa, in primo luogo, sulla concezione materialistica della storia, e, in se- condo luogo, sul metodo dialettico. Per quanto riguarda la prima, il critico ha affermato innanzi tutto di non sapere in quale opera è esposto il materialismo. Non avendo trovato in nessun posto questa esposizione, egli si è messo a inventare da solo che cos’è il materialismo. Per dare una idea delle pretese smisurate di questo materialismo, egli ha in- ventato che i materialisti pretenderebbero di avere spiegato tutto il passato, il presente e l'avvenire del genere umano; e quando poi, in base a dichiarazioni autentiche di marxisti, è risultato che essi ritengono di aver spiegato soltanto una formazione sociale, il u* i8o LENIN critico ha deciso che i materialisti restringono il campo d’azione del materialismo e che, in questo modo, si danno la zappa sui piedi. Per dare un’idea dei metodi coi quali questo materialismo è stato elaborato, egli ha inventato che i materialisti stessi avreb- bero ammesso che le loro conoscenze erano deboli per un’opera quale l’elaborazione del socialismo scientifico, nonostante che Marx ed Engels abbiano (nel 1845-1846) ammesso la debolezza delle loro conoscenze per ciò che riguarda la storia economica in generale, e nonostante che non abbiano mai pubblicato l’opera che dimostra la debolezza delle loro conoscenze. Dopo questi esordi, ci si regala anche la critica: il Capitale è stato demolito per il fatto che si riferisce a un solo periodo, mentre al critico occorrono tutti i periodi, e anche per il fatto che il Capitale non conferma il ma- terialismo economico, ma si riferisce soltanto ad esso: argomenti, come si vede, così seri e di peso, da doversi riconoscere che il materialismo non è mai stato giustificato scientificamente. Contro il materialismo si è poi addotto il fatto che un uomo del tutto estraneo a questa dottrina, dopo aver studiato i tempi preistorici in tutt’altro paese, è giunto alle stesse conclusioni materialistiche. Per dimostrare inoltre che la prolificazione è stata attratta nel- l’orbita del materialismo del tutto ingiustificatamente, che que- sto è soltanto un trucco verbale, il critico ha incominciato a dimostrare che i rapporti economici rappresentano una sovra- struttura dei rapporti sessuali e familiari. Le indicazioni che questo critico serio ha dato in questo caso ai materialisti per istruirli, ci hanno arricchito di una profonda verità, e cioè che la eredità è impossibile senza prolificazione, che una psiche complessa « ade- risce » ai prodotti di questa prolificazione, e che i figli vengono educati nello spirito dei padri. Abbiamo anche saputo inciden- talmente che i legami nazionali sono una continuazione e una generalizzazione dei rapporti gentilizi. Continuando la sua inda- gine teorica intorno al materialismo, il critico ha rilevato che il contenuto di molti argomenti dei marxisti consiste nell’affermare che l’oppressione e lo sfruttamento delle masse sono « necessari » in regime borghese, e che questo regime deve « necessariamente » trasformarsi in regime socialista; ed egli si è affrettato ad affer- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 18 mare che la necessità è una parentesi troppo generica (se non si dice che cosa precisamente gli uomini considerano necessario), e che perciò i marxisti sono dei mistici e dei metafisici. Il critico ha anche detto che la polemica di Marx contro gli idealisti è « unila- terale », senza spendere neppure una parola per spiegare l’atteg- giamento delle concezioni di questi idealisti verso il metodo sog- gettivo e Tatteggiamento del materialismo dialettico di Marx nei confronti di queste concezioni. Per quanto riguarda il secondo pilastro del marxismo — il metodo dialettico — è stata sufficiente una piccola spinta dell’ar- dito critico per farlo crollare. E la spinta è stata molto precisa: il critico si è dato da fare e ha fatto sforzi superiori alle sue forze per confutare la tesi secondo la quale con le triadi si potrebbe dimostrare qualche cosa, ma non ha detto una parola a proposito del fatto che il metodo dialettico non consiste affatto nelle triadi, ma consiste per l’appunto nella negazione dei metodi dell’idea- lismo e del soggettivismo in sociologia. Un’altra spinta è stata diretta particolarmente contro Marx: con l’aiuto del valoroso signor Duhring, il critico ha attribuito a Marx un pasticcio inve- rosimile, secondo il quale Marx avrebbe dimostrato la necessità della rovina del capitalismo per mezzo delle triadi, e ha lottato poi vittoriosamente contro questo pasticcio. Ecco l’epopea delle brillanti « vittorie » del « nostro celebre sociologo»! Molto «edificante» (Burenin), nevvero, la contem- plazione di queste vittorie? Non si può non parlare qui di un’altra circostanza che non ha un rapporto diretto con la critica della dottrina di Marx, ma che è estremamente caratteristica per spiegare gli ideali e la conce- zione della realtà del critico. Si tratta del suo atteggiamento verso il movimento operaio occidentale. Abbiamo già citato Taffermazione del signor Mikhailovski, secondo cui il materialismo non si è giustificato nella « scienza » (forse, nella scienza degli « amici del popolo » tedeschi?), ma questo materialismo — argomenta il signor Mikhailovski — « si diffonde effettivamente con grande rapidità nella classe operaia ». Come spiega dunque questo fatto il signor Mikhailovski? «Per quanto I#2 LENIN riguarda il successo che il materialismo economico gode, per così dire, in estensione — egli dice — e la sua diffusione in una forma non verificata criticamente, bisogna dire che il centro di gravità di questo successo non è nella scienza, ma nella pratica quotidiana, che viene stabilita dalle prospettive deiravvenire ». Quale altro senso può avere questa frase goffa relativa alla pratica « che viene stabilita » dalle prospettive dell’avvenire, se non che il materialismo si diffonde non perchè ha spiegato giustamente la realtà, ma perchè si è staccato da questa realtà per volgersi alle prospettive? E in seguito si dice: «Queste prospettive non esigono dalla classe operaia tedesca che le assimila e da coloro che pren- dono una parte attiva alle sorti di questa classe, nè delle cono- scenze, nè un lavoro del pensiero critico. Esse esigono soltanto della fede ». In altre parole, la diffusione in estensione del mate- rialismo e del socialismo scientifico è dovuta al fatto che questa dottrina promette agli operai un avvenire migliore! Basta però la più elementare conoscenza della storia del socialismo e del movimento operaio in Occidente, per vedere tutta l’assurdità e la falsità di questa spiegazione. Tutti sanno che il socialismo scientifico non ha mai tratteggiato nessuna prospettiva sua propria deiravvenire; esso si è limitato a dare un’analisi del regime bor- ghese moderno, a studiare le tendenze di sviluppo dell’organiz- zazione sociale capitalistica, e niente altro. « Noi — scriveva Marx fin dal 1843, ed egli applicò scrupolosamente questo programma — non diciamo al mondo: abbandona le tue lotte, ‘sono scioc- chezze; noi ti grideremo la vera parola d’ordine della lotta. Noi gli mostreremo soltanto perchè effettivamente combatte, poiché la coscienza è una cosa che esso deve far propria, anche se non lcr vuole*» 43 . Tutti sanno che, per esempio, il Capitale — quest’opera principale e fondamentale nella quale è esposto il socialismo scien- tifico — si limita agli accenni più generali per quanto riguarda lav- venire, e indaga soltanto gli elementi già esistenti dai quali si svi- luppa il regime futuro. Tutti sanno che, per quanto riguarda le prospettive dell’avvenire, i socialisti precedenti avevano dato im- mensamente di più, essi avevano dipinto in tutti i particolari la società futura, proponendosi di attrarre l’umanità coirimmagine di CHE COSA SONO OLI AMICI DEL POPOLO un regime nel quale gli uomini avrebbero fatto a meno della lotta, nel quale i rapporti sociali degli uomini non si sarebbero fondati sullo sfruttamento, ma sui veri principi del progresso corrispon- denti alle condizioni della natura umana. Tuttavia, nonostante tutta la falange di uomini di grande talento, che esponevano queste idee, e di socialisti dei più convinti, le loro teorie rimasero estranee alla vita, i loro programmi rimasero fuori dei movimenti politici popolari, fino a quando la grande industria meccanica non trascinò nel turbine della vita politica le masse del proletariato operaio e fino a quando non venne trovata la vera parola d ordine della sua lotta. Questa parola d'ordine è stata trovata da Marx, che « non fu un utopista, ma uno scienziato rigoroso, talvolta persino arido» (così il signor Mikhailovski giudicava Marx in un passato molto lontano, nel 1872); è stata trovata non per mezzo di una qualsiasi prospettiva, ma mediante un'analisi scientifica del regime borghese moderno, mediante la spiegazione della necessità dello sfruttamento in questo regime, mediante l’analisi delle leggi del suo sviluppo. Certo, il signor Mikhailovski può assicurare ai lettori della Russkoie Bogatstvo che l’assimilazione di quest'analisi non esige nè conoscenze, nè lavoro del pensiero, ina noi abbiamo già visto nello stesso Mikhailovski (e lo vedremo ancor più nel- l’economista suo collaboratore 44 ) una tale grossolana incompren- sione delle verità elementari stabilite da quest'analisi, che una simile affermazione può, si intende, soltanto far sorridere. Ri- mangono i fatti indiscutibili :* la diffusione e lo sviluppo del mo- vimento operaio proprio laddove e in quanto si sviluppa la grande industria meccanizzala capitalistica; il successo della dottrina socia- lista appunto quando essa abbandona i ragionamenti intorno alle condizioni sociali corrispondenti alla natura umana e procede all’analisi materialistica dei rapporti sociali moderni, alla spie- gazione della necessità dell’attuale regime di sfruttamento. Dopo aver tentato di eludere le cause reali del successo del ma- terialismo nell’ambiente operaio, dando una descrizione, diame- tralmente opposta alla verità, dell’atteggiamento di questa dot- trina verso le « prospettive », il signor Mikhailovski incomincia a schernire nel modo più volgare e filisteo le idee e la tattica LENIN 184 del movimento operaio deirEuropa occidentale. Come abbiamo visto, egli non ha saputo addurre letteralmente neppure un ar- gomento contro la dimostrazione data da Marx della inevita- bilità della trasformazione del regime capitalistico in regime socialista in conseguenza della socializzazione del lavoro, e ciò nondimeno egli ironizza con la massima disinvoltura sulla pre- tesa preparazione deirespropriazione dei capitalisti da parte del- P« esercito dei proletari», «in conseguenza di che si metterà fine a ogni lotta di classe e la pace scenderà sulla terra e sugli uomini di buona volontà». Egli, il signor Mikhailovski, conosce delle vie molto più semplici e giuste per attuare il socialismo: basta soltanto che gli « amici del popolo » indichino in modo un po’ più particolareggiato le vie «chiare e infallibili» delF« evolu- zione economica desiderata», e allora questi amici del popolo saranno certamente «chiamati» a «risolvere i problemi econo- mici pratici » (si veda Particolo del signor lugiakov : Problemi dello sviluppo economico della Russia, in Russinole Bogatstvo, n. 11); intanto... intanto gli operai devono aspettare, affidarsi agli amici del popolo e non incominciare, con « una fiducia infondata nelle proprie forze », una lotta indipendente contro gli sfruttatori. Nel- Pimento di colpire a morte definitivamente questa « fiducia in- fondata nelle proprie forze », il nostro autore s’indigna patetica- mente contro «questa scienza che può essere quasi contenuta tutta in un dizionario tascabile ». Che orrore, in realtà: la scienza e gli opuscoli socialdemocratici che costano qualche soldo e stanno in tasca!! Non è chiaro fino a che punto è infondata la fiducia nelle proprie forze di coloro che apprezzano una scienza solo in quanto essa insegna agli sfruttati la lotta indipendente per la loro liberazione, insegna ad abbandonare tutti gli « amici del popolo », i quali smussano Pantagonismo delle classi e vogliono prendere nelle loro mani tutta la questione, e che perciò espongono questa scienza in edizioni a buon mercato che urtano tanto i filistei? La cosa sarebbe diversa se gli operai affidassero il loro destino agli « amici del popolo », i quali insegnerebbero loro la scienza vera, universitaria e filistea, in molti volumi; farebbero loro cono- scere particolareggiatamente Porganizzazione sociale corrispon- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO l8 5 dente alla natura umana, purché... gli operai acconsentissero ad aspettare e non incominciassero loro stessi la lotta con una fiducia così infondata nelle proprie forze! Prima di passare alla seconda parte della « critica » del signor Mikhailovski ormai non più diretta contro la teoria di Marx in generale, ma contro i socialdemocratici russi in particolare, dobbiamo fare una piccola digressione. Si tratta di questo: il si- gnor Mikhailovski — proprio come, criticando Marx, non sol- tanto non ha tentato di esporne esattamente la teoria, ma l’ha addirittura snaturata — travisa scandalosamente le idee dei so- cialdemocratici russi. È necessario ristabilire la verità. Il modo più comodo per far questo è di mettere a confronto le idee dei pre- cedenti socialisti russi con le idee dei socialdemocratici. Prendo a prestito l’esposizione delle prime dall’articolo del signor Mi- khailovski pubblicato nella rivista Russ\aia Mysl , 1892, n. 6, nel quale egli parla anche del marxismo (e ne parla — e glie ne sarà fatto rimprovero — con un tono decoroso, senza toccare le que- stioni che nella stampa sottoposta a censura possono essere trat- tate soltanto alla maniera di Burenin, senza confondere i marxi- sti con ogni genere di sozzure), e in contrapposizione al marxismo o, per lo meno, se non in contrapposizione, in parallelo, espone le sue concezioni. Certo, io non voglio assolutamente offendere nè il signor Mikhailovski, annoverandolo tra i socialisti, nè i socialisti russi mettendoli sullo stesso piano del signor Mikhai- lovski; soltanto penso che il corso dell’argomentazione nell’uno e negli altri è in sostanza identico; la differenza è nel grado di saldezza, di rettitudine e di coerenza delle convinzioni. NelFesporre le idee delle Otiecestvennye Zapisfy, il signor Mi- khailovski scrive: «Fra gli ideali etico-politici abbiamo incluso l’appartenenza della terra al coltivatore e degli strumenti di la- voro al produttore». Il punto di partenza è fatto, come vedete, delle migliori intenzioni, dei più pii desideri... « Le forme di lavoro medioevali * che ancora esistono da noi sono fortemente • « Per forme di lavoro medioevali — chiarisce l’autore in un altro luogo — bisogna intendere non soltanto il possesso fondiario fondato suWobstcina, l’indù- i86 LENIN scosse, ma noi non abbiamo visto una ragione per farla finita com- pletamente con esse a vantaggio di una qualsiasi dottrina, libe- rale o non liberale ». Strana argomentazione! Quali che siano le « forme di lavoro», esse possono essere scosse, come si sa, solo in seguito alla loro sosti- tuzione con altre forme, e invece nel nostro autore non tro- viamo (come non troveremmo in nessuno di coloro che la pen- sano come lui) neppure il tentativo di analizzare queste nuove forme e di spiegarle, come pure di Analizzare e spiegare le cause per cui le vecchie forme vengono soppiantate da quelle nuove. An- cora più strana è la seconda parte della tirata: «non abbiamo visto una ragione per farla finita con queste forme per far piacere a una dottrina ». Ma di quali mezzi disponiamo « noi » (cioè i socia- listi; si veda la riserva fatta sopra) per « finirla » con le forme di la- voro, per rimaneggiare cioè gli attuali rapporti di produzione tra i membri della società? Non è forse una sciocchezza l’idea di tra- sformare questi rapporti secondo una dottrina? Ma sentiamo an- cora: «il nostro compito non consiste nello sviluppare immanca- bilmente una civiltà "originale” nel nostro proprio ambito nazio- nale, ma neppure nel trapiantare da noi l’intiera civiltà occiden- tale, con tutte le contraddizioni che la dilaniano: bisogna pren- dere il buono dappertutto dov’è possibile, sia esso nostro o di al- tri; questa non è già più una questione di principio, ma di con- venienza pratica. Ci pare così semplice, chiaro e comprensibile, che non è il caso di parlarne». Come è semplice, difatti! «Pren- dere» il buono dappertutto, e la cosa è fatta! Dalle forme me- dioevali « prendere » l’appartenenza dei mezzi di produzione al lavoratore, e dalle forme moderne (cioè capitalistiche) « pren- dere» la libertà, l’uguaglianza, l’istruzione, la cultura. E non è il caso di parlarne! Il metodo soggettivo in sociologia è qui visibile come sul palmo della mano: la sociologia incomincia con l’utopia — appartenenza della terra al lavoratore — e indica le condizioni nelle quali si può attuare ciò che è desiderabile : « pren- dere » il buono un po’ di qua e un po’ di là. Questo filosofo stria artigiana c l'organizzazione in arte!. Tutte queste sono indubbiamente delle forme medioevali, ma tra di esse devono essere comprese tutte le forme di ap- partenenza della terra o degli strumenti di produzione al lavoratore». CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO l8? considera i rapporti sociali da un punto di vista puramente meta- fisico, come un semplice aggregato meccanico di queste o quelle istituzioni, come un concatenamento puramente meccanico di questi o quei fenomeni. Egli prende uno di questi fenomeni — l’appartenenza della terra airagricoltore nelle forme medio- evali — e pensa che esso possa essere trasferito in qualsiasi altra forma, esattamente come un mattone può essere tolto da un edi- ficio e collocato in un altro. Ma questo, in verità, non significa studiare i rapporti sociali, bensì significa snaturare il materiale esaminato; giacché la realtà non conosce un’appartenenza della terra al coltivatore, esistente separatamente e indipendentemente, quale voi l’avete assunta; essa è soltanto uno degli anelli dei rap- porti di produzione allora esistenti, i quali consistevano nel fatto che la terra era divisa tra i grandi proprietari di terra, i signori feudali, che questi affidavano la terra ai contadini per sfruttarli, cosic- ché la terra era in un certo modo un salario in natura: essa dava al contadino i prodotti necessari, affinchè egli potesse produrre un plusprodotto per il signore; essa era un mezzo per imporre ai contadini degli obblighi in favore del signore feudale. Per- che l’autore non ha investigato questo sistema di rapporti di produzione, ma si è limitato a staccarne un fenomeno, presen- tandolo così in una luce del tutto falsa? Perchè l’autore non sa come si devono trattare le questioni sociali: egli (ripeto che utilizzo i ragionamenti del signor Mikhailovski solo come esem- pio di critica di tutto il socialismo russo) non si prefigge affatto lo scopo di spiegare le « forme di lavoro » allora esistenti, di pre- sentarle come un determinato sistema di rapporti di produzione, come una determinata formazione sociale. Per parlare la lingua di Marx, a Mikhailovski è estraneo il metodo dialettico, il quale fa obbligo di considerare la società come un organismo vivente nel suo funzionamento e nel suo sviluppo. Senza affatto porsi la questione delle cause per le quali le vec- chie forme di lavoro sono state soppiantate dalle nuove, egli ri- pete, ragionando intorno a queste nuove forme, proprio lo stesso errore. Per lui è sufficiente costatare che queste forme « scuotono > l’appartenenza della terra al coltivatore, cioè, in generale, por- tano alla separazione del produttore dai mezzi di produzione, per i88 LENIN condannare questo fenomeno come non rispondente all’ideale. E anche questo suo ragionamento è assolutamente sciocco: egli prende un solo fenomeno (lo spossessamento) senza neppure pro- varsi a presentarlo come parte di un altro sistema di rapporti di produzione basato sulla economia mercantile , la quale genera necessariamente la concorrenza tra i produtori di merci, l’inegua- glianza, la rovina degli uni e l’arricchimento degli altri. Egli ha rilevato un fenomeno — la rovina della massa — lasciandone da parte un altro — l’arricchimento di una minoranza — , e in questo modo si è messo nell’impossibilità di comprendere sia l’uno che l’altro. Ed egli osa chiamare simili metodi: «cercare la risposta alle questioni della vita nella loro forma rivestita di carne e san- gue» (Ru$s\oie Bogatstvo y 1894, n. 1), mentre, tutto all’opposto, non sapendo o non volendo spiegare la realtà, guardarla in faccia, ha sfuggito vilmente queste questioni della vita, con la sua lotta dell’abbiente contro il nullatenente, per rifugiarsi nel campo di innocenti utopie; egli chiama questo: «cercare la risposta alle questioni della vita nella impostazione ideale della loro scottante e complessa realtà effettiva » {Russkpie Bogatstvo , n. 1), mentre al* l’atto pratico non ha neppur fatto un tentativo di analisi e di spie- gazione di questa realtà effettiva. Invece di quest’analisi e di questa spiegazione, egli ci ha of- ferto un’utopia, creata con un’accozzaglia insensata di elementi disparati, presi da diverse formazioni sociali: dalla formazione medioevale ha preso una cosa, dalla formazione « moderna » un’al- tra cosa, ecc. È evidente che una teoria costruita su queste basi non poteva non restare fuori dell’evoluzione sociale effettiva, per la semplice ragione che i nostri utopisti dovevano vivere e agire non nei rapporti sociali formati con elementi presi a destra e a sinistra, ma nei rapporti sociali che determinano i rapporti del contadino verso il kulak (contadino imprenditore), dell’artigiano verso il mercante, dell’operaio verso l’industriale, rapporti che essi non hanno assolutamente compreso. I loro tentativi e i loro sforzi per trasformare secondo il loro ideale questi rapporti incom- presi non potevano non fare fallimento. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 189 Ecco, a grandi tratti, un’esposizione del modo come si poneva la questione del socialismo in Russia quando « nacquero i marxi- sti russi ». Essi incominciarono per l’appunto con una crìtica dei me- todi soggettivi dei socialisti precedenti; anziché limitarsi a co- statare lo sfruttamento e a condannarlo, essi vollero spiegarlo. Vedendo che tutta la storia della Russia dopo la riforma consiste nella rovina della massa e neirarricchimento di una minoranza, osservando la gigantesca espropriazione dei piccoli produttori a fianco del progresso tecnico generale, notando che queste ten- denze contrapposte sorgono e si rafforzano dove e in quanto si sviluppa e si rafforza l’economia mercantile, non potevano non concludere di aver a che fare con un’organizzazione bor- ghese (capitalistica) dell’economia sociale, la quale generava ne- cessariamente l’espropriazione e l’oppressione delle masse. Il loro programma pratico era già direttamente determinato da questa convinzione; esso si ridusse ad aderire a questa lotta del pro- letariato contro la borghesia, a questa lotta delle classi nullate- nenti contro le classi abbienti, la quale costituisce il contenuto principale della realtà economica della Russia, incominciando dal più sperduto villaggio per finire alla più moderna fabbrica per- fezionata. Come aderire? Anche questa risposta fu loro suggerita dalla realtà stessa. Il capitalismo ha condotto le branche princi- pali dell’industria allo stadio della grande industria meccanica; socializzando così la produzione, esso ha creato le condizioni mate- riali dei nuovi ordinamenti, e nello stesso tempo ha creato una nuova forza sociale: la classe degli operai di fabbrica, del proleta- riato urbano. Pur subendo uno sfruttamento borghese che, per la sua essenza economica, è identico allo sfruttamento cui è sottoposta tutta la popolazione lavoratrice della Russia, questa classe è tuttavia posta in condizioni vantaggiose per quanto riguarda la sua libera- zione: nessun legame la unisce con la vecchia società, -intera- mente basata sullo sfruttamento; le condizioni stesse del suo lavoro e il suo modo di vivere la organizzano, la costringono a pensare, le danno la possibilità di scendere sull’arena della lotta politica. È na- turale che i socialdemocratici abbiano rivolto tutta la loro atten- 190 LENIN zionc e fondato tutte le loro speranze su questa classe, che essi ab- biano fatto dello sviluppo della sua coscienza di classe il loro pro- gramma, che abbiano rivolto tutta la loro attività ad aiutarla a ele- varsi alla lotta politica aperta contro il regime attuale e ad attrarre in questa lotta tutto il proletariato russo. Vediamo ora come il signor Mikhailovski combatte contro i socialdemocratici. Che cosa oppone egli alle loro concezioni teo- riche, alla loro attività politica socialista? Le concezioni teoriche dei marxisti vengono esposto dal nostro critico nel modo seguente : « La verità — secondo parole che si vorrebbero attribuire a dei marxisti — è che, conformemente alle leggi immanenti della necessità storica, la Russia svilupperà la sua produzione capita- listica, con tutte le sue contraddizioni interne, con l’assorbimento dei piccoli capitali da parte dei grandi, mentre il contadino, strap- pato dalla terra, si trasformerà in proletariato, si unirà, ” si socia- lizzerà ”, e tutto sarà fatto : all’umanità non rimarrà che allun- gare la mano per afferrare la felicità ». Come vedete, dunque, i marxisti non differiscono in nulla dagli « amici del popolo » per quanto riguarda la concezione della realtà, ma si distinguono soltanto per quanto riguarda ridea che essi hanno dell’avvenire: a quanto pare, essi non si occu- pano affatto del presente, ma soltanto delle « prospettive ». Che questa sia per l’appunto l’opinione del signor Mikhailovski, è cosa che non può essere messa in dubbio: i marxisti — egli dice — « sono del tutto sicuri che nelle loro previsioni dell’avvenire non ci sia nulla di utopistico e che tutto sia ponderato e misurato se- condo le prescrizioni di una scienza rigorosa », e, infine, in modo ancora più chiaro : i marxisti « credono e professano l’intangi- bilità di uno schema storico astratto ». In una parola, abbiamo davanti a noi quella banalissima e volga- rissima accusa contro i marxisti, alla quale da molto tempo ricor- rono tutti coloro che non possono obiettare nulla di sostanziale contro le loro concezioni. « I marxisti professano l’intangibilità di uno schema storico astratto»!! CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO I 9 I Ma questa è da cima a fondo una menzogna e una invenzione! Nessun marxista, mai e in nessun posto, ha sostenuto che in Russia vi « deve essere » il capitalismo « perchè » c’è stato in Occidente, ecc. Nessun marxista ha mai visto nella teoria di Marx uno schema storico-filosofico obbligatorio per tutti, qualcosa di più che la spiegazione di una data formazione economico-sociale. Soltanto un filosofo soggettivista, il signor Mikhailovski, ha trovato il modo di dar prova di una tale incomprensione di Marx da vedere nella sua dottrina una teoria filosofica generale; e a questa incom- prensione Marx ha dato una risposta assolutamente precisa fa- cendogli osservare che aveva sbagliato indirizzo. Nessun mar- xista ha mai fondato le sue concezioni socialdemocratiche se non sulla loro corrispondenza con la realtà e con la storia di rapporti economico-sociali determinati, cioè russi, e non poteva fondarle su altro, perchè quest’esigenza verso la teoria è affermata e posta in modo assolutamente netto e preciso, come pietra angolare di tutta la dottrina, dal fondatore stesso del « marxismo », da Marx. Certo, il signor Mikhailovski può confutare quanto vuole que- ste affermazioni dicendo di aver udito « con le' sue proprie orec- chie » precisamente la professione di uno schema storico astratto. Ma che cosa importa a noi socialdemocratici o a chiunque altro che il signor Mikhailovski abbia avuto occasione di ascoltare da qual- che suo interlocutore ogni genere di assurde sciocchezze? Questo non dimostra forse soltanto che egli è molto felice nella scelta dei suoi interlocutori, e niente più? È possibilissimo, s’intende, che questi spiritosi interlocutori dello spiritoso filosofo si siano detti marxisti, socialdemocratici, ecc.; ma chi non sa che ai nostri giorni (come si è già notato da molto tempo) ogni fur- fante ama pavoneggiarsi in un vestito «rosso»?* E se il signor Mikhailovski è così perspicace da non poter distinguere simili « mascherine » dai marxisti, o se egli ha capito così profonda- mente Marx da non aver neppure afferrato questo criterio dj tutta la sua dottrina, che Marx ha sottolineato con grande forza * Tutto ciò è detto per il caso che il signor Mikhailovski abbia effettiva- mente ascoltato la professione di schemi storici astratti e che egli non abbia travi- sato nulla. Tuttavia ritengo assolutamente necessario a questo proposito fare delle riserve; dò la cosa per quel che vale. 192 LENIN (formulazione « di ciò che avviene sotto i nostri occhi »), ciò di- mostra soltanto ancora una volta che il signor Mikhailovski non è intelligente, e nient’altro. In ogni caso, se egli si accingeva a polemizzare sulla stampa contro i « socialdemocratici », avrebbe dovuto aver presente il gruppo di socialisti che già da molto tempo porta questo nome — ed è il solo a portarlo, di modo che non può essere confuso con altri — e che ha i suoi rappresentanti nella letteratura: Pie- khanov e il suo circolo 45 . E se egli avesse fatto così — e così avrebbe dovuto fare evidentemente qualsiasi persona che avesse un minimo di onestà — e avesse volto la sua attenzione anche soltanto alla prima opera socialdemocratica, al libro di Plekhanov Le nostre divergenze , avrebbe visto, fin dalle prime pagine, la ca- tegorica affermazione dell’autore a nome di tutti i membri del circolo. « Noi non vogliamo in nessun caso coprire il nostro programma con l’autorità di un grande nome» (cioè con l’autorità di Marx). Capite il russo, signor Mikhailovski? Capite la differenza tra la professione di uno schema astratto e la negazione di ogni auto- rità di Marx neirapprezzamento delle questioni russe? Comprendete voi che, presentando il primo giudizio che vi è occorso di ascoltare dai vostri interlocutori come un giudizio marxista e ignorando la dichiarazione che uno dei membri più in vista della socialdemocrazia ha pubblicato a nome di tutto il gruppo, non vi siete comportato onestamente? In seguito, la dichiarazione si fa ancora più netta: «Ripeto — dice Plekhanov — che fra i marxisti più conse- guenti sono possibili dei dissensi a proposito del giudizio sulla realtà russa attuale»; la nostra dottrina « è il primo tentativo di applicare questa teoria scientifica all’analisi di rapporti sociali molto complicati e aggrovigliati ». Sembrerebbe che sia difficile parlare più chiaramente: i mar- xisti prendono senza riserve dalla teoria di Marx soltanto i me- todi preziosi, senza i quali non è possibile mettere in chiaro i rapporti sociali, e, per conseguenza, essi hanno come criterio per Tapprezzamento di questi rapporti, non degli schemi astratti ed al- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO m tre assurdità, ma la giustezza della teoria e la sua corrispondenza con la realtà. O, forse, voi pensate che, facendo tali dichiarazioni, l’autore in realtà ragionasse diversamente? Ma questo è falso. La que- stione della quale egli si occupava era questa: «deve la Russia passare attraverso la fase capitalistica di sviluppo? ». Tale que- stione era quindi formulata non secondo il metodo marxista, ma secondo i metodi soggettivi di vari filosofi russi, i quali vedono il criterio di questa obbligatorietà ora nella politica dei dirigenti ora nell’attività della « società », ora nell’ideale della società « cor- rispondente alla natura umana », e in altre simili sciocchezze. Do- mandiamo: come avrebbe dovuto rispondere a una simile que- stione un uomo che avesse professato schemi astratti? Evidente- mente, egli avrebbe dovuto incominciare a parlare del carattere assoluto del processo dialettico, del valore filosofico generale della teoria di Marx, dell’inevitabilità per ogni paese di attraversare questa fase... ecc. ecc. E come ha risposto Plekhanov? Nel solo modo nel quale poteva rispondere un marxista: Egli ha lasciato completamente da parte, come oziosa e in- teressante soltanto per i soggettivisti, la questione dell’obbligato- rietà, e ha parlato sempre soltanto degli effettivi rapporti econo- mico-sociali, della loro evoluzione effettiva. Perciò non ha dato neppure una risposta diretta a un quesito formulato in modo così sbagliatole ha risposto invece così: «la Russia è entrata nella via capitalistica ». E il signor Mikhailovski, con l’aria di un intenditore, parla di professione di uno schema storico astratto, di leggi immanenti della necessità e di altre inverosimili stupidaggini! E chiama que- sto « polemica contro i socialdemocratici » ! ! Rinuncio decisamente a comprendere: se questo è un polemi- sta, a chi dare allora il nome di chiacchierone?! A proposito del sopraccitato ragionamento del signor Mikhai- lovski, non si può non rilevare ancora che egli espone le opi- nioni dei socialdemocratici in modo tale da far risultare che « la Russia svilupperà la sua propria produzione capitalistica ». Evi- 14 - 572 194 LENIN dentemente, secondo l’opinione di questo filosofo, la Russia non ha una produzione c pitalistica « sua propria ». L’autore proba- bilmente propende per l’idea secondo la quale il capitalismo russo si limita a un milione e mezzo di operai. Più avanti incontreremo ancora questa idea puerile dei nostri « amici del popolo », i quali classificano non si sa dove tutti gli altri modi di sfruttamento del lavoro libero. « La Russia svilupperà la sua propria produzione capitalistica con tutte le sue contraddizioni interne, e nello stesso tempo il contadino, strappato dalla terra, si trasformerà in pro- letario». Più si va avanti, più perle si trovano! Dunque, in Rus- sia non vi sono «contraddizioni interne»? Vale a dire, per par- lare esplicitamente, non ce sfruttamento della massa del popolo da parte- di un pugno di capitalisti? Non ce la rovina dell’im- mensa maggioranza della popolazione e Tarricchimento di un pugno di persone? E il contadino deve ancora essere strappato dalla terra? In che cosa è consistita, allora, tutta la storia della Russia del periodo successivo alla abolizione della servitù della gleba, se non in un’espropriazione in massa dei contadini, con una intensità mai vista altrove? Bisogna averne del coraggio per dichiarare pubblicamente cose simili! E il signor Mikhailovski ha questo coraggio: « Marx aveva* a che fare con un proletariato e con un capitalismo già formati, mentre noi dobbiamo ancora crearli ». La Russia deve ancora creare il proletariato?! In Russia, il solo paese in cui si possa trovare una miseria così irrimediabile delle masse, uno sfruttamento così sfrontato dei lavoratori, un paese che è stato paragonato (e a buon diritto) con l’Inghilterra per la situa- zione della sua popolazione povera, dove la fame di milioni di uomini è un fenomeno costante accompagnato, per esempio, da una esportazione di grano in continuo aumento, in Russia non ce pro- letariato!! Penso che al signor Mikhailovski bisognerebbe erigere, da vivo, un monumento per queste classiche parole! * • Forse, del resto, il signor Mikhailovski anche qui tenterà di trovare una scap- patoia: io non volevo affatto dire che in Russia non c'è proletariato in generale, ma soltanto che non c’è proletariato capitalistico. — Ah, sì? E allora perchè non avete detto questo? Qui appunto sta tutta la questione: il proletariato russo è il proleta- riato proprio dell’organizzazione borghese dell’economia sociale, o un qualunque CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO T 95 Noi, del resto, vedremo ancora più avanti che questa è una tattica costante e sistematica degli «amici del popolo»: chiudere farisaicamente gli occhi sulTintollerabile situazione dei lavoratori in Russia, dipingere questa situazione soltanto come un qualche cosa di « scosso » e assicurare che gli sforzi della « società colta » e del governo saranno sufficienti per rimettere tutto sulla giusta via. Questi paladini pensano che se essi chiudono gli occhi sul fatto che la situazione delle masse lavoratrici è cattiva, non perchè essa è « scossa », ma perchè le masse vengono spogliate da un pu- gno di spudorati sfruttatori, che se essi, a somiglianza dello struzzo, nascondono la testa per non vedere questi sfruttatori, que- sti sfruttatori spariranno* E quando i socialdemocratici dicono loro che aver paura di guardare in faccia la realtà è una vergo- gnosa codardia, quando essi prendono come punto di partenza il fatto dello sfruttamento e dicono che Tunica spiegazione possi- bile di questo sfruttamento sta nell’organizzazione borghese della società russa, che divide la massa del popolo in proletariato e borghesia, e nel carattere di classe dello Stato russo, il quale non è altro che l’organo di dominio di questa borghesia, e che per- ciò Vunica via di uscita è la lotta di classe del proletariato contro la borghesia, questi « amici del popolo » strillano che i socialdemo- cratici vogliono togliere la terra al popolo!! vogliono distruggere la nostra organizzazione economica popolare!! Giungiamo ora al punto più rivoltante di tutta questa «po- lemica », che è per lo meno indecente, e cioè alla « critica » (?) del- l’attività politica dei socialdemocratici da parte del signor Mi- khailovski. Tutti capiscono che Tattività dei socialisti e degli agi- tatori tra gli operai non può essere oggetto di un’onesta discus- sione nella nostra stampa legale, e che Tunica cosa che può fare in questo campo la stampa onesta sottoposta a censura è di « ta- cere con tatto». Il signor Mikhailovski ha dimenticato questa re- gola elementarissima e non si è fatto scrupolo di approfittare del altro proletariato? Di chi è la colpa se voi, in due intieri articoli, non avete detto neppure una parola su questa questione, la sola questione seria e importante, e avete preferito dire ogni sorta di sciocchezze e fare degli incomprcnsibili ragio- namenti da ubriaco? 196 LENIN suo monopolio della possibilità di rivolgersi al pubblico che legge per gettare fango contro i socialisti. Ciò nonostante, anche fuori del giornalismo legale, si troverà bene il mezzo di combattere questo critico senza scrupoli! « Per quel che io comprendo — dice con aria ingenua il signor Mikhailovski — i marxisti russi possono essere divisi in tre cate- gorie: i marxisti-spettatori (osservatori indifferenti del processo), i marxisti passivi (che « facilitano soltanto le doglie del parto », i quali « non s'interessano del popolo legato alla terra e rivolgono la loro attenzione e le loro speranze a coloro che sono già privati dei mezzi di produzione »), e i marxisti attivi (che si adoperano di' rettamente per un'ulteriore rovina delle campagne) ». Che cos’è questo?! Come può il signor critico ignorare che i marxisti russi sono dei socialisti che partono dalla concezione della realtà, secondo la quale la nostra società è una società capitalistica, e che vi è una sola via d’uscita da questa società: la lotta di classe del proletariato contro la borghesia? In che modo e con che pro- posito li confonde egli con una simile insensata banalità? Con che diritto (diritto morale, s’intende) estende egli l’appellativo di mar- xista a persone che non accettano evidentemente le tesi fonda- mentali e più elementari del marxismo, a persone che non sono mai scese in campo in nessun luogo come gruppo a sè, non hanno mai presentato in nessun posto un loro qualsiasi programma par- ticolare? Il signor Mikhailovski si è riservato tutta una serie di scap- patoie per giustificare tali metodi scandalosi. « Forse — ironizza egli con la leggerezza di un fatuo uomo di mondo — questi non sono dei veri marxisti, ma si consi- derano e si dichiarano tali ». Dove si sono dichiarati tali, e quando? Nei salotti liberali e radicali di Pietroburgo? In lettere private? Sia pure, ma allora parlate con loro nei loro salotti e nella vostra corrispondenza! Ma invece voi scendete in campo nella stampa, pubblicamente, contro degli uomini i quali (sotto la bandiera del marxismo) non si sono mai presentati pubblica- mente in nessun posto. E per giunta voi osate ancora dichiarare che polemizzate contro i «socialdemocratici», pur sapendo che questo appellativo appartiene unicamente a un solo gruppo di CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 197 socialisti rivoluzionari, e che non si può confondere con esso nes- sun altro gruppo! * Il signor Mikhailovski si dimena e si agita come uno studen- tello ginnasiale colto in fallo: io non centro per niente — si sforza di dimostrare al lettore — io « ho sentito con le mie orec- chie e ho visto con i miei occhi». Benissimo! Crediamo volentieri che davanti ai vostri occhi non ci sia che della gente banale e della canaglia, ma che cosa possiamo farci noi socialdemocratici? Chi non sa che « oggi, quando » non soltanto Fattività socialista, ma ogni attività sociale che abbia un minimo d'indipendenza e di onestà è fatta segno a persecuzioni politiche, per ogni persona la quale lavora effettivamente sotto l’una o l’altra bandiera — narodovolcestvo **, marxismo o, diciamo anche, costituzionalismo — si hanno alcune decine di chiacchieroni che nascondono sotto questi appellativi la loro viltà liberale e in più, forse, anche alcuni veri e propri mascalzoni che fanno i loro piccoli affari personali? Non è chiaro che bisogna essere scesi ben in basso per far colpa a una qualunque di queste correnti del fatto che la sua bandiera viene insozzata (e non pubblicamente nè aperta- mente) da ogni specie di canaglia? Tutta l’esposizione del signor Mikhailovski è una catena ininterrotta di travisamenti, di falsi- ficazioni e di deformazioni. Abbiamo visto sopra che le « verità » dalle quali partono i socialdemocratici sono state completamente travisate dal signor Mikhailovski, il quale le ha esposte come nessun marxista mai e in nessun posto le ha esposte e poteva esporle. E se egli avesse esposto la vera concezione dei socialde- • Mi soffermerò almeno su un’indicazione concreta che si trova negli scritti del signor Mikhailovski. Chiunque legga il suo articolo, dovrà convenire che il si- gnor Mikhailovski annovera tra i « marxisti » anche il signor Skvortsov (autore di Cause economiche delle carestie). E invece questo signore non si dà questo nome, ed è sufficiente la più elementare conoscenza delle opere dei socialdemocratici per capire che dal loro punto di vista egli è un volgarissimo borghese, e niente più. Che razza di marxista è questo, dal momento che non capisce che l’ambiente sociale, per il quale egli progetta i suoi progressi, è un ambiente borghese; che, per conse- guenza, ogni « miglioramento della cultura » davvero notevole, anche nell'azienda contadina, vuol dire progresso borghese che migliora la situazione della minoranza e proletarizza le masse! Che razza di marxista è questo, dal momento che non capisce che lo Stato, al quale egli si rivolge coi suoi progetti, è uno Stato di classe, capace soltanto di appoggiare la borghesia e di opprimere il proletariato! ** Da narodovoltsi: seguaci della Narodnaia Volta ( N.d.R .). 198 LENIN mocratici per ciò che riguarda la realtà russa non avrebbe potuto non vedere che soltanto in un modo è possibile « conformarsi » a queste concezioni, e cioè cooperando allo sviluppo della coscienza di classe del proletariato, organizzandolo e unificandolo per la lotta politica contro il regime attuale. Al signor Mikhailovski, del resto, è rimasta ancora una scappatoia. Con l’aria delFinnocenza offesa, egli alza gli occhi al cielo e dice mellifluamente: «Sono felicissimo di ascoltare questo, ma non capisco contro che cosa protestate» (proprio così egli dice nel n. 2 della Rwssf(Ote Bo- gatstvo ). «Leggete più attentamente il mio giudizio sui marxisti passivi, e vedrete che dico: dal punto di vista etico non si può obiettare nulla». E questo, s’intende, non è altro che una rimasticatura dei pre- cedenti pietosi sotterfugi. Dite un po’, per favore, come si chiamerebbe l’azione di un uomo il quale dichiarasse di criticare il populismo social-rivolu- zionario (prendo questo periodo non essendone ancora sorto un altro) e incominciasse a esporre delle cose press’a poco di questo genere : «I populisti, per quel che io comprendo, si dividono in tre categorie: i populisti conseguenti, i quali accettano interamente le idee del contadino e, in esatta conformità con i suoi desideri; generalizzano le verghe, l’abitudine di picchiare la moglie e in gene- rale applicano l’ignobile politica governativa della frusta e del bastone, che veniva pur chiamata politica popolare; poi, poniamo, i populisti vili, i quali non s’interessano delle opinioni dei con- tadini e tentano soltanto di trasportare in Russia un movimento rivoluzionario che le c estraneo, per mezzo dell’associazione, ecc., contro di che, del resto, dal punto di vista etico, non si può obiet- tare nulla, se non che la via è sdrucciolevole e può facilmente trasformare il populista vile in populista conseguente o audace; e, infine, i populisti audaci, i quali attuano in tutta la loro pie- nezza gli ideali popolari del contadino imprenditore, e perciò si mettono a coltivare la terra per esercitare in pieno la loro attività di contadini ricchi». Tutte le persone oneste direbbero, natural- mente, che si tratta di una beffa vile e volgare. E se, inoltre, colui che ha detto simili cose non potesse ricevere una smentita dai CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 1 99 populisti nella stessa stampa; se, inoltre, le idee di questi populisti fossero state esposte finora soltanto illegalmente, e per conseguenza molti non ne avessero un concetto esatto e potessero facilmente credere tutto ciò che loro si dice sul conto dei populisti, allora tutti converrebbero che una simile persona... D'altronde il signor Mikhailovski stesso non ha forse ancora del tutto dimenticato la parola che bisognerebbe mettere qui. Ma basta! Nel signor Mikhailovski ci sono ancora molte altre insinuazioni di questo genere, ma io non conosco lavoro più im- probo, più ingrato, più basso, che rimestare questo fango, racco- gliere le allusioni, lanciate a destra e a sinistra, metterle a con- fronto, cercare anche una sola obiezione seria. Basta! Aprile 1894 NOTA DEGLI EDITORI 4B Il lettore troverà nel testo delParticolo note in cui si accenna ad un ulteriore esame di alcune questioni, esame che poi in effetti manca. Il motivo è che il presente articolo costituisce solo la prima parte della risposta agli articoli della Russ\oie Bogatstvo sul mar- xismo. La scarsissima disponibilità di tempo ha impedito la pub- blicazione tempestiva di questo articolo, e, d’altra parte, non rite- niamo possibile un ulteriore indugio: ormai siamo già in ritardo di due mesi. Ecco perchè abbiamo deciso di pubblicare per il momento l’esame della « critica » del signor N. Mikhailovski, senza attendere che si finisca di pubblicare tutto l’articolo. Nella seconda e nella terza parte, che sono in preparazione, il lettore troverà, oltre all’esame accennato, anche l’analisi delle concezioni economico-sociali degli altri esponenti della Russ\oie Bogatstvo , signori Iugiakov e S. Krivenko, in relazione con lo studio della realtà economica della Russia e con « le idee e la tattica dei socialdemocratici » che ne scaturiscono. POSCRITTO ALLA PRESENTE EDIZIONE 47 La presente edizióne riproduce esattamente la prima. Del tutto estranei all’elaborazione del testo, abbiamo ritenuto di non aver il diritto di sottoporlo a una qualsiasi modifica, e ci siamo esclu- sivamente limitati al lavoro editoriale. Il motivo che ci ha spinto a intraprendere questo lavoro è stato la certezza che la presente opera contribuirà a ravvivare alquanto la nostra propaganda so- cialdemocratica. Poiché riteniamo che le convinzioni socialdemocratiche com- portino necessariamente la volontà di servire la causa di questa propaganda, proponiamo a tutti coloro che condividono le idee dell’autore del presente opuscolo di contribuire con tutti i mezzi (naturalmente, soprattutto con nuove edizioni) alla diffusione più larga possibile sia di quest’opera che, in generale, di tutti gli scritti della propaganda marxista. Il momento attuale è parti- colarmente propizio per un contributo del genere. L’attività della Russ\oic Bogatstvo assume nei nostri confronti un carattere sem- pre più provocatorio. La rivista, sforzandosi di paralizzare la dif- fusione delle idee socialdemocratiche nella società, è arrivata sino ad accusarci direttamente di essere indifferenti verso gli interessi del proletariato e di volere la rovina delle masse. Abbiamo Tau- dacia di pensare che con questi metodi la rivista non farà che danneggiare se stessa e preparare la nostra vittoria. Tuttavia, non si deve dimenticare che i calunniatori dispongono di tutti i mezzi materiali per dare una vastissima diffusione alle loro calunnie. Hanno a propria disposizione alcune migliaia di copie della ri- 202 LENIN vista, possono servirsi di sale di lettura e di biblioteche. Quindi, dobbiamo compiere il massimo sforzo per dimostrare ai nostri ne- mici che anche i vantaggi di una posizione privilegiata non sem- pre assicurano il successo delle insinuazioni. Esprimiamo la piena certezza che questo sforzo sarà compiuto. Luglio 1894 PARTE III Per concludere, facciamo la conoscenza del signor Krivenko, altro « amico del popolo » che dichiara guerra aperta ai social- democratici. Non analizzeremo, d’altronde, i suoi articoli ( A proposito degli intellettuali isolati nel n, 12 del 1893 e Lettere dalla strada sul n. 1 del 1894) come abbiamo fatto per i signori Mikhailovski e Iugiakov. L’analisi degli articoli di costoro era assolutamente indispensabile per rendersi conto chiaramente, nel primo caso, del contenuto delle loro obiezioni contro il materialismo e il mar- xismo in generale; nel secondo caso, delle loro teorie politico- economiche. Ora, per formarci un’idea completa degli « amici del popolo », dobbiamo esaminare la loro tattica, le loro proposte pratiche, il loro programma politico. In nessun luogo essi hanno esposto direttamente questo programma con la coerenza e la com- pletezza con cui hanno formulato le loro concezioni teoriche. Perciò sono costretto a desumerlo da vari articoli di una rivista che si distingue per una solidarietà tra i suoi collaboratori suffi- ciente a evitare contraddizioni. Mi atterrò di preferenza solo agli articoli summenzionati del signor Krivenko, sia perchè offrono una maggior mole di materiale, sia perchè il loro autore è il pra- tico, il politico tipico della rivista, così come il signor Mikhailovski è il sociologo e il signor Iugiakov l’economista. Tuttavia, prima di passare al loro programma, è assolutamente necessario soffermarsi ancora su di un punto teorico. Abbiamo vi- sto sopra come il signor Iugiakov se l’è cavata con frasi che non dicono nulla sull’affitto popolare su cui poggia l’economia popo- lare, ecc., nascondendo dietro a queste frasi la sua incomprensione 20 6 LENIN dell’economia dei nostri coltivatori. Egli non ha parlato dell’in- dustria artigiana, essendosi limitato ai dati sullo sviluppo della grande industria fondata sulle fabbriche e sulle officine. Ora il signor Krivenko ripete frasi del tutto analoghe sulle aziende industriali a carattere artigiano. Egli contrappone direttamente « la nostra industria popolare », vale a dire quella artigiana, all’in- dustria capitalistica (n. 12, pp. 180-181). «La produzione popo- lare [sic!] — egli dice — nella maggior parte dei casi nasce natu- ralmente », mentre l’industria capitalistica « viene creata del tutto artificialmente ». In un altro passo egli contrappone la « piccola industria popolare » a quella « grande, capitalistica ». Se doman- date in che cosa consiste la particolarità della prima, apprende- rete solo che essa è « piccola » * e che gli strumenti di lavoro sono uniti al produttore (prendo a prestito quest’ultima definizione dal succitato articolo del signor Mikhailovski). Ma certamente questo è ben lungi dal definire la sua organizzazione economica e, del re- sto, è completamente falso. Il signor Krivenko dice, per esem- pio, che « la piccola industria popolare fornisce tuttora una pro- duzione globale molto maggiore e occupa una manodopera molto più numerosa che non la grande industria capitalistica». L’au- tore allude, evidentemente, ai dati sul numero degli artigiani, che raggiungono i quattro milioni e, secondo un altro calcolo, i sette milioni. Ma chi non sa che la forma prevalente nell’eco- nomia delle nostre aziende artigiane è il sistema del lavoro a domicilio per conto della grande produzione? che la massa de- gli artigiani occupa nella produzione un posto niente affatto au- tonomo, ma del tutto dipendente, subordinato, che essa non la- vora materiale proprio, ma materiale del mercante, il quale non fa che pagare un salario all’artigiano? I dati sulla preponderanza di questa forma sono stati riportati anche da pubblicazioni legali. Citerò, per esempio, l’eccellente lavoro del noto stati- stico S. Kharizomenov, pubblicato sul Iuridicesfy Vicstni\ 48 • Potrete anche sapere qualcos’altro: « da essa si può sviluppare la vera (tic!) industria popolare », dice il signor Krivenko. Metodo abituale degli « amici del popolo » è di pronunciare frasi vuote, prive di significato, invece di caratte- rizzare con chiarezza e precisione la realtà. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 207 (1883, nn. 11 e 12). S. Kharizomenov, raccogliendo i dati pubbli- cati sulle nostre aziende artigiane dei governatorati centrali, dove sono più sviluppate, è giunto alla conclusione che è assoluta- mente prevalente il sistema del lavoro a domicilio per conto della grande produzione, vale a dire una forma industriale indubbia- mente capitalistica. « Nel determinare la funzione economica della piccola industria indipendente — egli dice — giungiamo alle seguenti conclusioni; nel governatorato di Mosca 1 * 86 , 5 % della cifra d’affari annua dellTndustria ‘artigiana è coperto dal lavoro a domicilio per conto della grande produzione, e solo il 13,5 % appartiene alla piccola industria indipendente. Nei distretti di Alexandrovsk e Pokrov del governatorato di Vladimir, il 96% della cifra d’affari annua dell’industria artigiana è coperto dal lavoro a domicilio e dalla manifattura, e solo il 4% appartiene alla piccola industria indipendente ». Nessuno, per quanto ci consta, ha tentato di confutare questi dati e, d’altronde, non è possibile confutarli. Come è possibile eludere e nascondere questi fatti, chiamare « popolare » questa in- dustria in opposizione a quella capitalistica e parlare della pos- sibilità che da essa si sviluppi la vera industria? La spiegazione di questa grossolana ignoranza dei fatti può essere una sola : la tendenza generale degli « amici del popolo », come di tutti i liberali della Russia, a dissimulare l’antagonismo delle classi e lo sfruttamento del lavoratore in Russia, presentando tutto questo come semplici « difetti ». Ma, è probabile, d’altronde, che un altro motivo sia costituito dalle profonde conoscenze in materia, sfoggiate, per esempio, dal signor Krivenko, quando chiama l’« industria dei coltelli di Pavlovo » « industria di ca- rattere semiartigiano ». È fenomenale vedere sino a qual punto gli « amici del popolo » snaturano i fatti! Come si può parlare qui di carattere artigiano, quando i produttori di coltelli di Pavlovo lavorano per il mercato e non su ordinazione? Non clas- sifica forse il signor Krivenko come artigianato il sistema per cui il mercante ordina all’artigiano gli articoli da inviare alla fiera di Nizni Novgorod? Questo è invero troppo divertente, ma non c’è dubbio, è proprio cosi. In realtà la produzione dei coltelli è quella 2o8 LENIN che meno ha conservato (rispetto alle altre produzioni di Pavlovo) la piccola forma artigiana coli l’indipendenza (apparente) dei produttori : « La produzione dei coltelli da tavola di fabbrica- zione artigiana * — dice N. F. Annenski — si avvicina già in mi- sura considerevole alla produzione di fabbrica o, più esattamente, manifatturiera » 49 . Dei 396 artigiani occupati nella produzione dei coltelli da tavola nel governatorato di Nizni-Novgorod, solo 62 (16%) lavorano per il mercato, 273 (69%) lavorano per il pa- drone ** *** e 61 (15%) come operai salariati. Di conseguenza, solo un sesto degli artigiani non è direttamente asservito all’impren- ditore. Per quanto riguarda un altro ramo della produzione dei coltelli — cioè la produzione dei coltelli a serramanico (tempe- rini) — esso, come dice lo stesso autore, « occupa una posizione intermedia fra i coltelli da tavola e le serrature: la maggior parte degli artigiani di questa zona lavorano già per un padrone, ma accanto a questi ce ancora un numero abbastanza elevato di ar- tigiani indipendenti che hanno rapporti col mercato ». Complessivamente, questo tipo di coltelli è prodotto da 2.552 artigiani nel governatorato di Nizni-Novgorod, il 48 % dei quali (1.236) lavora per il mercato, il 42% (1.058) lavora per un padrone e il io % (258) sono operai salariati. Quindi anche qui gli arti- giani indipendenti (?) sono in minoranza. Certo, anche quelli che lavorano per il mercato sono indipendenti solo in apparenza, e di fatto non sono meno asserviti al capitale degli s\upstciì(i . Se prendiamo i dati relativi alle aziende artigiane di tutto il distretto di Gorbatov del governatorato di Nizni-Novgorod, nel quale 21.983 lavoratori, vale a dire 1 ’S^5% di tutti i lavoratori sono occupati in queste aziende, avremo le cifre seguenti (dati • La più importante di tutte, fornendo prodotti per 900 mila rubli su un ammontare globale di 2.750.000 rubli, valore della produzione complessiva di Pavlovo. ** Vale a dire per il mercante, che fornisce agli artigiani il materiale e cor- risponde loro per il lavoro un normale salario. *** Gli originali economisti russi, misurando il capitalismo russo dal numero degli operai di fabbrica (sic!), includono senza tante cerimonie questi lavoratori e un'infinità di altri lavoratori analoghi fra la popolazione occupata nell’agri- coltura, che subirebbe non il giogo del capitale, ma le pressioni artificiali sul «regime popolare» (???!!). CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 209 precisi suireconomia artigiana ne esistono solo per 10.808 operai occupati nelle aziende metallurgiche, nelle concerie, nelle selle- rie, nelle gualchiere, nei canapifici): il 35,6% degli artigiani lavora per il mercato; il 46,7% lavora per il padrone e il 17,7% è costituito da operai salariati. In questo modo, vediamo anche qui la preponderanza del sistema del lavoro a domicilio per conto della grande produzione, la preponderanza di quei rapporti che implicano V asservimento del lavoro al capitale. Se gli « amici del popolo » eludono con tanta disinvoltura fatti di questo genere, questo accade anche perchè nella loro con- cezione del capitalismo non vanno oltre l’idea logora e volgare se- condo cui capitalista è l’imprenditore ricco e istruito che gestisce una grande azienda meccanizzata, e non vogliono tener conto del contenuto scientifico di questo concetto. Nel capitolo prece- dente abbiamo visto come il signor Iugiakov faccia nascere di- rettamente il capitalismo dalla industria meccanizzata, saltando la cooperazione semplice e la manifattura. Questo è un errore largamente diffuso, che, fra l’altro, conduce anche a ignorare l’or- ganizzazione capitalistica delle nostre aziende artigiane. Ovviamente il sistema del lavoro a domicilio per conto della grande produzione è una forma industriale capitalistica; incon- triamo qui tutte le sue caratteristiche: l’economia mercantile già in una fase avanzata di sviluppo, la concentrazione dei mezzi di produzione nelle mani di singoli, l’espropriazione della massa de- gli operai, che non hanno mezzi propri di produzione e perciò applicano il lavoro ai mezzi di produzione altrui, non lavorano per se, ma per il capitalista. Evidentemente, per quanto riguarda l’organizzazione dell’azienda artigiana, si tratta di capitalismo puro; la sua peculiarità rispetto alla grande industria meccaniz- zata è costituita dall’arretratezza tecnica (che si spiega soprattutto con il salario infimo) e dal fatto che gli operai conservano una piccolissima azienda agricola. Quest’ultima circostanza turba par- ticolarmente gli « amici del popolo », abituati a pensare, come si addice a dei veri metafisici, per antitesi nette e immediate : « sì, sì; no, no. Tutto ciò che va al di là di questo è opera del maligno ». Operai senza terra: capitalismo; posseggono terra: non c’è 15 - 572 210 LENIN capitalismo; ed essi si rinchiudono in questa filosofia rassicurante, perdendo di vista tutta l’organizzazione sociale deireconomia, di- menticando il fatto generalmente noto per cui il possesso della terra non elimina affatto l’inumana povertà di questi proprietari terrieri, sottoposti alla spoliazione più sfacciata da parte di altri « contadini », anch’essi proprietari terrieri. A quanto pare, essi non sanno nemmeno che il capitalismo non è riuscito in nessun luogo, nelle fasi di sviluppo relativa- mente inferiori, a staccare completamente l’operaio dalla terra. Per quanto riguarda l’Europa occidentale, Marx ha enunciato la legge secondo cui solo la grande industria meccanizzata espro- pria definitivamente l’operaio. Si comprende perciò che le argo- mentazioni correnti sull’assenza del capitalismo nel nostro paese, fondate sulla considerazione che « il popolo possiede la terra », sono prive di qualsiasi significato, perchè il capitalismo della coo- perazione semplice e della manifattura non è stato accompagnato mai e in nessun luogo dal distacco completo del lavoratore dalla terra, pur senza cessare affatto per questo, s’intende, di essere capitalismo. Per quanto riguarda la grande industria meccanizzata in Russia — e questa forma viene assunta rapidamente dalle bran- che più grandi e importanti della nostra industria — essa anche da noi, nonostante tutta la nostra originalità, presenta le stesse caratteristiche che ha in tutto il restante Occidente capitalistico, e ormai non tollera più assolutamente che l’operaio mantenga il le- game con la terra. Questo fatto è stato dimostrato, fra l’altro, da Dementiev 60 con precisi dati statistici, dai quali egli (del tutto indipendentemente da Marx) ha tratto la conclusione che la pro- duzione meccanizzata è inscindibilmente legata al distacco com- pleto del lavoratore dalla terra. Questa indagine ha dimostrato una volta di più che la Russia è un paese capitalistico, che in essa il legame del lavoratore con la terra è così debole e fantomatico, e il potere di chi possiede (del detentore di denaro, dellaccapar- ratore, del contadino ricco, dell’industriale, ecc.) è già così solido, che è sufficiente ancora un solo passo della tecnica perchè il « con- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 21 1 tadino » (? ? che vive da tempi remoti vendendo la sua forza-la- voro) si trasformi in operaio puro *. Tuttavia, Tincomprensione deirorganizzazione economica delle nostre aziende artigiane da parte degli «amici del popolo» è ben lontana dal limitarsi a questo. Anche le loro idee sulle aziende artigiane in cui non si lavora « per un padrone » sono non meno superficiali del loro modo di concepire il coltivatore (come abbiamo già visto sopra). È ben naturale, d’altronde, che questo accada, quando comin- ciano a emettere giudizi su questioni politico-economiche dei si- gnori, i quali, a quanto pare, sanno solo che al mondo esistono mezzi di produzione che « possono » essere uniti ai lavoratori, e questo è molto bene; ma che «possono» anche essere separati dal lavoratore, e questo è molto male. Con queste premesse non si va lontano. Il signor Krivenko, argomentando sulle aziende artigiane, che si trasformano in capitalistiche e su quelle che non si trasformano in capitalistiche (dove « può esistere liberamente la piccola produ- zione »), accenna, fra l’altro, al fatto che in alcune branche « le spese fisse di produzione » sono irrisorie e perciò ivi è possibile la piccola produzione. Come esempio, egli cita la produzione dei mattoni, il cui costo può essere 15 volte inferiore alla cifra d’af- fari annua delle fornaci. Siccome questa è forse Tunica indicazione concreta delTautore (come ripeto, il tratto più caratteristico della sociologia soggettiva è che essa teme di definire e analizzare direttamente e con pre- cisione la realtà, librandosi preferibilmente nella sfera degli « idea- li »... della piccola borghesia), la esamineremo per dimostrare quanto sia falsa l’idea che gli « amici del popolo » hanno della realtà. Troviamo la descrizione delTindustria dei mattoni (produzione dei mattoni con argilla bianca) nella statistica economica dello zemstvo di Mosca ( Miscellanea , voi. VII, parte I, sez. 2, ecc.) # Il sistema del lavoro a domicilio per conto della grande produzione è non solo un sistema capitalistico, ma c anzi il peggiore sistema capitalistico, che unisce il più intenso sfruttamento del lavoratore alla minima possibilità per gli operai di condurre la lotta per la propria emancipazione. 15* 212 LENIN Quest’industria è concentrata principalmente in tre volost del di- stretto di Bogorodskoie, dove si trovano 233 aziende con 1.402 operai (567 familiari * = 41 %, e 835 salariati, vale a dire il 59%) e una produzione annua pari a 357 mila rubli. Quest’industria è nata molto tempo fa, ma si è particolarmente sviluppata negli ultimi quindici anni, grazie alla costruzione della ferrovia, che ha considerevolmente facilitato le vendite. Prima della costru- zione della ferrovia, occupava il primo posto la produzione di tipo familiare, che oggi cede il passo allo sfruttamento del lavoro sala- riato. Anche in questa industria i piccoli imprenditori sono costretti a dipendere dai grandi per quanto riguarda lo smercio: a causa della « mancanza di mezzi finanziari », i primi vendono ai secondi i mattoni sul posto (talvolta « grezzi », non cotti), a prezzi terri- bilmente bassi. Tuttavia, abbiamo la possibilità di conoscere anche l’organiz- zazione di quest’industria al di fuori di questa dipendenza, gra- zie al censimento degli artigiani per famiglia, che troviamo in ap- pendice alla rassegna statistica, dove è indicato il numero degli operai e Tammontare della produzione annua per ogni azienda. Per indagare se è applicabile a questa industria la legge se- condo cui l’economia mercantile è economia capitalistica, vale a dire si trasforma inevitabilmente in essa a un certo grado di svi- luppo, dobbiamo confrontare le aziende in base alle loro dimen- sioni: la questione consiste precisamente nel rapporto fra piccole e grandi aziende per quanto riguarda la loro funzione nella produ- zione e lo sfruttamento del lavoro salariato. Assunto come base il numero degli operai, dividiamo le aziende degli artigiani in tre ca- tegorie: 1) aziende che hanno da 1 a 5 operai (familiari e salariati presi assieme); 2) aziende che hanno da 6 a io operai e 3) aziende che hanno più di io operai. Se si mettono a confronto le dimensioni delle aziende, la com- posizione degli operai e il volume della produzione in ogni gruppo, si ottengono i dati seguenti : • Per operai « familiari », in conti apposizione ai salariati, s’intendono i mem- bri attivi delle famiglie artigiane. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 213 Categorìe di aziende artigiane in base al numero degli operai Numero medio degli operai per azienda % Produzione annua di un operaio Distribuzione percentuale Cifre assolute aziende con operai salariati operai salariati 0 “O a h *5 « operai volume della produzione numero delle aziende* numero degli operai volume della produzione (in rubli) 167 476 I. da 1 a S op. 2.8 25 19 251 72 34 34 43 92 119.500 43 317 IL da 7 a 10 op. 7,3 90 58 249 18 23 22 39 186 79.000 23 609 III. più di IO op. 26,4 100 91 260 10 43 44 23 557 isa.soo In complesso 6 45 59 254 100 100 100 233 Tòs 1402 835 357.000 Esaminate questa tabella e vedrete l’organizzazione borghese o, il che è lo stesso, capitalistica dell’industria : nella misura in cui le aziende diventano più grandi, cresce la produttività del lavoro ** (la categoria intermedia costituisce un’eccezione), si accentua lo sfruttamento del lavoro salariato ***, aumenta la concentrazione della produzione ****. La terza categoria, che fonda quasi interamente la sua attività economica sul lavoro salariato, — con il 10% del numero com- plessivo delle aziende — , copre il 44% dell’ammontare globale della produzione. Questa concentrazione dei mezzi di produzione nelle mani di una minoranza, connessa con l’espropriazione della maggioranza (operai salariati), ci spiega precisamente sia la dipendenza dei • Il denominatore indica il numero delle aziende con operai salariati e il numero degli operai salariati. Lo stesso valga per la tabella seguente. ••Nella prima categoria un operaio produce airanno per 251 rubli; nella seconda per 249 rubli; nella terza per 260 rubli. ••• Le aziende con operai salariati rappresentano nella prima categoria il 25 %, nella seconda il 90 % e nella terza il 100 %; gli operai salariati rispettivamente il 19 % il 58 % e il 91 % •••• La prima categoria con il 72 % delle aziende fornisce il 34 % della produzione; la seconda con il 18% fornisce il 22%; la terza con il 10% delle aziende fornisce il 44 % della produzione. 214 LENIN piccoli produttori dagli s\upstci\i (i grandi industriali sono anche degli s\upstciki\ sia lo stato di oppressione cui è soggetto il lavoro in questa industria. Noi vediamo quindi che la causa dell’espro- priazione del lavoratore e del suo sfruttamento risiede nei rap- porti stessi di produzione. I socialisti-populisti russi, come noto, erano di opinione con- traria, ritenendo che la causa dell’oppressione del lavoro nelle aziende artigiane non risiedesse nei rapporti di produzione (che si proclamavano fondati su un principio che esclude lo sfrutta- mento), ma al di fuori di essi, nella politica, precisamente nella politica agraria, monetaria, ecc. Ci si domanda: su che cosa si reg- geva e continua a reggersi questa opinione, che oggi è quasi in- veterata come un pregiudizio? Forse sul fatto che dominava una diversa concezione dei rapporti di produzione nell’industria arti- giana? Niente affatto. Quest’opinione si regge solo grazie alla mancanza di un qualsiasi tentativo di definire con precisione ed esattezza le forme di organizzazione economica effettivamente esistenti ; si regge solo grazie al fatto che non si distinguono spe- cificamente e non si sottopongono a un’analisi autonoma i rap- porti di produzione. In una parola: quest’opinione si regge solo grazie all 'incomprensione dell’unico metodo scientifico della scienza sociale, vale a dire del metodo materialistico. Diviene ora com- prensibile anche il filo del ragionamento dei nostri vecchi socialisti. Per quanto riguarda le aziende artigiane, essi attribuivano la causa dello sfruttamento a fenomeni al dì fuori dei rapporti di produzione; per quanto riguarda il grande capitalismo di fabbrica e di officina, essi non potevano non vedere che qui la causa dello sfruttamento sta precisamente nei rapporti di produ- zione. Ne risultava una contraddizione inconciliabile, una discor- danza; non si capiva che cosa potesse dare origine a questo grande capitalismo, dal momento che nei rapporti di produzione (che non venivano esaminati!) delle aziende artigiane non cera nulla di capitalistico. La conclusione è ovvia: non comprendendo il legame dell’industria artigiana con quella capitalistica, si con- trappone la prima, come « popolare », alla seconda, come « artifi- ciale >. Fa la sua apparizione l’idpa del contrasto fra il capitalismo e il nostro « regime popolare », idea che è così largamente diffusa CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 215 e che ancora recentemente è stata propinata al pubblico russo, in edizione riveduta e corretta, dal signor Nikolai-on. Quest’idea si regge solo sulla forza dell’abitudine, nonostante tutta la sua feno- menale illogicità: si presenta il capitalismo di fabbrica e di officina come effettivamente è, e l’industria artigiana come « potrebbe es- sere»; si definisce il primo sulla base dell’analisi dei rapporti di produzione e la seconda senza nemmeno tentare di esaminare se- paratamente i rapporti di produzione e trasferendo direttamente la questione nel campo della politica. È sufficiente intraprendere l’analisi di questi rapporti di produzione per vedere che il « regi- me popolare » presenta proprio quegli stessi rapporti di produ- zione capitalistici, sebbene in uno stadio non sviluppato, em- brionale, per vedere che se si abbandona l’ingenuo pregiudizio di considerare tutti gli artigiani eguali fra loro e si esprimono esat- tamente le differenze esistenti nella loro massa, la differenza tra il «capitalista» di fabbrica e d’officina e T« artigiano » risulterà talvolta minore della differenza tra un « artigiano » e l’altro; per vedere che il capitalismo non rappresenta una contraddizione del « regime popolare », ma la sua diretta , piu prossima e immediata continuazione e il suo sviluppo . Si troverà forse che l’esempio citato non è adatto; si dirà forse che in questo caso è in generale troppo elevata # la percen- tuale degli operai salariati. Ma il fatto è che qui non hanno alcuna importanza le cifre assolute, bensì contano i rapporti che esse rive- lano, rapporti sostanzialmente borghesi e che non cessano di essere tali tanto là dove il carattere borghese si manifesta in modo molto accentuato, quanto là dove si manifesta in modo poco accentuato. Se volete, porterò un altro esempio — scelto deliberatamente là dove il carattere borghese è poco accentuato — , citerò cioè (dal libro del signor Isaiev sull’artigianato nel governatorato di Mosca) l’industria della ceramica, « una industria puramente domestica », come dice il signor professore. Quest’industria, senza dubbio, può considerarsi rappresentativa delle piccole aziende industriali dei contadini: la tecnica è la più semplice, i dispositivi meccanici sono • Questo non è vero per le aziende del governatorato di Mosca, ma per le aziende meno sviluppate delle altre regioni della Russia può anche esser giusto. 2 t 6 LENIN i più modesti, la produzione fornisce oggetti indispensabili e di uso corrente* Ed ecco che, grazie al censimento degli artigiani per fuoco, con gli stessi dati utilizzati nel caso precedente, abbiamo la possibilità di studiare anche ['organizzazione economica di que- st’industria, che senza dubbio è già del tutto tipica per tutia la stragrande massa delle piccole aziende « popolari » russe. 1 )ivi- diamo gli artigiani in tre categorie, collocando nella 1 quelli che hanno da i a 3 operai (familiari e salariati presi assieme), nella II quelli che hanno 4-5 operai, nella III quelli che hanno più di 5 ope- rai, ed esaminiamo i risultati come nel caso precedente: Categorie di azienda artigiane in haae al numero degli operai bC * I *> U * TI £ 1 °/« « 3.2 Distribuzione percentuale Cifre osBolute Numero medio operai per azi aziende con operai salariati 3 'C e 'a 5 U CL, o 4 k. V «1 0. a o i ? 'o ’V £ aziende operai volume della produzione numero delle aziende numero deeli operai volu - della produzione (in rubli) I. da 1 a 3 op. 2*4 39 19 468 60 38 36 72 2B 174 33 81.500 II. da 4 a 5 op. 4.3 48 20 498 27 32 32 33 16 144 T9 71.800 III. più di 5 op. 8,4 1 100 65 533 13 30 32 16 16 134 87 71.500 In complesso 1 3,7 49 33 497 100 100 100 121 60 452 149 224.800 Evidentemente, anche in questa industria — e di tali esempi se ne potrebbero citare a volontà — i rapporti sono borghesi: osserviamo la medesima disgregazione sul terreno delPeconomia mercantile, e si tratta proprio di una disgregazione specificamente capitalistica, che conduce allo sfruttamento del lavoro salariato, sfruttamento che ha già una funzione predominante nel gruppo superiore, dove quasi 1 /s di tutta la produzione è concentrata in 1 /b di tutte le aziende, che occupano il 30% degli operai e hanno una prodifttività del lavoro considerevolmente superiore alla me- dia. Questi rapporti di produzione sono già di per se sufficienti a spiegarci resistenza e la forza degli s^upstci^i. Noi vediamo come una minoranza, che possiede le aziende più grandi e red- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 217 ditizie e ricava un reddito « netto » dal lavoro altrui (nella ca- tegoria superiore dei vasai un’azienda occupa 5,5 operai salariati), accumula « risparmi », mentre la maggioranza va in rovina e nemmeno i piccoli padroni (senza parlare poi degli operai sala- riati) riescono a sbarcare il lunario. È ovvio e inevitabile che que- sti ultimi siano asserviti dai primi; è inevitabile precisamente per il carattere capitalistico di questi rapporti di produzione. Questi rapporti consistono nel fatto che il prodotto del lavoro sociale organizzato dall’economia mercantile va a finire nelle mani di privati, e nelle loro mani serve come strumento per opprimere e asservire il lavoratore, come mezzo di arricchimento personale attraverso lo sfruttamento della massa. E non crediate che questo sfruttamento, quest’oppressione, siano attenuati per il fatto che questo carattere dei rapporti è ancora debolmente sviluppato, che l'accumulazione del capitale , che procede di pari passo con la ro- vina dei produttori, è irrisoria. Esattamente l’opposto. Ciò conduce solo a forme più brutali, feudali, di sfruttamento, fa sì che il capi- tale, pur non essendo ancora in grado di subordinare direttamente a se l’operaio, acquistandone semplicemente la forza-lavoro al suo valore, avvolga il lavoratore in tutta una rete di vessazioni usu- rarie, Io leghi a se con metodi da kulak e, come risultato, lo spogli non solo del plusvalore, ma di una parte notevolissima del salario, e per di più lo inchiodi, privandolo della possibilità di cambiare « padrone », lo schernisca, imponendogli di considerare come un beneficio il fatto che esso gli « dà » (sic!) lavoro. È ovvio che nessun operaio acconsentirebbe mai a cambiare la sua posizione con quella dell’artigiano russo « indipendente » nella « vera » industria « po- polare». È pure ovvio che tutti i provvedimenti prediletti dai ra- dicali russi 0 non toccano affatto lo sfruttamento del lavoratore e il suo asservimento al capitale, restando esperimenti isolati ( artel ), 0 peggiorano la situazione dei lavoratori (inalienabilità dei nadiel ), oppure, infine, non fanno che epurare, sviluppare e consolidare 1 rapporti capitalistici esistenti (miglioramento della tecnica, cre- diti, ecc.). Gli « amici del popolo », del resto, non potranno mai capaci- tarsi del fatte che neH’industria contadina, con le sue condizioni generali di miseria, con le dimensioni relativamente irrisorie delle 2l8 LENIN sue aziende, con una produttività del lavoro estremamente bassa, con una tecnica primitiva e un piccolo numero di operai salariati, ci sia il capitalismo. Essi non sono minimamente in grado di com- prendere che il capitale è un determinato rapporto fra gli uomini, un rapporto che rimane tale nonostante il maggiore o minore grado di sviluppo delle categorie confrontate. Gli economisti bor- ghesi non hanno mai potuto capirlo: essi hanno sempre sollevato obiezioni contro una tale definizione del capitale. Ricordo che sulla Russ\aia Mysl uno di essi, parlando del libro di Sieber (sulla teoria di Marx), citò questa definizione (il capitale è un rapporto) facen- dola seguire da indignati punti esclamativi. Il tratto più caratteristico dei filosofi borghesi è di prendere per eterne e naturali le categorie del regime borghese; perciò essi definiscono il capitale, per esempio, come lavoro accumulato che serve a una produzione futura, vale a dire lo definiscono come una categoria eterna per la società umana, mascherando in questo modo la formazione economica particolare, storicamente deter- minata in cui questo « lavoro accumulato », organizzato dall’eco- nomia mercantile, va a finire in mano a chi non ha lavorato e serve per sfruttare il lavoro altrui. Perciò, nei loro scritti, invece dell’analisi e dello studio di un determinato sistema di rapporti di produzione, s’incontra una serie di banalità, applicabili a. qualsiasi ordinamento, alternate con le effusioni sentimentali della morale piccolo-borghese. Ma guardate un po’: perchè gli «amici del popolo» chiamano «popolare» quest’industria, perchè la contrappongono all’indu- stria capitalistica? Solo perchè questi signori sono ideologi della piccola borghesia e non sono nemmeno in grado d’immaginare che questi piccoli produttori vivono e svolgono la loro attività economica nel sistema dell economia mercantile (per questo li chiamo piccoli borghesi), e che i loro rapporti col mercato li di- vidono inevitabilmente e necessariamente in borghesia e prole- tariato. Provate a studiare l’organizzazione effettiva delle nostre industrie «popolari», invece di chiacchierare su quel che «può» venirne fuori, c vedremo se saprete trovare in Russia una branca minimamente sviluppata , dell’industria artigiana, che non sia organizzata capitalisticamente . CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 219 E se non convenite che gli elementi necessari e sufficienti a ca- ratterizzare questo concetto sono la monopolizzazione dei mezzi di produzione nelle mani di una minoranza, la liberazione da questi mezzi della maggioranza e lo sfruttamento del lavoro sala- liato (o, parlando in generale, l’appropriazione da parte di privati del prodotto del lavoro sociale organizzato dall’economia mercan- tile: questa è l’essenza del capitalismo), allora abbiate la cortesia di dare la « vostra » definizione e di fare la « vostra » storia del ca- pitalismo. In realtà l’organizzazione della nostra industria artigiana « popolare » illustra egregiamente la storia generale dello sviluppo del capitalismo. Essa ce ne mostra con chiarezza l’origine, l’em- brione, per esempio, nella forma della cooperazione semplice (ca- tegoria superiore dell’industria della ceramica); ci mostra poi come i « risparmi » accumulati nelle mani di singoli, grazie all’economia mercantile, diventano capitale , monopolizzando dapprima la ven- dita (« s\upstci\i » e commercianti), dato che solo i detentori di questi « risparmi » hanno i mezzi indispensabili per la vendita alPingrosso, che permettono di attendere la realizzazione delle merci su mercati lontani; ci mostra come, inoltre, questo capitale mercantile asservisce la massa dei produttori e organizza la mani- fattura capitalistica, il sistema del lavoro a domicilio capitalistico per conto della grande produzione; infine come l’espansione del mercato e l’intensificarsi della concorrenza conducono allo sviluppo della tecnica, e come questo capitale mercantile diventa industriale e organizza la grande produzione meccanizzata. E quando questo capitale, dopo essersi fatto le ossa e aver asservito milioni di la- voratori, intiere regioni, incomincia, ormai direttamente e senza limitazione, a premere sul governo, trasformandolo in un proprio servitore, allora i nostri intelligenti « amici del popolo » si la- mentano perchè « si introduce il capitalismo », perchè lo « si crea artificialmente »! Non ce che dire, se ne sono accorti in tempo! In questo modo il signor Krivenko, con le sue frasi sull’indu- stria popolare, vera, giusta, ecc., ha tentato molto semplicemente di nascondere il fatto che le nostre aziende artigiane non rappre- sentano che il capitalismo in differenti fasi del suo sviluppo. Ab- 220 LENIN biamo conosciuto già abbastanza questi metodi nel signor Iugia- kov, il quale, invece di studiare la riforma contadina, ha detto parole altisonanti sullo scopo fondamentale del celebre mani- festo, ecc.; invece di studiare Taffittanza, 1* ha chiamata popolare; invece di studiare come si forma il mercato interno del capita- lismo, ha filosofeggiato sulla sua rovina inevitabile causa Tinesi- stenza di mercati, ecc. Per mostrare fino a qual punto i signori « amici del popolo » snaturano i fatti, mi soffermerò ancora su un altro esempio *. I no- stri filosofi soggettivisti ci elargiscono così raramente riferimenti precisi ai fatti, che sarebbe ingiusto trascurare uno dei loro riferi- menti più precisi, e cioè quello del signor Krivenko (n. i del 1894) ai bilanci dei contadini di Voroniez. Qui possiamo, serven- doci come esempio dei dati da essi stessi scelti, convincerci in modo lampante se della realtà abbiano una concezione più giusta i radicali e gli « amici del popolo » russi, oppure i socialdemo- cratici russi. Il signor Stcerbina, statistico dello zemstvo di Voroniez, pub- blica, in appendice alla sua descrizione deHeconomia contadina del distretto di Ostrogozsk, 24 bilanci di aziende contadine tipiche, commentandoli nel testo**. Il signor Krivenko riporta questo commento, senza vedere o, meglio, non volendo vedere che un simile metodo è del tutto inadeguato per descrivere leconomia dei nostri contadini colti- vatori. Il fatto è che questi 24 bilanci descrivono aziende com- pletamente diverse, vale a dire aziende agiate, medie e povere, come rileva lo stesso signor Krivenko (p. 159); però egli, come il signor Stcerbina, si serve solo di cifre medie , che mettono insie- * Sebbene questo esempio si riferisca alla disgregazione della popolazione contadina, di cui si è già detto molto, ritengo necessario analizzare i loro propri datiy per mostrare con chiarezza come sia una spudorata menzogna l’affermazione secondo cui i socialdemocratici s’interesserebbero non della realtà, ma di « previsioni del futuro », e come agiscano ciarlatanescamente gli « amici del popolo » eludendo, nella polemica con noi, la sostanza delle nostre idee e cavandosela con frasi prive di senso. •• Raccolta di dati statìstici sul governatorato di Voroniez , voi. II. parte II. L’economia contadina nel distretto di Ostrogozs\> Voroniez, 1887. I bilanci sono in appendice, a pp. 42-49. Il commento è contenuto nel capitolo XVIII: Com- posizione e bilanci delle aziende contadine. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 221 me i tipi più diversi di proprietari, e in questo modo maschera completamente la loro disgregazione. Eppure la disgregazione dei nostri piccoli produttori è un fatto così universale, così importante (sul quale i socialdemocratici attirano già da tempo l’attenzione dei socialisti russi. Cfr. le opere di Plekhanov), che si delinea con assoluta chiarezza perfino in un numero limitato di dati come quelli scelti dal signor Krivenko. Quando parla àtWazienda dei contadini, invece di dividere questi ultimi in categorie secondo le dimensioni delle loro aziende, secondo il tipo di gestione azien- dale, egli li divide, come fa anche il signor Stcerbina, nelle categorie giuridiche di ex contadini dello Stato ed ex contadini dei grandi proprietari fondiari, rivolgendo tutta l’attenzione alla grande agia- tezza dei primi rispetto ai secondi, e trascura il fatto che all’interno di queste categorie le differenze tra i contadini sono molto mag- giori delle differenze fra le categorie *. Per dimostrarlo, divido que- sti 24 bilanci in tre gruppi: a) distinguo a parte 6 contadini agiati, poi b) 11 contadini medi (nn. 7-10, 16-22 di Stcerbina) e c) 7 con- tadini poveri (nn. 11-15, 23-24 dei bilanci della tabella di Stcer- bina). Il signor Krivenko dice, per esempio, che gli ex contadini dello Stato spendono 541,3 rubli per azienda, mentre gli ex con- tadini dei grandi proprietari fondiari ne spendono 417,7. Ma egli tralascia di considerare che questa spesa è ben lungi daH’essere identica per i diversi contadini: fra gli ex contadini dello Stato c’è, per esempio, il contadino che sostiene una spesa di 84,7 rubli e quello che sostiene la spesa decupla di 887,4 rubli (anche la- sciando in disparte il colono tedesco che ha una spesa di 1.456,2 rubli). Quale significato può avere la media ricavata dalla somma di queste grandezze? Se prendiamo la divisione per categorie da me proposta, troviamo che la spesa per azienda del contadino agiato è in media di 855,86 rubli, del contadino medio di 471,61 ru- bli e del contadino povero di 223,78 rubli **. # Indubbiamente l’azienda del contadino che vive esclusivamente della sua attività agricola e tiene dei braccianti è di un tipo completamente diverso da quella del contadino che fa il bracciante e ricava dall'attività bracciantile i */» del suo guadagno. Ma fra questi 24 coltivatori ce ne sono degli uni e degli altri. Giudicate voi stessi che razza di « scienza » ne verrà fuori, se metteremo insieme braccianti e padroni che tengono dei braccianti e utilizzeremo la media generale! # *Le oscillazioni del numero dei membri della famiglia media sono molto inferiori: a) 7,83; b) 8,36; c) 5,28 persone per famiglia. 222 LENIN La differenza corrisponde airincirca al rapporto 4:2:1. Proseguiamo. Il signor Krivenko, sulle orme di Stcerbina, cita Tammontare della spesa occorrente per soddisfare le esigenze per- sonali delle diverse- categorie giuridiche di contadini: gli ex contadini dello Stato, per esempio, per l’alimentazione spendono annualmente in vegetali 13,4 rubli a persona, e gli ex contadini dei grandi proprietari 12,2 rubli. Invece, secondo le categorie economiche, le cifre danno: a) 17,7; b) 14,5 e c) 13,1. Gli ex con- tadini dei grandi proprietari fondiari spendono per la carne e i latticini 5,2 rubli a persona; gli ex contadini dello Stato 7,7 rubli. Secondo le categorie economiche abbiamo: 11,7; 5,8; 3,6. È evi- dente che il calcolo per categorie giuridiche non fa che ma- scherare le enormi differenze e niente più. È evidente perciò che non ha il minimo valore. Gli ex contadini dello Stato hanno un reddito superiore del 53,7% a quello degli ex contadini dei grandi proprietari, dice il signor Krivenko: secondo la media generale (su 24 bilanci) si ha la somma di 539 rubli e, secondo queste cate- gorie, rispettivamente oltre 600 rubli e circa 400 rubli. Invece, secondo le categorie economiche, il reddito è così distribuito : a) 1.053,2 rubli: b) 473,8 rubli; c) 202,4 rubli, vale a dire le oscilla- zioni non si esprimono nel rapporto di 3: 2, ma in quello di io: 2. «Il valore-capitale delle aziende contadine è di 1.060 rubli per gli ex contadini dello Stato e di 635 rubli per gli ex contadini dei grandi proprietari», dice il signor Krivenko. Secondo le catego- rie* abbiamo: a) 1737,91 rubli; b) 786,42 rubli e c) 363,38 rubli; anche qui le oscillazioni non si esprimono nel rapporto di 3 : 2, ma in quello di io : 2. L’autore, ripartendo i « contadini » in catego- rie giuridiche, non ha la possibilità di dare un’idea esatta dell’eco- nomia di questi « contadini ». Se consideriamo le aziende dei diversi tipi di contadini secondo la condizione economica, vediamo che le famiglie agiate hanno in media un'entrata di 1.053,2 rubli e un'uscita di 855,86 rubli, • Particolarmente grandi sono le differenze riguardo alle ( scorte: in me- dia il valore delle scorte è di 54,83 rubli per azienda. Ma per i contadini agiati è il doppio, cioè di 111,80 rubli, e per i contadini poveri si riduce a un terzo: 16,04 rubli. Per i contadini medi è di 48,44 rubli. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 22 3 vale a dire hanno un reddito netto di 197,34 rubli. Una famiglia media ha un’entrata di 473,8 rubli e un’uscita di 471,61 rubli, vale a dire un reddito netto di 2,19 rubli per azienda (senza contare poi i debiti e le imposte arretrate); evidentemente questa famiglia stenta a sbarcare il lunario: su ii aziende 5 sono in deficit. Il gruppo inferiore, quello dei contadini poveri, gestisce l’azienda in perdita netta: l’entrata è di 202,4 rubli, l’uscita di 223,78 rubli; il deficit è quindi di 21,38 rubli *. È evidente che se mettiamo insieme queste aziende e prendiamo la media generale (reddito netto di 44,11 rubli), snaturiamo completamente la realtà. Tra- scureremmo allora (come fa il signor Krivenko) il fatto che tutti e sei i contadini agiati, che ricavano un reddito netto, tengono dei braccianti (8 uomini), fatto che ci chiarisce il carattere della loro azienda agricola (diventano farmers ), la quale assicura loro un reddito netto e li esonera quasi completamente dalla, necessità di ricorrere ai « mestieri ». Questi padroni (presi assieme) coprono con i mestieri solo il 6,5% del loro bilancio (412 rubli su 6.319,5), e questi mestieri — secondo un’indicazione del signor Stcerbina — consistono nel « trasporto con carri » o persino nell'* accaparra- mento delle pecore», vale a dire, non solo non testimoniano uno stato di dipendenza, ma, al contrario, presuppongono lo sfrutta- mento degli altri (soprattutto nell’ultimo caso: i «risparmi» accu- mulati si trasformano in capitale mercantile). Questi padroni hanno quattro aziende industriali che procurano loro 320 rubli (il 5 %) di reddito **. L’azienda dei contadini medi è di tipo diverso: essi, come ab- biamo visto, stentano a sbarcare il lunario. L’agricoltura non copre il loro fabbisogno e il 19% delle loro entrate proviq/ne dai cosid- detti mestieri. L’articolo del signor Stcerbina ci dice di che specie siano questi mestieri, che sono specificati per 7 proprietari : solo per due si tratta di lavoro artigiano indipendente (sarto e carbonaio); gli altri 5 vendono la loro forza-lavoro (« se ne va nei prati a falciare », « lavora come operaio in una distilleria », • È interessante osservare che il bilancio dei braccianti — 2 su 7 proprietari poveri — si chiude senza deficit: 99 rubli di entrata e 93,45 rubli di uscita per famiglia. Un solo bracciante riceve dal padrone il vitto, il vestiario e le calzature. • # Cfr. Appendice I (p. 305 del presente volume) (N.d.R,). 224 LENIN « lavora a giornata nel periodo della mietitura », « va a fare il pa- store », « ha lavorato in un’azienda locale »). Sono già semicon- tadini, semioperai. Le occupazioni ausiliarie li staccano dalla loro azienda, che è in questo modo condannata definitivamente alla rovina. Per quanto riguarda i contadini poveri, essi coltivano ormai la terra in perdita netta; aumenta ancor più nel bilancio l’importanza dei «mestieri» (da cui ricavano il 24% delle entrate), e questi mestieri si riducono quasi interamente (tranne che per un solo proprietario) alla vendita di forza-lavoro. Per due di essi i « me- stieri » (bracciantato) prevalgono, dando i 2 /3 dell’entrata. Risulta con chiarezza che ci troviamo di fronte ad una profonda disgregazione dei piccoli produttori, i cui gruppi superiori passano alla borghesia e quelli inferiori al proletariato. È evidente che, limitandosi alle medie generali, questo non si vede, e non ci si può fare una giusta idea dell’economia nelle campagne. Solo servendosi di queste medie fittizie l’autore ha potuto applicare il suo metodo. Per determinare la posizione di queste aziende tipiche rispetto all’azienda contadina normale del distretto, il signor Stcerbina raggruppa i contadini in base alla superficie dei loro nadìel y e ne risulta che le 24 aziende prese in esame supe- rano (in media) per il loro tenore di vita di circa 1 /s il livello del- l’azienda media del distretto. Questo calcolo non si può consi- derare soddisfacente, sia perchè fra questi 24 proprietari si ri- scontrano differenze enormi, sia perchè il raggruppamento in base alla superficie dei nadiel occulta la disgregazione della popola- zione contadina. L’affermazione dell’autore secondo cui « il nadiel è la causa fondamentale del benessere » del contadino è del tutto errata. Tutti sanno che la ripartizione «egualitaria» della terra all’interno àtXYobstcina non impedisce affatto ai membri della co- munità che non posseggono nemmeno un cavallo di abbandonare la terra, di cederla, di trasferirsi altrove e di trasformarsi in pro- letari, e ai contadini che posseggono molti cavalli di prendere in affìtto grandi estensioni di terra e di condurre una grande azienda redditizia. Se prendiamo, per esempio, i nostri 24 bilanci, vediamo che un solo contadino ricco, che ha un nadiel di 6 desiatine, ri- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 22 5 cava un reddito complessivo di 758,5 rubli; un contadino medio, con un nadiel di 7,1 desiatine, ricava 391,5 rubli; e un contadino povero, con un nadiel di 6,9 desiatine, 109,5 rubli. In generale, abbiamo visto che il rapporto delle entrate dei diversi gruppi è di 4:2:1, mentre il rapporto tra i nadiel è di 22,1:9,2:8,5, pari a 2,6: 1,08:1. Questo è del tutto comprensibile, perchè noi vediamo, per esempio, che i contadini agiati, i cui nadiel hanno una superficie di 22,1 desiatine per fuoco, prendono in affitto altre 8,8 desiatine, mentre i contadini medi, con un nadiel più piccolo (9,2 desiatine), ne prendono in affitto di meno, e cioè 7,7 desiatine, e i contadini poveri, con un nadiel di dimensioni ancora minori (8,5 desiatine), prendono in affitto appena 2,8 desiatine *. Perciò, quando il signor Krivenko dice: «Purtroppo i dati riportati dal signor Stcerbina non possono servire come indici precisi dello stato generale delle cose, non solo del governatorato, ma nemmeno del distretto », si può solo rispondere che non possono servire come indici soltanto quando si fa ricorso al metodo errato di calcolare le medie comples- sive (ed è questo il metodo al quale il signor Krivenko non do- veva ricorrere); mentre in linea generale, i dati del signor Stcerbina sono cosi esaurienti e preziosi da permettere di trarre giuste con- clusioni; se il signor Krivenko non le ha tratte, non c’è motivo di incolpare il signor Stcerbina. Quest’ultimo, per esempio, a p. 197, raggruppa i contadini non in base alla superficie dei loro nadiel , ma in base al bestiame da lavoro, vale a dire secondo un criterio economico e non giu- ridico; questo raggruppamento dà il pieno diritto di dire che i rapporti fra le diverse categorie delle 24 aziende tipiche in esame corrispondono perfettamente ai rapporti dei differenti gruppi eco- nomici in tutto il distretto. Ecco il raggruppamento : ** # Certo, non voglio dire che i dati concernenti 24 aziende possano da soli smentire l’aflermazione della fondamentale importanza delle terre dei nadiel. Ma sopra sono stati citati dati relativi ad alcuni distretti che la smentiscono com- pletamente *\ ## Il confronto delle 24 aziende tipiche con le categorie di aziende in tutto il distretto è stato fatto impiegando gli stessi metodi con i quali il signor Stcer- bina ha confrontato la media delle 24 aziende con i vari gruppi secondo la superficie dei nadiel. 16 - 572 22Ó LENIN Distretto di Ostrogozs\ del governatorato di Vòroniez Grappi di capifamiglia secondo il bestiame da lavoro Numero Ogni famiglia possiede famiglia media (numero dei membri) °/o delle famiglie 1 A u a * 'eu e 0 *2 ■0 & u a .a 8 2 ■° 8 dS bb 'a, 4 0 terra (desiat.) c<5n braccianti con aziende commerciali - industriali senza casa senza lavoratore che non coltivano la terra V U 8 m a 5 « nadiel presa in affitto I, senza bestiame da lavoro 8.728 26,0 0,7 6.2 0,2 4,6 0,6 4,0 9,5 16,6 41,6 98,5 IL con nn capo di be- stiame da lavoro . 10.510 31,3 3,0 9,4 1,3 5,7 1,4 5,4 1.4 4,9 2,9 2,5 III. con 2-3 capi di be- stiame da lavoro . 11.191 33,3 6,8 13,8 3,6 7,7 8,3 12,3 0,4 1,3 0,4 — IV. con 4 e più capi di bestiame da lavoro 3.152 9.4 14,3 21,3 12,3 111,2 1 25,3 34,2 0,1 0,4 ì 0,3 1 In complesso ||33.5B1 100,0 4.4 11,2 1 2,5 6,7 5,7 10,0 | 3,0 6,3 11,9 23,4 / bract danti 0.5 7,2 0 4,5 su 24 aziende 1 cont. poveri i 2,8 *8.7 3,9 5,6 tipiche * ** 1 ;; medi 8.1 9,2 7,7 8,3 agiati 13,5 |22,1 ; 8,8 7,8 In complesso 7.2 12,2 6.6 I 7 ' 3 * Qui, dal gruppo contadini poveri sono stati separati due braccianti (nn. 14 e 15 dei bilanci di Stcerbina), sicché restano solo 5 contadini poveri. ** A proposito di questa tabella non si può non osservare che anche qui vediamo esattamente lo stesso aumento della quantità della terra affittata paral- lelamente all’aumento dell’agiatezza, nonostante l'aumento della superficie del nadiel. In questo modo i dati di ancora un altro distretto confermano rerroneità del concetto che il nadiel ha un’importanza fondamentale. Al contrario, vediamo che in rap- porto a tutta la proprietà terriera del gruppo considerato la quota rappresentata dal nadiel diminuisce a mano a mano che aumenta l’agiatezza del gruppo. Met- tendo insieme la terra del nadiel e quella affittata c calcolando la percentuale della terra del nadiel rispetto a questa somma otteniamo i dati seguenti, divisi per gruppi: I) 96,8%; II) 85,0%; III) 79,3%; IV) 63,3 %. E questo fenomeno ò del tutto comprensibile. Noi sappiamo che dall’epoca della riforma affrancatrice in Russia la terra è divenuta una merce. Chi ha denaro può sempre comprare terra: anche la terra del nadiel sii deve comprare. È evidente che ì contadini agiati concentrano la terra nelle loro mani, e che questa concentrazione si ma- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO IT] Non cc alcun dubbio che, in generale, le 24 aziende tipiche sono superiori al tipo medio dell’azienda contadina del distretto. Ma se noi, invece di queste medie fittizie, prendiamo le categorie economiche, avremo la possibilità di fare un confronto. Noi vediamo che nelle aziende tipiche i braccianti sono un po’ al di sotto dei capifamiglia che non hanno bestiame da lavoro, ma sono molto vicini a loro. I contadini poveri si avvicinano note- volmente a coloro che hanno un capo di bestiame da lavoro (se il bestiame è inferiore di 0,2 — i contadini poveri ne hanno 2,8 e i contadini con un solo cavallo ne hanno 3 — per contro tutta la terra, sia quella del nadiel che quella affittata è un po’ di più: 12,6 desiatine rispetto a 10,7). I contadini medi sono pochissimo al di sopra dei contadini con 2-3 capi di bestiame da lavoro (hanno qualche animale di più e un po’ meno di terra), e i contadini agiati nifesta più fortemente nell'acuto, in seguito alle limitazioni medioevali che ostacolano la circolazione della terra dei nadiel. Gli « amici del popolo », fa- vorevoli a tali limitazioni, non capiscono che questa insensata misura reazionaria non fa che peggiorare la situazione dei contadini poveri: rovinati, privi di attrezzi, i contadini devono in ogni caso cedere la loro terra, e il divieto di effet- tuare questa cessione (o vendita) avrà come conseguenza che i contadini cederanno la loro terra di nascosto e, quindi, in condizioni peggiori per il cedente, oppure che i contadini poveri la cederanno gratuitamente a una «associazione», vale a dire pur sempre ai kulak. Non posso non citare qui il ragionamento profondamente giusto di Gurvic su questa famigerata «inalienabilità»: « Per orientarci in questa questione, dobbiamo vedere chi è colui che acquista le terre dei contadini. Abbiamo visto che solo una piccola parte degli appez- zamenti della terra cctvcrtnaia 52 è stata acquistata dai mercanti. In linea generale, i piccoli appezzamenti venduti dai nobili vengono acquistati solo dai contadini. Per conseguenza, la questione riguarda i rapporti fra i soli contadini e non colpisce gli interessi nè della nobiltà, nè della classe dei capitalisti. È molto pro- babile che in simili casi sarà vantaggioso per il governo jusso gettare un’elemosina ai populisti. Questa strana combinazione {mé salita nce) della tutela patriarcale orientale ( orientai paternalism) con una specie di degenere proibizionismo so- cialista statale susciterà certamente l’opposizione proprio di coloro che si vogliono beneficare. Giacché il processo di disgregazione nelle campagne si svolge, evi- dentemente, all’interno, e non all’esterno, l’inalienabilità della terra contadina equivarrà molto semplicemente all’espropriazione gratuita dei contadini poveri a favore dei membri ricchi d zW'obstcina. « Osserviamo che la percentuale dei coloni fra i contadini cetvertnyie , che avevano il diritto di alienare la loro terra, è considerevolmente più elevata di quanto non sia fra gli ex contadini dello Stato con possesso fondiario all’interno del- Xobstcina'. precisamente, nel distretto di Ranienburg (governatorato di Riazan) la 16 * 228 LENIN si avvicinano a quelli che hanno 4 e più capi di bestiame da lavoro, essendo leggermente al di sotto di essi. Per conseguenza ci è lecito trarre la conclusione che, complessivamente, nel distretto almeno un decimo dei contadini conducono un'azienda agricola ra- zionale, redditizia, e non hanno bisogno di occupazioni ausiliarie. (È importante osservare che questo reddito si esprime in denaro e, per conseguenza, presuppone il carattere mercantile deiragricoltura) Essi gestiscono l’azienda servendosi, in notevole misura, di operai salariati: almeno un quarto delle famiglie tengono braccianti fissi, ma non si sa quante famiglie assumano anche dei giornalieri. Nel distretto, inoltre, più della metà dei capifamiglia sono poveri (circa sei decimi: contadini senza cavallo e con un solo ca- vallo, 26% + 31,3% = 57,3%), gestiscono l'azienda in netta perdita e quindi vanno in rovina, subendo un'espropriazione costante e ininterrotta. Essi sono costretti a vendere la loro forza-lavoro, per cui circa un quarto dei contadini vive già assai più di lavoro salariato che dell’esercizio delFagricoltura. I rimanenti percentuale dei coloni fra i primi era del 17 % e fra i secondi del 9 %. Nel distretto di Dankov fra i primi era del 12 % e fra i secondi del 5 %. Da che cosa deriva questa differenza? Un esempio concreto servirà come spiegazione: « ” Nel 1881 una piccola obsteina di 5 capifamiglia, ex servi della gleba di Grigorov, abbandonò il villaggio di Bighildino (distretto di Dankov). Essa ven- dette le sue 30 desiatine di terra a un contadino ricco per 1.500 rubli. Nel loro vecchio villaggio i coloni non avevano di che tirare avanti e la maggior parte erano operai stagionali" ( Raccolta di dati statistici , parte II, pp. 115, 247). Se- condo i dati del signor Grigoriev (Le migrazioni dei contadini del governatorato di Riazatt ), 300 rubli — prezzo di un appezzamento contadino medio di 6 desia- tine — erano sufficienti perchè una famiglia contadina potesse impiantare una azienda agricola nella Siberia meridionale. In questo modo, un contadino com- pletamente rovinato avrebbe avuto la possibilità, venduto il suo pezzetto di terra del- Yobstcina contadina, di diventare coltivatore in un nuovo paese. Il rispetto per le sacre usanze degli antenati non avrebbe potuto resistere a questa tentazione, se la misericordiosissima burocrazia non vi si fosse opposta. * Naturalmente verrò accusato di pessimismo, come ini si è accusato di recente per le mie opinioni sulle migrazioni dei contadini (Sieverni Viestni 1892, n. 5, arti- colo di Bogdanovski). Di solito si ragiona su per giù come segue: ammettiamo che la cosa sia presentata in perfetta corrispondenza con la vita ouale in realtà essa è, tuttavia le conseguenze nocive (delle migrazioni) si manifestano a causa delle condizioni anormali dei contadini. In condizioni normali le obiezioni (contro le migrazioni) ” non avrebbero valore Ma per disgrazia queste condizioni dav- vero " anormali ” si sviluppano spontaneamente, e i benefattori dei contadini non hanno il potere di creare condizioni ” normali " » (op. cit., p. 137) CHE COSA SONO OLI AMICI DEL POPOLO 229 sono contadini medi che alla meno peggio conducono la loro azien- da con un deficit permanente, ricorrendo alle occupazioni ausiliarie, e sono quindi privi di un minimo di stabilità economica. Mi sono soffermato deliberatamente con tanta minuzia su questi dati per mostrare come il signor Krivenko deformi la realtà. Senza pensarci su due volte, egli prende le medie generali e ci lavora sopra : è ovvio che il risultato sarà non solo fittizio, ma un vero e proprio falso. Abbiamo visto, per esempio, che un solo contadino agiato (fra i bilanci tipici) con il suo reddito netto (+ 197 , 34 ) copre i deficit di nove famiglie povere ( — 21,38 X 9 = — 192,42), sicché il 10% dei contadini ricchi del distretto non solo copre il deficit del 57 % dei contadini poveri, ma dà anche una certa eccedenza. E il signor Krivenko, ricavando dal bilancio me- dio di 24 aziende questa eccedenza di 44,14 rubli — e detraendo i debiti e gli arretrati si scende a 15,97 rubli, — prova perciò sempli- cemente la « decadenza » dei contadini medi e dei contadini che si trovano sotto la inedia. In realtà si può parlare di decadenza forse solo a proposito dei contadini medi *, ma, per quanto riguarda la massa dei contadini poveri, assistiamo già a una vera e propria espropriazione , accompagnata per di più dal concentramento dei mezzi di produzione nelle mani di una minoranza che possiede aziende relativamente grandi e solide. Per avere ignorato quest’ultima circostanza, l’autore non ha potuto rilevare nemmeno il seguente tratto, molto interessante, di questi bilanci: essi dimostrano concordemente che la disgrega- zione della popolazione contadina crea il mercato interno . Da un lato, andando dal gruppo superiore a quello inferiore, cresce firn- portanza del reddito dei mestieri (6,5 % - 18,8% - 23,6% del bilancio complessivo per i contadini agiati, medi, e poveri), vale a dire soprattutto del provento della vendita della forza- lavoro. Dall’altro lato, andando dai gruppi inferiori verso quelli superiori, aumenta il carattere mercantile (anzi: borghese } come abbiamo visto) dell’agricoltura, cresce la percentuale del grano •Anche questo non è molto esatto, perche !a decadenza presuppone la perdita temporanea e fortuita della stabilità, mentre i contadini medi, come abbiamo visto, si trovano sempre in una posizione instabile, sull’orlo della rovina. 230 LENIN alienato; il reddito dell’agricoltura per tutte le categorie di capi- famiglia e il seguente: a ) b) c) • Il denomi- natore indica la parte monetaria del reddito *, che ammonta ri- spettivamente al 45,9%, al 28,3%, al 25,4%, andando dalla cate- goria superiore verso quella inferiore. Qui vediamo di nuovo con chiarezza come i mezzi di pro- duzione, dai quali vengono separati i contadini espropriati, si trasformano in capitale . È comprensibile che da un materiale utilizzato — o meglio deformato — in questo modo, il signor Krivenko non abbia potuto trarre giuste conclusioni. Dopo aver descritto, sulla base di quanto gli ha detto un contadino di Novgorod, suo compagno di scompartimento durante un viaggio in ferrovia, il carattere monetario delleconomia contadina di quei luoghi, egli è stato costretto a trarre la giusta conclusione che precisamente questa situazione, la situazione creata dalleconomia mercantile, « forma » «particolari capacità», genera una preoccupazione: «ottenere il raccolto (falciatura del fieno) al minor costo », « vendere al prezzo più alto» (p. 156)** *** . Questa situazione è come una « scuola, «che risveglia [davvero!] e stimola le capacità commerciali». «Si ri- velano ingegni dai quali vengono fuori i Kolupaiev, i Derunov e i vampiri d’altro nome* 3 **, mentre gli ingenui e i sempliciotti re- * Per calcolare il reddito monetario dell’agricoltura (Stcerbina non lo cal- cola) si è dovuto ricorrere a operazioni abbastanza complesse. È stato necessario detrarre dal reddito globale dei cereali il reddito della paglia e della pula, occorrenti, come dice l’autore, per assicurare il foraggio al bestiame. In effetti, l’autore nel capitolo XVIII li detrae, ma solo per i totali di tutto il distretto e non per i dati delle 24 aziende. Sulla base dei suoi totali ho determinato la per- centuale di reddito del grano (in relazione al reddito cerealicolo globale, vale a dire del grano, della paglia e della pula), detraendo in questo caso la paglia e la pula. Questa percentuale è per la segala del 78,98 %, per il frumento del 72*67 %, per l’avena e l’orzo del 73,32 %, per il miglio e il grano saraceno del 77,78 %. La quantità del grano venduto è stata poi determinata detraendo la quantità consumata nella propria azienda. ** « Si deve assumere il lavoratore al minor costo e ricavarne un van- taggio », dice del tutto giustamente il signor Krivenko nel medesimo passo. *** Signor Iugiakov, che cosa succede? Il vostro compagno dice che dagli «in- gegni » vengon fuori i « vampiri », mentre voi asserite che gli uomini diventano tali solo quando posseggono un «intelletto acritico». Signori, questo non va: sulla stessa rivista contraddirsi a vicenda! CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 231 stano indietro, decadono, vanno in rovina e passano nelle file dei braccianti » (p. 156). I dati relativi a un governatorato che si trova in condizioni del tutto diverse — si tratta del governatorato agricolo di Voroniez — conducono alle stesse conclusioni. Sembrerebbe che la questione sia abbastanza chiara: si delinea con precisione il sistema dell’eco- nomia mercantile come base fondamentale delleconomia del paese in generale e « AcWobstcina » «dei contadini» in particolàre, si delinea anche il fatto che questa economia mercantile, e precisa- mente essa , scinde il « popolo » e i « contadini » in proletariato (vanno in rovina, passano nelle file dei braccianti) e in borghesia (vampiri), vale a dire si trasforma in economia capitalistica. Ma gli « amici del popolo » non osano mai guardare in faccia la realtà e chiamare le cose con il loro nome (sarebbe troppo « rigido »)! E il signor Krivenko argomenta: « Alcuni trovano questo ordinamento del tutto naturale [si dovrebbe aggiungere: una conseguenza del tutto naturale del ca- rattere capitalistico dei rapporti di produzione. Allora si darebbe un’idea esatta delle opinioni di questi « alcuni » e non sarebbe più possibile cavarsela di fronte a queste opinioni con delle frasi vuote, ma si dovrebbe analizzare a fondo la questione. L’autore, dal momento che non si è proposto lo scopo specifico di com- battere questi « alcuni », ha dovuto egli stesso riconoscere che l’eco- nomia monetaria è precisamente la « scuola » dalla quale escono i vampiri « di ingegno » e i braccianti « ingenui »] e vedono in esso la missione che il capitalismo porterà ineluttabilmente a termine. [Ma certo! Ritenere che si debba condurre una lotta decisa contro la « scuola » e contro i « vampiri » che spadroneg- giano in essa coi loro servitori amministrativi e intellettuali signi- fica ritenere ineluttabile il capitalismo. Viceversa, lasciare pienamen- te intatta la « scuola » capitalistica con i vampiri e voler eliminare con mezze misure liberali i suoi prodotti capitalistici significa essere un vero «amico del popolo»!] Noi consideriamo la que- stione in modo alquanto diverso. Senza dubbio il capitalismo as- solve l’importante funzione che abbiamo indicato sopra [è appunto il riferimento succitato alla scuola dei vampiri e dei braccianti] ; tuttavia non si può dire che la sua funzione sia così universale e 2 3 2 LENIN decisiva da poter affermare che nei mutamenti che si verificano nel- l’economia nazionale non ci siano altri fattori, e in avvenire nes- sun’altra via d’uscita » (p. 160). Guardate un po’! Invece di dare una diretta ed esatta definizio- ne del regime attuale, invece di rispondere in modo preciso alla do- manda: perchè i «contadini» si dividono in vampiri e braccianti, il signor Krivenko se la cava con frasi che non dicono nulla. « Non si può dire che la funzione del capitalismo sia decisiva ». La questione consiste precisamente tutta nello stabilire se questo si possa o non si possa dire. Per difendere la vostra opinione, voi dovreste indicare quali altre cause « decidono » la questione, quale altra « via d’uscita » ci può essere oltre a quella indicata dai socialdemocratici, consistente nella lotta di classe del proletariato contro i vampiri*. Ma non viene data nessuna indicazione. Oppure forse l’autore prende per un’indicazione proprio ciò che segue? Per quanto possa essere comico, dagli « amici del popolo » ci si deve aspettare tutto. «Vanno in rovina, come abbiamo visto, prima di tutto le aziende deboli, che hanno poca terra », e precisamente i nadiel infe- riori a 5 desiatine. « Le aziende tipiche dei contadini dello Stato che hanno nadiel di 15,7 desiatine, si distinguono per la loro sta- bilità... Veramente, per realizzare queste entrate (reddito netto di 80 rubli) essi prendono in affitto altre cinque desiatine, ma questo indica solo che ciò è loro necessario ». A che cosa si riduce questa « correzione », che mette in rapporto il capitalismo con la famosa « scarsità di terra»? Alla conseguenza che chi ha poco perde anche questo, mentre gli abbienti (che posseggono 15,7 desiatine) acquistano ancora di più**. Ma questo non è che un vuoto giro di parole per dire che alcuni vanno in • Se per il momento si dimostrano capaci di comprendere l’idea della lotta di classe del proletariato contro la borghesia solo gii operai di fabbrica e d’of- ficina della città — c non i braccianti « ingenui e sempliciotti » della campagna — , vale a dire precisamente coloro che hanno perduto quelle belle qualità così strettamente legate alle « basi secolari » c allo « spirito dell’oèr/c/ntf », questo non fa che dimostrare la giustezza della teoria dei socialdemocratici circa l’azione progressiva, rivoluzionaria del capitalismo russo. •• Non parlo poi dell’assurda concezione per cui i contadini che possiedono nadiel di eguale superficie sono egyali fra loro e non si dividono anch’essi in c vampiri » e « braccianti ». CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 2 33 rovina e altri si arricchiscono!! È ora di abbandonare queste frasi senza contenuto sulla scarsità di terra, che non spiegano nulla (perchè la terra del nadicl non viene data gratuitamente, ma viene venduta al contadino) e si limitano a descrivere il processo, e per di più lo descrivono in modo inesatto, perchè non si deve parlare solo della terra, ma dei mezzi di produzione in generale e non del fatto che i contadini ne hanno « pochi », ma del fatto che i contadini ne vengono liberati , che essi vengono espropriati dal capitalismo in sviluppo* «Non vogliamo affatto dire — conclude i suoi filosofemi il signor Krivenko — che l’agri- coltura debba e possa, in tutte le condizioni, rimanere ” naturale ” e isolata dall’industria di trasformazione [ancora frasi! Non siete stato costretto or óra a riconoscere che già esiste la scuola del- l’economia monetaria, la quale presuppone lo scambio e, per conseguenza, la separazione delFagricoltura dall’industria di tra- sformazione? A che prò questo nuovo minestrone di potere e dovere?], ma diciamo solo che è irrazionale creare artificialmente un’industria separata [è interessante sapere se è « separata » l’in- dustria di Kimry e di Pavlovo, e da chi, come e quando è stata «creata artificialmente»], che la separazione del lavoratore dalla terra e dagli strumenti di produzione non avviene solo sotto l’in- fluenza del capitalismo, ma anche di altri fattori che la precedono e la favoriscono ». Qui, probabilmente, si parte di nuovo dal profondo presupposto secondo cui, se il lavoratore viene separato dalla terra che passa al vampiro, questo accade perchè il primo ha « poca » terra, men- tre il secondo ne ha « molta ». E una simile filosofia accusa i socialdemocratici di « grettezza », quando essi vedono la causa decisiva nel capitalismo!... Mi sono soffermato ancora una volta in modo così particolareggiato sulla disgregazione dei contadini e degli artigiani precisamente perchè era necessario chiarire a fondo il modo come i socialdemocratici concepiscono la questione e come la spiegano. È stato necessario mostrare in qual modo gli stessi fatti che al sociologo soggettivista rivelano come i contadini si sono « impoveriti », mentre « caccia- tori » e « vampiri » « hanno ammassato profitti a proprio van- taggio », al materialista rivelano la disgregazione borghese dei LENIN -vi produttori di merci, disgregazione necessariamente provocata dalla forza della stessa economia mercantile. È stato necessario mostrare su quali fatti è fondata TafTermazione (citata sopra, nella I parte *) che in Russia la lotta degli abbienti contro i nullatenenti si svolge dappertutto, non solo nelle fabbriche e nelle officine, ma anche nel più sperduto villaggio, e dappertutto questa lotta è una lotta della borghesia e del proletariato, i quali si formano sul terreno del- Teconomia mercantile. La disgregazione dei nostri contadini e dei nostri artigiani, il loro distacco dall’agricoltura, che si può descri- vere con esattezza grazie aireccellente documentazione fornita dalle statistiche degli zemstvo , dà precisamente la prova concreta della giustezza della concezione socialdemocratica della realtà russa, secondo cui il contadino e Partigiano rappresentano il pic- colo produttore nel significato « categorico » della parola, vale a dire il piccolo borghese . Quest’affermazione può essere definita il punto centrale della teoria del socialismo operaio rispetto al vecchio socialismo contadino, che non ha capito nè la situazione creata dall’economia mercantile in cui vive questo piccolo produt- tore, nè la sua disgregazione capitalistica su questo terreno. E, per- ciò, chi volesse seriamente criticare la socialdemocrazia dovrebbe concentrare la sua argomentazione precisamente su questo punto, mostrare che la Russia, politicamente ed economicamente, non è un sistema di economia mercantile, che la disgregazione dei contadini non avviene su questo terreno, che l’espropriazione della grande massa della popolazione e lo sfruttamento del lavo- ratore possono essere spiegati da qualcos’altro e non dall’organiz- zazione borghese, capitalistica della nostra economia sociale (com- presa quella contadina). Provate dunque, signori! Esiste poi un altro motivo per cui ho scelto proprio i dati sul- l’economia contadina e artigiana per illustrare la teoria socialde- mocratica. Se avessi criticato le concezioni degli « amici del po- polo » limitandomi a confrontare le loro idee con le idee marxiste, questo avrebbe significato abbandonare il metodo materialistico. È necessario anche spiegare le idee « populiste », mostrarne il so- Cfr. p. 189 del presente volume CHE COSA SONO GEI AMICI DEL POPOLO 2 35 strato materiale nei nostri attuali rapporti sociali ed economici. Le tabelle e gli esempi che illustrano l’economia dei nostri contadini e dei nostri artigiani ci fan vedere che cos’è questo « contadino », del eguale gli « amici del popolo » vogliono essere gli ideologi. Essi provano il carattere borghese dell’economia delle nostre campagne e in questo modo confermano che è giusto classificare gli « amici del popolo» fra gli ideologi della piccola borghesia. Anzi: essi provano che fra le idee e i programmi dei nostri radicali e gli interessi della piccola borghesia esiste il legame più stretto. Questo legame, che sarà ancora più chiaro dopo Tanalisi particolareggiata del programma, ci spiega appunto la vasta diffusione di queste idee radicali nella nostra «società»; spiega magnificamente anche il servilismo politico degli « amici del popolo » e lo zelo con cui accolgono i compromessi. C’era, infine, un altro motivo di soffermarsi così particolareg- giatamente proprio sulPeconomia di quegli aspetti della nostra vita sociale in cui il capitalismo è meno sviluppato e dove abi- tualmente i populisti hanno attinto il materiale per le loro teo- rie. Con lo studio e la descrizione di questa economia è stato facilissimo rispondere circostanziatamente a una delle obiezioni più diffuse contro la socialdemocrazia, che circolano fra il nostro pubblico. I nostri radicali, partendo dall’idea corrente del con- trasto fra il capitalismo e il « regime popolare » e vedendo che i socialdemocratici considerano il grande capitalismo un fenomeno progressivo su cui vogliono precisamente appoggiarsi per combat- tere Todierno regime di spoliazione, accusano, senz’altre argo- mentazioni, i socialdemocratici di ignorare gli interessi della massa della popolazione contadina, di voler « cuocere ogni contadino nella caldaia della fabbrica», ecc. Tutti questi ragionameli si fondano appunto sul metodo stra- ordinariamente illogico e bizzarro di giudicare il capitalismo per quello che esso è nella realtà, e la campagna per quello che « può essere ». È comprensibile che il modo migliore di rispondere è quello di mostrare loro la campagna reale , la sua reale economia. Chiunque consideri spassionatamente, con spirito scientifico, questa economia, dovrà riconoscere che la Russia contadina si presenta come una rete di piccoli mercati sparsi (o di piccole fra- LENIN IÉ. zioni del mercato centrale), che dirigono la vita economica c so- ciale di piccole zone separate. E in ciascuna di queste zone noi vediamo tutti i fenomeni che sono propri in generale di un’orga- nizzazione economico-sociale regolata dal mercato : vediamo la disgregazione dei produttori diretti di tipo patriarcale, un tempo eguali, in ricchi e poveri, vediamo la nascita del capitale , soprat- tutto di quello commerciale, che avvolge nelle sue spire il lavora- tore spremendone tutte le energie. Quando confrontate il quadro che i nostri radicali fanno dell’azienda contadina con i dati precisi delle fonti originali sulla vita economica delle campagne, vi colpisce il fatto che nel sistema di concezioni criticato non c’è posto per la massa dei piccoli commercianti che brulicano su ognuno di questi mercati, di tutti questi Scibai, Ivasc, o come altri- menti chiamano costoro i contadini delle diverse località, di tutta la massa dei piccoli sfruttatori che spadroneggiano sui mercati, che opprimono spietatamente il lavoratore. Di solito vengono sempli- cemente messi da parte: «questi — si dice — non sono più con- tadini, ma commercianti». Sì, avete perfettamente ragione: questi « non sono più contadini ». Ma provate a raccogliere in un gruppo separato tutti questi « commercianti », vale a dire, parlando il lin- guaggio preciso dell’economia politica, coloro che gestiscono una azienda commerciale, e che, sia pure parzialmente, si oppropriano il lavoro altrui; provate a esprimere con dati precisi la forza econo- mica di questo gruppo e la sua funzione nell’economia generale del- la zona; provate poi a raggruppare all’estremità opposta tutti gli altri, anch’essi « non più contadini », che portano sul mercato la loro forza-lavoro, che non lavorano per sè, ma per un altro; provate a os- servare queste norme elementari dell’indagine scria e spassionata, e otterrete un quadro così vivo della disgregazione borghese, che del mito del « regime popolare » rimarrà solo il ricordo. Questa massa di piccoli sfruttatori rurali rappresenta una forza terribile, terribile soprattutto per il fatto che essi opprimono il lavoratore se- paratamente, individualmente, lo incatenano a sè e gli tolgono qualsiasi speranza di emancipazione, terribile per il fatto che questo sfruttamento, data l’arretratezza delle campagne, derivante dalla bassa produttività del lavoro e dalla mancanza di rapporti proprie del sistema descritto, non significa solo rapinare il lavoro, CHK COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 2.S7 ma anche calpestare in modo asiatico l’individuo, come accade permanentemente nelle campagne. Basta confrontare questa cam- pagna reale con il nostro capitalismo per capire perchè i so- cialdemocratici ritengono progressiva l’azione del nostro capitali- smo, quando esso raggruppa questi piccoli mercati sparpagliati in un mercato unico per tutta la Russia, quando, in luogo di un’infi- nità di piccoli vampiri benintenzionati, crqa un pugno di grandi « pilastri della patria », quando socializza il lavoro e ne eleva la produttività, quando infrange questa subordinazione del lavora- tore alle sanguisughe locali e crea la subordinazione al grande capi- tale, Questa subordinazione è progressiva rispetto a quella — no- nonostante tutti gli orrori dell’oppressione del lavoro, dell’inedia, dcll’abbrptimento, dellazione deformante sullorganismo delle donne e dei bambini, ecc. — perchè risveglia l'intelli- genza dell'operaio, trasforma il malcontento sordo e con- fuso in una protesta consapevole, trasforma la piccola rivolta fra- zionata e insensata in una lotta di classe organizzata per l’eman- cipazione di tutto il popolo lavoratore, lotta che attinge la sua forza dalle condizioni stesse di esistenza di questo grande capita- lismo e perciò può assolutamente contare su un sicuro suc- cesso. In risposta all’accusa d’ignorare la massa dei contadini, i so- cialdemocratici possono citare con pieno diritto le parole di Karl Marx: « ha critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perchè l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante , ma affinchè egli getti via la catena e colga i fiori vivi » 54 . I socialdemocratici russi strappano dalla nostra campagna i fiori immaginari che 1’abbelliscono, lottano contro le idealizzazioni e le fantasie, compiono quel lavoro demolitore, per cui sono così mortalmente odiati dagli « amici del popolo », non perchè la massa dei contadini rimanga nell’attuale stato di oppressione, inedia e asservimento, ma perchè il proletariato capisca qual è la catena che avvince dappertutto il lavoratore, capisca come forgiata questa catena e sappia insorgere per gettarla via e cogliere il vero fiore. Quando essi portano quest’idea fra quei rappresentanti della classe lavoratrice che per le loro condizioni sono i soli capaci di 238 LENIN assimilare la coscienza di classe e incominciare la lotta di classe, allora vengono accusati di voler cuocere il contadino nella caldaia. E chi sono gli accusatori? Sono individui che ripongono le loro speranze per l’emancipa- zione del lavoratore nel « governo » e nella « società », vale a dire negli organi di quella stessa borghesia che dappertutto ha inca- tenato i lavoratori! E questi molluschi osano chiacchierare della mancanza di ideali dei socialdemocratici! Passiamo al programma politico degli « amici del popolo » le cui concezioni teoriche ci hanno già occupati, ritengo, per troppo tempo. Con quali misure vogliono «spegnere l’incendio»? Quale via d’uscita vedono, se quella indicata dai socialdemocratici è, secondo loro, errata? «Riorganizzazione della banca contadina — dice il signor Iugiakov nell’articolo II ministero deir agricoltura (Russ\oie Bo - gatstvo, n. io) — , creazione di un dipartimento per la coloniz- zazione, regolamentazione dell’affitto delle terre demaniali nell’in- teresse dell’economia popolare..., studio e regolamentazione della questione degli affitti: ecco il programma per restaurare l’economia popolare e per proteggerla contro la violenza economica [sic!] della nascente plutocrazia ». E nell’articolo Problemi dello svi- luppo economico questo programma di « restaurazione dell’eco- nomia popolare » è completato con le seguenti proposte riguar- danti le « prime ma necessarie misure » : « eliminare tutti gli ostacoli che impacciano attualmente Yobstcina contadina; liberare questa da ogni tutela; introdurre le coltivazioni collettive (so- cializzazione dell’azienda agricola) e sviluppare la lavorazione in comune delle materie prime ottenute dalla terra ». E i signori Krivenko e Karyscev aggiungono: «credito a buon mercato, aziende di tipo cooperativo, smercio assicurato, possibilità di elimi- nare i guadagni degli impreditori [ne parleremo in particolare più avanti], invenzione di motori meno costosi ed elaborazione di altri miglioramenti tecnici », ed infine « musei, depositi, uffici di com- pravendita ». CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 239 Esaminate questo programma e vi accorgerete che quei signori si mettono completamente sul terreno della società attuale (vale a dire — benché essi non se ne rendano conto — sul terreno del regime capitalistico), e vogliono sbrigarsela con qualche rammendo e rattoppo a questa società senza comprendere che tutti i loro pro- gressi — credito a buon mercato, miglioramenti tecnici, banche, ecc. — servono solo a rafforzare e a sviluppare la borghesia. Certo, Nik.-on ha pienamente ragione quando afferma — c questa è una delle sue tesi più pregevoli, contro la quale gli « amici del popolo » non potevano non protestare — che nessuna riforma sul terreno del regime attuale potrà essere di aiuto in questo campo, che il credito e l’emigrazione interna, le riforme fiscali e la consegna di tutta la terra ai contadini non cambieranno affatto la sostanza del regime, ma dovranno al contrario rafforzare e sviluppare l’economia capitalistica fino ad oggi frenata da una soverchia « tutela », da residui di tributi feudali, dal fatto che i contadini erano legati alla gleba, ecc. Gli economisti, egli scrive, che desiderano, come il principe Vasilcikov (il quale è certa- mente, per le sue idee, un « amico del popolo »), un più esteso sviluppo del credito, vogliono, al pari degli economisti «liberali», cioè borghesi, « il consolidamento e lo sviluppo dei rapporti capi- talistici ». Essi non comprendono il carattere antagonistico dei nostri rapporti di produzione (fra i « contadini » come negli altri strati sociali) e invece di adoprarsi per dar libero corso a questo antagonismo, invece di unirsi direttamente a coloro che vengono ridotti in servitù a causa di questo antagonismo, ed aiutarli a le- varsi in lotta, sognano di porre fine alla lotta con misure che soddisfino tutti e portino alla conciliazione e all’unione. È facile immaginare quali risultati possano dare simili misure: basta ri- cordare i già citati esempi di disgregazione per convincersi che tutti questi crediti*, miglioramenti, banche e altri «progressi» serviranno solamente a chi possiede qualche « risparmio » e un’a- * Quest’idea di sostenere con il credito « l’economia popolare », cioè l’eco- nomia dei piccoli produttori, mentre esistono i rapporti capitalistici (e, come abbiamo visto, l’esistenza di questi rapporti non può più essere negata dagli « amici del popolo »), quest’idea assurda, che dimostra l'incomprensione delle verità più ele- mentari dell’economia politica teorica, mette bene in evidenza la banalità della teoria di questi signori, i quali vorrebbero tener il piede in due staffe. 240 LENIN zienda agricola solida e ben diretta, cioè alla piccola borghesia che rappresenta un’infima minoranza. E, nonostante ogni riorganiz- zazione della banca contadina e di altri simili istituti, voi non modificherete in nulla il fatto fondamentale ed essenziale che la massa della popolazione è stata e continua ad essere espropriata perchè le mancano, non dico i mezzi per una buona conduzione della sua azienda, ma persino il necessario per sfamarsi. La stessa cosa si deve dire del Yartel e delle « coltivazioni collet- tive ». Il signor Iugiakov chiama queste ultime: «socializzazione della piccola azienda ». Naturalmente, questa è soltanto una bizzar- ria, perchè la socializzazione richiede un’organizzaziofie della pro- duzione su basi ben più larghe che non siano i confini di un qualsiasi villaggio; perchè per questo è necessaria Fespropria- zione dei « vampiri », che hanno monopolizzato i mezzi di pro- duzione e dominano attualmente l’economia sociale della Russia. Ma per giungere a questo è necessaria la lotta, la lotta e ancora la lotta, e non una ridicola morale piccolo-borghese. E perciò le misure proposte da costoro si trasformano in modeste mezze misure liberali, che vegetano per la generosità di qualche borghese filantropo, e che, allontanando gli sfruttati dalla lotta, recano un danno assai maggiore di quanto non siano i van- taggi derivanti da un eventuale miglioramento della situazione di singole persone, miglioramento che, sulla base generale dei rapporti capitalistici, non può non essere misero e precario. Fino a qual pun- to di spudoratezza giungano questi signori nel dissimulare gli anta- gonismi della vita russa — naturalmente con le migliori intenzioni di far cessare la lotta attuale, con intenzioni non diverse da quelle che lastricano la via per Finferno — , risulta dal seguente ragiona- mento del signor Krivenko: «gli intellettuali dirigono le aziende degli industriali e possono dirigere l’industria popolare ». Tutta la loro filosofia si riduce a un piagnisteo sul tema che esistono la lotta e lo sfruttamento, ma che « potrebbero » anche non esistere se... se non ci fossero sfruttatori. In sostanza, che cosa voleva dire Fautore con la sua frase assurda? Si può forse negare che le università e gli altri istituti scolastici russi producono ogni anno degli «intellettuali» (??) preoccupati soltanto di trovare chi darà loro da mangiare? Si può forse negare che i mezzi necessari CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 24I per mantenere quegli « intellettuali » sono oggi, in Russia, esclu- sivamente in possesso di una minoranza borghese? Gli intellet- tuali borghesi possono forse sparire dalla Russia per il fatto che gli « amici del popolo » dicono che essi « potrebbero » non servire la borghesia? Certo, cessi lo potrebbero», se non fossero borghesi. Essi « potrebbero » non essere borghesi, « se » in Russia non vi fosse nè borghesia nè capitalismo! E c’è della gente che per tutta la vita campa con questi «se»! Del resto, questi signori non solo rifiutano di annettere un’importanza decisiva al capitalismo, ma in generale non vogliono vedere niente di cattivo nel capitalismo. Se si eliminasse qualcuno dei suoi « difetti », forse vi si adattereb- bero senza molte difficoltà. Ecco, se volete, un’affermazione del signor Krivenko: « La produzione capitalistica e la trasformazione dell’industria artigiana in capitalistica non sono affatto la porta attraverso la quale l’industria di trasformazione deve necessariamente allonta- narsi dal popolo. Naturalmente, può allontanarsene, ma può anche penetrare nella vita popolare e avvicinarsi all’agricoltura e all’indu- stria estrattiva. In questa direzione vi sono alcune combinazioni possibili e vi si può arrivare attraverso quélla come attraverso altre porte» (p. 161). Il signor Krivenko ha alcune qualità molto buone rispetto al signor Mikhailovski. Egli è, per esempio, chiaro e franco. Mentre il signor Mikhailovski avrebbe scribacchiato intiere pa- gine di frasi tornite e vivaci, ballonzolando intorno all’argomento senza affrontarlo, il concreto e pratico signor Krivenko trincia giu- dizi e, senza tanti scrupoli, svela al lettore tutta l’assurdità delle sue concezioni. Giudicate voi stessi: « il capitalismo può penetrare nella vita popolare ». Cioè il capitalismo è possibile senza che il lavo- ratore sia separato dai mezzi di produzione! È veramente magni- fico; ma almeno sappiamo ormai molto chiaramente che cosa vo- gliono gli « amici del popolo ». Vogliono l’economia mercantile senza capitalismo, il capitalismo senza espropriazione e senza sfruttamento, e solo con una piccola borghesia che vegeti tran- quillamente sotto la protezione di grandi proprietari filantropi e di amministratori liberali. E, con il piglio serio di un funzionario governativo che voglia colmare la Russia di benefici, essi si sfor- zano di combinare un ordine sociale nel quali i lupi sarebbero 17-572 242 LENIN sazi e le pecore incolumi. Per farci un’idea del carattere di queste combinazioni, dobbiamo ricorrere ad un articolo dello stesso au- tore, pubblicato sul a. 12 ( A proposito degli intellettuali isolati)'. « La forma cooperativa e la forma statale dell’industria — ar- gomenta il sig. Krivenko, il quale immagina evidentemente di es- sere già « chiamato » a « risolvere i problemi economici pratici » — non sono affatto le sole utilizzabili nel caso in questione. Per esempio, è possibile la combinazione seguente ». Segue la storia di un tecnico che ha presentato alla redazione della Russ\oie Bogatstvo un progetto di sfruttamento tecnico della regione del Don da parte di una società anonima con azioni di piccolo taglio (non superiori ai 100 rubli). Fu proposto all’autore di modificare il suo progetto all’incirca in modo « che le azioni appartengano non a dei privati, ma a delle associazioni agricole e, inoltre, che la parte della loro popolazione impiegata nelle aziende riceva il salario ordinario, mentre le associazioni ne garantirebbero il legame con la terra». Che genio amministrativo, non è vero? Con quale commovente semplicità e facilità si introduce il capitalismo nella vita popolare e se ne eliminano le caratteristiche nocive! Basta solo fare in modo che i contadini ricchi acquistino delle azioni * attraverso le associazioni agricole e intaschino così il reddito dell’azienda nella quale « una parte della popolazione » lavorerebbe, mentre sarebbe assicurato il suo legame con la terra, « legame » che, tut- • Parlo dell’acquisto delle azioni da parte dei contadini ricchi — sebbene l’autore affermi che le azioni dovranno appartenere alle associazioni — perchè egli parla malgrado tutto del loro acquisto con denaro, denaro che solo i con- tadini ricchi possiedono. Perciò sia o no Pattare concluso attraverso le associazioni, saranno ugualmente i contadini ricchi i Soli che potranno pagare, allo stesso modo che l’acquisto o l'affitto della terra da parte dell’associazione non elimina affatto il monopolio della terra stessa da parte dei ricchi. In seguito, anche il reddito (divi- dendo) andrà a chi ha pagato, senza di che le azioni non sarebbero azioni. Mi sembra che la proposta dell’autore debba essere interpretata nel senso che una certa parte degli utili sarà prelevata per « garantire agli operai il loro legame con la terra ». Se l’autore non la pensa così (quantunque ciò si deduca necessariamente da quanto egli dice), ma pensa che i ricchi dovrebbero pagare le azioni col loro denaro senza percepire dividendi, allora il progetto si ridurrebbe a fare in modo che gli abbienti dividano i loro beni con i nullatenenti. Questo rassomiglia al proverbiale metodo di distruggere le mosche acchiappandole ed immergendole in un reci- piente, dove dovrebbero morire istantaneamente. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 243 tavia, non dà la possibilità di vivere di quella terra (e, infatti, di- versamente, chi andrebbe a lavorare per un «salario ordinario»?), ma che è sufficiente per incatenare un uomo al suo luogo di resi- denza, per assoggettarlo precisamente all’azienda capitalistica lo- cale e per togliergli la possibilità di cambiare padrone. Parlo di padrone e di capitalista a buon diritto, perchè chi paga un salario al lavoratore non può essere definito altrimenti. Probabilmente il lettore già me ne vorrà per l’insistenza con la quale mi sono trattenuto su quest’assurdo, che non merita a pri- ma vista alcuna attenzione. Eppure, benché sia un assurdo, è necessario ed utile studiarlo, perchè rispecchia i reali rapporti economico-sociali della Russia ed è perciò una delle concezioni sociali più diffuse nel nostro paese, e i socialdemocratici dovranno tenerne conto ancora per molto tempo. Infatti, in Russia, il pas- saggio dal modo di produzione feudale, fondato sulla servitù della gleba, a quello capitalistico ha posto e pone ancora oggi il lavoratore in una situazione tale che il contadino, non potendo trarre dalla sua terra quanto gli è necessario per vivere, nè quanto gli occorre per adempiere gli obblighi che gli sono imposti a vantaggio del grande proprietario {obblighi che adempie tuttora ), è costretto a ricorrere ad « occupazioni ausiliarie », che all’inizio, nel buon tempo antico, avevano la forma o del lavoro artigiano indipendente (per esempio quello del carrettiere), o di quello non indipendente, ma retribuito in misura relativamente soddisfacente, dato il grado di sviluppo estremamente basso delPartigianato. Questa situazione assicurava ai contadini, in confronto alla loro condizione attuale, un certo be- nessere, il benessere del servo della gleba che vegetava pacifica- mente all’ombra dei centomila nobili commissari di polizia e dei nascenti accaparratori della terra russa: i borghesi. Ed ecco che gli « amici del popolo » idealizzano quel regime, nascondendone semplicemente i lati cattivi, lo sognano; lo « sogna- no » perchè già da parecchio tempo esso non esiste più nella realtà, da parecchio tempo è stato distrutto dal capitalismo, che ha provocato l’espropriazione in massa dei contadini coltivatori ed ha sostituito alle « occupazioni ausiliarie » di una volta il più sfre- nato sfruttamento delle « braccia » eccedenti. In sostanza i nostri paladini della piccola borghesia vogliono 17* LENIN 244 conservare il « legame » del contadino con la terra, ma non vo- gliono il servaggio, che, solo, assicurava quel legame e che è stato spezzato soltanto dall’economia mercantile e dal capitalismo, che ne ha reso impossibile resistenza. Vogliono delle occupazioni ausi- liare che non strappino il contadino alla terra, che, in regime di lavoro per il mercato, non generino la concorrenza, non creino il capitale e non gli asserviscano la massa della popolazione. Fe- deli al metodo soggettivo in sociologia, vogliono « prendere » qua e là ciò che vi è di buono, ma di fatto il loro desiderio infantile si traduce naturalmente in una fantasticheria reazionaria, che ignora la realtà; si traduce neirincapacità di comprendere e di utilizzare i lati veramente progressivi e rivoluzionari dei nuovi ordinamenti e nella predilezione per i provvedimenti che perpe- tuano il buon vecchio regime del lavoro semiservile, semilibero, il regime nel quale imperversano tutti gli orrori dello sfruttamento e dell’oppressione, senza possibilità di una qualsiasi via d’uscita. Per dimostrare l’esattezza di questa spiegazione, che classifica gli « amici del popolo » fra i reazionari, mi servirò di due esempi. Nelle pubblicazioni statistiche dello zemstvo di Mosca pos- siamo leggere la descrizione dell’azienda agricola di una certa signora K. (distretto di Podolsk), che ha suscitato (l’azienda agri- cola, non la descrizione) lammirazione degli statistici moscoviti, nonché del signor V.V., se la memoria non mi tradisce (questi ne ha parlato, se ben ricordo, in un articolo di rivista). La molto lodata azienda della signora K. è per V. Orlov « un fatto che conferma in modo convincente, nella pratica », la sua tesi favorita che « dove l’agricoltura si trova in buone condizioni, anche le aziende dei proprietari privati sono meglio coltivate ». Dalla descrizione della proprietà di questa signora offertaci dal signor Orlov, risulta che essa conduce la sua azienda col lavoro dei con- tadini del luogo che coltivano la sua terra, compensandoli con prestiti di farina neH’inverno, ecc. La proprietaria, inoltre, colma di attenzioni i suoi contadini, li aiuta, cosicché attualmente essi sono i contadini modello del volost e hanno grano « quasi a sufficienza fino al nuovo raccolto (prima arrivavano a stento fino al giorno del San Nicola d’inverno)». Si pone allora la questione se « un tale sistema », escluda il con- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 2 45 trasto di interessi tra il contadino e il proprietario, come pensano i signori N. Kablukov (voi. V, p. 175 ) e V. Orlov (voi. II, PP* 55'59 e< ^ a l trove ) 55 * Evidentemente no, poiché la signora K. vive del lavoro dei suoi contadini. Lo sfruttamento quindi non è af- fatto soppresso. Che la signora K. non veda Io sfruttamento, na- scosto come dai buoni rapporti con gli sfruttati, è perdonabile; ma non è perdonabile ad un economista e statistico, che, entusia- smandosi per un caso di questo genere, assomiglia perfettamente a quei Mcnschenfreunde * d'Occidente i quali vanno in brodo di giuggiole per le buone maniere del capitalista verso l’operaio e vi raccontano con entusiasmo il caso di un industriale che s’occu- pa degli operai, fonda per essi spacci di vendita, costruisce case, ecc. Dedurre dall’esistenza (e quindi dalla « possibilità ») di tali « fatti », che non vi siano interessi opposti, è come non vedere la foresta dietro gli alberi. Questo in primo luogo. In secondo luogo, dal racconto del signor Orlov apprendiamo che i contadini della signora K. « in seguito a magnifici raccolti (la proprietaria aveva loro dato delle buone sementi) hanno po- tuto acquistare del bestiame » e posseggono aziende « modello ». Supponete che quei « coltivatori modello » siano diventati non « quasi », ma del tutto modello, che essi abbiano grano a suffi- cienza, non « quasi » fino al nuovo raccolto e non « in maggio- ranza », ma tutti e interamente ne abbiano a sufficienza. Supponia- mo che quei contadini abbiano terra sufficiente, che abbiano i « pa- scoli e i passaggi » che attualmente non hanno (belle aziende mo- dello!), e che prendono in affitto dalla signora K. in cambio di lavoro. Può pensare il signor Orlov che allora, cioè quando la loro azienda fosse realmente un modello, quei contadini « eseguirebbero tutti i lavori nella proprietà della signora K. accuratamente, tempe- stivamente e rapidamente» come fanno ora? O la riconoscenza verso quella buona signora, che sfrutta così maternamente i con- tadini modello, sarebbe un incentivo forte quanto le difficoltà senza via d’uscita nelle quali si dibattono attualmente, non po- tendo fare a meno dei pascoli e dei passaggi? Evidentemente questo è, in sostanza, quello che gli « amici Filantropi (N.d ff,). 246 LENIN del popolo» pensano: essi, puri ideologi della piccola borghesia, vogliono non la soppressione dello sfruttamento, ma la sua atte- nuazione; vogliono non la lotta, ma la conciliazione. I loro alti ideali, in nome dei quali fulminano con tanto zelo i gretti socialdemocratici, non vanno più in là del contadino « modello » che adempie i suoi «obblighi» verso i proprietari e i capitalisti, purché proprietari e capitalisti si comportino bene verso di lui. Altro esempio. Il signor Iugiakov, in un articolo abbastanza noto; L'estensione normale del possesso fondiario popolare in Russia (Russ^aia Mysl , 1885, 11. 9), ha esposto le proprie idee sulla esten- sione che deve avere il possesso fondiario « popolare », e cioè, se- condo la terminologia dei nostri liberali, un possesso che escluda il capitalismo e lo sfruttamento. Noi sappiamo oggi — dopo l’eccel- lente chiarimento del signor Krivenko — che egli accetta anche il punto di vista dell’« introduzione del capitalismo nella vita popolare ». Come minimum per un possesso fondiario « popolare » egli considera i nadiel capaci di fornire « il fabbisogno in cereali e i mezzi per gli obblighi pecuniari » *. H, egli dice, si può provvedere al resto con «guadagni- ausiliari»... In altre parole, egli si è conci- liato apertamente col regime nel quale il contadino, pur conservan- do il suo legame con la terra, è sottoposto al duplice sfruttamento del signore feudale per il suo « nadiel » e del capitalista per i « gua- dagni ausiliari ». Questa situazione dei piccoli produttori, sottoposti a un duplice sfruttamento e posti per di più in condizioni di esi- stenza che necessariamente li avviliscono e abbrutiscono, togliendo alla classe degli oppressi ogni speranza non solo di vittoria, ma an- che di lotta, tale situazione semimedioevale è il nec plus ultra delle prospettive e degli ideali degli « amici del popolo ». E quando il ca- pitalismo, sviluppandosi con estrema rapidità in tutto il periodo della storia russa successivo alla riforma, ha cominciato a scal- * Per mostrare la correlazione fra questa spesa ed il resto del bilancio della famiglia contadina voglio riferirmi anch’io ai 24 bilanci elei distretto di Ostrogozsk. La spesa media della famiglia è di 405 rubli e 39 copechi (in prodotti e in denaro). Di questi, 109 rubli e io copechi si spendono per il mantenimento del bestiame, 135 rubli e 80 copechi per le derrate alimentari vegetali e i tributi, e il resto, 230 rubli e 49 copechi, per tutte le altre spese, le derrate alimentari non vege- tali, il vestiario, gli attrezzi, il htta, ccc. Il signor Iugiakov mette il manteni- mento del bestiame a carico dei prati e dei possedimenti accessori. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 247 zare alle radici questo pilastro della vecchia Russia — il con- tadino patriarcale e semiservo — , a strapparlo alla sua condizione medioevale e semifeudale per collocarlo in una situazione nuova, puramente capitalistica, obbligandolo ad abbandonare la dimora ancestrale e ad errare attraverso tutta la Russia in cerca di lavoro, distruggendo il suo asservimento al « datore di lavoro » locale, e mostrandogli dove si trovano le basi dello sfruttamento in gene- rale, dello sfruttamento di classe e non delle rapine di un qualsiasi speculatore; quando il capitalismo ha cominciato a trascinare in massa il resto della popolazione contadina, abbrutita e ridotta dall’oppressione in condizioni bestiali, nel turbine della vita poli- tico-sociale, ogni giorno più complessa, allora i nostri paladini si sono messi a strillare e a gemere sul crollo e sulla distruzione dei pilastri. Ed oggi continuano a strillare e a gemere su quel buon tempo antico, benché mi pare, bisognerebbe esser ciechi per non vedere, oggi, il lato rivoluzionario di questo nuovo sistema di vita, per non vedere come il capitalismo crei una nuova forza sociale che non ha più nulla di comune con il vecchio regime di sfruttamento ed è messa in grado di lottare contro di esso. Eppure gli « amici del popolo » non manifestano il minimo desiderio di un qualsiasi mutamento radicale nell’attuale regime. Essi sono pienamente soddisfatti delle misure liberali nel quadro attuale, e il signor Krivenko manifesta, nell’inventare queste mi- sure, autentiche capacità amministrative da satrapo nostrano. « In linea generale — egli dice, dissertando sulla necessità d’uno « studio particolareggiato e di una trasformazione radicale » della «nostra industria popolare» — questo problema esige un esame speciale e la divisione della produzione in gruppi di in- dustrie che possono essere adattate alla vita popolare \sic!! | ed in gruppi di industrie il cui adattamento incontra delle difficoltà serie di ogni genere ». Lo stesso signor Krivenko ci dà un esempio di tale divisione in gruppi quando distingue le industrie che non diventano capi- talistiche da quelle in cui la trasformazione capitalistica è già av- venuta e da quelle che possono « impegnare, con la grande indu- stria, la lotta per l’esistenza ». « Nel primo caso — decide l’amministratore — la piccola prò- 248 LENIN duzione può sussistere liberamente ». Ed anche essere indipendente dal mercato, le cui fluttuazioni disgregano la massa dei piccoli produttori in borghesia e proletariato? Ed anche essere indipen- dente dallo sviluppo dei mercati locali e dalla loro concentrazione in un grande mercato? Ed essere indipendente dai progressi della tecnica? O forse il progresso tecnico, neireconomia mercantile, può anche non essere capitalistico? Per l’ultimo gruppo Fautore esi- ge anche «l’organizzazione della produzione in grande»: « È evi- dente — dice — che in questo caso occorre anche l’organizzazione della produzione in grande, occorrono un capitale fisso e uno circo- lante, macchine, ecc., oppure occorre controbilanciare questi mezzi con qualche cosa d’altro : col credito a buon mercato, con la soppres- sione degli intermediari inutili, con la forma cooperativa del- l’azienda e la sua possibilità di fare a meno del profitto dell’impren- ditore, con un mercato sicuro, con l’invenzione di motori meno costosi ed altri miglioramenti tecnici o, infine, con una certa dimi- nuzione dei salari, se questa diminuzione potrà essere compensata da altri vantaggi». Ragionamento che caratterizza mirabilmente gli « amici del popolo » e il loro ideale, grande a parole e banalmente liberale nella realtà. Il nostro filosofo comincia, come vedete, nè più nè meno che dalla possibilità di sopprimere il profitto dell’impren- ditore e dall’organizzazione della grande azienda. Benissimo: questo è precisamente ciò che vogliono anche i socialdemocratici. Ma come vogliono giungervi gli «amici del popolo»? Per or- ganizzare la grande produzione senza imprenditori occorre anzi- tutto abolire l’organizzazione mercantile dell’economia sociale e sostituirla con una organizzazione collettiva, comunistica, nella quale il regolatore della produzione non sia il mercato, come oggi, ma i produttori stessi, la collettività operaia stessa, nella quale i mezzi di produzione appartengano non a privati, ma a tutta Li società. Tale sostituzione della forma privata dell appropriazione del prodotto con una forma collettiva, esige, evidentemente, la trasformazione preventiva della forma di produzione , esige la fu- sione dei processi di produzione frazionati, limitati, isolati dei piccoli produttori in un solo processo collettivo di produzione , esige, in una parola, precisamente quelle condizioni materiali CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 2 49 che sono create dal capitalismo. Ma gli « amici del popolo » non hanno alcuna intenzione di appoggiarsi sul capitalismo. Che cosa vogliono fare? ^Mistero. Non accennano neppure all’abolizione dell’economia mercantile. È evidente che il loro grande ideale non può superare in nessun modo il quadro di questo sistema di produzione sociale. Inoltre, per sopprimere il profitto deH’im- prenditore bisognerà espropriare gli imprenditori i cui « utili » derivano precisamente dal fatto che essi hanno monopolizzato i mezzi di produzione. Per espropriare così le colonne della nostra patria, occorre un movimento rivoluzionario popolare contro il regime borghese, movimento di cui solo il proletariato è capace, non essendo affatto legato a tale regime. Ma agli « amici del po- polo » non passa neppure per la testa l’idea di una qualsiasi lotta, ed essi non sospettano neppure la possibilità e la necessità che esi- stano altri elementi socialmente attivi all’infuori degli organismi amministrativi degli stessi imprenditori. È chiaro che essi non hanno la benché minima intenzione di agire seriamente contro il « pro- fitto delPimpienditore »: il signor Krivenko ha soltanto fatto delle chiacchiere. Egli, del resto, si riprende immediatamente: si può « controbilanciare » una cosa come « la possibilità di far a meno del profitto dell’imprenditore », « con qualche cosa d’altro », e precisa- mente con il credito, l'organizzazione dello smercio, il migliora- mento della tecnica. Così tutto è sistemato nel migliore dei modi : invece di una faccenda tanto spiacevole per i signori impreditori, com’è l’abolizione dei loro sacri diritti all’« utile », ecco degli innocui provvedimenti liberali i cui soli risultati saranno di dare al capitalismo armi migliori per la lotta, e di rafforzare, conso- lidare e sviluppare la nostra piccola borghesia « popolare ». Per- chè non rimanga il minimo dubbio sul fatto che gli «amici del popolo » difendono solo gli interessi di questa piccola borghesia, il signor Krivenko aggiunge le interessanti spiegazioni che se- guono. A quanto pare, l’abolizione del profitto dell’imprenditore può essere «controbilanciata»... «da una diminuzione dei salari»! Può sembrare a tutta prima che si tratti semplicemente di un lapsus. Ma no. Si tratta delPapplicazione coerente delle idee della piccola borghesia. L’autore osserva il fenomeno della lotta del grande ca- pitale contro il piccolo e, da vero « amico del popolo », si schiera, 250 LENIN naturalmente, a favore del piccolo... capitale. Ha inteso dire anche che uno dei mezzi di lotta più potenti per i piccoli capitalisti è la diminuzione dei salari, fenomeno molto giustamente notato e costatato in gran parte delle industrie anche in Russia, accom- pagnato dal prolungamento della giornata lavorativa. Ed ecco che, volendo perciò salvare ad ogni costo i piccoli... capitalisti , egli pro- pone « una certa diminuzione dei salari, se potrà essere compensata da altri vantaggi»! I signori imprenditori, dell’« utile» dei quali si era parlato dapprima come di cosa bizzarra, possono ormai essere* assolutamente tranquilli. Credo che essi nominerebbero ben vo- lentieri ministro delle finanze questo amministratore geniale che progetta contro gli imprenditori una diminuzione dei salari. Si può citare ancora un altro esempio del modo come dai liberali e umanitari amministratori della Russì{oie Bogatstvo , non appena si tratti di questioni pratiche, spunti fuori il borghese puro sangue. Nella Cronaca della vita interna — n. 12 della Russkpie Bogatstvo — si parla del monopolio. « Il monopolio e il sindacato — scrive l’autore — ecco gli ideali dell’industria sviluppata ». E in seguito si meraviglia che tali organismi appaiano anche da noi, per quanto non esista una « forte concorrenza dei capitali » nel nostro paese. « Nè l’in- dustria saccarifera, nè quella dei petroli hanno ancora raggiunto un livello particolarmente elevato. Da noi il consumo sia dello zucchero che del petrolio è ancora minimo, se si considera la quantità irrisoria di questi prodotti che tocca a ogni consumatore nel nostro paese rispetto a quello degli altri paesi. Sembrerebbe quindi che quelle branche industriali abbiano ancora grandissime possibilità di sviluppo e possano ancora assorbire ingenti capitali ». È caratteristico che, proprio in una questione pratica, l’autore abbia dimenticato l’idea prediletta della Russ\oie Bogatstvo sulla contrazione del mercato interno. Egli deve riconoscere che iPmer- cato non solo non si restringerà nell’avvenire, ma avrà un grande sviluppo. E giunge a questa conclusione attraverso il confronto con l’Occidente, dove il consumo è più elevato. Perchè? Perchè anche la civiltà vi è più progredita. Ma quali sono le basi materiali di questa civiltà, se non lo sviluppo della tecnica capitalistica, lo sviluppo deH’economia mercantile e degli scambi, che portano gli CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 2 5 uomini ad aver contatti sempre più frequenti e distruggono Tisola- mento medioevale delle varie località? Non vi era forse in Francia, per esempio, una civiltà non superiore alla nostra, alla vi- gilia della grande rivoluzione, quando la popolazione contadina semimedioevale non si era ancora divisa in borghesia rurale e pro- letariato? E se l’autore avesse esaminato un po’ più attentamente la vita russa, non avrebbe potuto non osservare, per esempio, che nelle regioni in cui il capitalismo è sviluppato, i bisogni della popolazione contadina sono sensibilmente maggiori che non in quelle puramente agricole. Il fenomeno è segnalato unanimemente da tutti coloro che hanno studiato la situazione delle nostre indu- strie artigiane, in tutti i casi in cui queste ultime hanno rag- giunto lo sviluppo sufficiente per dare un’impronta industriale a tutta la vita della popolazione *. Gli « amici del popolo » non accordano alcuna attenzione a simili « bagattelle », perchè, secondo loro, il fenomeno si spiega « semplicemente » con i progressi della civiltà o con la maggiore complessità della vita in generale, ma non si domandano nep- pure quali siano le basi materiali di tale civiltà e di tale comples- sità. Se studiassero almeno [economia delle nostre campagne, sarebbero costretti a riconoscere che il mercato interno si crea attraverso la disgregazione della popolazione contadina in bor- ghesia e proletariato. Essi pensano probabilmente che allo sviluppo del mercato non corrisponda necessariamente Io sviluppo della borghesia. « I mo- nopoli — continua ad argomentare il succitato cronista della vita interna — saranno in Russia un nuovo freno allo sviluppo delle forze del paese , dato il debole sviluppo della produzione in ge- nerale e la mancanza di intraprendenza c di iniziativa». Par- lando del monopolio dei tabacchi, l’autore pensa «che esso sot- trarrà alla circolazione popolare 154 milioni di rubli ». Qui è ormai evidente che si perde di vista il fatto che la base del nostro regime economico è Ieconomia mercantile, diretta, in Russia come * A titolo d’esempio, citerò gli artigiani di Pavlovo in confronto ai contadini dei villaggi vicini. Si vedano le opere di Grigoriev e di Anncnski M . Cito di proposito, come esempio, ancora una volta un villaggio dove esisterebbe il cosiddetto « re- gime popolare». 2$2 LENIN negli altri paesi, dalla borghesia. E invece di parlare degli ostacoli che il monopolio frappone alla borghesia, l’autore parla di ostacoli al «paese»; invece di parlare di circolazione borghese mercantile, parla di- circolazione « popolare » *. Un borghese non è mai capace di afferrare la differenza tra questi concetti, per quanto grande essa sia. E per dimostrare a qual punto tale differenza sia reale ed evidente, citerò la rivista Oticcestvcnnye Zapiski , che gode di una grande autorità tra gli «amici del popolo». Nel n. 2 del 1872, nell’articolo La plutocrazia c le sue basi , leggiamo: « Secondo Mario, la caratteristica essenziale della plutocrazia è la preferenza per la forma liberale di governo o almeno per il principio della libertà di guadagno. Se teniamo presente questa caratteristica e se pensiamo alla situazione *di 8-10 anni fa, ci rendiamo conto che, in fatto di liberalismo, abbiamo com- piuto progressi immensi... Qualsiasi giornale o rivista prendiate, vedrete che tutti evidentemente si ispirano più o meno ai principi democratici e tutti si affannano per gli interessi del popolo. Ma ac- canto alle idee democratiche, ed anche sotto la loro maschera [questo è importante ], si manifestano spessissimo, volontaria- mente o no, delle tendenze plutocratiche ». L’autore cita come esempio il messaggio dei mercanti di Pietro- burgo e di Mosca in cui questo onorevolissimo ceto della borghesia russa ringraziava il ministro delle finanze, che « aveva posto a base della situazione finanziaria della Russia il maggiore sviluppo pos- sibile dell’attività privata, unica attività feconda ». L’autore del- l’articolo conclude: «Elementi e tentativi plutocratici esistono cer- tamente nella nostra società ed in misura sufficiente ». Come vedete, gli stessi vostri predecessori del tempo remoto in cui erano ancora vive e fresche le impressioni prodotte dalla grande riforma liberatrice (da quella riforma che doveva, secondo la scoperta del signor Iugiakov, aprire nuove vie per lo sviluppo regolare e tranquillo della produzione « popolare », ma che di fatto ha aperto la via solo allo sviluppo della plutocrazia), erano • Espressione non appropriata di cui l’autore è tanto più responsabile, in quanto la Russate Eogatstvo ama usare la parola « popolare ^ in contrapposi- zione a borghese. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 2 53 obbligati a riconoscere il carattere plutocratico, cioè borghese del- Piniziativa privata in Russia. Perchè Pavete dimenticato? Perchè, parlando della circola- zione «popolare» e dello sviluppo delle «forze del paese», con- seguente allo sviluppo della « intraprendenza e iniziativa » non ricordate anche le contraddizioni dello sviluppo stesso? Perchè non ricordate il carattere di questa intraprendenza e di questa iniziativa? Ci si può e ci si deve naturalmente dichiarare con- tro i monopoli e contro altri simili organismi, perchè essi aggra- vano senza dubbio le condizioni dei lavoratori; ma non si deve dimenticare che il lavoratore è legato, oltre che da tutte queste catene medioevali, anche da catene borghesi nuove e più forti. Senza dubbio, labolizione dei monopoli sarà utile a tutto il «po- polo », perchè quando leconomia borghese è diventata la base del- leconomia del paese, tali residui del regime medioevale non fanno che aggravare i malanni capitalistici, aggiungendovi quelli medioevali, ancora più amari. È certo che bisogna distruggerli il più rapidamente e il più radicalmente possibile per sbarazzare la società borghese dai vincoli semifeudali ereditati dal passato, e quindi rendere più libera la classe operaia e facilitarne la lotta contro la borghesia. Ecco che cosa bisogna dire se si vogliono chiamare le cose col loro nome: Pabolizione dei monopoli e di tutti gli altri vincoli me- dioevali (che in Russia sono molto numerosi) è assolutamente ne- cessaria per facilitare alla classe operaia la lotta contro il regime borghese. Ecco tutto. Soltanto dei borghesi possono dimenticare, parlando della solidarietà di interessi di tutto il « popolo » contro le istituzioni medioevali, feudali, il profondo ed inconciliabile antagonismo tra la borghesia e il proletariato in seno al « popolo » stesso. Sarebbe del resto assurdo credere di poter fare arrossire con que- sto gli « amici del popolo », dal momento che essi, parlando dei bi- sogni delle campagne, dicono, per esempio, cose di questo genere : « Qualche anno fa — racconta il signor Krivenko — , quando alcuni giornali discussero sulle professioni e sulle categorie di in- tellettuali di cui la campagna aveva bisogno, la lista apparve molto lunga e varia, comprendendo quasi tutte le professioni. Dopo i 2 54 LENIN dottori e le dottoresse, venivano gli infermieri, poi gli avvocati, poi i maestri, i bibliotecari ed i librai, gli agronomi, i silvicultori, in generale gli addetti airagricoltura, alla tecnica, nelle più diverse ramificazioni (il campo è molto vasto ed ancora quasi vergine), gli organizzatori e i dirigenti di istituti di credito, di magazzini di merci, ecc. ». Soffermiamoci almeno sugli «intellettuali» (? ?) la cui atti- vità si svolge direttamente nel campo economico (silvicultori, agronomi, tecnici, ecc.). Le campagne hanno effettivamente biso- gno di costoro! Ma quali campagne? Evidentemente le campagne dei grandi proprietari, dei coltivatori benestanti che hanno dei « risparmi » e possono pagare i servizi di tutti questi professioni- sti che il signor Krivenko crede opportuno battezzare « intellet- tuali ». Questa campagna ha effettivamente bisogno da molto tempo di tecnici, di credito, di magazzini per le merci; tutte le pubblicazioni di economia lo provano. Ma vi è un’altra campa- gna, molto più popolosa, di cui gli « amici del popolo » dovrebbero ricordarsi più spesso: è la campagna del contadino rovinato, spo- gliato, depredato fin delFultimo centesimo, che non solo non ha dei « risparmi » per pagare il lavoro degli « intellettuali », ma non ha neppure abbastanza pane per non morire di fame. Ed è questa la campagna che voi volete aiutare* con depositi di mer- ci! ! Che cosa possono depositarvi i nostri contadini che pos- siedono solo un cavallo e sovente neppure quello? I loro abiti? Li hanno già dati in pegno nel 1891 ai kulak delle città e delle campagne che, applicando la vostra formula umanitaria e libe- rale, avevano già organizzato vari « depositi di merci » nelle loro case, nelle osterie e nelle botteghe. Non resta più che la « mano- dopera ». Ma i burocrati russi non hanno ancora inventato dei « depositi » anche per questa merce... Sarebbe difficile immaginare una prova della degenerazione estrema di questi « democratici », più palese di questa tene- rezza per i progressi tecnici fra i « contadini » e di questa vo- luta ignoranza dell’espropriazione in massa subita dai «conta- dini » stessi. Il signor Karyscev, per esempio, nel n. 2 della Russkpic Bogatstvo ( Schizzi > paragrafo 12) descrive con la beati- tudine di un cretino liberale i casi di « perfezionamenti e miglio- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 255 ramenti » nell’azienda contadina, di liberale e radicale, che scribacchia senza fine frasi sul progresso, la scienza, la verità, il popolo, ecc., e si compiace di rimpiangere gli anni sessanta, quando non vi erano discordie, depressione, scoraggiamento, inerzia, e tutti i cuori ardevano per la democrazia. Con l’ingenuità che è loro propria, questi signori non vogliono assolutamente comprendere che la solidarietà di allora era pro- vocata dalle condizioni materiali dell’epoca, condizioni che non possono riprodursi; il' servaggio era un intralcio per tutti: per il gastaldo, servo anche lui, il quale aveva guadagnato un po’ di denaro e voleva vivere a suo modo, per il contadino bene- stante che odiava il signore a causa delle sue esazioni, della sua ingerenza e perchè gli saccheggiava l’azienda, per il pro- letario ridotto a fare il domestico, come per il contadino impo- verito, venduto al mercante; ne soffrivano il mercante-fabbri- cante, l’operaio, il piccolo industriale, l’artigiano. Tutti costoro erano legati fra loro solo dall’odio comune contro il servaggio: al di là di tale solidarietà cominciava un antagonismo econo- mico acutissimo. In quali sogni beati bisogna cullarsi per non vedere nemmeno oggi questo antagonismo, il quale si è svilup- pato in proporzioni colossali, per implorare il ritorno ai Tempi della solidarietà, mentre la realtà esige la lotta, esige che chiunque •Da un favola di Krvlnv CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 299 non voglia essere Io strumento, volontario o involontario^ della borghesia, si schieri a fianco del proletariato! Se non prestate senz’altro fede alle frasi pompose sugli « in- teressi del popolo» e cercate Q invece di analizzarle a fondo, vi troverete davanti i più puri ideologi della piccola borghesia che sognano di migliorare, di aiutare, di ristabilire la loro economia («popolare» nel loro linguaggio) per mezzo di ogni sorta di mi- sure progressive innocue, e che sono assolutamente incapaci di comprendere come, sul terreno dei rapporti di produzione attual- mente esistenti, tutti questi progressi non facciano che proletariz- zare sempre più le masse. È impossibile non essere riconoscenti agli « amici del popolo » per aver efficacemente contribuito a chia- rire il carattere di classe dei nostri intellettuali e a dare così la conferma della teoria marxista sulla natura piccolo-borghese dei nostri piccoli produttori; essi inevitabilmente affretteranno la scom- parsa delle vecchie illusioni e dei miti che hanno per tanto tempo turbato i socialisti russi. Gli « amici del popolo » si sono impadro- niti di quelle teorie, ma le hanno trascinate nel fango e insudiciate in tal modo, che i socialisti russi i quali le professavano si tro- veranno fatalmente davanti a questo dilemma: o rivederle ancora una volta, o ripudiarle completamente, lasciandole a completa disposizione di quei signori i quali, con tono trionfante e soddi- fatto, annunciano urbi et orbi gli acquisti di aratri perfezionati da parte dei contadini ricchi, e vi assicurano con la massima serietà che è necessario far buona accoglienza alla gente stufa di star seduta attorno ai tappeti verdi. E in questo senso essi parlano di « regime popolare », di « intellettualità », non solo seriamente, ma con gran dovizia di frasi pretenziose sui grandi ideali, sul modo idealista di impostare i problemi della vita!... Gli intellettuali socialisti possono contare di fare un lavoro fe- condo solo se abbandoneranno le illusioni e cercheranno una base nello sviluppo reale, e non in quello desiderabile, della Russia, nei rapporti sociali ed economici reali e non in quelli possibili. La loro attività teorica dovrà inoltre essere volta a studiare concreta- tane ente tutte le forme dell antagonismo economico in Russia , a studiare il legame esistente fra di esse e il loro sviluppo coerente ; 3°o LENIN dovrà svelare questo antagonismo ovunque sta mascherato dalla storia politica, dalle particolarità degli ordinamenti giuridici , dai pregiudizi teorici radicati . Dovrà dare un quadro completo della nostra realtà, come sistema determinato di rapporti di produzione, mostrare che sfruttamento e espropriazione dei lavoratori sono ne- cessari in questo sistema, mostrare la via d'uscita da questo regime che lo sviluppo economico indica . Questa teoria, fondata sullo studio particolareggiato e minuzioso della storia e della realtà russa, dovrà dare una risposta alle richieste del proletariato e, se soddisferà le esigenze della scienza, lo spirito di protesta del proletariato, a ogni suo risveglio, sarà inevitabilmente incanalato nellalveo della socialdemocrazia. Quanto maggiori saranno i progressi deirelaborazione di questa teoria, tanto più rapido sarà lo sviluppo della socialdemocrazia, perchè i più abili difensori degli ordinamenti attuali non possono impedire il risveglio del pensiero del proletariato, non possono, in quanto questi stessi ordinamenti provocano inevitabilmente e necessariamente una sem- pre maggiore espropriazione dei produttori, uno sviluppo sempre maggiore del proletariato e del suo esercito di riserva, e ciò con- temporaneamente ad un aumento della ricchezza pubblica, ad un gigantesco aumento delle forze produttive, alla socializzazione del lavoro per opera del capitalismo. Benché molto resti ancora da fare per elaborare questa teoria, i socialisti compiranno questo lavoro, e ne è garanzia il diffondersi, nelle loro file, del materialismo, l’unico metodo scientifico il quale esige che ogni programma sia formulato in esatta conformità con il processo reale; ne è garanzia il successo della socialdemocrazia che adotta queste idee, successo il quale ha gettato i nostri liberali e i nostri democratici in una tale agitazione, che le loro voluminose riviste hanno cessato, come ha detto un certo marxista, di essere noiose. Sottolineando così la necessità, l’importanza e la vastità del- l’azione teorica dei socialdemocratici, non voglio affatto dire che questo lavoro debba avere la precedenza sul lavoro pratico *. E • Al contrario. Il lavoro pratico di propaganda e di agitazione resta sempre assolutamente al primo posto perchè, in primo luogo, il lavoro teorico risponde solo alle questioni poste dal lavoro pratico. E, in secondo luogo, i socialdemo- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 3? J ancora meno che quest’ultimo debba essere rimandato fino al compimento del primo. Solamente gli ammiratori del « metodo soggettivo in sociologia » o i discepoli del socialismo utopistico potrebbero giungere a questa conclusione. Certo, se si pensa che il compito dei socialisti consista nel cercare * altre vie di sviluppo » (all’infuori di quelle reali) per il paese, è naturale che il lavoro pratico sia possibile solo quando filosofi di genio avranno scoperto e indicato quelle «altre vie»; e inversamente, quando queste vie saranno state scoperte e indicate, il lavoro teorico sarà finito e co- mincerà il lavoro di coloro che dovranno guidare « la patria » lungo r« altra via » « appena scoperta ». La cosa è completamente diversa, quando si pensa che i socialisti devono essere i capi ideo- logici del proletariato nella sua lotta reale contro i suoi reali nemici, che si ergono sul reale cammino dell’attuale sviluppo sociale ed economico. In questo caso, il lavoro teorico e il lavoro pratico confluiscono in un unico lavoro che è stato giustamente caratterizzato da Liebknecht, veterano della socialdemocrazia tedesca, con queste parole: Studieren , Propagati dieren, Qrganisieren. Non si può essere un dirigente ideologico se non si compie il lavoro teorico sopra indicato, come non si può esserlo se non si dirige il lavoro secondo le esigenze della causa, se non si propa- gandano i risultati di questa teoria fra gli operai e se non si aiu- tano gli operai a organizzarsi. Questa impostazione del nostro compito impedisce alla social- democrazia di cadere nei difetti di cui soffrono tanto spesso i gruppi socialisti: nel dogmatismo e nel settarismo. Non può esistere dogmatismo là dove l’unico e supremo criterio della dottrina è la sua corrispondenza al processo reale dello svi- luppo economie o-socia le; non può esservi settarismo quando il com- pito consiste nell’aiutare l’organizzazione del proletariato, quando perciò la funzione degli « intellettuali » consiste nel rendere inutile l’opera di particolari dirigenti intellettuali. Quindi, nonostante l’esistenza di divergenze tra i marxisti su oratici sono troppo spesso obbligati, per ragioni indipendenti dalla loro volontà, a limitarsi al solo lavoro teorico, per non apprezzare altamente ogni possibilità di lavoro pratico. 302 LENIN varie questioni teoriche, i metodi della loro azione politica, sin dalla formazione dei gruppi, sono sempre stati e rimangono tut- tora gli stessi. L’attività politica dei socialdemocratici consiste nel coadiuvare allo sviluppo e allorganizzazione del movimento operaio in Russia, alla sua trasformazione, dall’attuale condizione caratterizzata da tentativi di protesta, da « sommosse » e da scioperi in cui manca un’idea direttrice, alla lotta organizzata dituttalaclasse ope- raia russa diretta contro il regime borghese e tendente alla espro- priazione degli espropriatoti, all’abolizione del regime sociale fon- dato sull’oppressione del lavoratore. La base di questa azione è il comune convincimento dei marxisti che l’operaio russo è il solo e naturale rappresentante di tutta la popolazione lavoratrice e sfrut- tata della Russia *. Ed è naturale, perche lo sfruttamento del lavoratore in Russia è ovunque di natura capitalistica , se si trascurano i residui del- l’economia feudale che si stanno estinguendo; ma lo sfruttamento della massa dei produttori è di piccole proporzioni, frazionato, poco sviluppato, mentre quello del proletariato di fabbrica è di grande ampiezza, socializzato e concentrato. Nel primo caso questo sfruttamento è ancora impacciato da forme medioevali, da ogni sorta di appendici politiche, giuridiche e consuetudinarie, da sotterfugi e accorgimenti che impediscono al lavoratore e al suo ideologo di vedere la natura del regime che grava sul lavoratore, di vedere dove e come sia possibile trovare una via d’uscita. Nel secondo caso, invece, lo sfruttamento è pienamente sviluppato e si mostra alla luce del sole senza particolari che creino confusione. L’operaio non può ormai non vedere che è il capitale che l’opprime e che egli deve lottare contro la classe della borghesia. E questa sua lotta, che mira a soddisfare i loro bi- sogni economici più urgenti, a migliorare la loro situazione mate- riale, esige ineluttabilmente dagli operai l’organizzazione, diventa • L’uomo dell’avvenire in Russia è il contadino, pensavano i rappresentanti del socialismo contadino, i populisti nel significato più largo di questa parola. I/uomo dell’avvenire in Russia c l’operaio, pensano i socialdemocratici. Così è stata formulata in un manoscritto la concezione dei marxisti. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 303 ineluttabilmente una guerra non contro una persona, ma contro una classe, quella stessa classe che opprime e soffoca il lavoratore sempre e dovunque, e non solo nelle fabbriche e nelle officine. Ecco perchè l’operaio di fabbrica non è altro che il rappresentante avanzato di tutta la popolazione sfruttata; e non è affatto necessario che sia trascinato da qualche « prospettiva » per assolvere la sua funzione di rappresentante degli sfruttati in una lotta coerente ed organiz- zata; è sufficiente spiegargli le sue condizioni attuali , spiegargli la struttura economica e politica del sistema che l’opprime, spie- gargli la necessità e l’inevitabilità dell’antagonismo di classe in que- sto sistema. Nel sistema generale dei rapporti capitalistici, l’operaio di fabbrica, a causa della sua situazione, diventa il solo campione dell’emancipazione della classe operaia, perchè soltanto lo stadio superiore dello sviluppo del capitalismo, la grande industria mec- canica, crea le condizioni materiali e le forze sociali indispensabili per questa lotta. Tali condizioni materiali non esistono in nessun altro luogo con forme inferiori di sviluppo del capitalismo: la produzione è frazionata in migliaia di piccolissime aziende (che non cessano di essere aziende frazionate, nonostante le forme più egualitarie di possesso comune della terra), lo sfruttato 'possiede ancora, nella maggior parte dei casi, una minuscola azienda e si lega perciò al sistema borghese contro il quale dovrebbe lottare; questo impaccia e ritarda lo sviluppo delle forze sociali capaci di rovesciare il capitalismo. Lo sfruttamento minuto, frazionato, iso- lato, tiene i lavoratori legati al luogo di residenza, li divide, non per- mette loro di prendere coscienza della loro solidarietà di classe, di unirsi, di comprendere che la causa della loro oppressione non è questa o quella persona, ma tutto il sistema economico. Il grande capitalismo, per contro, spezza inevitabilmente ogni legame degli operai con la vecchia società, con un luogo e con uno sfruttatore determinato, li unisce, li costringe a pensare, li pone in condizione di iniziare una lotta organizzata. I socialdemocratici pongono al centro della loro attenzione e della loro attività la classe degli operai. Quando i rappresentanti d’avanguardia di questa classe avranno assimilato le idee del socialismo scientifico, l’idea della funzione storica dell’operaio russo, quando queste idee si saranno largamente diffuse e quando tra gli operai saranno sorte solide LENIN 304 organizzazioni che trasformeranno la guerra economica degli ope- rai, oggi sporadica, in una lotta di classe cosciente, allora l 'operaio russo, postosi alla testa di tutti gli elementi democratici, abbatterà Tassolutismo e condurrà il proletariato russo (al fianco del proletariato di tutti i paesi ) sulla via diritta della lotta politica aperta, verso la vittoria della Rivoluzione comunista . Fine 1894 Appendice I Riporterò qui nella tabella i dati sui 24 bilanci di cui si parla nel testo. Prospetto riassuntivo dei dati sulla composizione e sui bilanci di 24 aziende contadine tipiche del distretto dì Ostrogozsi \ Spiegazione della tabella. 1) Le prime 21 colonne sono prese tali e quali dalla raccolta. La 22* co- lonna congloba le colonne della raccolta relative al provento della segala, del fru- mento, dcH’avcna e dell’orzo, del miglio e del grano saraceno, degli altri cereali, delle patate, degli ortaggi e del fieno (8 colonne). Nel testo è specificato come è stato calcolato il provento del cereali (23* Colonna), tranne che per la pula e la paglia. La 24* colonna, poi, comprende le seguenti colonne della raccolta: pro- vento dei cavalli, del bestiame bovino, degli ovini, dei suini, del pollame, delle pelli e della lana, del lardo e della carne, dei latticini, del burro (9 colonne). Le colonne 25-29 sono prese tali e quali dalla raccolta. Le colonne 30-34 com- prendono le seguenti colonne della raccolta: spese per la segala, il frumento, il miglio e il grano saraceno, le patate, gli ortaggi, il sale, il burro, il lardo e la carne, il pesce, i latticini, la vodka, il té (12 colonne). La 35 a colonna unifica le seguenti colonne della raccolta: spese per il sa- pone, il petrolio, le candele, il vestiario e le stoviglie (4 colonne). Il significato delle altre colonne è chiaro. 2) L'8 a colonna è stata ricavata sommando la superficie della terra data in affitto con la superficie del l’arativo compreso nel nadiel (nella raccolta c’è que- sta colonna). 3) Le ultime cifre delle colonne: « Ripartizione dei proventi e delle spese » indicano la parte monetaria dei proventi e delle spese. Nelle Colonne 25-28 e 37-42 è indicato l’intiero provento monetario (e la spesa). La parte monetaria è stata deter- minata (l'autore non la distingue) detraendo dal reddito globale il consumo lordo dell’azienda. 21 - 572 3°6 LENIN Categorìe di capi fa miglia e loro numero Numero dei componenti maschi e femmine Numero dei lavoratori maschi Braccia n t i |T Famiglie con braccianti — Numera dei braccianti maschi e femmine 1 2 3 4 j 6 capifamiglia agiati in complesso 47 11 6 8 medio per azienda 7,83 1.8 - - 11 capifamiglia di media condiziona in complesso 92 26 2 2 media per azienda 8,36 2,4 - - 7 capifamiglia poveri in complesso 37 10 2 2 media per azienda 5,28 1.4 - - Telala 24 capifamiglia in complesso 176 47 10 12 inedia per azienda 7,33 1.9 - - 2 braccianti (che rientrino nel gruppo dei poveri) in complesso 9 2 - - 1 media per azienda 4.5 1 - - CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 307 Superficie dei nadiel (desiatine) Affitto Terra arativa in complesso Numero dei fabbricati Numero delle aziende industriali Numero degli attrezzi agricoli j Bestiame (capi) j famiglie desiatine Bestiame da lavoro Bestiame grosso (in complesso) 5 6 7 8 9 10 11 12 13 132,6 6 52,8 123,4 52 4 224 35 81 22,1 - 8.8 20,6 8.6 - 37,3 5.8 13,5 101,2 10 85,5 140,2 70 - 338 40 89,1 9,2 - 7,7 12,7 6,4 - 30,7 3,6 8,1 57,8 4 19,8 49,8 31 - 10B 7 15,3 8,5 - 2.8 7,1 4,4 - 15,4 1 1 2.2 291,6 20 158,1 313,4 153 4 670 82 185,4 12,1 - 6,6 13 .6.4 - 27,9 3.4 7,7 14,4 - - 6,8 6 - 11 - 1.1 5,5 0,5 3°8 LENIN Categc di capifa e loro Di Valore in rubli trie 1 miglia ] nnero fabbricati Altri beni immobili Scorte Masserizie Vestiario Bestiame e api Totale 14 15 16 17 1 18 19 20 6 capi> in com- pleto 2696 2237 670,8 if>- 1294,2 3076,5 10427,5 famiglia agiati media per azienda 449,33 372,83 111,80 75,5 215,7 512,75 1737,91 11 capi- famiglia di media condizione in com- pleto 2362 318 532,9 435,9 2094,2 2907,7 8650,7 media per azienda 214,73 28,91 48,44 39,63 190,38 264,33 786,42 7 capi- famiglia poveri in com- plesso 835 90 112,3 254 647,1 605,3 2543,7 1 media per azienda 119,28 12,85 16,04 36,29 92,45 86,47 363,38 Totale 24 oapi- famiglia in com- plesso 5893 2645 1316 • 1142,9 4035,5 6589,5 21621,9 media per azienda 245,55 110,21 54,83 47,62 168,14 274,56 900,91 2 brace, (che rien- trano nel gruppo dei poveri in com- plesso , 1 1SS 25 6,4 | ì 76,8 | 129,3 9,1 401,6 media i) per azienda I 77,5 ] 12,5 ÌT ì 1 30,4 i 64,65 1 4,55 200,6 CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 3°9 Somma R i p a r t i z i 0 n e dei p r 0 v e n t i dei debiti Agricoltura arretrati (in rubli) Totale Solo cereali Alleva* mento e frut- ticultura Mestieri Aziende Proventi vari Totale (in rubli) 21 22 23 24 25 26 27 28 29 60J% 2203,0 16,1% o,7% 10,8% 357 3163,8 099,9 837,5 36 1 979,3 099,9 423,2 370/ 100% l9 5’' /o 5212,2 9 ,5 2534 48 « 7 % 502,00 22,9% l 9% 23,8% 639.9 175 ; 24 324,2 27 ’ /o ^ 175,25 216,6 2,7% 100 % /o 1416,9 794,64 33,4 98,5 46,3 3,9 40,1 3 10 LENIN Categorìe di ca e loro du Ripartizione j >i -fa miglia mero Cibo Vestiario e tpeae domeniche Totale vegetale altro d i latte, car- ne, ecc. cui sale, vodka, tfc 30 31 32 33 34 35 6 capitami glia in compleaio 29,2% 1500,6 210,7 623,8 676,8 561,3 103,2 115,5 8.2% 423,6 58,6 agiati media per azienda 250,1 - - - - 70,63 11 capitami gli a di media condizione in compierlo 37,6% 1951,9 257,7 1337,3 33,4 614,6 534,3 144 80,3 10,6% 548,1 49,5 media per azienda 177,45 - - - - 49,83 _ 7 capifamiglia in compierlo 42,1% 660,6 253,46 487,7 160,96 173,1 134,4 53,8 38,7 14,6% 229,6 26,8 poveri media per azienda 94,4 - - “ - 32,8 Tolale 24 oapifa miglia in eompleaao 34,6% 4113,3 729,66 2648,8 1464,5 1230 234,5 10,1% 1201,5 134,9 media per azienda 171,39 110,37 61,02 51,25 9,77 50,06 2 lavoratori (che rientrano nel gruppo in compierlo 81.7 50.7 72,1 42,5 9,6 6,1 4,7 3,5 14,9 4.6 1 n_ dei poveri) media per azienda CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 3 11 della spesa Alimen- tazione del bestiame Scorte vive e morte Per i lavoratori e i pastori Affitto Imposte e tributi Culto Spese varie Totale (in rubli, netto ( + ) Deficit ( — ) 36 37 38 39 40 41 42 43 44 24,9% 1276,6 M% 481,5 13,5% 691,7 «.S% 332 ' ♦.»% 253,5 1 . 1 % 56 2.3% 116,5 100% 5135,2 2211,5 + ir«,3 212,76 80,75 115,29 55,33 42, 2S 9,33 19,42 055,86 368,6 + 197,34 ! 21,2% ! 1098,2 ! s% 256 0.9% 47,6 6.8% 351,7 <.»% 254,9 1.3% 69,9 _ H.7% 609,4 100% 5tfi7,7 ltrJ6,7 + 24,5 99,84 23,27 4,33 31,97 23,17 6,35 55,4 471,6 172,5 + 2,19 15,6% 243,7 1 . 1 % 110,6 1.6% 24,3 6% 94, S <>.S% 101,8 1.8% 28 4,7% 73,2 100% 1566,5 712,66 — 149,6 34,81 15,8 3,47 13,5 14,54 4 10,46 223,78 101,8 — 21,38 22,2% 2618, 5 7.1% 851,1 6.4% 763,6 6.5% 778,2 s,i% 610,2 1.3% 153,9 <>.7% 799,1 100% 11889,4 4820,86 + 1059,2 109,1 33,46 31,82 32,43 2S,43 6,41 33,29 495,39 200,87 | j + 44,11 8 53,2 0,4 - 22,6 2,8 3,3 186,9 137,6 + 1U 4 26.6 0,2 - 11,3 1.4 1,65 93,45 68,8 j + 5,55 Appendice II Il signor Struve pone del tutto giustamente al centro della critica nei confronti di Nik.-on la considerazione che «la dottrina di Marx sulla lotta di classe e lo Stato è completamente estranea allo studioso russo di economia politica». Io non ho, come il signor Krivenko, l’ardire di giudicare, sulla base di questo solo articoletto (quattro misere colonne) del signor Struve, il siste- ma delle sue concezioni (gL altri suoi articoli non li conosco); non posso nemmeno dire di essere d’accordo con tutti i principi da lui enunciati, e perciò posso difendere non il suo articolo nel suo complesso, ma solo certe tesi fondamentali che egli formula. Ma, in ogni caso, la circostanza accennata è valutata in modo profondamente giusto: effettivamente, Tincomprensione della lotta di classe inerente alla società capitalistica è Yerrore fondamen- tale del signor Nik.-on. La correzione di questo solo errore sarebbe sufficiente perchè anche dalle sue enunciazioni e indagini teori- che scaturissero necessariamente conclusioni di carattere social- democratico. Effettivamente, il non prendere in considerazione la lotta di classe testimonia la più grossolana incomprensione del mar- xismo, incomprensione che tanto più si deve addebitare al signor Nik.-on, in quanto egli in generale si vuol far passare per un rigoroso sostenitore dei principi di Marx. Chiunque abbia un mi- nimo di familiarità con Marx potrebbe forse negare che la dottrina della lotta di classe sia il centro di gravità di tutto il sistema delle sue concezioni? Il signor Nik.-on, naturalmente, avrebbe potuto accettare la 3>4 LENIN teoria di Marx, ad eccezione di questo punto, se non altro, per esempio, perchè esso non corrisponde, poniamo, ai dati della storia e della realtà russa; ma allora, in primo luogo, non sarebbe possibile dire che la teoria di Marx spiega i nostri ordinamenti, non sarebbe possibile nemmeno parlare di questa teoria e del capitalismo, perchè si dovrebbe modificare la teoria ed elaborare la concezione di un altro capitalismo, al quale non siano inerenti i rapporti antagonistici e la lotta di classe. In ogni caso, si sarebbe dovuto precisare questo in tutti i suoi particolari, spiegare perchè l’autore, se dice A del marxismo non vuol dire B. Il signor Nik.-on non ha tentato di fare nulla di tutto questo. E il signor Struve ha concluso del tutto giustamente che Tincomprensione della lotta di classe fa del signor Nik.-on un utopista , perchè chi ignora la lotta di classe nella società capita- listica eo ipso ignora tutto il contenuto reale della vita politico- sociale di questa società e, per veder attuati i propri desideri, ine- vitabilmente si condanna a vagare nelle sfere dei sogni inno- centi Questa incomprensione fa di lui un reazionario , perchè gli appelli alla « società » e allo « Stato », vale a dire agli ideo- logi e ai politici della borghesia, possono solo disorientare i so- cialisti, far passare per alleati i peggiori nemici del proletariato, possono solo frenare la lotta degli operai per l’emancipazione in- vece di contribuire al rafforzamento, al chiarimento e a una mi- gliore organizzazione di questa lotta. Dato che il discorso è caduto sull'articolo del signor Struve non si può non esaminare qui anche la risposta del signor Nik.-on sul n. 6 della Russ\oie Bogatstvo *. «Risulta — argomenta il signor Nik.-on, riportando i dati sul lento aumento del numero degli operai di fabbrica e d'officina, • In generale, con i suoi articoli sulla Russfaie Bogatstvo il signor Nik-on si sforza, a quanto sembra, di dimostrare che egli non è affatto così lontano dal radicalismo piccolo borghese come si potrebbe pensare; che anche lui è capace di vedere nello sviluppo della borghesia rurale (n. 6, p. nB: diffusione fra i « contadini » degli attrezzi migliorati, dei perfosfati, ecc.) i sintomi del fatto che « i contadini stessi» (quelli che vengono espropriati in massa?) «capiscono la ne- cessità di uscire dalla situazione nella quale si trovano ». CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 3'3 aumento che ritarda rispetto all’incremento della popolazione — risulta che da noi il capitalismo non solo non adempie la sua ” missione storica”, ma pone esso stesso dei limiti al proprio sviluppo. Ecco uno dei motivi per cui hanno mille volte ragione coloro i quali cercano ” per la loro patria una via di sviluppo diversa da quella che ha percorso e sta percorrendo l’Europa oc- cidentale ” ». (E questo lo scrive un uomo il quale ammette che comunque la Russia percorre la via capitalistica!). L’inadempi- mento di questa «missione storica» è visto dal signor Nik.-on nel fatto che << la corrente economica ostile all 'obsteina (vale a dire il capitalismo) distrugge le basi stesse della sua esistenza, senza adempiere, nemmeno in parte, quella funzione unificatrice che è così caratteristica dell’Europa occidentale, e con forza particolare incomincia a manifestarsi nell’America settentrionale ». In altri termini, abbiamo dinanzi a noi l’argomento banale contro i socialdemocratici escogitato dal famoso signor V.V., il quale considera il capitalismo con la mentalità di un funzionario ministeriale, che risolve il problema politico relativo all’« introdu- zione del capitalismo nella vita popolare» in questi termini: se adempie una « missione » lo si può ammettere, se non l’adempie «è vietato». A parte tutti gli altri pregi di questo sottile ragionamento, la « missione » stessa del capitalismo 'è stata intesa dal signor V-V. — ed evidentemente viene intesa dal signor Nik.-on — in modo inverosimilmente e assurdamente sbagliato .e ristretto; e, na- turalmente, ancora una volta questi signori addebitano senza tante cerimonie ai socialdemocratici la ristrettezza della propria conce- zione: tanto, essi possono essere diffamati come se fossero morti, poiché non si permette loro di ut lizzare la stampa legale! Marx vedeva l’azione progressiva, rivoluzionaria del capitalismo nel fatto che esso, socializzando il lavoro, nel medesimo tempo, attraverso il meccanismo di questo stesso processo, « disciplina, unisce e organizza la classe operaia », la educa alla lotta, ne or- ganizza « il malcontento », l’unisce per « espropriare gli espro- priatori», per conquistare il potere politico e strappare i mezzi di produzione dalle mani di « pochi usurpatori » per trasferirli nelle mani di tutta la società ( Capitale , 650) 70 . Questa è la formulazione di Marx. LENIN 3* 6 Naturalmente non si parla del « numero degli operai di fab- brica e d officina » : si parla di concentrazione dei mezzi di pro- duzione e di socializzazione del lavoro. È chiaro che questi criteri non hanno niente a che vedere col « numero degli operai di fab- brica e d’officina ». Ma i nostri originali esegeti di Marx hanno interpretato ciò precisamente come se nel capitalismo la socializzazione del lavoro si riducesse al lavoro degli operai di fabbrica e d’officina in un solo locale, e perciò il grado delazione progressiva del capitali- smo si misurasse... col numero degli operai di fabbrica e d officinali! Aumenta il numero degli operai di fabbrica e d’officina: vuol dire che il capitalismo svolge bene la sua azione progressiva; di- minuisce questo numero: vuol dire che esso «adempie male la sua missione storica » (p. 103 dell’articolo del signor Nik.-on) e che « gli intellettuali » devono « cercare altre vie per la loro patria ». Ed ecco gli intellettuali russi mettersi alla ricerca di « altre vie». Ormai, da più decenni le cercano e le trovano, affan- nandosi* a dimostrare che il capitalismo è uno sviluppo «sba- gliato », perchè conduce alla disoccupazione e alle crisi. Così, nel 1880 ci siamo trovati di fronte alla crisi; lo stesso è accaduto nel 1893: è tempo di abbandonare questa via, perchè è evidente che le cose per noi vanno male. E la borghesia russa «ascolta, ma mangia»: effettivamente, le cose vanno « male », quando non si possono più ottenere profitti fa- volosi; ed essa tien bordone ai liberali e ai radicali e si mette alacre- mente a costruire nuove ferrovie, grazie alla disponibilità di capitali a un più basso tasso d’interesse. « Per noi » le cose vanno male, per- chè nelle vecchie zone « noi » abbiamo già completamente spogliato il popolo e dobbiamo passare al capitale industriale, che non è in • Queste dimostrazioni restano vane non perche siano false — la rovina, l’impoverimento e la fame del popolo accompagnano indubbiamente e inevita- bilmente il capitalismo — ma perchè cadono nel vuoto. La « società » promuove anch’cssa, sotto la vernice della democrazia, gli interessi plutocratici e natural- mente non sarà la plutocrazia a contrastare il capitalismo. Il «governo»... — cito Topinione di un avversario, del signor N> K. Mikhailovski — per quanto poco conosciamo i programmi del nostro governo — ha scritto egli una volta — tuttavia li conosciamo abbastanza per essere sicuri che il suo programma non contiene la «socializzazione del lavoro». CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 3 T 7 grado di arricchirci come il capitale commerciale: perciò « noi » an- dremo nelle regioni periferiche orientali e settentrionali della Russia europea, dove è ancora possibile IV accumulazione originaria », che dà il 100% di profitto, dove la differenziazione borghese del conta- diname è ancora lungi dall’essere ultimata. Gli intellettuali vedono tutto questo e senza peri fanno balenare la minaccia che « noi » an- diamo di nuovo verso il fallimento. Ed effettivamente si avvicina un nuovo fallimento. La massa dei piccoli capitalisti viene rovinata da quelli grandi, la massa dei contadini viene espulsa dairagricoltura, che passa sempre più nelle mani della borghesia; si estende smisura- tamente il mare della miseria, della disoccupazione, della morte per inedia, e gli « intellettuali », con la coscienza tranquilla, si richia- mano alle loro profezie o di nuovo si lamentano perchè si è presa la via sbagliata, cercando di dimostrare che il nostro capitalismo è precario perla mancanza di mercati esteri. E la borghesia russa « ascolta, ma mangia ». Mentre gli « intel- lettuali » cercano nuove vie, essa intraprende gigantesche costru- zioni ferroviarie nelle sue colonie, creandosi là il mercato, por- tando in un paese giovane le delizie degli ordinamenti bor- ghesi, allevando con particolare rapidità anche in queste zone una borghesia industriale e agricola e gettando la massa dei pro- duttori nelle file dei disoccupati eternamente morti di fame. Possibile che i socialisti si limitino ancora a sparger lacrime sulle vie sbagliate e a dimostrare che il capitalismo è precario... perchè il numero degli operai di fabbrica e d officina cresce con lentezza!!? Prima di passare all’esame di quest’idea puerile *, non si può non ricordare che il signor Nik.-on ha riportato con estrema im- precisione il passo criticato dell’articolo del signor Struve. Nel- l’articolo di Struve è detto letteralmente quanto segue: «Se l’autore [cioè il signor Nik.-on] si richiama alla differenza * In effetti, come non chiamare puerile quest’idea, quando per determinare l’azione progressiva del capitalismo non si prende il grado di socializzazione del lavoro, ma un indice così oscillante dello sviluppo di una soia branca del lavoro popolare!? Chiunque sa che il numero degli operai non può non essere estrema- mente instabile nel modo capitalistico di produzione, che esso dipende da un’in- finità di fattori secondari, come le crisi, l’entità dell’esercito di riserva, il grado di sfruttamento de! lavoro, il grado della sua intensità, ecc. ecc. LENIN SI# tra la popolazione russa e quella americana riguardo al genere delle occupazioni — per la Russia si valuta che l’8o% di tutta la popolazione dedita a un’attività economica \ erwerb stati gen\ è occupata nell’agricoltura, e negli Stati Uniti solo il 44% — , egli non considera che lo sviluppo capitalistico della Russia opererà precisamente per ridurre la differenza fra 80 e 44: in questo, si può dire, risiede la sua missione storica ». Si può pensare che la parola « missione » sia adoperata in que- sto caso in modo assai poco felice, ma il pensiero del signor Struve è chiaro: il signor Nik.-on non ha considerato che lo sviluppo capitalistico della Russia (egli stesso riconosce che questo sviluppo è effettivamente capitalistico) ridurrà la popolazione rurale, men- tre invece questa è la legge generale del capitalismo. Per conse- guenza il signor Nik.-on, per confutare questa obiezione, dovrebbe dimostrare o 1) che egli non ha trascurato questa tendenza del capitalismo, oppure 2) che il capitalismo non ha questa tendenza. Invece il signor Nik.-on si dedica all’analisi dei dati concer- nenti il numero dei nostri operai di fabbrica (1 % della popo- lazione, secondo il suo calcolo). Parla forse il signor Struve degli operai di fabbrica? Il 20% della popolazione in Russia, il 56% in America sono forse operai di fabbrica? I concetti: «operai di fabbrica » e « popolazione non occupata nell’agricoltura » sono identici? Si può contestare che anche in Russia diminuisca la parte della popolazione occupata nell’agricoltura? Dopo questa correzione, che io ritengo tanto più necessaria in quanto il signor Krivenko già una volta nella medesima rivi- sta ha svisato questo passo, passiamo all’idea stessa del signor Nik.-on sul « nostro capitalismo che adempie male la sua mis- sione ». In primo luogo, è assurdo identificare il numero degli ope- rai di fabbrica e d’officina col numero degli operai occupati nella produzione capitalistica, come fa l’autore dei Saggi n . Questo si- gnifica ripetere ( e persino accentuare) l’errore degli economisti pic- colo-borghesi russi, che fanno risalire gli inizi del capitalismo diret- tamente alla graqde industria meccanizzata. I milioni di artigiani russi che lavorano per i mercanti con il materiale che questi forni- scono, percependo un salario normale, non sono forse occupati CHE COSA SONO OLI AMICI DEL POPOLO 319 nella produzione capitalistica? I braccianti e i giornalieri neiragri- coltura non ricevono forse dai padroni un salario e non procu- rano loro del plusvalore? Gli operai occupati nelPindustria edi- lizia (che da noi si sviluppa rapidamente dopo la riforma) non sono forse sottoposti allo sfruttamento capitalistico? e così via** In secondo luogo, è assurdo comparare il numero degli operai di fabbrica (1.400.000) con il numero totale degli abitanti ed espri- mere questo rapporto in termini percentuali. Questo significa molto semplicemente confrontare grandezze non omogenee: la popolazione atta al lavoro con quella inabile al lavoro, la po- * Mi limito qui a criticare il metodo del signor Nik-on, il quale valuta la « funzione unificatrice del capitalismo » dal numero degli operai di fabbrica. Non posso addentrarmi nell’analisi delle cifre perchè non ho sotto mano le fonti di cui si serve il signor Nik.on. Tuttavia non si può non osservare che il signor Nik.-on è stato poco felice nella scelta di queste fonti... Dapprima egli prende i dati dalla Raccolta statistica militare per il 1865 e òz\V Indicatore delle fabbriche e delle officine del 1894 per il 1890. Si ottiene la cifra di 829.573 e 875.764 operai (esclusi i minatori). L’aumento del 5,5 % è molto inferiore all’incre- mento della popolazione (91 e 61,42 milioni, vale a dire il 48,1 %). Già nella pagina successiva compaiono altri dati attinti, sia per il 1865 che il 1890, dal- Ylndicatore del 1893. Secondo questi dati il numero degli operai è di 392.718 e 716.792; raumento c dell’82%. Ma questo senza l’industria gravata dalle im- poste d’esercizio, nella quale il numero degli operai (p. 104) era nel 1865 di 186.053 e nel 1890 di 144.332. Sommando queste ultime cifre con quelle prece- denti, otteniamo il numero complessivo degli operai (esclusi i minatori), che è di 578.771 nel 1865 e di 861.124 nc l 1890* Si ha un aumento del 48,7 %, con un incremento della popolazione del 48,1 %. E così, in cinque pagine l'autore riporta dati, fra i quali gli uni indicano un aumento del 5 % e gli altri un aumento del 48 %! E da questi dati contraddittori egli deduce la precarietà del nostro capitalismo!! E poi, perchè l’autore non ha preso i dati sul numero degli operai che egli ha riportato nei Saggi (tabelle XI e XII) e che denunciano un aumento del nu- mero degli operai del 12-13 % in tre anni (1886-1889), vale a dire un aumento che sopravvanza rapidamente l’incremento della popolazione? L’autore dirà forse che Tintervallo di tempo è estremamento breve. Ma, in compenso, questi dati sono omogenei, comparabili e si distinguono per la loro maggiore attendibilità; questo in primo luogo. E, in secondo luogo, l’autore stesso non si è forse ser- vito di questi dati, nonostante il breve intervallo di tempo, per dare un giudizio sullo sviluppo dell'industria di fabbrica e d’officina? È comprensibile che i dati concernenti una sola branca del lavoro nazionale non possano non essere fluttuanti, quando si prende un indice oscillante della situazione di questa branca, come il numero degli operai. Pensate che sognatore infinitamente ingenuo dev’essere chi spera, sulla base di dati del genere, che il nostro capitalismo crolli, si riduca in polvere da solo, senza una lotta accanita, di- sperata; chi contrappone questi dati al dominio e allo sviluppo incontestabili del capitalismo in tutte le branche del lavoro nazionale. 3 20 LENIN polazione occupata nella produzione dei beni materiali con le * posizioni ideologiche », ecc. Gli operai di fabbrica e d’officina non mantengono forse ciascuno un certo numero di familiari non operai? Gli operai di fabbrica non mantengono forse — oltre ai loro padroni e a un intiero stuolo di commercianti — una massa di soldati, di funzionari e di altri signori di que- sta fatta, che voi fate rientrare nella popolazione agricola, oppo nendo tutto questo minestrone alla popolazione degli operai di fabbrica e d’officina? E poi, non esistono forse in Russia mestieri — come la pesca, ecc., — che è egualmente assurdo opporre all’indu- stria di fabbrica e d’officina, mettendoli con l’agricoltura? Se voi voleste avere un’idea della composizione della popolazione della Russia secondo le sue occupazioni, dovreste, in primo luogo, di- stinguere la popolazione che è occupata nella produzione dei beni materiali (escludendo, per conseguenza, la popolazione non lavoratrice da un lato, e dall’altro i soldati, gli impiegati, i preti, ecc.) e, in secondo luogo, cercare di classificarla sulla base delle dif- ferenti branche del lavoro nazionale. Se sull’argomento man- cassero i dati non si dovrebbero nemmeno iniziare calcoli di que- sto genere*, e non dire sciocchezze sull’r % (??M) della popola- zione occupata nell’industria di fabbrica e d’officina. In terzo luogo — e questo è il principale e più scandaloso travi- • Il signor Nik.-on ha tentato di effettuare questo calcolo nei Saggi , ma in modo estremamente infelice. A p. 302 leggiamo: « Negli ultimi tempi è stato compiuto il tentativo di determinare il numero di tutti gli operai liberi in 50 governatorati della Russia europea (S. A, Koro- lcnko, Il lavoro libero salariato , Pietroburgo, 1892). L’indagine del dipartimento deU’agricoltura calcola che complessivamente la popolazione rurale atta al lavoro nei 50 governatorati della Russia europea è di 35.712.000 unità, mentre il numero degli operai, necessari per soddisfare le esigenze dcH’agricoltura, dell’industria ma- nifatturiera, estrattiva, dei trasporti, ecc., è complessivamente di 30.124.000 unità. In questo modo, l’eccedenza degli operai del tutto superflui è espressa dall’enorme numero di 5.588.000 unità, il che, con le famiglie, in base al rapporto assunto come normale, fa almeno 15.000. 000 di persone», (Ripetuto anche a p. 341). Se esaminiamo questa « indagine », vedremo che vi è stato « indagato » solo l’impiego di lavoro libero salariato da parte dei grandi proprietari fondiari, e che a questa indagine il signor S. Korolenko ha allegato una « rassegna » della Russia europea « sotto l’aspetto agricolo e industriale ». In questa rassegna si compie il tentativo (non sulla base di una « indagine » qualsiasi, ma secondo i vecchi dati esistenti) di ripartire la popolazione operaia della Russia europea secondo le occu- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 321 samento della teoria di Marx sull’azione progressiva, rivoluzio- naria del capitalismo — dove avete preso Taffermazione che « la funzione unificatrice del capitalismo si esprime solo nella uni- ficazione degli operai di fabbrica? Non prendete forse a prestito la rappresentazione che voi date del marxismo dagli articoli delle Otiecestvennye Zapishj sulla socializzazione del lavoro? Non la riducete forse anche voi al lavoro in un unico edificio? Ma no. A quanto pare, questo non si può rimproverare a Nik.-on, perchè egli caratterizza la socializzazione del lavoro da parte del capitalismo nella seconda pagina del suo articolo nel n. 6 della Russkoie Bogatstvo y rilevando giustamente en- trambe le caratteristiche di questa socializzazione: 1) lavoro per tutta la società e 2) unione dei singoli lavoratori per ottenere il prodotto del lavqro comune. Tuttavia, se è così, perchè si è voluto giudicare la « missione » del capitalismo dal numero degli pazioni. Il signor S. A. Korolcnko ha ottenuto i seguenti risultati: complessiva- mente nei 50 governatorati della Russia europea vi sono 35.712.000 operai. Di essi sono occupati: neU'agricoltura nelle colture specializzate nelle fabbriche, nelle officine e neirindustria mineraria ebrei nelle aziende forestali circa neirallevamento del bestiame circa nei trasporti ferroviari circa nella pesca circa nei mestieri locali e ausiliari, nella caccia e in altre branche analoghe 27.435.400^ 1.466.400 30.124.000 1.222.700 ) 1.400.400 2.000. 000 1. 000. 000 200.000 200.000 787.200 Totale 35.712.100 In questo modo il signor Korolcnko ha ripartito (bene o male) nelle va- rie occupazioni tutti gli operai, e il signor Nik.-on ha preso arbitrariamente le prime tre rubriche e parla di 5.588.000 operai «del tutto superflui» (??)! Oltre a questo sbaglio, non si può non osservare che il calcolo del signor Korolenko è estremamente grossolano c impreciso: il numero degli operai agri- coli è determinato secondo una sola media generale per tutta la Russia, non è di- stinta la popolazione improduttiva (il signor Korolenko, condividendo l'anti- semitismo ufficiale, vi ha compreso gli... ebrei ! Gli operai improduttivi devono es- sere più di 1,4 milioni: commercianti, poveri, vagabondi, delinquenti, ecc.), il numero degli artigiani è scandalosamente piccolu (ultima rubrica: occupazioni locali e fuori sede), ecc. Simili calcoli sarebbe meglio non riportarli affatto. 22-572 322 LENIN operai di fabbrica, mentre questa « missione » viene adempiuta dallo sviluppo del capitalismo e della socializzazione del lavoro in generale, dalla creazione del proletariato in generale, nei con- fronti del quale gli operai di fabbrica e di officina assolvono solo la funzione di schiere avanzate, di avanguardia? Certo, è inconte- stabile che il movimento rivoluzionario del proletariato dipende e dal numero di questi operai, e dalla loro concentrazione, e dal grado del loro sviluppo ecc., ma tutto questo non dà il minimo diritto di ridurre la «funzione unificatrice » del capitalismo al nu- mero degli operai di fabbrica e d'officina. Questo significa restrin- gere in modo assurdo Tidea di Marx. Citerò un esempio. Nel suo opuscolo Zur W ohnungsfrage Fried- rich Engels, parlando dell’industria tedesca, accenna al fatto che in nessun altro paese come in Germania — egli parla solo dell’Eu- ropa occidentale — esiste un tale numero di operai salariati che pos- seggono un orto o un piccolo appezzamento di terra. «L'industria artigiana nelle campagne , esercitata congiuntamente all'orticoltura o all agricoltura su piccola scala — egli dice — forma la vasta base della giovane grande industria tedesca ». Nella misura in cui aumenta la miseria dei piccoli contadini tedeschi, questa industria artigiana si sviluppa sempre più (come del resto in Russia, aggiun- giamo noi); tuttavia l ’ unione dell’industria con Tagricoltura è una condizione non di benessere dell’artigiano, ma al contrario di op- pressione ancora maggiore. Essendo legato alla sua sede, egli è co- stretto ad accettare un prezzo qualsiasi e perciò non dà solo al capitalista il plusvalore, ma anche una parte cospicua del salario (come del resto in Russia, dove il sistema del lavoro a domicilio per conto della grande produzione ha uno sviluppo immenso). « Que- sto è il diritto della medaglia — continua Engels — ma c'è anche il rovescio ... Con l'estendersi dell'industria artigiana , i distretti agricoli vengono attratti uno dopo l'altro nell'orbita del moderno processo di industrializzazione. È questo rivoluzionamento dei distretti rurali ad opera dell'industria artigiana , che ha esteso in Germania la rivoluzione industriale sopra un territorio molto più grande di quanto sia successo in Inghilterra e in Francia ... Ciò spiega perchè in Germania, al contrario che in Inghilterra e in Francia, il movimento rivoluzionario degli operai abbia potuto CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 3 2? estendersi in maniera così imponente alla maggior parte del paese, invece di rimanere legato esclusivamente ai centri urbani. E ciò a sua volta spiega il processo calmo, sicuro, irrefrenabile del movimento. In Germania è evidente che un sollevamento vitto- rioso nella capitale e nelle altre grandi città sarà possìbile solo quando anche la maggior parte delle piccole città e una gran parte dei distretti rurali saranno maturi per il sommovimento » 72 Guardate un po: non solo la «funzione unificatrice del capi- talismo », ma anche il successo del movimento operaio dipende, a quanto pare, oltre che dal numero degli operai di fabbrica, anche dal numero... degli artigiani! I nostri teorici dello sviluppo ori- ginale della Russia, ignorando l’organizzazione puramente ca- pitalistica della stragrande maggioranza delle aziende artigiane russe, le contrappongono al capitalismo, come un’industria « popo- lare », e giudicano la « percentuale della popolazione che si trova a disposizione immediata del capitalismo » dal numero degli operai di fabbrica. Questo ricorda anche il seguente ragionamento del signor Krivenko: i marxisti vogliono concentrare tutta l’attenzione sugli operai di fabbrica, ma siccome essi sono appena un milione su cento, questo è solo un piccolo settore della vita, e dedicarsi ad esso equivale a limitarsi a lavorare nelle istituzioni corporative o di beneficenza (n, 12 della Russinole Bogatstvó). Le fabbriche e le officine sarebbero un piccolo settore della vita come le istitu- zioni corporative e di beneficenza!! Oh, geniale signor Krivenko! Ma davvero, proprio le istituzioni corporative creano i prodotti per tutta la società? Ma davvero, proprio gli ordinamenti delle istituzioni corporative spiegano lo sfruttamento e l’espropriazione dei lavoratori? Ma davvero proprio nelle istituzioni corporative si devono cercare i rappresentanti di avanguardia del proletariato, capaci di levare in alto la bandiera dell’emancipazione degli operai? Simili cose non sorprendono sulla bocca di piccoli filosofi bor- ghesi, ma quando si incontra qualcosa del genere negli scritti del signor Nik.-on, la cosa diventa piuttosto spiacevole. A p. 393 del Capitale 73 Marx riporta i dati sulla distribuzione della popolazione inglese. L’Inghilterra e il Galles contavano com- plessivamente nel 1861 venti milioni di abitanti. Gli operai oc- cupati nei principali rami deH’industria di fabbrica e d’offi- 22 * 324 LENIN cina risultavano essere 1.605.440*. Inoltre i domestici erano 1.208.648 e, nella nota alla seconda edizione, Marx accenna all’au- mento particolarmente rapido di quest’ultima classe. Immaginate ora che in Inghilterra si fossero trovati dei « marxisti » che, per valutare la « funzione unificatrice del capitalismo », si fossero messi a dividere 1,6 milioni per venti!! Ne risulterebbe l’8%, vale a dire meno di un dodicesimo!!! Come è possibile par- lare di una « missione » del capitalismo, quando esso non ha unifi* cato nemmeno un dodicesimo della popolazione! e, inoltre, si svi- luppa più rapidamente la classe degli «schiavi domestici», sterile perdita di «lavoro popolare», la quale testimonia che «noi», in- glesi, seguiamo un via « sbagliata »! Non è forse chiaro che « noi » dobbiamo « cercare per la nostra patria altre vie di sviluppo » non capitalistiche ?! Nell’argomentazione del signor Nik.-on vi è ancora 'un altro punto: dicendo che il nostro capitalismo non svolge quella funzione unificatrice che « è così caratteristica nell’Europa occidentale, e incomincia a manifestarsi con forza particolare nell’ America set- tentrionale », egli allude evidentemente al movimento operaio. Quindi noi dobbiamo cercare altre vie, perchè il nostro capita- lismo non produce un movimento operaio. Questo argomento, a quanto pare, era già stato addotto prima dal signor Mikhailovski. Marx aveva a che fare con un proletariato già formato: egli istruiva dei marxisti. E, in risposta all’osservazione, mossagli da un marxista, secondo cui egli vedeva nella misera solo la miseria, rispondeva in questo modo: questa osservazione, come al solito, è presa interamente da Marx. Ma se noi esaminiamo il passo corrispondente della Miseria della filosofia , vedremo che esso non è applicabile alla nostra situazione, che la nostra miseria è solo miseria. In effetti, tuttavia, nella Miseria della fi- • 642.607 operai erano addetti all’industria tessile, alla produzione delle calze c dei merletti (da noi decine di migliaia di donne occupate nella produ- zione delle calze e dei merletti sono sottoposte al più inverosimile sfruttamento da parte delle « bottegaie » per le quali esse lavorano. Il salario arriva talvolta a 3 [ite/] copechi al giorno! Forse esse, signor Nik-on, non si « trovano a dispo- sizione immediata del capitalismo»?), 565.835 operai erano occupati nelle miniere carbonifere e metallifere c 396.998 nelle industrie metallurgiche e nelle mani- fatture. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL TOPOLO 325 losofia non vedremo ancora nulla. Marx parla dei comunisti della vecchia scuola, dice che essi vedono nella miseria solo la miseria, senza rilevarne l’aspetto rivoluzionario, demolitore, che abbatte la vecchia società 74 . È evidente che la mancata « appa- rizione » del movimento operaio serve al signor Mikhailovski come base per affermare che ciò non si può applicare alla nostra situazione. A proposito di questo ragionamento osserviamo, in primo luogo, che solo una conoscenza estremamente superficiale dei fatti può suggerire l’idea che Marx avesse a che fare con un proleta- riato già formato. Marx elaborò il suo programma comunista ancor prima del 1848. Com’era allora la situazione del movimento ope- raio # in Germania? Allora non esisteva nemmeno la libertà politica e il lavoro dei comunisti si limitava ai circoli clandestini (precisa- mente come da noi oggi). Il movimento operaio socialdemocra- tico, che mostrò chiaramente a tutti la funzione rivoluzionaria e unificatrice del capitalismo, incominciò due decenni più tardi, quando la dottrina del socialismo scientifico si era definitiva- mente formata, quando la grande industria si era più largamente estesa, e si trovarono schiere di capaci ed energici propagatori di questa dottrina nell’ambiente operaio. Presentando sotto una luce falsa i fatti storici, dimenticando quanto lavoro hanno do- vuto compiere i socialisti per portare nel movimento operaio la coscienza e l’organizzazione, i nostri filosofi attribuiscono inoltre a Marx le più insensate concezioni fatalistiche. Secondo il suo modo di vedere, l’organizzazione e l’assodamento degli operai avverrebero spontaneamente; quindi, essi dicono, se noi, vedendo il capitalismo, non vediamo il movimento operaio, questo avviene p rchè il capitalismo non adempie la sua missione e non perchè noi lavoriamo ancora debolmente per svolgere fra gli operai un’opera di organizzazione e di propaganda. Non vale nem- meno la pena di confutare questo vile espediente piccolo-borghese dei nostri filosofi fautori dell’originalità della Russia: esso è con- futato da tutta l’attività dei socialdemocratici di tutti i paesi, è con- * Quanto fosse allora numericamente pìccola la classe operaia si può giudi- care dal fatto che, 27 anni dopo , nel 1875, Marx scriveva: «t ” il popolo lavoratore ” in Germania consta nella sua maggioranza di contadini c non di proletari » TB . Ecco che cosa significa «avesse a che fare [??] con un proletariato già formato»! 326 LENIN futato da ogni discorso pubblico di qualsiasi marxista. La socialde- mocrazia — dice del tutto giustamente Kautsky — è l’unione del movimento operaio col socialismo. E perchè lazione progressiva del capitalismo « si manifesti » anche da noi, i nostri socialisti devono dedicarsi con tutte le energie al loro lavoro; devono elaborare più particolareggiatamente la concezione marxista della storia e della realtà russa, indagando più concretamente tutte le forme della lotta di classe e dello sfruttamento, che in Russia sono particolar- mente intricate e camuffate. Essi devono inoltre popolarizzare questa teoria, portarla alloperaio, devono aiutare l’operaio ad as- similarla e a elaborare una forma di organizzazione più adatta alle nostre condizioni per diffondere la socialdemocrazia e rag- gruppare gli operai in una forza politica . E i socialdemocratici russi non solo non hanno mai detto che essi hanno già terminato e compiuto questo lavoro di ideologi della classe operaia (di que- sto lavoro non si vede la fine), ma, al contrario, hanno sempre sottolineato che essi sono appena agli inizi, che occorrono ancora molti sforzi di moltissimi militanti per creare almeno qualcosa di stabile. Questa obiezione corrente, secondo cui il nostro capitalismo non compie un’azione progressiva, si fonda, a quanto pare, oltre che su una interpretazione insoddisfacente e incredibilmente limi- tata della teoria di Marx, anche sull’idea assurda di un mitico « regime popolare ». Quando i « contadini » nella famosa « obsteina » si dividono in miserabili e ricchi, in rappresentanti del proletariato e del capi- tale (specialmente commerciale), ci si rifiuta di vedere che qui si tratta di un capitalismo embrionale, medioevale e, trascurando la struttura economico-politica della campagna, si chiacchiera, alla ri- cerca di « altre vie per la patria », di modificazioni della forma del possesso fondiario dei contadini, commettendo l’errore imperdona- bile di confonderlo con la forma dell’organizzazione economica, come se da noi, all’interno della stessa « obsteina egualitaria », non progredisse la differenziazione prettamente borghese della massa contadina. E mentre questo capitalismo, sviluppandosi, supera le forme limitate del capitalismo medioevale, rurale, sconvolge il pos- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 327 sesso feudale della terra e costringe il contadino, ormai da tempo completamente spogliato e affamato, ad andare in cerca di lavoro altrove, a vagabondare per tutta la Russia, dopo aver abbandonato la terra alla collettività perchè venga distribuita in modo eguale fra i kulak trionfanti, lo costringe a passare lunghi periodi di tempo senza lavoro, a occuparsi oggi presso un grande proprie- tario fondiario, domani presso un appaltatore per la costruzione di ferrovie, poi come manovale in città o come bracciante presso un contadino -ricco, ecc.; mentre questo «contadino», passando da un padrone allaltro percorre tutta la Russia e vede che dap- pertutto, dovunque egli vada, è sottoposto alla spoliazione più spudorata, vede che accanto a lui vengono derubati altri mise- rabili come lui, vede che chi lo deruba non è invariabilmente il «signore», ma anche il «suo fratello contadino», non appena questi possiede il denaro per acquistare forza-lavoro, vede come il governo serve dappertutto i suoi padroni, limitando i di- ritti degli operai e reprimendo come rivolta qualsiasi tenta- tivo di difendere i propri diriti più elementari, vede come il lavoro delloperaio russo diventa sempre più gravoso e intenso, e sempre più rapido diventa l’aumento della ricchezza e del lusso; mentre la situazione dell’operaio peggiora sempre, l’espro- priazione si intensifica e la disoccupazione diviene la regola, i nostri critici del marxismo cercano altre vie per la patria, e risolvono la profonda questione: si può riconoscere qui Tazione progressiva del capitalismo, quando vediamo che il numero degli operai di fabbrica cresce lentamente, e non si deve respingere e considerare come una via falsa il nostro capitalismo perchè esso adempie così «male, molto, molto male la sua missione storica»? Quale elevata, altamente umanitaria occupazione, nevvero? E che angusti dottrinari sono questi malvagi marxisti, quando dicono che cercare altre vie per la patria, esistendo dappertutto in Russia lo sfruttamento capitalistico del lavoratore, significa chiudere gli occhi dinanzi alla realtà per rifugiarsi nella sfera delle utopie, quando trovano che non il nostro capitalismo adem- pie male la sua missione, ma i socialisti russi, i quali non vogliono capire che fantasticare sulla composizione pacifica della secolare LENIN 3 2 * lotta economica delle classi antagonistiche della società russa si- gnifica cadere in fantasticherie alla Manilov, non* vogliono capire che ci si deve sforzare di dare un carattere organizzato e cosciente a questa lotta e quindi accingersi al lavoro socialdemocratico. A conclusione, non si può tralasciare un altro attacco del si- gnor Nik.-on contro il signor Struve, sempre sul n. 6 della Russiate Bogatstvo. « Non si può non rilevare — dice il signor Nik.-on — un certo aspetto della polemica del signor Struve. Egli ha scritto per il pub- blico tedesco, su una rivista tedesca seria, e ha adoperato metodi che mi sembrano del tutto sconvenienti. È da sperare che non solo il pubblico tedesco, ma anche quello russo si sia talmente sviluppato, sia 11 diventato adulto ”, tanto da non lasciarsi impressionare dai vari ” spauracchi ” di cui è condito il suo articolo. ” Utopia ”, ” pro- gramma reazionario ” e altre simili espressioni s incontrano in ogni colonna del suo articolo. Ma, ahimè, queste ” parole terribili ” de- cisamente non producono più Teffetto sul quale evidentemente conta il signor Struve» (p. 128). Cerchiamo di capire se in questa polemica fra il signor Nik.-on e il signor Struve vi siano « metodi sconvenienti » e, se vi sono, chi li adopera. Il signor Struve è accusato di adoperare « metodi sconve- nienti » per il fatto che in un articolo serio vuole impressionare il pubblico con « spauracchi » e « parole terribili ». Adoperare « spauracchi » e « parole terribili » significa dare del- l’avversario una definizione nettamente negativa, senza nel mede- simo tempo motivarla in modo chiaro e preciso, senza farla sca- turire necessariamente dal punto di vista dell’autore (punto di vista esposto con precisione), ma esprimendo semplicemente il desiderio di inveire contro Tavversario e di demolirlo. È evidente che solo quest’ultima circostanza trasforma gli epiteti nettamente negativi in «spauracchi». Certo, il signor Slonimski si è espresso duramente nei confronti del signor Nik.-on, ma siccome egli ha formulato in proposito, con chiarezza e presi- sene, il proprio punto di vista di comune liberale, assolutamente CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 329 incapace di capire il carattere borghese degli attuali ordina- menti, ha formulato in modo del tutto preciso i suoi argo- menti strabilianti, lo si può accusare di tutto quel che si vuole, ma non di « metodi sconvenienti ». Anche il signor Nik.-on si è espresso duramente sul signor Slonimski, citandogli, fra Paltro, a edificazione e ammaestramento, le parole di Marx, « che si sono rivelate giuste anche da noi » (riconoscimento del signor Nik.-on), sul carattere reazionario e utopistico della difesa della piccola produzione casalinga e della piccola proprietà contadina, voluta dal signor Slonimski, accusandolo di « limitatezza », « ingenuità », ecc. Osservate: l’articolo del signor Nik.-on è «condito» con gli stessi epiteti (sottolineati) dell’articolo del signor Struve, ma non possiamo parlare di « metodi sconvenienti », perchè tutto questo è motivato, tutto questo scaturisce dal determinato modo di ve- dere e dal sistema di concezioni dell'autore. Tutto questo può es- sere falso, ma chi lo sostiene può comportarsi nei confronti del- l’avversario non diversamente di come ci si comporta verso un utopista ingenuo, limitato, reazionario. Vediamo come stanno le cose nell’articolo del signor Struve. Egli, accusando il signor Nik.-on di utopismo, dal quale deve sca- turire un programma reazionario, e di ingenuità, indica del tutto chiaramente i motivi per cui è giunto a questa conclusione. Primo: desiderando « la socializzazione della produzione », il signor Nik.-on « fa appello alla società [sic!] e allo Stato ». Questo « di- mostra che la dottrina marxista della lotta di classe e dello Stato è del tutto estranea all'economista politico russo ». Il nostro Stato è il «rappresentante delle classi dirigenti». Secondo: «Se si oppone al capitalismo effettivo un regime economico immaginario , che deve venire semplicemente perchè noi Io vogliamo , in altri ter- mini, se si vuole la socializzazione della produzione al di fuori del capitalismo, si dà prova soltanto di una concezione ingenua che non corrisponde al processo storico ». Con lo sviluppo del capitali- smo, con l’eliminazione dell’economia naturale, con la diminuzione della popolazione rurale, « lo Stato moderno esce dal crepuscolo in cui ancora si trova nella nostra epoca patriarcale (parliamo della Russia), esce alla chiara luce della lotta di classe aperta, e per 33 ° LENIN la socializzazione della produzione si devono cercare altre forze e altri fattori». Ebbene, non è forse questa una motivazione abbastanza chia- ra e precisa? Si può contestare la giustezza dei rilievi fondati sui fatti a cui il signor Struve sottopone le idee delFautore? Forse il signor Nik.-on ha preso realmente in considerazione la lotta di classe propria della società capitalistica? No. Egli parla della so- cietà e dello Stato dimenticando questa lotta, escludendola. Egli dice, per esempio, che lo Stato ha appoggiato il capitalismo in- vece di socializzare il lavoro attraverso Yobstcina , ecc. Evidente- mente egli ritiene che lo Stato possa agire in questo e in quell’altro modo, che esso, per conseguenza, stia al di fuori delle classi. Non è chiaro che accusando il signor Struve di adoperare « spaurac- chi » si commette una ingiustizia patente ? Non è chiaro che colui il quale pensa che il nostro Stato è uno Stato di classe non può non considerare utopista, ingenuo e razionario chi si rivolge a questo Stato per socializzare il lavoro, vale a dire per elimi- nare le classi dirigenti? Ma non basta. Quando si accusa l’avver- sario di adoperare « spauracchi », ignorando la concezione dalla quale è scaturito tale giudizio, nonostante che egli abbia chiara- mente formulato questa concezione, quando inoltre lo si ac- cusa su di una rivista sottoposta a censura, dove questa conce- zione non può penetrare, non si deve forse pensare che questo è « un metodo del tutto sconveniente »? Proseguiamo. Il signor Struve ha formulato non meno chiara- mente il secondo argomento. Che la socializzazione del lavoro al di fuori del capitalismo, attraverso Yobstcina, sia una costruzione immaginaria, è fuori di dubbio, perchè non esiste nella realtà. Lo stesso signor Nik.-on descrive così questa realtà: prima del 1861, le unità produttive erano la «famiglia » e F« obstcinan (, Sag- gi , pp. 106-107). Questa « piccola produzione frazionata e autosuffi- ciente non si poteva sviluppare in misura notevole, per cui essa è caratteristica come produzione estremamente abitudinaria e di scarsissima produttività». L’ulteriore modificazione è consistita nel fatto che la «divisione sociale del lavoro è andata diventando sempre più profonda*. Per conseguenza, il capitalismo ha scon- volto i confini angusti delle precedenti unità produttive e ha socia- CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO ZZI lizzato Ìl lavoro in tutta la società. Anche il signor Nidori ricono- sce questa socializzazione del lavoro ad opera del nostro capita- lismo. Perciò, volendosi appoggiare, per la socializzazione del la- voro, non sul capitalismo, da cui il lavoro è già stato socializzato, ma su Wobstcina, la cui distruzione ha portato precisamente per la prima volta la socializzazione del lavoro in tutta la so- cietà , egli è un utopista reazionario. Questo è il pensiero del signor Struve. Lo si può considerare giusto o sbagliato, ma non si può negare che da questa opinione è scaturito con logica ineso- rabile l’aspro giudizio sul signor Nik.on e che perciò non è il caso di parlare di « spauracchi ». Ma non basta. Quando il signor Nik.-on conclude la sua polemica con il signor Struve attribuendo all’avversario il desi- derio di spossessare i contadini (« se per programma progressivo si intende lo spossessamento dei contadini... l’autore dei Saggi è un conservatore»), nonostante l’aperta dichiarazione del signor Struve, secondo cui egli vuole la socializzazione del lavoro, la vuole attraverso il capitalismo, vuole per questo appoggiarsi sulle forze che saranno visibili alla «chiara luce dell’aperta lotta di classe », certamente non si può non definire ciò un’interpretazione diametralmente opposta alla verità. E se si tiene presente che sulla stampa sottoposta a censura il signor Struve non avrebbe potuto parlare delle forze che agiscono alla chiara luce della lotta di classe, che, per conseguenza, l’avversario del signor Nik.-on è imbavagliato, non si può contestare che il metodo del signor Nik.-on è già del tutto un « metodo sconveniente », Appendice IH Quando parlo di una concezione ristretta del marxismo, al- ludo ai marxisti stessi. Non si può non osservare in proposito che il marxismo viene ristretto e alterato nel modo più indegno, quando i nostri liberali e radicali ne intraprendono l’esposi- zione sulle pagine della stampa legale. Che razza di esposi- zione è mai questa! Pensate solo come si deve mutilare questa dottrina rivoluzionaria per adagiarla sul letto di Procuste della censura russa! E i nostri pubblicisti compiono questa operazione a cuor leggero: il marxismo, nella loro esposizione, si riduce niente di meno che alla dottrina la quale spiega come nel re- gime capitalistico In proprietà individuale, fondata sul lavoro del proprietario, compie il suo sviluppo dialettico, come essa si tra- sforma nella propria negazione e in seguito si socializza. E si crede in tutta serietà che in questo « schema » consista tutto il conte- nuto del marxismo, lasciando in disparte tutte le particolarità del suo metodo sociologico, lasciando in disparte la dottrina della lotta di classe, lasciando in disparte lo scopo diretto dell’indagine, che è quello d : portare alla luce tutte le forme di antagonismo e di sfruttamento, per aiutare il proletariato ad abbatterle. Non sorprende che ne risulti qualcosa di talmente sbiadito e ristretto, da suscitare la compassione dei nostri radicali per i poveri mar- xisti russi. Anzi! L’assolutismo russo e la reazione russa non sa- rebbero assolutismo e reazione, se si potesse, mentre continuano ad esistere, esporre il marxismo in modo integrale, esatto e com- pleto, esponendone interamente le conclusioni. E se i nostri li- 334 LENIN berali e radicali conoscessero come si deve il marxismo (se non altro attraverso la letteratura tedesca), si vergognerebbero di tra- visarlo in questo modo sulle colonne della stampa sottoposta a censura. Se non potete esporre la teoria, tacete oppure preci- sate che la vostra esposizione è tutt’altro che esauriente, che omettete l’essenziale; ma perchè, esponendone solo dei frammenti, lanciate alte strida sulla sua limitatezza? Certo soltanto così si può arrivare all’assurdità, possibile solo in Russia, di annoverare tra i marxisti persone che non hanno la minima nozione della lotta di classe, deH’inevitabile antagonismo proprio della società capitalistica e dello sviluppo di questo anta- gonismo, persone che non hanno la minima idea della funzione rivoluzionaria del proletariato, e persino individui che presentano apertamente progetti borghesi, purché in questi progetti figurino casualmente parolette quali « economia monetaria », sua « neces- sità ■» e altre espressioni analoghe, per riconoscere le quali come specificamente marxiste occorre tutta la profondità e l’acume del signor Mikhailovski. E Marx riponeva tutto il valore della sua teoria nel fatto che essa è « teoria critica * e rivoluzionaria per essenza » 7fl . E que- st’ultima qualità è effettivamente inerente al marxismo in modo integrale e incondizionato, perchè questa teoria si pone diretta- mente il compito di scoprire tute le forme di antagonismo e di sfruttamento nella società moderna, di seguirne l’evoluzione, di mostrare il loro carattere transitorio, l’inevitabilità della loro trasformazione in un’altra forma, e di servire in questo modo il proletariato , perchè esso quanto più rapidamente e più facilmente possibile possa farla finita con ogni genere di sfruttamento. L’irre- sistibile forza d’attrazione che trascina verso questa teoria i socia- listi di tutti i paesi consiste precisamente nel fatto che essa unisce in sè un’altissima e rigorosa scientificità (essendo l’ultima parola * Notale che Marx parla qui della critica materialistica, l’unica che egli con- sideri scientifica, vale a dire della critica che pone a confronto i fenomeni poli- tico-giuridici, sociali, di costume, ecc. con l’economia, col sistema dei rapporti di produzione, con gli interessi delle classi che inevitabilmente si formano sul ter- reno di tutti i rapporti sociali antagonistici. Difficilmente si potrà dubitare che i rapporti sociali russi siano antagonistici. Ma nessuno ha ancora tentato di pren- derli come base per una tale critica. CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 335 della scienza sociale) con Io spirito rivoluzionario, e li unisce non casualmente, non solo perchè il fondatore della dottrina riuniva personalmente in sè le qualità dello scienziato e del rivoluziona- rio, ma intrinsecamente e inscindibilmente nella teoria stessa. In- fatti, il compito della teoria, lo scopo della scienza, son posti qui direttamente come aiuto alla classe '■degli oppressi nella sua effet- tiva lotta economica. « Noi non diciamo al inondo : abbandona le tue lotte, sono sciocchezze ; noi ti grideremo la vera parola d'or- dine della lotta » 11 . Per conseguenza, il compito immediato della scienza, secondo Marx, è di dare la vera parola d’ordine della lotta, vale a dire di saper rappresentare obiettivamente questa lotta come prodotto di un determinato sistema di rapporti di produzione, di saper capire la necessità di questa lotta, il suo contenuto, il corso e le condizioni del suo sviluppo. Non si può dare la « parola dor- dine della lotta » senza studiare in tutti i particolari ogni singola forma di questa lotta, senza seguirne ogni passo, mentre essa com- pie il passaggio da una forma all’altra, al fine di sapere in ogni momento definire la situazione, senza perder di vista il carattere generale della lotta, il suo scopo generale, l’abolizione completa e definitiva di ogni sfruttamento e di ogni oppressione. Provate a confrontare la teoria «critica e rivoluzionaria» di Marx con le sbiadite assurdità che il «nostro famoso» N. K. Mi- khailovski ha esposto nella sua « critica » e contro le quali ha combattuto, e rimarrete sorpresi che nella realtà possano esistere degli uomini che si ritengono « ideologi della classe lavoratrice » e non vanno oltre... il « disco piatto » in cui i nostri pubblicisti trasformano la teoria di Marx sopprimendo in essa tutto quanto c’è di vitale. Provate a confrontare con le esigenze di questa teoria la no- stra letteratura populista, anch essa animata dal desiderio di es- sere l’ideologia del lavoratore, letteratura consacrata alla storia e alla situazione attuale dei nostri ordinamenti economici in gene- rale e dei contadini in particolare, e resterete stupiti che dei socia- listi abbiano potuto accontentarsi di una simile teoria, che si è limitata a studiare e a descrivere le sciagure e a trarne conclu- 33Ó LENIN sioni di carattere moraleggiante. La servitù della gleba viene rap- presentata non come una determinata forma di organizzazione economica che ha generato una determinata forma di sfruttamen- to, determinate classi antagonistiche, determinati ordinamenti po- litici, giuridici, ecc., ma semplicemente come un abuso dei grandi proprietari fondiari e un’ingiustizia nei confronti dei contadini. La riforma contadina viene rappresentata non come un conflitto fra determinate forme di economia e determinate classi economiche, ma come un provvedimento delle autorità, « che hanno scelto » per errore « una via sbagliata », nonostante le migliori intenzioni. La Russia posteriore alla riforma viene presentata come una deviazione dal giusto cammino, alla quale si accompagnano le sciagure del lavoratore, e non come un determinato sistema di rapporti di produzione antagonistici, che ha un determinato sviluppo. Oggi è ormai fuor di dubbio che questa teoria ha perso terreno, e quanto più presto i socialisti russi capiranno che, con l’attuale livello della scienza, non vi può essere teoria rivoluzionaria al di fuori del marxismo, quanto più presto dirigeranno tutti i loro sforzi ad applicare questa teoria alla Russia, nel campo teorico e nel campo pratico, tanto più sicuro e rapido sarà il successo del- l’azione rivoluzionaria. Per illustrare con chiarezza come i signori « amici del po- polo » corrompano il « povero pensiero russo » contemporaneo con il loro appello agli intellettuali perchè esercitino un in- flusso culturale sul « popolo » per « creare » una vera, giusta in- dustria, ecc., riportiamo il giudizio di elementi che si diffe- renziano nettamente dal nostro modo di pensare, vale a dire degli esponenti del « Diritto del popolo », questi diretti, immediati eredi degli uomini della «Volontà del popolo». Cfr. l’opuscolo Una que- stione vitale, 1894. Edizioni del partito «Diritto del popolo». Dopo aver dato una magnifica risposta a quella sorta di po- pulisti i quali dicono «che sotto nessuna forma, nemmeno a condizione di una larga libertà, la Russia deve abbandonare la sua organizzazione economica, che assicura [!] al lavoratore CHE COSA SONO GLI AMICI DEL POPOLO 337 una posizione autonoma nella produzione », oppure che « ci oc- corrono non riforme politiche, ma riforme economiche, sistema- tiche, attuate in modo pianificato », gli esponenti del Narodnoic Pravo continuano: si inten- dono le concezioni marxiste. Ci si domanda: precisamente quali « determinate » tesi « fondamentali » del marxismo l’autore accetta e quali respinge? Perchè e sino a qual punto? L'autore non rispon- de direttamente a queste domande. Quindi per chiarire ciò che in questo libro può con esattezza essere attribuito al marxismo — quali tesi della dottrina l’autore accetta e con quanta coerenza le sostiene, quali respinge e che cosa ne risulta in questi casi — per chiarire tutto questo è indispensabile un esame particolareggiato del volume. Il suo contenuto è straordinariamente vario: l'autore espone, in primo luogo, il « metodo soggettivo in sociologia > accettato dai nostri populisti, lo: critica e gli contrappone il metodo del «mate- 344 LENIN rialismo storico-economico », Poi egli passa alla critica del popu- lismo in campo economico, in primo luogo, sulla base della « espe- rienza generale dell’umanità » (p, IX) e, in secondo luogo, sulla base dei dati della storia deH’economia e della realtà russa. Inciden- talmente vengono anche criticati i dogmi della politica economica populista. Quésta grande varietà di contenuto (del tutto inevi- tabile quando si critica un’importantissima corrente del nostro pensiero sociale) determina anche la forma dell’analisi : è neces- sario seguire passo a passo l’esposizione dell’autore, soffermandosi su ciascun gruppo degli argomenti da lui addotti. Ma, prima di passare aH’esame del libro, mi sembra indispen- sabile soffermarmi alquanto per dare alcune spiegazioni prelimi- nari particolareggiate. Il presente articolo ha lo scopo di criticare il libro del signor Struve dal punto di vista di chi « condi- vide », su tutte le « questioni [e non solo su « determinate » que- stioni] fondamentali, concezioni che sono state ben definite nella letteratura ». Queste concezioni sono state esposte più volte con intento critico sulle pagine della stampa liberal-populista, e questa espo- sizione le ha scandalosamente offuscate, anzi deformate, mi- schiandovi cose che non hanno alcuna relazione con esse, quali lo hegelismo, « la convinzione che ogni paese debba necessaria- mente passare attraverso la fase del capitalismo », e molte altre sciocchezze ormai tipiche del Novoie V remia. Soprattutto il lato pratico della dottrina, la sua applicazione alla situazione russa, ha subito deformazioni. I nostri liberali e populisti, non volendo capire che la dottrina del marxismo russo prende le mosse da una concezione completamente diversa della realtà russa, hanno confrontato questa dottrina con la loro vec- chia concezione di questa realtà e hanno tratto conclusioni che non solo alla realtà non corrispondono, ma per di più contengono le più feroci accuse contro i marxisti. Mi sembra perciò impossibile iniziare l’esame del libro del si- gnor Struve senza aver prima definito con precisione il mio atteg- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 345 giamento verso il populismo. Inoltre, un confronto preliminare delle concezioni populista e marxista è indispensabile per spiegare molti passi del libro che ci accingiamo ad esaminare, il quale si limita al lato oggettivo della dottrina e lascia quasi compieta- mente in disparte le conclusioni pratiche. Questo confronto ci mostrerà quali sono i punti di partenza comuni del populismo e del marxismo e in che cosa risiede la loro radicale differenza. A tale scopo è più comodo prendere in esame il vecchio populismo russo, perchè esso, in primo luogo, sta incomparabilmente più in alto di quello odierno (rappresen- tato da organi del tipo della Rus stuoie Bogatstvo) sia per coerenza che per organicità, e, in secondo luogo, mette maggiormente in evi- denza i lati migliori del populismo, ai quali sotto alcuni aspetti aderisce anche il marxismo. Prenderemo una di queste profcssions de fot del vecchio popu- lismo russo e seguiremo passo a passo l’autore. CAPITOLO I GLOSSE MARGINALI ALLA « PROFESSION DE FOI » POPULISTA Il volume CCXLII delle Otiecestvennye Zapis^i* contiene Tarticolo non firmato Nuovi germogli sul terreno popolare , che pone in risalto i lati progressivi del populismo in opposizione al liberalismo russo. L’autore incomincia affermando che protestare « ora » contro « coloro che emergono dall’ambiente popolare e salgono sulla sommità della scala sociale », è considerato « quasi un tradimento ». « Ancora recentemente un asino letterato tirava calci alle Otiecest- vennye Zapiskj per il loro pessimismo verso il popolo , secondo l’espres- sione da lui adoperata a proposito di una breve recensione dell’opuscolo di Zlatovratski, nella quale non c’era nulla di pessimistico, tranne il pes- simismo nei confronti dell’usura e dell’influenza corruttrice dei quat- trini in generale; ma quando, poi, Gl. Uspenski scrisse il commento ai suoi ultimi saggi (Otiecestvennye Zapiskj y n. n, 1878), la palude liberale, proprio come nella favola, s’agitò... e all’improvviso comparve una tale moltitudine di difensori del popolo, che noi restammo vera- mente meravigliati che il nostro popolo avesse tanti amici... Io non posso non essere d’accordo con... l’impostazione del problema della bellezza campestre e dell’atteggiamento verso di essa dei giovanotti letterati, o, per meglio dire, non giovanotti, ma vecchi donnaioli, nobili signori, servitori e nuovi mercanti... Cantare serenate alla campagna e ” farle l’occhiolino ” non significa affatto ancora amarla e rispettarla, •Anno 1879, n. 2, Rassegna dì attualità^ pp. 125-152. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 347 come indicare le sue deficienze non significa affatto ancora avere verso di lei un atteggiamento ostile. Se domandate allo stesso Uspenski... a chi vadano maggiormente le sue preferenze, in che cosa egli veda le mag- giori garanzie dell’avvenire, nella campagna oppure negli strati della vecchia nobiltà e della nuova classe media, non vi può essere alcun dubbio che egli risponderà: ” nella campagna ” ». Questo passo è molto caratteristico. In primo luogo, esso mo- stra con chiarezza qual è Pessenza del populismo: protesta con- tro il feudalesimo (strato della vecchia nobiltà) e contro il mondo borghese (strato della nuova classe media) in Russia dal punto di vista del contadino , del piccolo produttore . In secondo luogo, esso mostra nel medesimo tempo il carattere chimerico di questa protesta, il suo distacco dalla realtà. Esiste forse in qualche luogo una « campagna » al di fuori degli ordinamenti « della vecchia nobiltà » o « della nuova classe media »? I rappresentanti degli uni e degli altri non hanno forse costruito e costruiscono a modo loro precisamente la «campagna»? La campagna è appunto uno « strato » formato in parte dalla « vec- chia nobiltà » e in parte dalla « nuova classe media ». Comunque rigiriate la campagna, se vi limiterete a costatare la realtà (e di questo solo si tratta) invece di considerare le possibilità, non riusci- rete a trovare in essa niente altro, nessun terzo « strato ». E se i po- pulisti lo trovano , è solo perchè dietro gli alberi non vedono la foresta, dietro la forma del possesso fondiario delle singole ob - steine contadine non vedono 1 organizzazione economica di tutta leconomia sociale russa. Questa organizzazione, trasformando il contadino in produttore di merci, ne fa un piccolo borghese, un piccolo imprenditore isolato che lavora per il mercato; in virtù di questo, essa esclude la possibilità di volgersi indietro per cer- care «le garanzie dellavvenire» e costringe a cercarle avanti, non già nella « campagna » — dove la combinazione degli strati della « vecchia nobiltà » e della « nuova classe media » peggiora terribilmente la situazione del lavoro, togliendogli la possibilità di lottare contro i signori degli ordinamenti della « nuova classe media », perchè il contrasto stesso fra i loro interessi e gli interessi del lavoro non è abbastanza sviluppato — , ma nello strato piena- mente sviluppato, « nuova classe media » fino alle midolla, che si 348 LENIN è completamente emancipato dalle delizie della «vecchia nobiltà», ha socializzato il lavoro, ha condotto a compimento e ha messo in chiaro il contrasto sociale, che nelle campagne si trova ancora allo stato embrionale, soffocato. Ora si devono rilevare le differenze teoriche che esistono fra le dottrine che conducono rispettivamente al populismo e al mar- xismo, fra le due diverse concezioni della realtà e della storia russa. Seguiamo ancora Fautore. Egli assicura ai « signori il cui animo si ribella » che Uspenski capisce il rapporto fra povertà e morale del popolo « meglio di molti adoratori della campagna, per i quali... la cam- pagna è... una specie di salvacondotto liberale, del quale di solito tutti i borghesi non sciocchi e pratici si muniscono in epoche simili a quella che si sta attraversando ». Seconde la vostra opinione, signor populista, perchè mai a un individuo che vuol rappresentare gli interessi del lavoro, accade una cosa per lui tanto rattristante e offensiva come la conversione in « salvacondotto liberale » di ciò in cui egli vede « le garanzie dell’av- venire»? Questo avvenire deve escludere la borghesia, ma ciò at- traverso cui voi volete andare verso questo avvenire, non solo non viene accolto con ostilità dai « borghesi non sciocchi e pra- tici », ma al contrario viene accettato volentieri, e come « salva- condotto ». Che ne pensate? Sarebbe concepibile un fatto così scandaloso se voi aveste incominciato a indicare le «garanzie dell’avvenire» non là dove gli antagonismi sociali, propri del regime in cui spa- droneggiano i « borghesi non sciocchi e pratici », si trovano an- cora allo stato non sviluppato, embrionale, ma là dove essi sono sviluppati sino in fondo, sino al nec plus ultra , dove, per con- seguenza, non ci si può limitare ai palliativi e alle mezze misure, dove non si possono utilizzare a proprio vantaggio i desiderata dei lavoratori, dove la questione è posta nettamente? Non dite anche voi più avanti la stessa cosa? «I passivi amici del popolo non vogliono capire il semplice fatto che nella società tutte le forze attive si compongono, di solito, di due IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 349 risultanti, reciprocamente opposte, c che le forze passive, le quali evidentemente non partecipano alla lotta, servono solo la forza che in quel determinato momento ha il sopravvento » (p. 132). Non rientra forse la campagna in questa caratterizzazione? È forse essa un certo mondo particolare, in cui non ci sono nè queste « forze Reciprocamente opposte » nè la lotta, sicché se ne possa parlare in blocco, senza temere di fare il giuoco della « forza che ha il sopravvento»? Dato che già si parla di lotta, è forse fondato incominciare là dove il contenuto di questa lotta è in- gombrato da una caterva di circostanze estranee che impediscono di distinguere in modo stabile e definitivo Tuna dall’altra queste forze reciprocamente opposte, che impediscono di vedere con chia- rezza il nemico principale? Non è forse evidente che il program- ma enunciato dall’autore in fondo all’articolo — istruzione, esten- sione del possesso fondiario contadino, diminuzione dei tributi — non è in grado di colpire neanche minimamente chi ha il sopravvento, e che Tultimo punto del programma — « organizza- zione dell’industria popolare» — presuppone già, precisamente, che la lotta non solo ci sia stata, ma per di più sia stata coro- nata dalla vittoria? Il vostro programma trascura questo anta- gonismo, la cui esistenza voi stesso non avete potuto disconoscere. Perciò esso non incute paura ai padroni del « nuovo strato della classe media ». Il vostro programma è una fantasticheria piccolo- borghese. Ecco perchè esso può tutt’al più servire da « salvacon- dotto liberale». « Coloro per i quali la campagna è un concetto astratto e il contadino un Narciso astratto ragionano male anche quando dicono che la cam- pagna deve essere solo lodata e approvata, che essa resiste magnifica- mente a tutti gli influssi che la distruggono. Se la campagna è posta in condizioni tali per cui quotidianamente si deve battere per un copeco, se viene spogliata dagli usurai, ingannata dai kulak, oppressa dai grandi proprietari fondiari, se talvolta viene fustigata neirufficio del votosi, questo può forse rimanere senza influenza sui suoi aspetti morali?... Se il rublo, questa luna capitalistica, appare in primo piano nel paesaggio agreste, se ad esso si rivolgono tutti gli sguardi, tutti i propositi e le energie spirituali, se esso diviene lo scopo della vita e la misura delle capacità dell’individuo, è forse possibile nascon- 35 ° LENIN dere questo fatto e dire che il contadino è una specie di ” Kosma il di- sinteressato ”, che non ha affatto bisogno di denaro? Se nella campagna è evidente la tendenza alla discordia, mentre Ì kulak si sviluppano rigo- gliosamente e cercano di asservire i contadini più deboli, trasformandoli in braccianti, di distruggere Vobstcina , ecc., si possono forse, io do- mando, nascondere tutti questi fatti?! Noi possiamo auspicare uno stu- dio più circostanziato ed esauriente di questi fatti, possiamo spiegarli con le condizioni opprimenti di miseria (per fame gli uomini rubano, uccidono e, in casi estremi, si mangiano persino a vicenda), ma nascon- derli è del tutto impossibile. Nasconderli significa difendere lo statum quo , significa difendere il famigerato laissez fair e , laissez aller , sinché questi tristi fenomeni non assumeranno proporzioni minacciose. In ge- nerale, indorare la verità è sempre inutile ». Anche qui, come è bella questa descrizione della campagna, e come sono meschine le conclusioni che se ne traggono! come sono rilevati giustamenti i fatti, e come è misera la loro spiegazione, la loro interpretazione! Di nuovo vediamo qui un abisso gigan- tesco fra i desiderata concernenti la difesa del lavoro e i mezzi per realizzarli. Il capitalismo nel villaggio è per l’autore niente altro che un « triste fenomeno ». Sebbene egli veda questo stesso capi- talismo anche nella città, e in grandi dimensioni, sebbene veda come il capitalismo ha assoggettato a se non solo tutti i campi del lavoro popolare, ma persino la letteratura « progressiva », che esalta le misure borghesi a nome e nell’interesse del popolo, nonostante questo, egli non vuole riconoscere che si tratta di una particolare organizzazione della nostra economia sociale e si consola sognando che questo è solo un triste fenomeno provocato da « condizioni opprimenti » Queste condizioni si possono però eliminare, se si ab- bandona la teoria del non intervento. Già, se... se...! Ma non c’è ancora mai stata in Russia una politica di non intervento; c’è sem- pre stato l’intervento... a favore della borghesia, e solo i dolci sogni della « siesta pomeridiana » possono generare la speranza di modi- ficare questa situazione senza « ridistribuire la forza sociale tra le classi », come dice il signor Struve. « Noi dimentichiamo che la nostra società ha bisogno di ideali po- litici, civili e d’altro genere soprattutto per metterli in serbo e potere poi non pensare più a nullaltro, che essa li cerca non con un’ansia giova- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 351 nile, ma con la placidità della siesta pomeridiana, che quando è de- lusa di questi ideali non prova sofferenze spirituali, ma supera la de- lusione con la leggerezza di un principe arcadico. Tale è almeno la stragrande maggioranza della nostra società. Ad essa, propriamente parlando, non occorre alcun ideale, perchè è sazia e si accontenta pie- namente dei processi intestinali ». Eccellente caratterizzazione della nostra società liberal-populista. Ci si domanda ora se siano più coerenti i « populisti », che con- tinuano a prodigarsi per questa « società » e a vezzeggiarla, che le propinano la descrizione degli orrori del capitalismo « incom- bente », del « male minaccioso » *, come si è espresso l’autore del- l’articolo, invitano i suoi rappresentanti a lasciare la via sbagliata, sulla quale « noi » ci siamo incamminati, ecc., oppure i marxisti, che sono così « limitati » da differenziarsi nettamente dalla società e da ritenere necessario rivolgersi' esclusivamente a coloro che non « si accontentano » e non possono accontentarsi dei « processi intestinali » e per i quali gli ideali sono necessari, sono una que- stione di vita quotidiana. Questo è un atteggiamento da educanda, continua Fautore. Questo « testimonia il profondo pervertimento del pensiero e del senti- mento... non c’c ancora mai stata una corruzione così dignitosa e levigata, così candida e nel medesimo tempo profonda. Questa cor- ruzione è interamente patrimonio della nostra storia contemporanea, patrimonio della cultura della classe media [vale a dire, per essere più precisi, degli ordinamenti borghesi, capitalistici. K.TJ]> che si è sviluppata sul terreno dell’aristocrazia, del sentimentalismo, dell’igno- ranza e della pigrizia nobiliare. La piccola borghesia ha dato vita ad una scienza- propria, a un proprio codice morale e a propri sofismi ». Sembrerebbe che l’autore abbia giudicato così giustamente Ja realtà da capire anche qual è l’unica via d’uscita possibile. Se tutto dipende dalla nostra cultura borghese, vuol dire che non ci possono essere « garanzie per l’avvenire » se non negli « antipodi » • Minaccioso per chi? per i processi intestinali? Il capitalismo, non solo non li « minaccia », ma, al contrario, promette i manicaretti più raffinati e ricercati. 35 * LENIN di questa borghesia, perchè essi soli si sono definitivamente « dif- ferenziati » da questa « cultura della classe media », sono defini- tivamente e irrevocabilmente ostili ad essa e incapaci di qualsiasi compromesso, dal quale è così comodo ricavare « salvacondotti li- berali ». Ma no. Si può ancora fantasticare. La « cultura » effettivamente è solo « classe media », solo corruzione. Questo però non è forse solo un prodotto della vecchia aristocrazia (ed egli stesso ha riconosciuto ora che questa cultura è stata creata dalla storia contemporanea, e precisamente dalla storia che ha eliminato la vecchia aristocrazia) e della pigrizia, quindi qualcosa di fortuito e che non ha salde radici, ecc. ecc.P Incomincia qui una serie di frasi che non hanno il mi- nimo significato, tranne quello di voltare le spalle ai fatti e di ab- bandonarsi a fantasticherie sentimentali, che chiudono gli occhi sul- l 'esistenza di « forze reciprocamente opposte ». Ascoltate : «Essa [la classe media] deve insediarli [la scienza, il codice morale] nelle cattedre, nella letteratura, nei tribunali e negli altri settori della vita. [Abbiamo visto sopra che essa li ha già insediati in un pro- fondo «settore della vita » qual è la campagna. K.T.], Essa prima di tutto non trova un numero sufficiente di uomini adatti a tale scopo e, per necessità, si rivolge a elementi di altra tradizione. [La borghesia russa che «non trova uomini»?! Non vale la pena di confutare questa af- fermazione, tanto più che l’autore stesso si smentisce in seguito. K.T,]. Questi uomini non sanno il fatto loro [i capitalisti russi? ! K.T.] f i loro passi sono inesperti, i movimenti maldestri [«sanno il fatto loro» abbastanza per intascare dividendi che ammontano al dieci, al cento e più per cento; sono abbastanza « esperti » da praticare dap- pertutto il truc System ™; abbastanza astuti da ottenere i dazi protettivi. Solo a chi non sente immediatamente e direttamente su di sè il giogo di costoro, solo a un piccolo borghese è potuta passare per il cervello questa fantasia. K.T.]; essi si sforzano di imitare la borghesia dell’Eu- ropa occidentale, si procurano opuscoli, studiano [ecco che l’autore stesso deve riconoscere che è fantastico quanto ha sognato proprio ora, cioè che da noi la « cultura della classe media » si è sviluppata sul terreno dell 'ignoranza. Questo è falso. È stata precisamente questa cultura a portare alla Russia posteriore alla riforma la sua vita culturale, 1*« istru- zione ». « Indorare la verità», rappresentare il nemico come impotente e inetto, «in generale è sempre inutile». K.T.]; talora sono colti dalla IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 353 nostalgia del passato e talvolta riflettono suiravvenire, poiché si odono qua e là voci secondo le quali la classe media è solo una spudorata fa- vorita, la cui scienza non regge alla critica e il cui codice morale non serve assolutamente a nulla ». La borghesia russa che pecca di « nostalgia del passato » e « ri- flette sulTavvenire » ? ! Ma sentitelo! E han voglia costoro di prendere in giro se stessi, scagliando calunnie senza fine contro la povera borghesia russa, come se essa si lasciasse commuovere dalle voci sull’« inutilità della classe media»! È proprio.il con- trario: non si sono forse «turbate» queste «voci», quando hanno fatto loro una buona ramanzina, non sono forse esse che danno prova di saper «riflettere sull’avvenire»?... E questi signori si meravigliano persino e fingono di non capire perchè li chiamano romantici! « Intanto ci si deve porre in salvo. La classe media non prega, ma or- dina di andare a lavorare, sotto la minaccia della rovina *. Se non si va a lavorare si rimane senza pane e ci si trova in mezzo alla strada a gridare: ” fate la carità a un capitano in riposo! ”, se no si crepa proprio di fame. Ed ecco che incomincia il lavoro, si sente stridio, scricchiolio, strepito, una baraonda. Il lavoro è frettoloso e non tollera ritardi. In- fine, la macchina è avviata. Lo stridio e i suoni laceranti sembrano diminuiti, i pezzi sembrano sistemati, si sente solo il rumore di qual- cosa che funziona male. Ma la situazione è tanto più terribile: le assi si incurvano sempre più, le viti si allentano e tutto è sempre sul punto di andare in mille pezzi ». Questo passo è particolarmente caratteristico perchè contiene in forma efficace, laconica e attraente lo schema delle argomen- tazioni che i populisti russi amano presentare in veste scientifica. Movendo da fatti incontestabili, che non lasciano adito ad alcun dubbio e che dimostrano l’esistenza delle contraddizioni nel regime capitalistico, l’esistenza dell’oppressione, dell’inedia, della disoccupa- * Osserva, lettore. Quando un populista dice che da noi in Russia c la classe media ordina di andare a lavorare », allora è giusto. Ma quando un marxista dice che da noi domina il modo capitalistico di produzione, allora il signor V.V. grida che si cerca di « sostituire il regime capitalistico a quello democratico » (sic/). 24 - 572 354 LENIN zione ecc., essi si sforzano di dimostrare che il capitalismo è una cosa estremamente cattiva, « che funziona male » fcfr. V. V., Ka- blukov (La questione degli operai nell agricoltura), e, in parte , il signor Nikolai-on], che «è sempre sul punto» di andare in mille pezzi. Noi guardiamo, sono ormai moltissimi anni che guardiamo, e vediamo che questa forza che ordina al popolo russo di andare a lavorare, si consolida e si sviluppa sempre più, vanta dinanzi a tutta l’Europa la potenza della Russia che essa ha creato, e si ral- legra, naturalmente, per il fatto che «si sentono voci» solo sulla necessità di sperare che « le viti si allentino ». « I deboli si sentono venir meno dalla paura. ” Tanto meglio ”, dicono i disperati. ” Tanto meglio ”, dice anche la borghesia, ” faremo venire più presto nuovo macchinario dall’estero, con materiale nostro prepareremo più presto le piattaforme, le assi e le altre parti grezze, ci procureremo più presto abili meccanici ”. Intanto, il lato morale della società si trova per tutto questo tempo a mal partito. Ad alcuni piace la nuova attività, ed essi si prodigano al di sopra delle proprie forze, alcuni restano in ritardo e sono delusi della vita ». Povera borghesia russa! Si prodiga «al di sopra delle proprie forze» per appropriarsi un plusvalore! E si trova a mal partito dal lato morale! (Non dimenticate che nella pagina precedente tutta questa morale si riduceva ai processi intestinali e alla corru- zione). È naturale che qui non sia più affatto necessario lottare contro di essa, e nemmeno condurre una qualsiasi lotta di classe; occorre semplicemente darle una buona tiratina d’orecchie, ed essa cesserà di affaticarsi. « Attualmente quasi nessuno pensa al popolo, mentre, secondo le regole della borghesia, si fa tutto per il popolo, nel suo interesse, men- tre ogni pubblica personalità e la letteratura si ritengono in dovere di parlare diffusamente del suo bene... Questa tendenza alla civette- ria di tipo liberale ha schiacciato tutte le altre ed è diventata domi- nante. Nella nostra epoca democratica non solo il signor Suvorin con- fessa pubblicamente di amare il popolo e dice: ” una sola cosa ho sempre amato, il popolo, e morrò con questo amore; io stesso provengo dal popolo ” (ciò che non dimostra ancora proprio nulla), ma per- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 355 sino le Mos\ovsì(i€ Viedomosti in un certo senso assumono un atteg- giamento radicalmente diverso nei suoi confronti... e, in un certo senso, naturalmente a modo loro, si preoccupano del benessere del popolo. Oggi non è rimasto nemmeno un organo di stampa simile alla defunta Viest 80 , vale a dire apertamente ostile al popolo. Ma ratteggiamento apertamente ostile era preferibile, perchè allora il nemico era allo sco- perto, come sul palmo della mano: si vedeva da quale lato fosse sciocco e da quale furfante. Oggi tutti sono amici e, nel medesimo tempo, tutti sono nemici; tutto si è mescolato in un caos generale. Il popolo, come dice Uspenski, è stato avvolto in una specie di nebbia che confonde e svia chi è inesperto. Prima vedeva dinanzi a se solo aperta illegalità.' Ora gli dicono che è libero come il grande proprietario fondiario, gli dicono che amministra i propri affari, gli dicono che viene risollevato dal nulla e messo in piedi, mentre tutte queste sollecitudini sono avvolte, come da un filo sottile ma tenace, unicamente da falsità e ipocrisia senza fine ». Quel che è giusto è giusto! « Certo allora non tutti si occupavano deirorganizzazione di società di deposito e prestito, che incoraggiano i kulak e lasciano senza credito i veri contadini poveri ». In un primo momento si potrebbe pensare che Fautore, avendo capito che il credito è un’istituzione borghese, debba compieta- mente ripudiare tutte queste misure borghesi. Ma il tratto distin- tivo e fondamentale del piccolo borghese è di combattere contro ciò che è borghese con i mezzi della società borghese. Perciò l’au- tore, come in generale i populisti, corregge l’attività borghese esigendo un credito più largo, il credito per i veri contadini poveri! ... « non hanno parlato della necessità delle colture intensive, osta- colate dalla divisione dei campi e ò&Wobstcìna [ ? ] ; non si sono dilun- gati sull’onere della capitazione e non hanno proposto l’imposta sul red- dito, tacendo sulle imposte indirette e sul fatto che l’imposta sul reddito di solito si trasforma in pratica in un’imposta che colpisce gli stessi contadini poveri; non hanno parlato della necessità del credito fondiario, perchè i contadini possano acquistare le terre dai grandi proprietari pagando prezzi esorbitanti, ecc... Lo stesso accade 24 * 35 ^ LENIN nella società: anche là il popolo ha una tale moltitudine di amici da restarne stupefatti... Probabilmente gli strozzini e gli osti incomince- ranno ben presto a parlare di amore verso il popolo ». La protesta contro il mondo borghese è magistrale, ma mi- sere le conclusioni: la borghesia domina sia nella vita che nella società. A quanto sembra si dovrebbero voltare le spalle alla so- cietà e andare verso gli antipodi della borghesia. No, si deve propagandare *il credito per i « veri contadini poveri »! «È difficile, e anche del tutto inutile, determinare se più colpe- vole di tale confusione sia la letteratura o la società. Si dice che il pesce comincia a putrefarsi dalla testa, ma io non attribuisco la minima importanza a questa osservazione puramente culinaria ». La società borghese va in putrefazione: questa è dunque Popi- nione dell’autore. Val la pena di sottolineare che precisamente que- sto è il punto di partenza dei marxisti. « E intanto, mentre noi civettiamo con la campagna e le facciamo rocchiolino, la ruota della storia gira, agiscono le forze elementari o, per parlare in modo più semplice e comprensibile, lestofanti di ogni genere si immischiano nella vita e la riorganizzano a modo loro. Men- tre la letteratura disserterà sulla campagna, sulla bellezza spirituale del contadino e sulla sua mancanza dì istruzione, mentre i pubbli- cisti verseranno fiumi di inchiostro sulle questioni dell 'obsteina e sulle forme del possesso fondiario, mentre la commissione tributaria conti- nuerà a discutere la riforma fiscale, la campagna si troverà in com- pleta miseria ». Ecco di che si tratta! «Mentre noi parliamo la ruota della storia gira, agiscono le forze elementari»! Che chiasso avreste sollevato, amici; se l’avessi detto io! Quando i marxisti parlano di « ruota della storia » e di « forze elementari», chiarendo inoltre con esattezza che queste «for- ze elementari » sono le forze della borghesia in via di sviluppo, i si- gnori populisti preferiscono passare sotto silenzio il problema se ciò sia giusto e se lo sviluppo di queste « forze elementari» venga valutato in modo giusto, e dire madornali sciocchezze, domandan- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 357 dosi che razza di « mistici e metafisici » siano costoro, capaci di parlare di « ruota della storia >e di « forze elementari ». La differenza fra il citato riconoscimento di un populista e Tabi- tuale posizione dei marxisti è solo — e si tratta di una differenza molto sostanziale — questa: mentre per il populista queste «forze elementari » si riducono ai « lestofanti » che « si immischiano nella vita », per il marxista le forze elementari sono incarnate dalla classe della borghesia, che è il prodotto e l’espressione della « vita sociale », la quale costituisce la formazione sociale capitalistica, e non « s’immischiano nella vita » fortuitamente o da una qualche parte dal di fuori. Restando alla superficie e occupandosi dei vari crediti, tributi, forme del possesso fondiario, divisioni della terra, miglioramenti ecc., il populista non può vedere che le radici pro- fonde della borghesia stanno nei rapporti di produzione russi, e per- ciò si consola con l’illusione puerile che non si tratti d’altro che di « lestofanti ». Ed è naturale che da questo punto di vista, effettiva- mente, non si comprenda affatto perchè qui ci debba entrare la lotta di classe, quando tutto consiste solo neH’eliminazione dei « le- stofanti ». È naturale che i signori populisti rispondano ai marxisti* che si richiamano insistentemente e ripetutamente a questa lotta, col silenzio di chi non capisce nulla, di chi non vede la classe, ma solo dei « lestofanti ». Contro la classe può lottare solo urialtra classe e per di più, necessariamente, quella che si è già del tutto « differenziata » dal suo nemico, si è completamente opposta ad esso, mentre, contro i « lestofanti », naturalmente, basta che lotti la polizia, e, in caso estremo, la « società » e lo « Stato ». Vedremo ben presto, tuttavia, come questi « lestofanti » siano fatti secondo la descrizione dello stesso populista, come siano pro- fonde le loro radici, come siano universali le loro funzioni sociali. Poi, dopo le parole su riportate circa i « passivi amici del po- polo », l’autore prosegue immediatamente: « Questo è qualcosa di peggio della neutralità armata in politica, peggio perchè qui si presta sempre un aiuto attivo al più forte. Per quanto un amico passivo sia sincero nei suoi sentimenti, per quanto si sforzi di assumere una posizione modesta e tranquilla sul terreno della vita quotidiana, danneggerà egualmente gli amici »... 35 » LENIN ...« Per coloro che sono più o meno integri e amano sinceramente il popolo *, questo stato di cose è talmente ripugnante da diventare, in- fine, insopportabile. Essi provano vergogna e disgusto ad ascoltare que- ste continue e stucchevoli dichiarazioni d’amore che si ripetono di anno in anno, ogni giorno, negli uffici, nei salotti del gran mondo, nelle trattorie, intorno a una bottiglia di Cliquot, e non si trasformano mai in fatti. Ecco perchè, alla fin fine, essi arrivano a ripudiare in blocco tutta questa mistura ». Questa descrizione dell’atteggiamento dei populisti russi di una volta verso i liberali si potrebbe applicare quasi interamente all’atteggiamento dei marxisti verso i populisti di oggi. Anche per i marxisti è ormai « insopportabile » sentir parlare di aiutare il « popolo » con crediti, con acquisti di terra, miglioramenti tecnici, artely coltivazioni collettive ## , ecc. Anch’essi chiedono a co- loro che desiderano stare dalla parte... non del « popolo », no, ma di colui al quale la borghesia ordina di andare a lavorare, il « ripudio in blocco » di tutta questa mistura liberal-populista, Essi trovano che è un’ipocrisia « insopportabile » chiacchierare di scelta delle vie per la Russia, di sciagure del capitalismo « incombente », di « bisogni deirindustria popolare », quando in tutti i campi di questa industria popolare regna il capitale, si svolge una sorda lotta di interessi, lotta che occorre non dissimulare, ma mettere in luce e sviluppare , per quanto riguarda la stabilità, la conti- nuità, la coerenza e, soprattutto, l’ideologia, invece di fantasticare: « sarebbe meglio che non ci fosse lotta *** ». « Ecco perchè, in ultima analisi, compaiono certi precetti civili, certe esigenze categoriche di probità, esigenze rigorose e talvolta persino li- mitate, che come tali sono particolarmente invise ai liberali di lar- ghe vedute che amano vagare nelle tenebre e dimenticano la loro origine logica », •Come sono indefiniti i tratti che li differenziano dagli «amici passivi »l Anche questi di solito sono uomini « integri » e, senza dubbio, « amano il popolo » « sinceramente ». Dalla precedente contrapposizione risulta con evidenza che al passivo si deve contrapporre colui che partecipa alla lotta delle forze sociali « reci- procamente opposte*. Hier liegt dcr Hund begraben [qui sta il punto]. ••lugiakov, Russ^oic Bogatstva> 1894, n. 7. •••Così si esprime il signor Krìvenko {Russkjoie Bogatstvo , 1894, n. io) in risposta alle parole del signor Struve sulla «dura lotta delle classi sociali». IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 359 Magnifiche aspirazioni! Sono assolutamente indispénsabili pre- cisamente le esigenze « rigorose » e « limitate ». Ma il guaio è che tutte le magnifiche intenzioni dei populisti sono rimaste nel campo dei « pii desideri ». Nonostante che essi siano coscienti del carattere imprescindibile di queste esigenze, sebbene abbiano avuto a disposizione tempo più che sufficiente per realizzarle, sinora non le hanno elaborate, si sono fusi con- tinuamente con la società liberale russa, mediante tutta una serie di passaggi graduali, e continuano tuttora a fondersi con essa *. Perciò rimproverino se stessi, se ora i marxisti avanzano contro di loro esigenze effettivamente molto « rigorose » e molto «li- mitate », l’esigenza esclusiva di servire esclusivamente una sola classe (precisamente quella che si è « differenziata dalla vita »), il suo sviluppo e il suo pensiero indipendente, l’esigenza di com- pleta rottura con la « probità » « civile » dei borghesi « per bene » della Russia. « Per quanto, in realtà, questi comandamenti siano limitati nei particolari, non si può dire comunque nulla contro lesigenza generale: ” una delle due: siate veri amici oppure convertitevi in nemici aperti! ”. Noi attraversiamo attualmente un processo storico di straordinaria importanza, il processo della formazione del terzo stato. Sotto ai nostri occhi si compie la selezione dei rappresentanti e si attua Torganizza- zione di una nuova forza sociale che si prepara a dirigere la vita ». Ancora non fa altro che «prepararsi»? E chi dunque dirige? Quale altra «forza sociale»? Forse quella che si è espressa negli organi à la « Vieste? Non è possibile. Non siamo nel 1894, ma nel 1879, alla vigilia della « dittatura del cuore » 01 , quando, secondo Tespressione delFautore • Alcuni ingenui populisti, i quali nella loro semplicità non capiscono di scrivere contro se stessi, se ne vantano persino: « La nostra intellettualità in generale, la letteratura in particolare — scrive V.V. contro il signor Struve — e persino i rappresentanti delle correnti più borghesi, recano in sè, per così dire, un carattere populista» ( Nediclia , 1894, n. 47» P* 1506). Come nella vita il piccolo produttore si fonde con la borghesia mediante una serie di passaggi impercettibili, cosi nella letteratura i pii desideri populisti diventano un « salvacondotto liberale * per taluni recipienti di processi inte- stinali, per i fannulloni che si appropriano i frutti del lavoro altrui, ecc. 3 6° LENIN deirarticolo, «i conservatori più spinti vengono mostrati a dito per via», di loro «si ride a più non posso». Forse il «popolo», i lavoratori? Tutto Tarticolo dà una ri- sposta negativa. Eppure si continua ancora a dire : « si prepara a dirigere »?! No, questa forza da gran tempo « si è preparata », da gran tempo «dirige»; sono solo i populisti che «si preparano» a scegliere vie migliori per la Russia, e probabilmente vi si prepareranno sino a quando lo sviluppo coerente dei contrasti di classe avrà eli- minato, avrà tolto di mezzo tutti quelli che si tengono lontani da questi contrasti. « Questo processo, incominciato in Europa molto prima che da noi, in numerosi Stati è già giunto alla fine *; in altri esso è ancora osta- colato dai rottami del feudalesimo e dairopposizione delle classi lavo- ratrici, ma anche qui la ruota della storia di anno in anno frantuma sempre più questi rottami e spiana la via ai nuovi ordinamenti ». Ecco sino a qual punto i nostri populisti non comprendono il movimento operaio dell’Europa occidentale! Esso, vedete, «osta- cola » il capitalismo, e, come « rottame », viene posto accanto al feudalesimo! Prova evidente del fatto che non solo per la Russia, ma anche per TOccidente i nostri populisti sono incapaci di capire come si può lottare contro il capitalismo non «ostacolandone» lo svi- luppo, ma affrettandolo, non spingendolo indietro, ma avanti, in modo non reazionario, ma progressivo. «Nelle lince generali questo processo può essere così sintetizzato: fra la nobiltà c il popolo si forma un nuovo strato sociale costituito da elementi che salgono in alto e da elementi che scendono in basso, ele- menti che in un certo senso avrebbero un identico peso specifico, se così ci si può esprimere; questi elementi si raggruppano strettamente, si uniscono, subiscono una profonda modificazione interna e incomin- *E che cosa significa: «c giunto alla fine»? Forse, che se ne vede già la fine, che si sta già raccogliendo una «nuova forza»? — Allora anche da noi sta giungendo alla fine. Oppure che là ormai non si genera più il terzo stato? — Questo è falso perchè anche là sussistono ancora dei piccoli produttori, dai quali escono gruppi ristretti di borghesia e masse di proletariato. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 3 6l ciano a modificare sia lo strato superiore che quello inferiore, adattan- doli alle proprie esigenze. Questo processo è di per se straordinaria- mente interessante, ma per noi esso riveste un’importanza particolare. Per noi qui si presenta tutta una serie di questioni: il dominio del terzo stato costituisce una fase fatale e inevitabile della civiltà di ogni popolo?... ». Che assurdità è questa?! Da dove viene e che cosa c’entra qui la «fatale inevitabilità»? L’autore stesso non ha descritto e non descriverà ancora più particolareggiatamente in seguito il domi- nio del terzo stato da noi, nella santa Russia, negli anni settanta? L’autore accoglie, evidentemente, gli argomenti teorici dietro i quali si sono nascosti i rappresentanti della nostra borghesia. Orbene, non è forse superficialità e fantasticheria accettare simili invenzioni per moneta buona? non capire che dietro queste argomentazioni «teoriche» stanno gli interessi, gli interessi della società che è stata or ora valutata in modo così preciso, gli in- teressi della borghesia? Solo un romantico può pensare che si possa lottare contro gli interessi con dei sillogismi. ... « non deve forse lo Stato passare direttamente da un gradino al- l’altro, senza fare con questo nessun salto mortale, come sembra ad ogni passo ai filistei eccessivamente avveduti, e senza ascoltare i fata- listi che vedono nella storia solo un ordinamento fatale, per cui il do- minio del terzo stato è altrettanto inevitabile per Io Stato quanto è ine- vitabile per l’uomo la vecchiaia o la giovinezza?...». Ecco la profonda concezione che i populisti hanno della nostra realtà! Se lo Stato favorisce lo sviluppo del capitalismo, non è affatto perchè la borghesia possiede una tale forza materiale « da mandare a lavorare » il popolo e piegare in proprio favore la politica. Niente affatto. Il fatto è semplicemente che i professori Vernadski, Cicerin, Mendeleiev, ecc., si attengono alle teorie sbagliate delPordinamento « fatale », e lo Stato li « ascolta ». ... « non si devono, infine, attenuare i lati negativi dell’incombente ordinamento, modificarli in qualche modo o ridurre la durata del suo domìnio? È possibile che lo Stato sia in effetti così inerte, così privo 362 LENIN di volontà c impotente da non poter inrluire sulle proprie sorti e mo- dificarle; possibile che esso sia, in effetti, una specie di trottola, lan- ciata dalla provvidenza, che percorre solo un cammino determinato, solo per un certo tempore compie un certo numero di giri, o una specie di organismo con volontà molto limitata; possibile che esso sia diretto, in effetti, da una specie di gigantesca ruota di ferro che schiaccia ogni iniziativa audace, la quale osi tentare le vie più vicine verso la felicità umana? ! ». Questo è un passo estremamente tipico, che dimostra con par- ticolare evidenza il modo reazionario , piccolo-borghese con cui i populisti russi rappresentavano e continuano a rappresentare gli interessi dei produttori diretti. I piccoli produttori, pur essendo ten- denzialmente ostili al capitalismo, costituiscono una classe di transi- zione che si sta fondendo con la borghesia, e perciò non sono in gra- do di capire che il grande capitalismo, ad essi inviso, non è un fatto casuale, ma il prodotto diretto di tutto l’odierno regime economico (e sociale, e politico, e giuridico), che si è formato nella lotta tra forze sociali reciprocamente opposte. Solo rincomprensione di questo fatto può condurre a un’assurdità così totale qual è l’ap- pello allo « Stato », come se gli ordinamenti politici non avessero la loro radice in quelli economici, non li esprimessero, non fossero al loro servizio. Possibile che lo Stato sia qualcosa d’inerte? — chiede disperato il piccolo produttore, vedendo che verso i suoi interessi esso, -in effetti, manifesta un’inerzia notevole. No — potremmo rispondergli — lo Stato in nessun caso è qualcosa d’inerte, esso agisce sempre e con molta energia, sempre attivamente e mai passivamente, e l’autore stesso nella pagina precedente ha definito quest’intensa attività, il suo carattere bor- ghese, i suoi frutti naturali. Il male è che egli non vuol vedere i legami fra questo carattere dell’attività statale e l’organizzazione capitalistica deH’economia sociale russa, ed è perciò così superficiale. Possibile che lo Stato sia una trottola, possibile che sia una ruota di ferro? — domanda il Kleinburger *, vedendo che la « ruota » non gira affatto come egli vorrebbe. Piccolo borghese. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 3 6 3 Oh, no — potremmo rispondergli — non è una trottola, non è una ruota, non è la legge del fato, non è la volontà della provvi- denza: Io muovono «individui vivi» «attraverso una congerie di ostacoli » * (come, per esempio, l’opposizione dei produttori diretti 0 dei rappresentanti dello strato della vecchia nobiltà), precisa- mente quegli « individui vivi », che appartengono alla forza sociale che ha il sopravvento. E perciò, per costringere la ruota a girare in un’altra direzione, è necessario, contro gli « individui vivi » (vale a dire contro elementi sociali che non stanno su posizioni ideologiche, ma esprimono direttamente interessi economici vi- tali), rivolgersi ad altri «individui vivi»; contro una classe ri- volgersi ad un’altra classe. Per questo sono del tutto inadeguati 1 pii e innocenti desideri circa le « vie più vicine », per questo è necessaria la « ridistribuzione della forza sociale fra le classi », per questo è necessario divenire l’ideologo non del produttore diretto, che se ne sta in disparte, lontano dalla lotta, ma di colui che sta dove la lotta è più accesa, che si è già definitivamente «dif- ferenziato dalla vita » della società borghese. Questa è Yunica e perciò la più vicina « via verso la felicità umana », via sulla quale si possono non solo attenuare i Iati negativi della situazione, non solo abbreviare la sua esistenza affrettandone Io sviluppo, ma anche porvi completamente fine, costringendo la « ruota » (non più delle forze statali, ma di quelle sociali) a girare in una direzione completamente diversa. ... « Ci interessa solo il processo di organizzazione del terzo stato, anzi solo gli uomini che escono dall’ambiente popolare ed entrano nelle sue file. Questi elementi sono molto importanti: essi adempiono fun- zioni sociali straordinariamente importanti, da essi dipende direttamente il grado d’intensità dell’ordinamento borghese. Di essi non ha potuto fare a meno nessun paese in cui si sia instaurato quest ordinamento. • Signor N. Mikhailovski, nel volume di Struve, p. 8: «L’individuo vivo con tutti i suoi pensieri e sentimenti diviene protagonista della storia a proprio rischio. Esso, e non una qualche forza mistica, pone gli obiettivi nella storia e spinge verso di essi gli avvenimenti attraverso la congerie di ostacoli, che gli op- pongono le forze elementari della natura e le condizioni storiche ». 364 LENIN Se essi non ci sono o se nel paese il loro numero è troppo esiguo, è in- dispensabile farli uscire dal popolo, è indispensabile creare nella vita del popolo condizioni tali, che ne favoriscano la formazione e la sele- zione; è indispensabile, infine, proteggerne e aiutarne lo sviluppo finché non si siano consolidati. Qui noi incontriamo il diretto in- tervento nei destini storici da parte degli individui più energici che approfittano di ogni circostanza e di ogni istante per i loro in- teressi. Queste circostanze consistono principalmente nella neces- sità del progresso industriale (nella sostituzione della produzione arti- giana con quella manifatturiera e di quella manifatturiera con quella di fabbrica, nella sostituzione di un sistema di coltivazione con un altro più razionale), di cui lo Stato effettivamente non può fare a meno, poiché la popolazione è relativamente fitta e le relazioni internazionali sono abbastanza intense, e altresì nella discordanza fra politica e morale, cosa che dipende sia dai fattori economici che dallo sviluppo delle idee. Questi cambiamenti necessari nella vita dello Stato sono di solito sfrut- tati, a proprio vantaggio e a vantaggio di determinati ordinamenti, da uomini abili, i quali, senza alcun dubbio, potrebbero e possono sempre essere sostituiti da altri, se altri saranno più intelligenti e più energici di quanto non siano stati finora ». Quindi l’autore non può non riconoscere che la borghesia adempie « funzioni sociali importanti », funzioni che in generale si possono esprimere così: assoggettamento e direzione del lavoro del popolo ed elevamento della sua produttività. L’autore non può non vedere che il « progresso » economico « dipende » effet- tivamente da questi elementi, vale a dire che la nostra borghesia reca effettivamente con se il progresso economico o, per essere più precisi, il progresso tecnico. Ma qui appunto si delinea la differenza radicale fra l’ideologo del piccolo produttore e il marxista. Il populista spiega questo fatto (legami fra la borghesia e il progresso) affermando che « uo- mini abili » « approfittano di ogni circostanza e di ogni istante per i propri interessi»; in altri termini, ritiene questo fenomeno fortuito e perciò con ingenuo ardire conclude: «senza alcun dubbio, questi uomini possono sempre [!] essere sostituiti da altri», che daranno anch’essi il progresso, ma un progresso non borghese. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 365 Il marxista spiega questo fatto con i rapporti sociali degli uomini per la produzione dei beni materiali, rapporti che si forma- no nell’economia mercantile, rendono il lavoro una merce, lo su- bordinano al capitale e ne elevano la produttività. Egli vede qui non un fatto fortuito, ma un prodotto necessario dell’ordinamento capitalistico della nostra economia sociale. Egli vede perciò la via d’uscita non nelle chiacchiere su quello che « senza dubbio pos- sono » fare coloro che sostituiranno i borghesi (ma prima bi- sogna ancora « sostituire », e a tale scopo non sono sufficienti le sole parole o un appello alla società o allo Stato), ma nello sviluppo degli antagonismi di classe dell’ordinamento economico esistente. Ognuno capisce che queste due spiegazioni sono diametral- mente opposte, che da esse scaturiscono due sistemi d’azione che si escludono a vicenda. Il populista, ritenendo la borghesia un fatto fortuito, non vede i suoi legami con lo Stato, e, con la credulità del « contadino sempliciotto », si rivolge per ricevere aiuto precisamente a chi tutela gli interessi della borghesia. La sua opera si riduce a quell’attività moderata e meticolosa, liberal- burocratica, che equivale perfettamente alla filantropia, perchè non tocca seriamente gli « interessi » e non rappresenta affatto una minaccia per essi. Il marxista volta le spalle a questo pastic- cio, e dice che non vi possono essere « garanzie dell’avvenire » di- verse dalla « dura lotta delle classi economiche ». È anche evidente che se queste differenze nei sistemi d’azione scaturiscono immediatamente ed inevitabilmente dalla differente spiegazione del fatto che da noi domina la borghesia, il mar- xista, nel condurre la discussione teorica , si limita a dimostrare la necessità e l’inevitabilità (data l’organizzazione odierna dell’econo- mia sociale) di questa borghesia (questa è anche la conclusione del libro del signor Struve), e quando il populista, eludendo la questione di questi diversi modi di spiegare i fatti, chiacchiera sullo hegelismo e sulla « crudeltà verso l’individuo » *, questo mo- stra solo con chiarezza la sua impotenza. < La storia del terzo stato nell’Europa occidentale è straordinaria- mente lunga... Noi, naturalmente, non ripercorriamo tutto questo- svi- * Mikhailovski, Russinole Bogatstvo t 1894, n. io. 3 66 LENIN luppo storico, a dispetto della dottrina dei fatalisti; i rappresentanti illu- minati del nostro terzo stato certamente non incominceranno anch’essi ad adoperare, per raggiungere i loro scopi, tutti i mezzi ai quali si è fatto ricorso in passato, e sceglieranno solo quelli più adatti e corri- spondenti alle condizioni di tempo e luogo. Per spossessare i conta- dini e creare il proletariato di fabbrica essi certamente non faranno ricorso airimpiego brutale della forza armata e al non meno brutale sgombero dei poderi... ». «Non faranno ricorso »...?!! Solo nei teorici di un ottimismo sdolcinato si può incontrare questo deliberato oblio dei fatti del passato e del presente, che hanno già detto il loro « sì », e la rosea speranza che in futuro certamente sarà « no ». Naturalmente questo è falso. ...« ma ricorreranno aireliminazione del possesso fondiario del- Yobstcina , alla creazione di un ceto d’imprenditori agricoli, di una classe poco numerosa di contadini agiati* e in generale ai mezzi per cui chi è economicamente debole perisce da solo. Essi non si mette- ranno ora a creare corporazioni, ma organizzeranno associazioni di credito, di approvvigionamento delle materie prime, di consumo e di produzione, che, pur promettendo la felicità generale, aiuteranno solo il forte a divenire ancora più forte e il debole a divenire ancora più de- bole. Essi non si preoccuperanno del diritto di successione, ma della legi- slazione diretta a incoraggiare Tamore per il lavoro, la sobrietà e l’istru- zione, di cui si interesserà solo la giovane borghesia, perchè la massa continuerà come prima a ubriacarsi, sarà ignorante e lavorerà per conto altrui ». Come sono definite bene qui tutte quelle associazioni di cre- dito, di approvvigionamento delle materie prime e d’ogni altro genere, tutte quelle misure per incoraggiare lamore al lavoro, la sobrietà e Istruzione, che tratta in modo così commovente l’attuale stampa liberal-populista, compresa la Russkpie Bogatstvo\ Al marxista non resta che sottolineare quanto è stato detto, con- venire in pieno che, in effetti, tutto questo non significa altro che • Questo si attua magnificamente anche senza eliminare Yobstcina , che non sopprime affatto la disgregazione della massa contadina, co me stato accertato dalle statistiche degli zemstvo. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 367 farsi portavoce degli interessi del terzo stato , e che quindi coloro i quali si curano di questo non sono altro che dei piccoli borghesi . Questa citazione è una risposta adeguata ai populisti contem- poranei, i quali dairatteggiamento sprezzante dei marxisti verso simili misure deducono che essi vogliono essere « spettatori », che essi vogliono starsene con le mani in mano. Sì, certamente, essi non si immischieranno mai neirattività borghese, essi rimarranno sempre « spettatori » nei suoi confronti. « La funzione di questa classe [di coloro che escono dal po- polo, della piccola borghesia], che forma i picchetti di guardia, la linea dei fucilieri e l'avanguardia deiresercito borghese, purtroppo ha in- teressato molto poco gli storici e gli economisti, mentre la sua funzione, ripetiamo, è straordinariamente importante. La distruzione òtWobstcina e lo spossessamento dei contadini non sono stati affatto compiuti solo dai lords e dai nobili cavalieri, ma dal fratello del contadino spossessato, vale a dire ancora una volta da coloro che escono dal popolo, dotati d'ingegno pratico e di schiena flessibile, che sono entrati nelle buone grazie dei signori, hanno pescato nel torbido o si sono procurati con metodi briganteschi un certo piccolo capitale, uomini ai quali hanno teso la mano i ceti superiori c la legislazione. Li hanno chiamati ele- menti del popolo più laboriosi, capaci e sobri »... Sotto Paspetto pratico quest'osservazione è molto giusta. Ef- fettivamente lo spossessamento è stato effettuato soprattutto dal « fratello », dal piccolo borghese. Ma il populista non ha capito con sufficiente chiarezza questo fatto. Egli non distingue le due classi antagonistiche, i proprietari nobili e la borghesia, i rappresen- tanti degli ordinamenti della « vecchia nobiltà » e quelli della « nuova classe media », non distingue i diversi sistemi di organiz- zazione economica, non vede il significato progressivo di quest'ul- tima classe rispetto alla prima. Questo in primo luogo. In secondo luogo, egli attribuisce lo sviluppo della borghesia a rapina, pron- tezza, servilismo, ecc., mentre la piccola azienda, sul terreno della produzione mercantile, trasforma in piccolo borghese l'imprenditore più sobrio e laborioso: egli accumula «risparmi» e, in forza dei rapporti che lo circondano, questi « risparmi » si trasformano in capitale . Leggete in proposito le descrizioni delle industrie 3 68 LENIN artigiane e dell’economia contadina negli scritti dei nostri lette- rati-populisti. ... « Questa non è più la linea dei fucilieri e Avanguardia, ma il grosso dell’esercito della borghesia, la bassa forza unita in formazioni comandate da ufficiali di stato maggiore e da ufficiali superiori, da capi di singoli reparti e da uno stato maggiore generale, composto da pubblicisti, oratori e dotti *. Senza questo esercito la borghesia non potrebbe fare nulla. I landlords inglesi, il cui numero non arriva a 30.000, potrebbero forse governare una massa affamata di alcune de- cine di milioni senza gli imprenditori agricoli?! L’imprenditore agri- colo è un vero soldato di linea nel campo politico e una piccola cellula espropriatrice nel campo economico... Nelle fabbriche la fun- zione degli imprenditori agricoli è assolta dai capimastri e dai vice- capimastri, retribuiti molto bene non solo perchè eseguono un lavoro più qualificato, ma anche perchè sorveglino gli operai, perchè lascino per ultimi il banco di lavoro, perchè impediscano agli operai di riven- dicare aumenti salariali o la riduzione dell’orario di lavoro e perchè diano ai padroni la possibilità di portarli ad esempio dicendo ” guardate quanto paghiamo coloro che lavorano e ci sono utili dai bottegai, che si trovano nei rapporti più stretti coi padroni e con Pamministrazione della fabbrica; dagli impiegati, dai sorveglianti di tutti i tipi e da altri simili pidocchi, nelle cui vene scorre ancora sangue operaio, ma nel cui animo già regna sovrano il capitale. [Giustissimo! K.T.] Naturalmente la stessa situazione che riscontriamo in Inghilterra possiamo riscontrarla anche in Francia, in Germania e in altri paesi. [Giustissimo! Anche in Russia è lo stesso. K.T.]. Cambiano in alcuni casi forse solo i par- ticolari, ma anche questi restano per la maggior parte immutati. La borghesia francese, che alla fine del secolo scorso ha trionfato sulla no- biltà, o, per meglio dire, ha approfittato della vittoria popolare, ha staccato dal popolo la piccola borghesia, la quale ha aiutato a spo- gliare e ha spogliato essa stessa il popolo e l’ha consegnato nelle mani di avventurieri... Allorché nella letteratura si levavano inni al popolo francese, quando se ne esaltava la grandezza, la generosità e Amore per la libertà, quando tutti questi incensamenti aleggiavano sulla Francia come una nube, il gatto borghese spolpava il pollastro c lo di- vorava quasi tutto, lasciando al popolo solo gli ossicini. Il celebrato • Si sarebbero dovuti aggiungere gli amministratori e i burocrati. Altrimenti raccennata composizione dello « stato maggiore generale » pecca di un’inammis- sibile incompletezza, inammissibile soprattutto per le condizioni russe. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 369 possesso fondiario popolare si rivelò microscopico, misurabile a metri e spesso persino incapace di sopportare il gravame delle imposte »... Soffermiamoci su questo punto. In primo luogo, ci interesserebbe domandare al populista chi da noi « ha approfittato della vittoria sul servaggio », sullo strato della «vecchia nobiltà»? Probabilmente non la borghesia. Che cosa si faceva da noi, nel « popolo », mentre « nella letteratura si levavano inni », quelli citati teste dall’autore, al popolo, aH’amore per il popolo, alla generosità, ai pregi e alle qualità dt\V obs teina y « al reciproco adattamento sociale e all’attività solidale » in seno al- Yobstcina y al fatto che la Russia sarebbe tutta un 'artel, che steina sarebbe « tutto ciò che è nei pensieri e nelle azioni della popolazione rurale », ecc. ecc. ecc., come si canta tuttora (sebbene in tono minore) dalle colonne della stampa liberal-populista ? Le terre, dunque, non sono state strappate ai contadini? il gatto borghese non ha spolpato il pollastro, non l’ha divorato quasi tutto? il « celebrato possesso fondiario popolare» non « si è rivelato microscopico», in esso le spese non hanno superato le entrate?* No, solo dei « mistici e metafisici » sono capaci di affermare questo, di considerarlo come un fatto, di prendere questo fatto come punto di partenza dei loro giudizi sulla nostra situazione, della loro attività diretta non a cercare « altre vie per la patria », ma ad operare sulla via capitalistica quale esiste nella realtà e come si è già pienamente precisata. In secondo luogo. È interessante confrontare il metodo dell’au- tore col metodo dei marxisti. Con ragionamenti concreti si può chiarire la differenza fra questi due metodi molto meglio che mediante considerazioni astratte. Perchè l’autore dice a proposito della « borghesia » francese che essa alla fine del secolo scorso ha trionfato sulla nobiltà? Perchè l’attività costituita prevalente- mente e quasi esclusivamente dall’attività degli intellettuali viene chiamata borghese? e poi, agiva proprio il governo, togliendo le terre ai contadini, fissando alte imposte, ecc.? Infine, questi uomini * E non solo « spesso *, come in Francia, ma come regola generale; inoltre il passivo, in percentuale, raggiunge cifre non solo Con uno zero ma con due. 572 * — 25 LENIN J7° non parlavano forse di amore per il popolo, di eguaglianza e felicità * generale come hanno parlato e parlano i liberali e i populisti russi ? date queste condizioni, si può vedere solo « borghesia » in tutto questo? non è forse «limitata» questa concezione che riduce i movimenti politici e ideologici alla Plusmacherei *? Badate, que- ste sono sempre le stesse domande con le quali si assediano i marxisti russi, quando essi dicono cose analoghe sulla nostra riforma contadina (vedendone la differenza solo nei « partico- lari »), sulla Russia posteriore alla riforma in generale* Io parlo qui, ripeto, non della giustezza effettiva della nostra concezione, ma del metodo che in questo caso adopera il populista. Egli prende come criterio i risultati (il possesso fondiario popolare « si è rive- lato » microscopico, il gatto ha « spolpato » e « divorato » il pol- lastro), e inoltre esclusivamente i risultati economici. Si domanda: perchè egli impiega questo metodo solo nei con- fronti della Francia e non lo vuole adoperare anche per la Russia? Eppure il metodo deve essere identico dappertutto. Se in Francia voi cercate gli interessi dietro Fattività del governo e degli intel- lettuali, perchè non li cercate nella santa Russia? se là il vostro criterio è di indagare come « si è rivelato » il possesso fondiario po- polare, perchè qui si pone il criterio di vedere come esso « può » rivelarsi? Se là le frasi sul popolo e sulla sua generosità, mentre è in corso lo « spolpamento del pollastro », suscitano in voi un le- gittimo disgusto, perchè mai qui, mentre è indubbiamente in corso, come voi stesso riconoscete, lo « spolpamento », voi non voltate le spalle, come a filosofi borghesi, a coloro che sono capaci di parlare di « reciproco adattamento sociale », di « comunitarismo popo- lare », di « bisogni dell industria popolare » e di altre cose di que- sto genere? La risposta è una sola: perchè voi siete un ideologo della piccola borghesia, perchè le vostre idee, vale a dire le idee populiste in generale, e non le idee di Tizio, Caio, Sempronio, riflettono in ultima analisi gli interessi e la mentalità del piccolo produttore e non sono affatto il risultato del pensiero « puro » **. • Caccia al profitto, al guadagno (NJ.R.). •• Espressione del signor V.V. Cfr. Le nostre tendenze e anche Nedielia , 1894, nn. 47-49- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 371 « Ma per noi è particolarmente istruttiva sotto questo aspetto la Germania, che, precisamente come noi, è giunta tardi alla riforma bor- ghese, e perciò ha utilizzato resperienza degli altri popoli non in senso positivo, ma, certamente, in senso negativo». La composizione della massa contadina in Germania — l’autore qui parafrasa Vasilcikòv — era eterogenea: i contadini si distinguevano fra loro sia per i diritti che per il possesso e le dimensioni dei loro lotti. Tutto il processo ha con- dotto alla formazione di un’« aristocrazia contadina », di uno « strato di proprietari di piccoli poderi, di provenienza non nobiliare », alla trasfor- mazione della massa « da coltivatori in manovali ». « Infine, la costitu- zione semiaristocratica e semiborghese del 1849, che ha concesso il suffragio solo alla nobiltà e alla classe media facoltosa, ha coronato l’opera e ha sbarrato qualsiasi via legale per migliorare la situazione de- gli operai ». Ragionamento originale. La costituzione « ha sbarrato » le vie legali?! Questo è ancora un riflesso di quella buona vecchia teoria dei populisti russi, secondo cui gli « intellettuali » vengono invitati a sacrificare la « libertà », perchè una tale libertà, dicono, servirebbe solo a loro, mentre consegnerebbe il popolo nelle mani della « classe media facoltosa ». Non staremo a confutare questa teoria assurda e reazionaria, giacché è stata abbandonata dai popu- listi di oggi in generale e dai nostri più diretti avversari, dai signori pubblicisti della Russhpie Bogatstvo , in particolare. Ma non possiamo non rilevare che, abbandonando questa idea e fa- cendo un passo avanti verso l’aperto riconoscimento delle vie della Russia quali realmente sono , invece di chiacchierare sulla possibilità di altre vie, questi populisti hanno con ciò stesso defi- nitivamente fissato il loro carattere piccolo borghese, perchè l'in- sistenza su meschine riforme piccolo-borghesi, dovuta all’incom- prensione assoluta della lotta di classe, li pone al fianco dei libe- rali, contro coloro che si schierano dalla parte degli «antipodi», nei quali vedono, per così dire, gli unici destinatari dei beni di cui si tratta. « E in Germania in questo periodo cera molta gente thè si abban- donava solo agli entusiasmi dell’emancipazione; vi si abbandonò per dieci, venti, trenta anni e più; gente che malediceva ogni scetticismo, ogni malcontento nei riguardi della riforma, considerandoli vantaggiosi 28 * 372 LENIN per la reazione. Fra questa gente c’erano degli ingenui, i quali conside- ravano il popolo come un cavallo lasciato in libertà, che si deve nuova- mente far rientrare nella scuderia per adibirlo al servizio di posta (il che non è davvero sempre possibile). Ma c'erano anche dei bricconi, che lusingavano il popolo, mentre dietro le quinte seguivano un’altra linea, i bricconi che si sistemavano presso quei babbei che amavano sin- ceramente il popolo e che era possibile ingannare e sfruttare. Ah, que- sti sinceri babbei! Quando incomincia la lotta civile, non tutti certa- mente sono pronti e non tutti sono capaci di condurla ». Bellissime parole, che riassumono bene le migliori tradizioni del vecchio populismo russo, e di cui possiamo servirci per carat- terizzare Patteggiamento dei marxisti russi verso il populismo russo contemporaneo. Per poterci servire di queste espressioni non è necessario modificarle sensibilmente: così omogeneo è il pro- cesso dello sviluppo capitalistico dei due paesi; così omogenee sono le idee politico-sociali che hanno rispecchiato questo processo. Anche da noi regnano e governano nella letteratura « d’avan- guardia » uomini che chiacchierano sulle « differenze sostanziali tra la nostra riforma contadina e quella occidentale », sulla « san- zione della produzione popolare [sic!] », sulla grande « riparti- zione della terra in lotti» (sarebbe il riscatto!!), ecc., e perciò attendono che le autorità compiano il miracolo chiamato « so- cializzazione del lavoro », attendono « dieci, venti, trentanni e più », mentre il gatto — di cui abbiamo parlato ora — spolpa il pollastro, guardando con la tenerezza delPanimale sazio e tran- quillo i « sinceri babbei » che chiacchierano sulla necessità di scegliere un’altra via per la patria, sui danni dell’* incombente » capitalismo, sulle misure per aiutare il popolo con il credito, con le artely con le coltivazioni collettive e con altre simili innocue rat- toppature. * Ah, questi sinceri babbei! ». « Ora anche noi, e principalmente i nostri contadini, attraversiamo appunto questo processo di formazione del terzo stato. In questo campo la Russia è rimasta in ritardo rispetto a tutta l’Europa, persino rispetto alla compagna di scuola o, più esattamente, alla tirocinante Germa- nia. In Europa le città sono state dappertutto il principale vivaio e lievito del terzo stato. Da noi c stato l’opposto »: gli abitanti della città sono incomparabilmente meno numerosi... « Il motivo principale di que- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 373 sta differenza risiede nel nostro possesso fondiario popolare che trat- tiene la popolazione nelle campagne. L’aumento della popolazione ur- bana in Europa è strettamente connesso con lo spossessamento del po- polo e con Tindustria di fabbrica che, nelle condizioni capitalistiche di produzione, ha bisogno di lavoro a buon mercato e di eccedenza del- l’offerta di manodopera. Mentre i contadini europei cacciati dai vil- laggi sono andati a cercar lavoro in città, i nostri contadini rimangono attaccati alla terra sin che bastano loro le forze. Il possesso fondiario popolare è il punto strategico principale, la chiave di volta della posi- zione contadina, la cui importanza è perfettamente compresa dai capi della classe media, che perciò fanno convergere su di esso tutta la loro arte e tutte le loro forze. Di qui tutti gli attacchi contro Yobstcina, di qui i diversi e numerosi progetti per allontanare il coltivatore dalla terra, in nome deiragroncniia razionale, in nome della prosperità del- Tindustria, in nome del progresso e della gloria nazionale!». Qui si manifesta già in modo evidente la superficialità della teoria populista, che, a causa delle fantasticherie sulle «altre vie», dà un giudizio del tutto sbagliato della realtà: essa ritiene che il * punto principale » risieda in istituti giuridici che non hanno un’importanza fondamentale, come le forme del possesso fondiario contadino (d tW'obstcina o della famiglia); vede qualcosa di par- ticolare nella nostra piccola azienda contadina, come se questa non fosse una comune azienda di piccoli produttori, del tutto analoga — per il tipo della sua organizzazione politico-economica — all’azienda degli artigiani e dei contadini dell’Europa occi- dentale, ma un determinato possesso fondiario «popolare» (!?). Secondo la terminologia invalsa nella nostra stampa liberal-popu- lista, la parola « popolare » ha un significato che esclude lo sfrut- tamento del lavoratore, di modo che l’autore con la sua caratte- rizzazione nasconde senz’altro il fatto incontestabile che nella nostra economia contadina esiste la stessa appropriazione del plusvalore, lo stesso lavoro per conto altrui, che regna fuori dell’* obsteina », e spalanca le porte al fariseismo sentimentale e sdolcinato. « Lo sa Iddio quale garanzia rappresenti la nostra obstcina> quale essa è in realtà, con poca terra e gravata dalle imposte I II contadino aveva già poca terra, ma ora, in seguito all’aumento della popola- 374 LENIN zione c alla diminuzione della fertilità, ne ha ancor meno; la pres- sione fiscale non diminuisce, ma aumenta; le industrie scarseggiano, e scarseggiano ancora di più le occupazioni locali; la vita nelle campa- gne diventa così difficile che i contadini di villaggi intieri vanno lon- tano in cerca di lavoro, lasciando a casa solo le donne e i bambini. In questo modo intieri distretti si svuotano... Nella massa contadina, a causa di queste difficili condizioni di vita, da un lato si differenzia una classe particolare di uomini, la giovane borghesia, che cerca di acquistare terre fuori del villaggio, individualmente, e tende ad altre oc- cupazioni; il commercio, l’usura, la costituzione di artel di lavoro da essa dirette, l’assunzione di vari appalti e altri piccoli affari di que- sto genere »... Val la pena di soffermarsi nel modo più particolareggiato su questo passo. Vediamo qui, in primo luogo, la costatazione di certi fatti, che si possono esprimere in due parole: i contadini fuggono; in secondo luogo, il giudizio che si dà di essi (negativo) e, in terzo luogo, la spiegazione che si dà di essi, dalla quale scaturisce diret- tamente l’intiero programma, qui non esposto, ma fin troppo noto (aggiungere terre, diminuire le tasse; « potenziare » e « svilup- pare » le industrie artigiane). È indispensabile sottolineare che, secondo la concezione mar- xista, è del tutto e incondizionatamente giusto (e solo espresso, come ora vedremo, in modo estremamente insoddisfacente) sia il primo punto che il secondo. Ma il terzo punto non vale assoluta- mente nulla *. Chiarirò quanto ho detto. Il primo punto è giusto. È giusto il fatto che la nostra obsteina non è una garanzia, che i contadini abbandonano il villaggio, lasciano la terra; si dovrebbe dire: vengono espropriati perchè possedevano (giuridicamente in pro- prietà privata) determinati mezzi di produzione (fra i quali la terra come diritto particolare, che tuttavia ammetteva anche il godimento privato della terra, riscattata dalle obsteine) e li per- dono. È vero che le industrie artigiane «decadono», cioè che anche qui i contadini vengono espropriati, perdono i mezzi e gli • Ecco perchè i teorici del marxismo, combattendo contro il populismo, in- sistono tanto sulla spiegazione, sulla comprensione, sul lato -oggettivo. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 375 strumenti di produzione, abbandonano la tessitura domestica e vanno a lavorare a salario come operai alla costruzione delle ferro- vie, come muratori, manovali, ecc.. I mezzi di produzione dai quali vengono liberati i contadini vanno nelle mani di un’infima mino- ranza, servendo come fonte di sfruttamento della forza-lavoro, come capitale . Perciò ha ragione l’autore quando dice che i de- tentori di questi mezzi di produzione diventano « borghesia », vale a dire la classe che tiene nelle sue mani il lavoro « popolare », essendo l’economia sociale organizzata capitalisticamente. Tutti questi fatti sono stati giustamente costatati ed esattamente valutati sotto l’aspetto dello sfruttamento che essi implicano. Ma già dalla descrizione fatta il lettore ha certamente visto che il marxista spiega in modo completamente diverso questi fatti. Il populista vede la causa di questi fenomeni nella « scar- sità di terra », nella pressione fiscale, nel declino delle « occupa- zioni ausiliarie », cioè nelle particolarità della politica fondiaria, tri- butaria, industriale e non nelle particolarità dell’ organizzazione so- ciale della produzione , dalla quale già inevitabilmente scaturisce una data politica. La terra è poca — argomenta il populista — e diventa sempre più scarsa. (Non prendo nemmeno in considerazione questa sola di- chiarazione delFautore dell’articolo, ma la tesi generale della dot- trina populista). — È completamente giusto, ma perchè mai voi dite solo che la terra è poca e non aggiungete: si vende poco ? Voi sapete infatti che i nostri contadini riscattano i loro nadiel dai grandi proprietari fondiari. Perchè rivolgete l'attenzione princi- palmente sul fatto che la terra è poca e non sul fatto che si vendei Già questo fatto della vendita, del riscatto, indica il predominio di principi (acquisto dei mezzi di produzione mediante denaro) secondo cui i lavoratori restano egualmente senza mezzi di pro- duzione, siano questi venduti in piccola o in grande quantità. Ce- lando questo fatto, voi lasciate nell'ombra il modo capitalistico di produzione, sul cui terreno solamente è potuta apparire una ven- dita di questo tipo. Celandolo, voi con ciò stesso vi ponete già sul terreno di questa società borghese e vi trasformate in un volgare po- liticante che discute se vendere molta o poca terra. Voi non vedete che questo fatto del riscatto già di per sè dimostra che « nell’ani- LENIN 376 mo » di coloro, nei cui interessi è stata fatta e introdotta la « gran- de > riforma, «si c già insediato con pieni poteri il capitale », che per tutta questa « società » liberal-populista, la quale pog- gia sugli ordinamenti creati dalla riforma abbandonandosi a divagazioni politiche sui diversi miglioramenti da apportarvi, Tunica luce è quella che emana dalla «luna capitalistica». È per questo motivo che il populista si scaglia con tanto odio contro coloro che per i loro principi stanno coerentemente su un terreno diverso. Egli grida che essi non si curano del popolo, che vogliono spossessare il contadino!! Egli, il populista, è pieno di sollecitudine per il popolo, non vuole spossessare la massa dei contadini, vuole che essi abbiano più terra ( venduta ). Egli è un onesto bottegaio. È vero che egli tace sul fatto che la terra non viene data gratuitamente, bensì venduta; ma nelle botteghe si parla forse del fatto che le merci si devono pagare in denaro? Questa è una cosa che tutti sanno. È comprensibile che egli odi i marxisti, i quali dicono che ci si deve rivolgere esclusivamente a coloro che si sono già « differen- ziati » da questa società bottegaia, si sono « estraniati » da essa, se è permesso usare queste molto caratteristiche espressioni pic- colo-borghesi dei signori Mikhailovski e Iugiakov*. Proseguiamo. «Le industrie scarseggiano » : ecco come il po- pulista considera le industrie artigiane. E di nuovo egli tace sul come sono organizzate queste industrie. Egli chiude bonariamente gli occhi sul fatto che sia le industrie « in declino » come quelle « in sviluppo » sono identicamente organizzate in modo capita- listico, con Tasservimento totale del lavoro al capitale degli s\up- stcì\i y dei mercanti, ecc., e si limita alle rivendicazioni piccolo- borghesi di progressi, miglioramenti, artel y ecc., come se si- mili misure potessero sia pure in qualche modo infirmare il fatto del dominio del capitale. Come nel campo delTagricoltura, così nel campo delTindustria di trasformazione egli si pone sul terreno delTorganizzazione esistente e combatte non contro que- • Oltre a lasciare nell’ombra e a non capire il carattere capitalistico del riscatto, i signori populisti eludono pudicamente anche il fatto che alla « scarsità di terra » dei contadini si aggiunge l’esistenza di ottimi appezzamenti posseduti dai rappresentanti dello strato della « vecchia nobiltà ». IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 377 sta stessa organizzazione, ma contro le sue varie imperfezioni. Per quanto riguarda i tributi, in questo campo il populista stesso si è già smentito da se, ponendo in risalto il tratto caratteristico fon- damentale del populismo, e cioè la tendenza al compromesso. Egli stesso ha affermato sopra che qualsiasi imposta (persino quella sul reddito), vigendo il sistema di appropriazione del plusva- lore, grava sull’operaio, ma nondimeno non rinuncia affatto a discutere con la società liberale se i tributi sono più o meno gra- vosi e a dare con « civica probità » opportuni consigli alla dire- zione dei tributi e delle imposte. In una parola, secondo l’opinione del marxista, la causa non risiede nella politica, nello Stato o nella « società », ma nell’attuale sistema d’organizzazione economica della Russia; l’importante non è che «individui abili» o «lestofanti» pescano nel torbido, ma che il « popolo » rappresenta due classi opposte l’una all’altra, che si escludono a vicenda : « nella società tutte le forze attive si compongono di due risultanti, reciprocamente opposte ». «Coloro che sono interessati all’instaurazione dell’ordinamento bor- ghese, vedendo il fallimento dei loro progetti *, non si soffermano su questo: essi cercano ad ogni istante di convincere i contadini che col- pevoli di tutto sono Xobstcina e la responsabilità collettiva, le divisioni dei campi e gli ordinamenti del mir y che incoraggiano i fannulloni e gli ubriaconi; essi organizzano per i contadini facoltosi società di de- * Dunque il fallimento del progetto di eliminare Xobstcina rappresenta una vittoria contro gli interessi dell’* instaurazione dell’ordinamento borghese»!! Essendosi creata un’utopia piccolo-borghese sull’« obsteina », il populista arriva a ignorare la realtà in modo così fantastico da vedere addirittura la completa instaurazione deH'ordinamenlo borghese nel progetto contro Xobstcina , il quale invece è un semplice episodio di politicantismo sul terreno del regime borghese già completamente < instaurato ». L’argomento più decisivo contro il marxista è per lui la domanda che viene posta con aria di definitivo trionfo: voi dovete dire se volete o no eli- minare Xobstcina . Sì o no? In ciò per lui consiste tutta la questione, tutta l’« instaurazione ». Egli non vuole assolutamente capire che secondo il modo di vedere del marxista l'« instaurazione » c ormai da gran tempo un fatto incon- trovertibile che nè reliminazione àe\X obsteina, nè il suo rafforzamento potrà in- firmare, nello stesso modo in cui il dominio del capitale oggi è identico sia nel- Xobstcina che nel villaggio in cui esiste la proprietà familiare. Il populista si sforza di presentare come un’apologià dell’* instaurazione » la protesta più profonda contro di essa. Chi sta per affogare si aggrappa a un fil di paglia. 378 LENIN posito c prestito e si preoccupano del piccolo credito fondiario per la proprietà terriera frazionata; essi organizzano nelle città istituti tec- nici, professionali e d ogni altro genere, c anche in questi entrano solo i figli degli abbienti mentre la massa rimane senza scuole; essi aiutano i contadini ricchi a migliorare il bestiame con mostre, pre- mi, riproduttori di razza affittati dalle fattorie, ecc. Tutti questi piccoli sforzi si sommano formando una sola forza considerevole, che agisce sul mir in modo dissolvente e sempre più spezza in due la massa dei contadini >. Questa definizione dei « piccoli sforzi » è buona. L’opinione del- l’autore, secondo cui tutti questi piccoli sforzi (sui quali insiste con tanto zelo oggi la Russinole Bogatslvo e tutta la nostra stampa libe- ral-populista) indicano, esprimono e accompagnano lo strato « della nuova classe media », gli ordinamenti capitalistici, è del tutto giusta. Questa circostanza è precisamente la causa deiratteggiamento negativo dei marxisti verso simili sforzi. E il fatto che questi « sforzi » costituiscono indubbiamente gli immediati desiderata dei piccoli produttori dimostra, secondo la loro opinione, la giu- stezza della loro tesi fondamentale, e cioè che non si può vedere il rappresentante deH’idea del lavoro nel contadino, perchè esso, essen- do nell’organizzazione capitalistica dell’economia un piccolo bor- ghese, si pone per ciò stesso sul terreno degli ordinamenti esistenti e quindi si avvicina per alcuni aspetti della sua vita (e delle sue idee) alla borghesia. Questo passo può servire anche per mettere meglio in rilievo quanto segue. È soprattutto l’atteggiamento negativo dei marxisti verso i «piccoli sforzi» che provoca il biasimo dei signori popu- listi. Per il fatto stesso di ricordare loro chi sono stati i loro pre- decessori, noi mostriamo che c’è stato un tempo in cui i populisti consideravano diversamente la questione, in cui non conclu- devano compromessi così volentieri e con tanto zelo [sebbene anche allora ne concludessero come dimostra questo stesso ar- ticolo], in cui essi, non dirò capivano, ma almeno sentivano il carattere borghese di tutti questi sforzi, in cui il negarli era condannato come « sfiducia verso il popolo » solo dai più ingenui fra i liberali. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 379 I buoni rapporti dei signori populisti con questi ultimi, quali rappresentanti della « società », hanno dato evidentemente utili frutti. Non volersi accontentare dei « piccoli sforzi » del progresso borghese non significa affatto negare assolutamente Futilità delle riforme parziali. I marxisti non negano affatto che queste misure abbiano una certa (sebbene misera) utilità: esse possono portare al lavoratore un certo (sebbene misero) miglioramento della sua situazione; esse affrettano Testinzione delle forme particolarmente arretrate di capitale, di usura, di asservimento, ecc., ne affrettano la trasformazione nelle forme più moderne e umane del capitalismo europeo. Perciò i marxisti, a chi domandasse loro se si devono prendere queste misure, risponderebbero naturalmente in modo affermativo, ma spiegherebbero anche il loro atteggiamento gene- rale verso quel regime capitalistico che viene migliorato da queste misure, motiverebbero anche il loro consenso col desiderio di af- frettare lo sviluppo di questo regime e, per conseguenza, la sua fine *. « Vedremo che anche da noi esiste il terreno adatto alla borghesia, se osserviamo che i contadini da noi si sono divisi, come in Germania, secondo lo stato giuridico e la proprietà, in diverse categorie (contadini dello Stato, della Corona, ex contadini dei grandi proprietaji fondiari, e fra di essi quelli che hanno ricevuto i nadiel intieri, contadini medi, cetvertnye , servi); che il regime del Vobstcina non costituisce da noi il regime generale; che nel territorio sud-occidentale, incontrando il possesso fondiario individuale, incontriamo nuovamente i contadini che posseggono un tiro, quelli appiedati **, i contadini che esercitano Torti- cultura, i braccianti e gli enfiteuti, fra i quali alcuni hanno ioo desia- tine e anche più, mentre altri non hanno neanche un palmo di terra; che nei governatorati baltici il regime fondiario risulta essere una copia perfetta di quello germanico, ecc. ». Non si può non rilevare qui quanto sia fantasticamente esa- gerata Timportanza AtW'obstcina, e come questo sia sempre stato un • Questo non si riferisce solo agli « istituti tecnici e d’altro genere », ai mi- glioramenti della tecnica dei contadini e degli artigiani, ma anche all'« espansione del possesso fondiario contadino », al « credito », ecc. ## Cfr. nel presente volume, p. 39 (NJ.R.). 380 LENIN difetto dei populisti. L’autore si esprime come se il regime dell’oi- stcìna escludesse la borghesia, escludesse il frazionamento dei contadini! Questo è falso da cima a fondo! Tutti sanno che anche i contadini d z\Vob steina sono frazionati per quanto riguarda lo stato giuridico e i nadiel ; che in qualsiasi villaggio dove esiste integralmente la forma dzWobstcina i conta- dini sono egualmente frazionati sia «per lo stato giuridico » (contadini senza terra, con nadiel , ex servi che hanno riscattato i loro nadiel con particolari versamenti, registrati, ecc. ecc.) che «per la proprietà»: contadini che hanno ceduto il loro nadiel , contadini ai quali i nadiel sono stati tolti per debiti 0 perchè non coltivavano e trascuravano la terra, e contadini che hanno preso in affitto nadiel altrui; contadini che hanno la terra «in perpetuo» o che « ne acquistano per un anno» alcune desiatine; infine, con- tadini senza casa, senza alcun capo di bestiame, contadini senza ca- valli e con molti cavalli. È noto a tutti che in ogni villaggio dove è in netta prevalenza la forma dell 'obsteina^ su questo terreno del fra- zionamento economico e dell’azienda mercantile crescono i fiori rigogliosi del capitale usurario, dell’asservimento in tutte le sue forme. E i populisti continuano a raccontare le loro favole stuc- chevoli su un certo «regime dell’ obstcina»\ « E da noi la giovane borghesia cresce effettivamente non di giorno in giorno, ma di ora in ora, cresce non solo nelle regioni periferiche ebraiche, ma anche all’interno della Russia. Esprimere con cifre la sua entità per il momento è molto diffìcile, ma, considerato il numero cre- scente dei proprietari terrieri, il numero crescente delle licenze com- merciali, il numero crescente delle proteste provenienti dalle campagne contro i kulak e contro i parassiti e altri sintomi del genere *, si può pensare che essa sia già considerevolmente numerosa». È completamente giusto! Appunto questo fatto, giusto per il 1879, e incontestabile in una misura incomparabilmente maggiore * Ai quali si devono aggiungere gli acquisti mediante la banca contadina, «le tendenze progressive neH’ccononiia contadina», i miglioramenti della tecnica e dei sistemi di coltivazione, l’introduzione di attrezzi perfezionati, la coltivazione delle erbe foraggere, ecc„ lo sviluppo del piccolo credito e l’organizzazione delle vendite per gli artigiani, ecc. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 381 per il 1895, è uno dei fondamenti della concezione marxista della realtà russa. Il nostro atteggiamento verso questo fatto è ugualmente nega- tivo; siamo d’accordo, noi e loro, nel ritenere che esso esprime fenomeni opposti agli interessi dei produttori diretti, ma noi interpretiamo del tutto diversamente questi fatti. Avendo già precisato sopra il lato teorico di questa differenza, ne tratterò ora l’aspetto pratico. La borghesia — particolarmente quella delle campagne — da noi è ancora debole; essa sta ancora soltanto nascendo, dice il populista. Perciò si può ancora lottare contro di essa. L’indirizzo borghese è ancora molto debole, perciò si può ancora tornare in- dietro. Si è ancora in tempo. Solo un sociologo metafisico (che in pratica si trasforma in un pavido romantico reazionario) può ragionare in questo modo. Non parlerò poi del fatto che la « debolezza » della borghesia rurale si spiega con l’afflusso dei suoi elementi forti, dei suoi strati supe- riori, nelle città, che nei villaggi ci sono i « soldati », mentre nelle città si trova già lo « stato maggiore generale », non parlerò di tutti questi travisamenti dei fatti ad opera dei populisti, palesi sino al- l’inverosimile. Questo ragionamento contiene un altro errore che lo rende metafisico. Abbiamo dinanzi a noi un determinato rapporto sociale, il rapporto fra il piccolo borghese delle campagne (contadino ricco, mercante, kulak, parassita, ecc.) e il contadino « lavoratore », lavo- ratore « per conto altrui », s’intende. Questo rapporto esiste; il populista non potrà negare che esso è universalmente diffuso. Ma esso è debole — egli dice — e perciò lo si può ancora correggere. La storia è fatta dagli « individui vivi », diremo noi a questo populista, per usare la sua stessa espressione. La correzione, la modificazione dei rapporti sociali, naturalmente, è possibile, ma solo quando parte dagli stessi protagonisti di questi rapporti so- ciali da correggere o da modificare . Questo è chiaro come la luce del sole. Si domanda : può il contadino « lavoratore » modificare questo rapporto? In che cosa consiste questo rapporto? Nel fatto che nel sistema della produzione mercantile due piccoli produttori 382 LENIN gestiscono ciascuno un’azienda, che questa economia mercantile li scinde «in due», dando a uno il capitale e costringendo Taltro a lavorare « per conto altrui ». In che modo il nostro contadino lavoratore modifica questo rapporto, quando egli stesso sta con un piede precisamente sul terreno che si deve modificare? come può egli capire lo svantaggio deirisolamento e deH’economia mercantile, quando egli stesso è isolato e produce a proprio rischio e pericolo, produce per il mercato? quando queste condizioni di vita generano in lui «i pensieri e i sentimenti » propri di chi lavora isolatamente per il mercato? quando è isolato a causa delle sue stesse condizioni mate- riali, delle dimensioni e del carattere della sua azienda, e in forza di questo la sua opposizione al capitale è ancora così poco sviluppata che egli non può capire che il capitale è costituito precisamente da questo, e non solo da « lestofanti » e uomini abili? Non è forse evidente che ci si deve rivolgere là dove questo stesso {nota bene*) rapporto sociale è sviluppato sino in fondo , dove i membri di questo rapporto sociale, che sono produttori diretti, si sono essi stessi già definitivamente « differenziati » ed « estraniati » dagli ordinamenti borghesi, dove Topposizione è già così sviluppata da essere evidente di per sè, dove non è più pos- sibile nessuna chimerica, equivoca impostazione del problema? E quando i produttori diretti, che si trovano in queste condizioni progredite, saranno « differenziati dalla vita » della società bor- ghese non solo di fatto ma anche nella loro coscienza , allora anche i contadini lavoratori, posti in condizioni arretrate e peggiori, vedranno « come si fa questo » e si avvicineranno ai loro compa- gni di lavoro « per conto altrui >. < Quando da noi si parla dei casi d’acquisto di terre da parte dei contadini, e si spiega che i contadini acquistano la terra sia in pro- prietà personale che attraverso il mir , non si aggiunge quasi mai che gli acquisti attraverso il mir costituiscono solo una rara e trascurabile eccezione alla regola generale degli acquisti individuali». Riportando poi i dati degli anni sessanta, secondo cui il nu- mero dei proprietari terrieri privati, che nel 1861 ha raggiunto In italiano nel testo ( N.d.R .). IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 383 i 103.158, è salito a 313.529, e dopo aver detto che questo si spiega coP fatto che la seconda volta sono stati calcolati i contadini pic- coli proprietari di cui non si era tenuto conto airepoca della ser- vitù della gleba, l’autore prosegue: « questa è precisamente la nostra giovane borghesia rurale, che si avvicina e si unisce direttamente alla piccola nobiltà fondiaria ». È vero — diremo noi in proposito — verissimo, soprattutto per quanto riguarda il fatto che essa «si avvicina» e « si unisce»! E perciò noi includiamo fra gli ideologi della piccola borghesia coloro che attribuiscono grande importanza (nel senso degli inte- ressi dei produttori diretti) « all’espansione del possesso fondiario contadino », e così anche l’autore, che dice questo a p. 152. Appunto per questo motivo noi consideriamo politicanti puri e semplici coloro i quali trattano la questione degli acquisti indi- viduali o attraverso il mir come se da essa dipendesse sia pure in minima misura l’« instaurazione » degli ordinamenti borghesi. Per noi l’uno e l’altro caso rientrano nell’ambito borghese, perchè l’acquisto è acquisto, il denaro è denaro in entrambi i casi, vale a dire è una merce che capita solo nelle mani dei piccoli borghesi # , non importa se uniti dal mir « per il reciproco adattamento so- ciale e per l’attività solidale » oppure isolati a causa del fraziona- mento della proprietà terriera. « Del resto essa [la giovane borghesia rurale] non è ancora tutta qui. ” Parassita ” è, naturalmente, una parola non nuova in Russia, ma essa non ha mai avuto il significalo che ha assunto ora, non ha mai esercitato sui contadini la pressione che esercita ora. Il parassita era in un certo senso una figura patriarcale rispetto a quella attuale, un individuo sempre subordinato al mir e talvolta semplicemente un fannullone, senza una particolare avidità di guadagno. Attualmente la parola parassita ha un altro significato e, nella maggior parte dei governatorati, essa è già divenuta solo un concetto generico relativamente poco usato e sostituito dalle parole: kulak, mercante, bettoliere, appaltatore, strozzino, ecc. Questo scindersi di una sola parola in una serie di termini, in parte non nuovi e in parte del tutto nuovi o che sinora non s’incontravano • Si tratta, naturalmente, non del denaro che serve solo per acquistare i beni dj consumo indispensabili 1 , ma del denaro libero , che può essere risparmiato per acquistare mezzi di produzione. 384 LENIN nell’uso contadino, mostra prima di tutto che nello sfruttamento del popolo si è verificata una divisione del lavoro e poi indica il largo svi- luppo dei sistemi di rapina e la loro specializzazione. Quasi in ogni villaggio e in ogni borgo esiste uno o alcuni di questi sfruttatori ». È incontestabile che questo fatto, lo sviluppo dei sistemi di rapina, è giustamente posto in risalto. Ma l’autore, come tutti i populisti, ha torto quando non vuol capire, nonostante tutti questi fatti, che questa attività sistematica, generale, regolare (persino con una divisione del lavoro) dei kulak è una manifestazione del capitalismo nell’agricoltura, è il dominio del capitale nelle sue forme primarie, che, da un lato, produce permanentemente quel capitalismo urbano, bancario, e in generale europeo, che i populisti considerano come qualcosa di estraneo, e, dall’altro lato, è ap- poggiato e alimentato da questo -capitalismo, in una parola, che questo è uno degli aspetti dell’organizzazione capitalistica dell’eco- nomia nazionale russa. Inoltre, la definizione dell’* evoluzione » del parassita ci darà la possibilità di smentire ulteriormente il populista. Il populista vede nella riforma del 1861 la sanzione della produzione popolare e ravvisa in essa differenze sostanziali da quella occidentale. Le misure che egli ora caldeggia si riducono in egual modo a un’analoga « sanzione » AAY obsteina, ecc., ad analoghe « garanzie del nadiel » e dei mezzi di produzione in generale. Perchè, signor populista, la riforma « che ha sanzionato la produzione popolare (e non capitalistica)», ha condotto solo a far sì che dal « fannullone patriarcale » venisse fuori il predone relativamente energico, alacre, con una vernice di maniere civili? solo al cambiamento della forma dei sistemi di rapina, precisa- mente come le corrispondenti grandi riforme in Occidente? Perchè voi pensate che i passi successivi della « sanzione » (del tutto possibili sotto forma di ampliamento del possesso fondiario contadino, di migrazioni interne, di disciplina dell’affitto e di altri in- dubbi progressi, ma progressi puramente borghesi), perchè pensate che essi condurranno a qualcosa che non sia l’ulteriore modifica- zione della forma , l’ulteriore europeizza zione del capitale , la sua pa- lingenesi da mercantile in produttivo, da medioevale in moderno? IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 385 Non può essere diversamente per il semplice motivo che si- mili misure non colpiscono affatto il capitale, vale a dire quel rapporto fra gli uomini per cui nelle mani di alcuni è accumulato il denaro, prodotto del lavoro sociale organizzato daH’economia mercantile, mentre gli altri non hanno nulla tranne le « braccia > libere *, libere precisamente da quel prodotto che è concentrato nella categoria precedente. ...«Fra di essi [fra questi kulak, ecc.] i più piccoli, che non pos- seggono capitale, si avvicinano di solito ai grandi commercianti che concedono loro prestiti o li incaricano di fare acquisti per proprio conto; i più facoltosi svolgono la loro attività economica in modo indi- pendente, entrano da soli in rapporto con le grandi città commerciali e portuali, inviano là a proprio nome vagoni di merce e partono essi stessi per procurarsi le merci occorrenti sul posto. Salite su un qualsiasi treno e incontrerete certamente in terza classe (raramente in seconda) decine di questi individui che si recano in qualche posto per affari. Li riconoscerete dalla particolare foggia del vestire, dai modi estrema- mente maleducati e dalle risate fragorose airindirizzo di qualche si- gnora che li prega di non fumare oppure di un contadinello [proprio così: "contadinello”. K.T.] che va a cercar lavoro in qualche posto ed è ” incolto ” perchè non capisce niente di commercio e porta i lapis. Li riconoscerete anche dai loro discorsi: di solito discorrono di "olio” di cuoio, di ” pesce ”, di miglio, ecc. Sentirete inoltre cinici racconti sulle truffe e sulle alterazioni di merci che essi praticano: come hanno ” appioppato a una fabbrica ” carne salata che aveva ” un odore forte ”, come ” chiunque sa tingere il tè una volta che gli viene insegnato ”, co- me ” nello zucchero si possono aggiungere tre libbre buone per pano mettendo acqua e il compratore non si accorge di nulla ”, ecc. Tutto que- sto vien raccontato con una tale sincerità e disinvoltura che voi vedete chiaramente che costoro non rubano i cucchiai nei ristoranti e non svi- tano i becchi a gas nelle stazioni solo perchè temono di andare in pri- gione. L’etica di questi uomini nuovi è inferiore alle norme più ele- mentari, è tutta fondata sul rublo e consiste interamente in aforismi: il mercante è un pescatore; la paura del cacciatore tiene sveglia la lepre; non fallire il colpo; cogli l’occasione a volo; approfitta del momento in • « La massa lavorerà come prima ... per conto altrui » (articolo esaminato, p. 135); se essa non fosse « libera » {de facto, de jure , c forse anche con t un nadiel assicurato») naturalmente questo non potrebbe accadere. 572 — 26 3 86 LENIN cui nessuno guarda; nessuna pietà per il debole; striscia e inchinati quando è necessario ». Si cita poi come esempio il caso, riportato da un giornale, di un oste e usuraio, di nome Volkov, che ha incen- diato la propria casa assicurata per una forte somma. « Il maestro e il sacerdote del luogo considerano » questo soggetto « come il più rispet- tabile dei loro conoscenti », « un maestro, in cambio del vino, gli scrive tutte le scartoffie per combinare gli imbrogli ». $ Lo scrivano del volost gli promette di gabbare il villano ». « Un funzionario dello zemstvo , al tempo stesso membro dell’amministrazione dello zemstvo , gli assicura la vecchia casa per 1000 rubli », ecc. « Volkov non è affatto un feno- meno isolato, ma un esempio tipico. Non c’è località che non abbia i suoi Volkov, dove non si raccontino non solo casi analoghi di spolia- zione e asservimento dei contadini, ma anche analoghi casi di in- cendi... ». ... « Ma, tuttavia, che atteggiamento hanno i contadini verso i tipi di questo genere? Se costoro sono sciocchi, brutali, senza cuore e gretti come Volkov, i contadini non li amano, ma li temono, li temono per- chè possono commettere ogni genere di infamie, mentre contro di essi non si può far nulla; le loro case sono assicurate, essi hanno cavalli focosi, robusti chiavistelli, cani pericolosi e legami con le autorità locali. Ma se costoro sono un po’ più intelligenti e furbi di Volkov, se sanno rivestire di una forma decente la spoliazione e l’asservimento dei con- tadini, se, accumulando di nascosto i rubli, nel medesimo tempo si pri- vano di un soldo con ostentazione, non risparmiano una mezza bottiglia di vodka o qualche misura di miglio per un villaggio distrutto dall’incendio, essi godono fra i contadini onore, prestigio e rispetto, come protettori e benefattori dei poveri, come gente senza la quale probabilmente si andrebbe in malora. I contadini li considerano uo- mini intelligenti e affidano loro perfino i figli perchè imparino, rite- nendo un onore che il ragazzo stia a bottega da loro, sicuri che lì di- venterà un vero uomo ». Ho riportato deliberatamente in modo un po’ più particola- reggiato i ragionamenti dellautore per fornire una descrizione della nostra giovane borghesia fatta da un avversario della tesi dell’organizzazione borghese dell’economia sociale russa. La sua analisi può chiarire sotto molti aspetti la teoria del marxismo russo e il carattere degli attacchi che muove contro quest’ultimo il popu- lismo contemporaneo. Dall’inizio di questa descrizione si vede che l’autore, bene o IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 3 8 7 male, capisce quali sono le radici profonde di questa borghesia, capisce il suo legame con la grande borghesia, alla quale «si avvi- cina » la piccola borghesia, il suo legame con i contadini che le affidano « i figli perchè imparino », ma dagli esempi deirautore si vede che egli è ben lontano dal valutare nel suo giusto valore l’intensità e la stabilità di questo fenomeno. I suoi esempi parlano di reati, di truffe, di incendi, ecc. Si ha l’impressione che « la spoliazione e l’asservimento > dei con- tadini siano qualcosa di accidentale, un risultato (come si è espresso sopra l’autore) delle difficili condizioni di vita, della « volgarità delle idee morali », delle limitazioni alla « diffusione della letteratura fra il popolo» (p. 162), ecc., in una parola che tutto questo non scaturisca affatto inevitabilmente dall'odierna organizzazione della nostra economia sociale. II marxista si attiene precisamente a quest’ultima opinione; egli afferma che tutto ciò non è per nulla accidentale, ma è una necessità, necessità determinata dal modo capitalistico di produ- zione dominante in Russia. Non appena divenuto produttore di merci (e tali sono già diventati tutti i contadini), il contadino acqui- sterà una « morale » già inevitabilmente « fondata sul rublo », e non è il caso di fargliene una colpa, perchè le stesse condizioni di vita impongono di dar la caccia a questo rublo con tutti gli accorgi- menti commerciali *. In queste condizioni, senza compiere alcun» atto illecito, senza alcun servilismo, senza alcuna falsificazione, i « contadini » si differenziano in ricchi e poveri. La vecchia egua- glianza non può sussistere dinanzi alle fluttuazioni del mercato. Questo non è un ragionamento; è un fatto. Ed è un fatto che la « ricchezza » di pochi diviene, in queste condizioni, ca- pitale, mentre la «povertà» costringe la massa a vendere * le proprie braccia, a lavorare per conto altrui. In questo modo, dal punto di vista del marxista, il capitalismo si è già insediato stabil- mente, si è sistemato e ha assunto una fisionomia ben definita non solo nell’industria di fabbrica e d’officina, ma anche nelle cam- pagne e, in generale, dappertutto in Russia. Potete ora farvi un’idea dell’acume di cui danno prova i signori populisti, quando in risposta aH’argomentazione del marxista, il 26 * Cfr. Usptnski™. 3 88 LENIN quale afferma che la causa di questi « tristi fenomeni » nelle cam- pagne non è la politica, non è la scarsità di terra, non sono i versa- menti in denaro, non sono gli « individui » malvagi, ma è il capitali- smo, che tutto questo è necessario e inevitabile, dato il modo capita- listico di produzione, dato il dominio della classe borghese; quando in risposta a questo il populista incomincia a gridare che i mar- xisti vogliono spossessare i contadini, che essi « preferiscono » il proletario al contadino « indipendente », che essi — come dicono le signorine di provincia e il signor Mikhailovski nella risposta al signor Struve — hanno un atteggiamento « sprezzante e cru- dele » verso P« individuo »! In questo quadro della campagna, interessante perchè tracciato da un avversario, possiamo vedere con chiarezza l’assurdità delle obiezioni correnti contro i marxisti, la loro infondatezza: si elu- dono fatti, si dimenticano proprie precedenti dichiarazioni, tutto allo scopo di salvare, coùte que colite , quelle teorie della fantasti- cheria e del compromesso, che per fortuna ormai nessuna forza potrà salvare. I marxisti, parlando del capitalismo in Russia, copiano schemi belli e fatti, ripetono come dogmi tesi che sono ricalcate su con- dizioni completamente diverse. La produzione capitalistica della Russia, il cui sviluppo e la cui importanza sono irrisori (nelle no- stre fabbriche e nelle nostre officine sono occupati appena un milione e 400 mila lavoratori), viene estesa da essi alla massa dei contadini che posseggono terra. Questa è una delle obie- zioni preferite nel campo liberal-populista. Ed ecco che in questo stesso quadro della campagna noi ve- diamo che il populista, descrivendo gli ordinamenti dei contadini dell’« obstcina » e di quelli « indipendenti », non può fare a meno di quella stessa categoria « borghesia » presa a prestito da schemi astratti e da dogmi estranei, non può non costatare che essa è un elemento tipico della campagna e non un caso isolato, che essa è legata con fili robustissimi alla grande borghesia nelle città, che essa è legata anche ai contadini — i quali « le affidano i figli per- chè imparino » — dai quali, in altri termini, esce appunto questa giovane borghesia. Vediamo, per conseguenza, che questa giovane borghesia si sviluppa dalFinterno della nostra obstcina e non dal- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 389 resterno, che essa è generata dagli stessi rapporti sociali in seno alla massa dei contadini divenuti produttori di merci; vediamo che non solo « un milione e 400 mila lavoratori », ma anche tutta la massa della popolazione rurale russa lavora per il capitale , si trova sotto la sua « gestione ». Chi trae le conclusioni più giuste da questi fatti, costatati non da qualche marxista « mistico e me- tafisico », che crede nelle « triadi », ma da un populista, pensatore originale, che sa valutare le particolarità della vita russa? Il populista, quando parla di scegliere una via migliore, come se il capitale non avesse già fatto la sua scelta, quando parla di svolta verso un altro regime, svolta che dovrebbe essere compiuta dalla « società » e dallo « Stato », vale a dire da elementi che anche per lui si sono sviluppati solo sul terreno di questa scelta, oppure il marxista il quale dice che fantasticare su altre vie significa essere degli ingenui romantici, perchè la realtà dimostra nel modo più evi- dente che la « via » è già stata scelta, che il dominio dei capitale è un fatto che non si può eludere con rimproveri e condanne, un fatto col quale possono regolare i conti solo i produttori diretti? Ecco un altro rimprovero corrente. I marxisti riconoscono che in Russia il grande capitalismo è un fenomeno progressivo. Per questa ragione essi preferiscono il proletario al contadino « indi- pendente», sono favorevoli allo spossessamento del popolo e, pur partendo dalla teoria che pone come ideale l’appartenenza agli operai dei mezzi di produzione, approvano la separazione dell’ope- raio dai mezzi di produzione, vale a dire cadono in un’insana- bile contraddizione. Sì, i marxisti ritengono che il grande capitalismo è un feno- meno progressivo, naturalmente non perchè esso sostituisce la di- pendenza all’« indipendenza », ma perchè crea le condizioni per sopprimere la dipendenza. Per quanto riguarda l’« indipendenza » del contadino russo, questa non è altro che una sdolcinata favola populista; nella realtà questa indipendenza non esiste. E il quadro tracciato (come tutti gli scritti e le indagini sulla situazione eco- nomica dei contadini) contiene anche il riconoscimento di questo fatto (che nella realtà non esiste l’indipendenza): anche i conta- dini, come gli operai, lavorano « per conto altrui ». I vecchi po- pulisti russi lo hanno riconosciuto. Ma non hanno capito le 39 o LENIN cause e il carattere di questa dipendenza , non hanno capito che anche questa è una dipendenza capitalìstica , che differisce da quella urbana unicamente per il suo minore sviluppo e per i forti residui delle forme medioevali, semifeudali del capitale. Con- frontiamo almeno il villaggio descrittoci dal populista con la fabbrica. La differenza (per quanto riguarda l’indipendenza) è solo nel fatto che là noi vediamo il « piccolo pidocchio », e qui quello grande, là lo sfruttamento isolato, con metodi semifeudali, qui lo sfruttamento delle masse già prettamente capitalistico. È evidente che il secondo è progressivo. Lo stesso capitalismo, che nel villaggio non è sviluppato e perciò misto all’usura, ecc., qui è sviluppato; la stessa opposizione che esiste nel villaggio, qui è espressa in pieno; qui la scissione è già completa e non è possibile Tequivoca impostazione del problema di cui si accontenta il pic- colo produttore (e il suo ideologo), capace di rimproverare, biasi- mare e maledire il capitalismo, ma incapace persino di abban- donare il terreno* di questo capitalismo, la fiducia nei suoi ser- vitori, le rosee fantasticherie secondo cui « sarebbe meglio se non ci fosse lotta », come ha detto Tottimo signor Krivenko. Qui le fantasticherie non sono possibili, e già questo solo è un gi- gantesco passo in avanti; qui si vede ormai chiaramente da quale parte è la forza e non si può chiacchierare di scelta di una via, perchè è chiaro che prima si deve « ridistribuire » questa forza. «Ottimismo sdolcinato»: così il signor Struve ha definito il populismo, e quest’espressione è profondamente giusta. Come non parlare di ottimismo quando il dominio più assoluto del capitale nel villaggio viene ignorato, dissimulato, rappresentato come cosa accidentale? Quando si propongono varie forme di credito, arte ! , coltivazioni collettive, come se tutti questi « kulak, mercanti, osti, • Per evitare malintesi chiarirò che per « terreno » del capitalismo intendo il rapporto sociale che, in forme diverse, domina nella società capitalistica e che Marx ha espresso con la formula: denaro-merce-denaro più un incremento. Le misure populiste non colpiscono questo rapporto, non intaccano nemmeno la produzione mercantile, che fa affluire nelle mani dei privati il denaro = pro- dotto del lavoro sociale, nè la scissione del « popolo » in possessori di questo denaro c straccioni. II marxista affronta questo rapporto nella sua forma più sviluppata, che è la quintessenza di tutte le altre forme e indica al produttore l’obiettivo e la meta: eliminare questo rapporto, sostituirlo con un altro. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 39 1 strozzini, appaltatori », ecc., come se tutta questa « giovane bor- ghesia » non tenesse già «in mano» «ogni villaggio»? Come non parlare di ottimismo sdolcinato quando si continua a dire per « dieci, venti, trentanni e più » : « sarebbe meglio che non ci fosse lotta », mentre si sta già svolgendo la lotta, sia pure sorda, non cosciente, non illuminata da un ideale? « Ora, lettore, passate alle città. Qui incontrerete una giovane bor- ghesia ancora più numerosa e multiforme. Tutti coloro che imparano a leggere e a scrivere e si ritengono capaci di un’attività più elevata, tutti coloro che si ritengono degni di una sorte meno triste di quella del semplice contadino, infine, tutti coloro che in queste condizioni non trovano posto nelle campagne, si precipitano ora nelle città »... E, cionondimeno, i signori populisti parlano in modo sdolci- nato del « carattere artificiale » del capitalismo urbano, dicono che è una « pianta di serra » la quale, se non viene protetta, marcisce, ecc. Basta solo guardare un po* più semplicemente i fatti e sarà chiaro che questa borghesia « artificiale » è costituita unicamente da parassiti della campagna trasferitisi nelle città, che si sviluppano in modo del tutto spontaneo sul terreno illuminato dalla « luna capitalistica », che costringe ogni semplice contadino ad acquistare al prezzo più conveniente e a vendere al prezzo più caro. ... « Qui voi incontrate commissionari, contabili, commercianti al minuto, venditori ambulanti, appaltatori di vario genere (stuccatori, carpentieri, muratori, ecc.), sorveglianti, capi portinai, poliziotti, cassieri, esattori, ecc. riuniti in artel , vettori, gestori di locande e trattorie, padroni di laboratori vari, capimastri di fabbrica, ecc. ecc. Tutti questi formano la vera giovane borghesia, con tutti i suoi tratti caratteristici. Anche qui il codice morale non è molto esteso: tutta l’attività è fondata sullo sfrut- tamento del lavoro *, e lo scopo della vita consiste nell’acquisto di un capitale, grande o piccolo, per un ottuso passatempo » « Io so * Non è esatto. Il piccolo borghese si distingue dal grande precisamente per il fatto che anch’egli lavora, come lavorano le categorie enumerate dell’autore: Naturalmente c’è lo sfruttamento del lavoro, ma non il solo sfruttamento. Un'altra piccola osservazione: lo scopo della vita di coloro che non si ac* contentano della loro sorte di semplici contadini è l’acquisto del capitale. Cosi 392 LENIN che molti si rallegrano guardando costoro, vedono in essi intelligenza, energia, intraprendenza, ìi considerano gli elementi più progressivi del popolo, vedono in essi un progresso diretto e naturale della civiltà pa- tria, le cui disuguaglianze si appianeranno col tempo. Oh, so già da molto tempo che da noi si è formata un’alta borghesia costituita da ele- menti istruiti, da mercanti e nobili che non hanno retto alla crisi del 1861 e sono decaduti, oppure si sono fatti prendere dallo spirito dei nostri tempi; so che questa borghesia ha già formato i quadri del terzo stato e che le mancano solo, precisamente, questi elementi del popolo, senza i quali essa non può far nulla e che perciò apprezza »... Anche qui viene lasciata una scappatoia all’c ottimismo sdolci- nato » : alla grande borghesia « mancano solo * elementi bor- ghesi fra il popolo!! Di dove è uscita la grande borghesia se non dal popolo? O incomincerà forse l’autore a negare i legami dei nostri « mercanti » con i contadini ? Qui affiora la tendenza a far passare questo sviluppo della gio- vane borghesia come cosa accidentale, come risultato della politica, ecc. È estremamente tipica del populista questa concezione superficiale, incapace di vedere le radici del fenomeno nella stessa struttura economica della società; capace di enumerare nei minimi particolari i singoli rappresentanti della piccola borghesia, ma incapace di comprendere che già la piccola azienda indipendente del contadino e deirartigiano non è affatto, negli attuali ordina- menti economici, un’azienda « popolare » qualsiasi, ma un’azienda piccolo-borghese . ... « So che molti rampolli di antica schiatta si dedicano già alla di- stillazione deiralcool e alla gestione di osterie, si occupano di ap- palti e di progettazioni ferroviarie, si sono insediati nei consigli d’amministrazione delle banche azionarie, si sono fatti una posi- zione persino nel campo letterario e cantano ora nuove canzoni. So che molte canzoni sono straordinariamente tenere e sentimentali, che in dice (nei momenti di lucidità) il populista. La tendenza dei contadini russi non è il regime dc\Y obsteina, ma il regime piccolo-borghese. Cosi dice il marxista. Quale differenza passa fra queste tesi? Non si riduce forse tutto al fatto che la prima riflette l'osservazione empirica della vita, mentre l'altra generalizza i fatti osservati (che esprimono < pensieri e sentimenti » reali di reali « individui vivi *) in una legge politico-economica? IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 393 esse si parla dei bisogni e delle aspirazioni del popolo; ma so anche che il dovere della letteratura onesta è di svelare ritenzione di offrire al popolo sassi invece di pane ». Quale arcadico idillio! Non vi è che l’« intenzione » di offrire?! E come si armonizza questo: «sa» che «già da molto tempo» si è formata la borghesia, e vede tuttora il suo compito nello « sve- lare ritenzione » di creare la borghesia! Ecco quel che si chiama « bellezza spirituale », quando al co- spetto dell’esercito già mobilitato, al cospetto dei « soldati » schie- rati, uniti dallo « stato maggiore generale > formatosi « già da molto tempo», si parla ancora di «svelare ritenzione », e non si parla di lotta di interessi già pienamente svelata. ... « Anche la borghesia francese si identificava col popolo, e pre- sentava sempre le sue rivendicazioni a nome del popolo, ma poi lo ingannava sempre. Noi consideriamo l’indirizzo borghese preso negli ultimi anni dalla nostra società nocivo e pericoloso per la morale e il benessere popolare ». È in questa frase che si manifesta forse nel modo più chiaro la natura piccolo-borghese delittore. Egli dichiara rindirizzo borghese « nocivo e pericoloso » per la morale e il benessere del popolo! Di quale «popolo», stimatissimo signor moralista? Di quello che lavorava per i signori airepoca della servitù della gleba, che ha consolidato il «focolare domestico » la «stabilità sul fondo » e il « sacro dovere del lavoro » ? # o di quello che è andato poi a procacciarsi il rublo del riscatto? Voi sapete bene che il pagamento di questo rublo è stato la condizione fondamentale e principale dell’« emancipazione », e che il conta- dino poteva trovare questo rublo soltanto presso il signor Coupon 83 . Voi stesso avete descritto come ha fatto i suoi affari questo si- gnore, come la « classe media ha dato vita alla sua scienza, al suo codice morale e ai suoi sofismi », come si è già formata una let- teratura che esalta l’« intelligenza, l’intraprendenza e l’energia» della borghesia. È chiaro che tutta la questione si riduce al suc- Parole del signor Iugiakov. 394 LENIN cedersi di due forme di organizzazione sociale: il sistema di ap- propriazione del pluslavoro dei contadini servi legati alla terra ha creato una morale feudale; il sistema del «lavoro libero, che lavora « per conto altrui », per chi detiene il denaro, ha sostituito alla morale feudale quella borghese. Ma il piccolo borghese ha paura di guardare le cose in faccia e di chiamarle col loro nome: egli volta le spalle a questi fatti in- contestabili e incomincia a fantasticare. Egli ritiene « morale » solo la piccola azienda indipendente (sul mercato : questo viene pudicamente taciuto) e « immorale » il lavoro salariato. Egli non capisce il legame che unisce l’una con l’altro — e si tratta di un legame inscindibile — e ritiene che la morale borghese sia una qualche malattia casuale e non il prodotto diretto degli ordi- namenti borghesi che si sviluppano daireconomia mercantile (con- tro la quale egli, in fondo, non ha nulla da dire). Ed ecco che egli incomincia la sua predica come una vecchietta: «è nocivo, è pericoloso». Egli non confronta la forma più recente di sfruttamento con quella anteriore, feudale, non vede i cambiamenti che essa ha in- trodotto nei rapporti tra il produttore e il proprietario dei mezzi di produzione, la paragona a un’assurda utopia piccolo-borghese: a una « piccola azienda indipendente », che, pur essendo un’azienda mercantile, non condurrebbe a quello a cui conduce (cfr. sopra: « i kulak si sviluppano rigogliosamente, cercano di asservire i conta- dini più deboli trasformandoli in braccianti », ecc.). Perciò la sua protesta contro il capitalismo (come tale, come protesta, del tutto legittima e giusta) diviene una lamentazione reazionaria. Egli non capisce che « l’indirizzo borghese » ha svolto un’azione utile, sostituendo alla forma di sfruttamento che inchiodava il la- voratore al luogo di residenza, quella che lo sposta da un luogo al- l’altro per tutto il paese; non capisce che « l’indirizzo borghese » — e questo è già un grande merito — strappa allo sfruttamento tutti i suoi veli e tutte le sue illusioni, in quanto sostituisce alla forma di sfruttamento in cui l’appropriazione del plusprodotto era co- perta dai rapporti personali dello sfruttatore col produttore, dai reciproci doveri civili e politici, « dal nadiel garantito » ecc., quella che mette al posto di tutto questo lo « spietato pagamento in con- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 395 tanti», ed eguaglia la forza-lavoro a una qualsiasi altra merce, a una cosa. Occorre poi soffermarsi ancora sulla dichiarazione che Pindi- rizzo borghese è stato preso dalla nostra società « negli ultimi anni». Forse solo «negli ultimi anni»? Non si è manifestato con perfetta chiarezza già negli anni sessanta? Non ha dominato an- che durante tutti gli anni settanta? Il piccolo borghese si sforza anche qui di sminuire la cosa, di rappresentare Pindirizzo borghese, che è il tratto caratteristico della nostra « società » dopo la riforma, come un’infatuazione pas- seggera, come una moda. Non vedere la foresta dietro gli alberi è il tratto fondamentale della dottrina piccolo-borghese. Dietro la protesta contro la servitù della gleba e gli attacchi furiosi contro di essa, egli (Pideologo della piccola borghesia) non vede lo spirito borghese, perchè non osa guardare direttamente le basi econo- miche degli ordinamenti che sono stati costruiti mentre si leva- vano queste grida furiose. Dietro le chiacchiere di tutta la lette- ratura avanzata (della « civetteria liberale », p. 129) sui crediti, sulle società di deposito e prestito, sui gravami fiscali, sulPamplia- mento del possesso fondiario e su altre misure intese ad aiutare il « popolo », egli vede solo Pindirizzo borghese degli « ultimi anni ». Infine, dietro le geremiadi a proposito della « reazione », dietro la nostalgia per gli « anni sessanta », egli non vede più Pindirizzo borghese che sta alla base di tutto questo e perciò si fonde sempre più con questa « società ». In realtà, durante tutti questi tre periodi storici successivi alla riforma, il nostro ideologo dei contadini si è sempre affiancato alla « società » e ha collaborato con essa, senza capire che lo spirito borghese di questa « società » toglie qualsiasi vigore alla sua pro- testa contro lo spirito borghese e lo condanna inevitabilmente a fantasticare oppure a concludere meschini compromessi piccolo- borghesi. Questa affinità tra il nostro populismo (« in linea di principio » ostile al liberalismo) e la società liberale ha commosso molti e con- tinua ancora oggi a commuovere il signor V. V. (cfr. il suo ar- ticolo su Nedielia del 1894, nn. 47-49). Da questo si deduce che da noi gli intellettuali borghesi sono deboli o persino ine$i- LENIN #> stenti, il che viene posto in relazione con la mancanza di basi del capitalismo russo. In realtà è precisamente Topposto : questa affi- nità è Targomento più forte contro il populismo, la conferma immediata del suo carattere piccolo-borghese. Come nella vita il piccolo produttore si fonde con la borghesia sotto Tinflusso della produzione separata delle merci per il mercato, per effetto della prospettiva di imboccare la strada giusta, di aprirsi un varco e di diventare un grande imprenditore, così l'ideologo del piccolo produttore si fonde col liberale, quando discutono insieme i pro- blemi delle varie forme di credito, delle artel y ecc.; come il piccolo produttore è incapace di lottare contro la r borghesia e ripone le sue speranze in misure protettive, quali la diminuì zione dei tributi, [ampliamento del suo pezzo di terra, eco, così il populista ha fiducia nella « società » liberale e nelle s\ie chiac- chiere sul « popolo », ammantate di « falsità e ipocrisia senza fine ». Se egli talvolta muove anche qualche rimprovero alla « so- cietà », aggiunge immediatamente che essa si è guastata solo « negli ultimi anni », ma in generale e di per sè non è cattiva. « Di recente le Sovremiennye lzvestia , esaminando la nuova classe economica formatasi da noi dopo la riforma, la descrive giustamente nel modo seguente: ”11 milionario dei tempi passati, modesto e bar- buto, con gli stivali ingrassati, ossequiente dinanzi a un sottufficiale di polizia, si è ràpidamente trasformato in un imprenditore disinvolto, al- l'europea, persino sfacciato e arrogante, talvolta insignito di una onori- ficenza molta alta e di un grado elevato. Quando si osserva questa gente venuta su airimprovviso, ci si accorge con meraviglia che la maggior parte di questi astri del giorno erano ieri osti, appaltatori, fattori, ecc. I nuovi venuti hanno rianimato la vita cittadina, ma non l’hanno migliorata. Le hanno impresso un moto frenetico accom- pagnato da una straordinaria confusione di idee. L'aumento della cir- colazione e la domanda di capitale hanno sviluppato la smania delle im- prese che si è trasformata nella febbre del giuoco. Il gran numero di pa- trimoni creatisi in modo inatteso e imprevisto hanno spinto sino al- l’estremo dell’impazienza l’avidità di guadagno ”, ecc. Non v’è dubbio che simili elementi esercitano l’influenza più per- niciosa sulla morale del popolo [ecco dove è il guaio: nella corru- zione dei costumi e niente affatto nei rapporti di produzione capitali- stici! K. T.], e se non vi è dubbio che gli operai urbani sono più depra- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 3Q7 vati di quelli rurali, certamente non vi è nemmeno alcun dubbio che questo dipende dal fatto che essi qui sono circondati in misura molto maggiore da simili individui, respirano la stessa aria e vivono la vita creata da costoro ». Evidente conferma dell’opinione del signor Struve sul carat- tere reazionario del populismo. La « depravazione » degli operai urbani spaventa il piccolo borghese, che preferisce « il focolare domestico » (con le nuore a disposizione del capofamiglia e col bastone), la « stabilità sul fondo » (con l’abbrutimento e con la barbarie) e non capisce che il risveglio delFuomo nella « bestia da soma » — risveglio che ha un’importanza storica così gigan- tesca che per esso sono legittimi tutti i sacrifici — non può non assumere forme impetuose nelle condizioni capitalistiche in ge- nerale e in quelle russe in particolare. « Se il signore feudale russo si distingueva per la sua brutalità e bastava solo grattarlo un po’ per trovare il tartaro, il borghese russo non ha neanche bisogno di essere grattato. Se i vecchi mer- canti russi hanno creato un regno oscuro, ora, insieme con la nuova borghesia, creeranno delle tenebre tali che in esse perirà qualsiasi pensiero, qualsiasi sentimento umano ». L’autore sbaglia profondamente. Qui si doveva mettere il verbo al passato e non al futuro; lo si doveva fare anche allora, negli anni settanta. « Le schiere dei nuovi conquistatori si spargono in tutte le dire- zioni e non trovano in nessun luogo nessuno che opponga loro resi- stenza. I grandi proprietari fondiari li proteggono e li accolgono con gioia, i membri degli zemstvo danno loro immensi premi di assicu- razione, i maestri elementari scrivono loro le scartoffie per combinare gli imbrogli, il clero fa loro visita e gli scrivani del volost li aiutano a gabbare il villano ». Giustissima definizione! «non solo non trovano nessuno che opponga loro resistenza », ma trovano l’appoggio di tutti i rap- presentanti della « società » e dello « Stato » che Fautore ha or ora elencato in modo esemplare, Perciò — logica originale! — per mo- 398 LENIN dificare la situazione si deve consigliare di scegliere un’altra via, consigliare precisamente la «società» e lo «Stato». «Tuttavia, che cosa fare contro simili individui? ... Nè dal punto di vista della giustizia, nè da quello morale e poli- tico, dai quali si deve porre lo Stato, è possibile attendere che gli sfrut- tatori progrediscano intellettualmente e che subentri un miglioramento nellopinione pubblica ». Osservate: lo Stato deve porsi dal «punto di vista morale e politico»! Queste non sono altro che parole. I rappresentanti e i funzionari dello «Stato» ora descritti (dagli scrivani dei volost in su) non si pongono forse già dal punto di vista « politico » [cfr. sopra: «molti si rallegrano... li considerano gli elementi più progressivi del popolo, vedono in essi un progresso diretto e naturale della civiltà patria»] e «morale» [cfr. ivi: «intel- ligenza, energia, intraprendenza»]? Perchè dissimulate la discre- panza che esiste fra idee morali e politiche, ostili le une alle altre non meno di quanto nella vita i « nuovi germogli » sono incondizio- natamente ostili a coloro « cui la borghesia ordina di andare a lavorare»? Perchè soffocate la lotta tra queste idee, che è solo una sovrastruttura della lotta tra le classi sociali? Questo è il risultato del tutto naturale e inevitabile della con- cezione piccolo-borghese. Il piccolo produttore è gravemente op- presso dagli ordinamenti attuali, ma si tiene in disparte dagli antagonismi diretti, pienamente rivelatisi, li teme e si consola con fantasticherie ingenuamente reazionarie, secondo le quali « lo Stato deve porsi dal punto di vista morale », e precisamente dal punto di vista della morale cara al piccolo produttore. No, voi avete torto. Lo Stato, al quale vi rivolgete, lo Stato contemporaneo, attuale, deve porsi dal punto di vista della morale cara all’alta borghesia, lo deve , data la distribuzione della forza sociale fra le classi esistenti della società. Voi siete indignato, voi' incominciate a gridare che, ricono- scendo questo « dovere », questa necessità, il marxista difende la borghesia. Non è vero. Voi sentite che i fatti sono contro di voi e perciò già ricorrete ai giuochi di prestigio: attribuite il desiderio di IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 399 difendere i borghesi a chi, per smentire le vostre fantasticherie piccolo-borghesi sulla scelta di una via senza la borghesia, adduce il fatto che la borghesia domina; a chi smentisce l’utilità delle vostre piccole, meschine misure contro la borghesia richiamandosi alle profonde radici di quest’ultima nella struttura economica della società, alla lotta economica delle classi, che sta alla base della «società» e dello «Stato»; a chi esige che gli ideologi della classe lavoratrice rompano completamente con questi elementi e servano esclusivamente chi « si è differenziato dalla vita » della società borghese. « Certo, noi non riteniamo che la letteratura sia del tutto impotente; per non esserlo essa deve però, in primo luogo, capire meglio qual è la sua missione, non limitarsi [stelli] a educare i kulak, ma risvegliare an- che l’opinione pubblica ». Eccovi il petit bourgeois nella sua forma pura! Se la letteratura educa i kulak, questo accade perchè essa interpreta male la sua missione!! E questi signori si meravigliano ancora quando li chia- mano ingenui, quando di loro si dice che sono dei romantici! È il contrario, illustre signor populista: i «kulak»* educano la letteratura; essi le danno le idee (sull’intelligenza, l’energia, l’intraprendenza, sul progresso naturale della civiltà patria), essi le danno i mezzi. Il vostro appello alla letteratura è altret- tanto ridicolo come l’atto di chi, dinanzi a due eserciti nemici che si fronteggiano, si rivolgesse all’aiutante del feldmaresciallo ne- mico, pregandolo umilmente di « agire in modo più amichevole ». Sarebbe esattamente la stessa cosa. Dello stesso genere è l’aspirazione : « risvegliare l’opinione pub- blica ». L’opinione della società che « cerca gli ideali con la placidità della siesta pomeridiana»? Questa è un’occupazione abituale per i signori populisti, che vi si dedicano con un successo così brillante da « dieci, venti, trent anni e più ». Suvvia, signori, continuate! Godendosi il pisolino pomeridiano la società talvolta mugola : certamente questo significa che è * Questo è un termine troppo ristretto. Sì dovrebbe dire, con maggiore esat- tezza e precisione: la borghesia. 400 LENIN pronta ad agire contro i kulak. Parlate ancora con essa. AUez toujours ! ... « c, in secondo luogo, essa deve godere una maggiore libertà di parola e avere una maggiore diffusione fra il popolo ». Ottima aspirazione. La « società » simpatizza con questo « idea- le ». Ma siccome essa lo « cerca » con la placidità della siesta pomeridiana e siccome teme più di tutto al mondo che venga turbata questa placidità, allora... allora essa si affretta molto lenta- mente, progredisce con tale circospezione che di anno in anno si viene a trovare sempre più indietro. I signori populisti pensano che questa è una circostanza fortuita, che il pisolino pomeridiano terminerà subito e incomincerà il vero progresso. Aspettate pure! « Del pari noi non riteniamo che sia del tutto trascurabile anche Tinfluenza dell’educazione e dell’istruzione, ma riteniamo, prima di tutto: i) che l’istruzione deve darsi a tutti quanti e non esclu- sivamente a sìngoli individui, staccandoli dall’ambiente e trasforman- doli in kulak »... « A tutti quanti »... — precisamente questo vogliono i marxisti. Ma essi pensano che questo sia irraggiungibile sul terreno degli at- tuali rapporti economico-sociali, perchè, anche con l’insegnamento gratuito e obbligatorio, per « istruirsi » occorre denaro, e il denaro è posseduto solo da « coloro che escono dal popolo ». Essi pensano che anche qui, dì conseguenza, non c’è via d’uscita al dì fuori della « dura lotta delle classi sociali ». ... « 2) che alle scuole popolari devono poter accedere non solo i sa- crestani a riposo, i funzionari e i vari ubriaconi, ma la gente veramente onesta e che ama sinceramente il popolo ». È commovente! Ma anche coloro che vedono « intelligenza, intraprendenza ed energia » negli elementi che escono dal « po- polo » asseriscono (e non sempre non sono sinceri) di « amare il popolo », e molti di loro sono senza dubbio persone « veramente oneste». Chi giudicherà in proposito? Le persone dotate di senso IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 40I critico c di alta moralità? Ma non ha detto Tautore stesso che col disprezzo non si può influire sugli elementi che escono dal popolo # ? Concludendo, ci troviamo di nuovo di fronte a quel tratto fondamentale del populismo che si è dovuto costatare sin dal- Tinizio: esso volta le spalle ai fatti. Quando un populista descrive i fatti, è sempre costretto a rico- noscere che la realtà appartiene al capitale, che la nostra reale evoluzione è capitalistica, che la forza si trova nelle mani della borghesia.- Questo ha riconosciuto subito, per esempio, anche Tau- tore deirarticolo commentato, il quale ha costatato che da noi si è creata una « cultura della classe media », che la borghesia ordina al popolo di andare a lavorare, che la società borghese si occupa solo dei processi intestinali e della siesta pomeridiana, che questa * classe media » ha creato anche una scienza borghese, una morale borghese, dei sofismi politici borghesi, una letteratura bor- ghese. E, nondimeno, tutte le argomentazioni populiste sono sempre fondate sul presupposto contrario: la forza non sta dalla parte della borghesia, ma dalla parte del «popolo». Il populista chiac- chiera di scelta della via (pur riconoscendo il carattere capitali- stico della via reale), di socializzazione del lavoro (che è affi- dato alla « gestione » della borghesia), del fatto che lo Stato deve porsi dal punto di vista morale e politico, che precisamente i populisti devono insegnare al popolo, ecc., come se la forza stesse già dalla parte dei lavoratori o dei loro ideologi, e non re- stasse altro che indicare i metodi « più ragionevoli », « opportuni », ecc. per adoperare questa forza. Tutte queste sono stucchevoli menzogne, da cima a . fondo. Si poteva ancora immaginare una ratson (Tetre per simili illusioni mezzo secolo fa, ai tempi in cui un Regiertmgsrat 64, prussiano scopriva in Russia l’« obstcìna », ma oggi, dopo la storia più che trentennale del lavoro «libero», questo è in parte derisione, in parte fariseismo e melliflua ipocrisia. Il compito teorico fondamentale del marxismo è di distruggere • P. 151: «...non dispreizavano essi già in anticipo [notate questo «già in anticipo»] coloro che potrebbero disprezzarli? ». 27 — 572 402 LENIN questa menzogna benintenzionata e ispirata ad alti ideali. Il primo dovere di coloro che vogliono cercare le « vie verso la felicità umana » è di non ingannare se stessi, di avere il coraggio di rico- noscere apertamente la realtà. E quando gli ideologi della classe lavoratrice capiranno questo e lo sentiranno profondamente, allora riconosceranno che gli «ideali » non devono consistere nel costruire vie migliori e più rapide, ma nel formulare il compito e le mete della « dura lotta delle classi sociali » che si svolge sotto i nostri occhi nella nostra società capitalistica; che il successo delle proprie aspirazioni non si misura in base all’elaborazione di consigli alla «società» e allo «Stato», ma al grado di diffusione di questi' ideali in una determinata classe della società; che gli ideali più alti non valgono duo soldi quando non si riesce a fonderli inscindibilmente con gli interessi di coloro stessi che partecipano alla lotta economica, a fonderli con i problemi piccoli e « limitati » della vita quotidiana di quella determinata classe, come il problema della « giusta re- munerazione del lavoro», che il populista dalle larghe promesse guarda con un disprezzo così maestoso. ... « Ma questo non basta; lo sviluppo intellettuale, come vediamo purtroppo a ogni passo, non garantisce ancora Tuomo dalle tentazioni e dagli istinti rapaci. E perciò devono essere prese immediatamente misure dirette a proteggere la campagna dalla spoliazione, devono essere prese prima di tutto misure dirette a proteggere la nostra obstcina^ come forma di convivenza che rimedia airimperfezione morale della natura umana. L 'obstcina deve essere garantita un^ volta per sempre. Ma anche questo non è ancora sufficiente: V obstcina non può sussi- stere nelle attuali condizioni economiche e con l’attuale pressione fi- scale, e perciò sono necessarie misure dirette a estendere il possesso fondiario contadino, a diminuire le imposte, a organizzare Tindustria popolare. Ecco i mezzi contro i kulak che tutta la stampa onesta deve con- cordemente approvare e sostenere. Certo, questi mezzi non sono nuovi; ma il fatto è che sono gli unici mezzi nel loro genere, e di questo, senza dubbio, non tutti sono ancora convinti» (Fine). Eccovi il programma di questo populista dalle larghe pro- messe! Dalla descrizione dei fatti abbiamo visto che dappertutto IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 403 viene alla luce il pieno contrasto degli interessi economici, «dap- pertutto » non solo nel senso che questo accade nella città come nel villaggio, aH’interno d tW'obstcina come al di fuori di essa, neirindustria di fabbrica e d’officina come nell'industria « popo- lare », ma anche al di fuori dei fenomeni economici, sia nella letteratura che nella « società », nella sfera delle idee morali, poli- tiche, giuridiche, ecc. E il nostro paladino -Kleinburger versa lagrime e implora: «si prendano immediatamente misure dirette a proteggere la campagna ». La concezione superficiale, piccolo-bor- ghese, e la volontà di concludere compromessi si rivelano con piena evidenza. Lo stesso villaggio, come abbiamo visto, si presenta come scisso e in lotta, presenta un sistema di interessi opposti, ma il populista vede la radice del male non in questo stesso sistema, ma nelle sue parziali deficienze, fonda il suo programma non sulla ne- cessità di dare un contenuto ideologico alla lotta in corso, ma sulla necessità di « proteggere » il villaggio dai « predoni » occasionali, illegali, che s’introducono dall'esterno! E chi, egregio signor ro- mantico, deve prendere le misure protettive? La «società» che si appaga dei processi intestinali a spese precisamente di coloro che devono essere protetti? I funzionari degli zemstvo , dei volost e tutti gli altri, che vivono di quote del plusvalore e che perciò, come abbiamo visto or ora, non si oppongono, ma danno il loro aiuto? Il populista trova che questo è un inconveniente fortuito e nulla più, è il risultato della scarsa «comprensione della propria missione»; che basta invitare a «mettersi d'accordo e ad agire unanimi », perchè tutti questi elementi « abbandonino la strada sbagliata». Egli non vuole vedere che se nei rapporti economici si è formato il sistema della Plusmacherei , si sono formati ordi- namenti tali che solo « chi è uscito dal popolo » può avere i mezzi e il tempo per istruirsi, mentre la « massa » deve « rimanere igno- rante e lavorare per cqnto altrui », ne deriva come conseguenza diretta e immediata che nella « società » entrano solo i rappresen- tanti dei primi, che solo in questa stessa « società », cioè tra coloro « che sono usciti dal popolo », si possono reclutare gli scrivani dei volost y i funzionari degli zemstvo e così via, gente che il populista ha l'ingenuità di considerare come qualcosa che sta più in alto dei rapporti economici e delle classi, al di sopra di essi. 27* LENIN 4°4 Perciò il suo appello: « proteggete », sbaglia completamente destinatario. Egli si tranquillizza con palliativi piccolo-borghesi (lotta con- tro i kulak: cfr. sopra a proposito delle società di deposito e prestito, del credito, della legislazione per incoraggiare la sobrietà, lamore al lavoro e l’istruzione; estensione del possesso fondiario contadino: cfr. sopra a proposito del credito fondiario e del- l’affitto delle terre; diminuzione dei tributi: cfr. sopra a proposito dell’imposta sul reddito), oppure con rosee fantasticherie da edu- canda sull’c organizzazione dell’industria popolare ». Ma non è forse già organizzata? Tutta questa giovane borghe- sia descritta sopra non ha forse già organizzato a modo suo, cioè in senso borghese, questa «industria popolare»? Altrimenti come potrebbe essa «tenere nelle sue mani ogni villaggio»? Come potrebbe « ordinare al popolo di andare a lavorare » e appropriarsi il plusvalore? Il populista arriva al culmine di un’indignazione altamente morale. È immorale — egli grida — riconoscere che il capitalismo è un’« organizzazione », quando esso è fondato sull’anarchia della produzione, sulle crisi, sulla permanente, normale e sempre più profonda disoccupazione delle masse, sullo smisurato * peggiora- mento della situazione dei lavoratori. Al contrario. È immorale indorare la verità, rappresentare come qualcosa di fortuito e accidentale gli ordinamenti che sono carat- teristici di tutta la Russia dopo la riforma. Che ogni nazione capitalistica compia un progresso tecnico e la socializzazione del lavoro a prezzo di mutilare e storpiare il produttore è già stato accertato da molto tempo. Ma convertire questo fatto in un argo- mento di conversazioni morali con la « società » e, chiudendo gli occhi sulla lotta in corso, con la placidità della siesta pomeridiana, balbettare: «proteggete», «assicurate», «organizzate», significa essere dei romantici, dei romantici ingenui e reazionari. Al lettore sembrerà, probabilmente, che questo commento non abbia alcun legame con l’analisi del libro del signor Struve. A mio avviso, vi è assenza soltanto di legame esteriore. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 405 Il libro del signor Struve non scopre affatto il marxismo russo. Espone solo per la prima volta sulla nostra stampa teorie for- matesi ed esposte già in precedenza *. Questa esposizione è stata preceduta, come si è già osservato, da un aspra critica del marxi- smo sulla stampa liberal-populista, critica che ha confuso e snatu- rato la questione. Senza rispondere a questa critica non si sarebbe potuto, in primo luogo, affrontare Pimpostazione odierna della questione; in secondo luogo, non si sarebbe capito il libro del signor Struve, il suo ca- rattere e i suoi scopi. Per la replica abbiamo scelto quel vecchio articolo populista in quanto occorreva uno scritto che esponesse dei principi, e con- servasse inoltre almeno alcuni precetti del vecchio populismo russo, preziosi per il marxismo. Con questo commento abbiamo cercato di mostrare l’infon- datezza e l’assurdità dei metodi correnti della polemica liberal-po- pulista. Le argomentazioni secondo cui il marxismo sarebbe le- gato allo hegelismo **, alla fede nelle triadi, nei dogmi e negli schemi astratti che non richiedono il controllo dei fatti, nell’ob- bligo per ogni paese di attraversare la fase del capitalismo, ecc. sono vuote chiacchiere. Il marxismo vede il suo criterio nella formulazione e nella spie - gazione teorica della lotta delle classi sociali e degli interessi economici che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Il marxismo si fonda unicamente sui fatti della storia e della realtà russa; esso costituisce altresì l’ideologia della classe lavo- ratrice, ma spiega in modo completamente diverso i fatti uni- versalmente noti dello sviluppo e delle vittorie del capitalismo russo, intende in modo completamente diverso i compiti che la nostra realtà pone agli ideologi dei produttori diretti. Perciò, quando il marxista parla della necessità, dell’inevitabilità, del ca- rattere progressivo del capitalismo russo, egli muove da fatti uni- versalmente accertati, che, precisamente in forza di questo loro ca- rattere universalmente accertato, precisamente perchè non rappre- * Cfr. V.V., Saggi di economia teorica. Pietroburgo, 1895, pp. 257-258“ ** Parlo naturalmente non dell'origine storica del marxismo, ma del suo con- tenuto odierno. 40 6 LENIN sentano delle novità, non vengono sempre citati; egli dà una spiegazione diversa di quanto è stato detto e ridetto nella pubbli- cistica populista, e se il populista risponde gridando che il marxi- sta non vuole conoscere i fatti, per smascherarlo basta anche il semplice riferimento a un qualsiasi articolo populista di conte- nuto teorico degli anni settanta. Passiamo ora all’esame del libro del signor Struve. Capitolo ii CRITICA DELLA SOCIOLOGIA POPULISTA L’autore vede l’« essenza », l’« idea fondamentale » del popu- lismo, nella « teoria delloriginalità dello sviluppo economico della Russia ». Questa teoria, secondo le sue paiole, ha «due fonti principali: i) una dottrina definita sulla funzione dell’individuo nel processo storico, e 2) l’innata convinzione che il popolo russo è dotato di spirito e carattere nazionali particolari e ha de- stini storici suoi particolari» (p. 2). In una nota a questo passo l’autore osserva che « il populismo è caratterizzato da ideali so- ciali del tutto definiti » *, e aggiunge che esporrà in seguito la concezione economica dei populisti. Questa definizione dell’essenza del populismo richiede, a mio parere, qualche rettifica. Essa è troppo astratta, idealistica, poi- ché espone le idee teoriche dominanti del populismo, ma non la sua « essenza » e la sua « origine ». Rimane del tutto oscuro perchè gli ideali indicati si siano uniti con la convinzione di un’origina- lità di sviluppo, con la dottrina particolare della funzione dell’indi- viduo, perchè queste teorie siano divenute la tendenza del nostro pensiero sociale « che esercita la maggiore influenza ». Se l’autore, parlando delle « idee sociologiche del populismo » (titolo del primo capitolo), non ha potuto tuttavia limitarsi alle questioni esclusiva- * Naturalmente questa espressione, « ideali del tutto definiti » non si può intendere letteralmente, vale a dire nel senso che i populisti sappiano « in modo del tutto definito » che cosa vogliono. Questo sarebbe completamente sbagliato. Per «ideali del tutto definiti» non si deve intendere altro che Tideologia dei produttori diretti, sebbene questa ideologia sia la più vaga. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 4°7 mente sociologiche (il metodo in sociologia), ma ha trattato anche le concezioni dei populisti sulla realtà economica russa, avrebbe dovuto indicare l’essenza di queste concezioni. Invece, nella nota indicata questo è stato fatto solo a metà. Il populismo rappre- senta essenzialmente gli interessi dei produttori dal punto di vi- sta del piccolo produttore, del piccolo borghese. Il signor Struve nel suo articolo in tedesco sul libro del signor N.-on (Sozialpoliti- sches Centralblatt , 1893, n. 1) ha chiamato il populismo « socialismo nazionale» (Russ\oie Bogatstvo , 1893, n. 12, p. 185). In luogo di « nazionale », per il vecchio populismo russo si sarebbe dovuto dire « contadino », e « piccolo-borghese » per il populismo odierno. La « origine » del populismo è il predominio della classe dei piccoli produttori nella Russia capitalistica posteriore alla riforma. È indispensabile spiegare questa definizione. Io adopero l’espres- sione « piccolo-borghese » non nel significato usuale del termine, ma in quello politico-economico. Il piccolo produttore che svolge la sua attività nel sistema dell’economia mercantile: questi i due tratti che caratterizzano il concetto di « piccolo borghese » o Kleinbiirger . Quindi in questo concetto rientrano tanto i contadini quanto gli ar- tigiani, che i populisti hanno sempre posto sullo stesso piano, e del tutto giustamente, perchè entrambi sono dei produttori che la- vorano per il mercato e si differiscono solo per il grado di svi- luppo deH’economia mercantile. Inoltre, distinguo il vecchio po- pulismo # dall’odierno, considerando che quello era una dottrina sino a un certo punto ben congegnata, essendosi formata nell’epoca in cui il capitalismo in Russia era ancora sviluppato molto debol- mente, quando non era ancora venuto alla luce il carattere pic- colo-borghese dell’azienda contadina, quando l’aspetto pratico della dottrina era una pura utopia, quando i populisti si diffe- renziavano nettamente dalla « società liberale » e « andavano al popolo». Oggi la situazione è diversa: nessuno più nega che lo sviluppo della Russia segue la via capitalistica, e la disgregazione della campagna è un fatto incontestabile. Della ben congegnata dot- trina del populismo, con la sua fede infantile nell’« obsteina », sono * Per vecchi populisti non intendo quelli che ispiravano, per esempio, le Oticccstvennyc Zapiskj, ma precisamente coloro che « andavano al popolo ». 408 LENIN rimasti solo alcuni brandelli. Sotto l’aspetto pratico, all'utopia è subentrato il programma niente affatto utopistico dei « progressi » piccolo-borghesi, e solo la fraseologia enfatica ricorda il legame storico tra questi meschini compromessi e le fantasticherie sulle vie migliori e originali per la patria. Noi vediamo che invece di differenziarsi dalla società liberale ci si accosta ad essa nel modo più commovente. È precisamente questo cambiamento che ci im- pone di distinguere l’ideologia dei contadini da quella della piccola borghesia. Questa rettifica circa il contenuto effettivo del populismo ci è sembrata tanto più necessaria in quanto l’accennata astrattezza dell’esposizione nello scritto del signor Struve è il suo difetto fon- damentale; questo in primo luogo. E, in secondo luogo, « alcune fondamentali > tesi della dottrina, alla quale il signor Struve non è legato, esigono precisamente che si riconducano le idee sociali ai rapporti economico-sociali. E noi cercheremo ora di dimostrare che, senza fare ciò, non ci si possono spiegare nemmeno le idee esclusivamente teoriche del populismo, come la questione del metodo in sociologia. Il signor Struve, dopo aver osservato che la dottrina populista di un metodo specifico in sociologia è stata esposta nel modo migliore dai signori Mirtov 88 e Mikhailovski, definisce questa dottrina come « idealismo soggettivo > c, a conferma di ciò, cita dagli scritti dei detti autori una serie di brani sui quali vale la pena soffermarsi. Entrambi gli autori pongono a caposaldo delle loro teorie la tesi che la storia è fatta da « individui che lottano isolati « Gli in- dividui creano la storia * (Mirtov). Il signor Mikhailovski è ancora più esplicito: «L’individuo vivo, con tutti i suoi pensieri e senti- menti, diviene protagonista della storia a proprio rischio. Esso, e non una qualche forza mistica, pone gli obiettivi nella storia e spinge verso di essi gli avvenimenti attraverso la congerie di ostacoli che gli oppongono le forze elementari della natura e le condizioni storiche > (p. 8). Questa tesi — che la storia è fatta da individui — è del tutto inconsistente sotto l’aspetto teorico. Tutta la storia è costituita di azioni di individui, e il compito della scienza sociale consiste nello spiegare queste azioni, poiché l'accenno al « diritto di intervenire nel corso degli avvenimenti » (parole IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 4°9 del signor Mikhailovski citate dal signor Struve, p. 8) si riduce a una vuota tautologia. Questo si rivela con particolare chiarezza neH’ultima tirata del signor Mikhailovski. L'individuo vivo — egli argomenta — spinge gli avvenimenti attraverso la congerie di ostacoli che gli oppongono le forze elementari delle condizioni sto- riche. Ma in che cosa consistono queste «condizioni storiche »? Se- condo la logica dell’autore, anch’esse consistono nelle azioni di altri « individui vivi ». Si tratta davvero di una profonda filosofia della storia: l’individuo vivo spinge gli avvenimenti attraverso la con- gerie degli ostacoli che gli oppongono altri individui vivi. E perchè mai le azioni di alcuni individui vivi vengono chiamate ele- mentari, mentre degli altri si dice che « spingono gli avvenimen- ti » verso gli obiettivi prefissi? È chiaro che sarebbe un’impresa disperata cercare qui un qualsiasi contenuto teorico. La que- stione sta in questi termini: le condizioni storiche che hanno dato ai nostri soggettivisti il materiale per loro « teoria » consistevano (come consistono tuttora) in rapporti antagonistici, ed hanno ge- nerato l’espropriazione del produttore. Non riuscendo a capire questi rapporti antagonistici, non riuscendo a trovare in essi cle- menti sociali che potessero riscuotere l’adesione degli «individui isolati », i soggettivisti si sono limitati a costruire teorie che conso- lassero questi individui « isolati » affermando che la storia l’hanno fatta questi individui vivi. Il famoso « metodo soggettivo in sociolo- gia » non esprime assolutamente nient’altro che una buona inten- zione e una cattiva concezione. Il ragionamento ulteriore del signor Mikhailovski, che l’autore riporta, lo conferma in maniera lam- pante. La vita europea, dice il signor Mikhailovski, « si è formata in modo altrettanto irrazionale e amorale come nella natura scorre un fiume o cresce un albero. Il fiume scorre nella direzione della minore resistenza, asporta quel che può asportare, fosse pure una miniera di diamanti, gira attorno a quel che non può asportare, fosse pure un mucchio di letame. Le chiuse, le dighe, i canali di drenaggio sono costruiti per iniziativa della ragione e del sen- timento dell’uomo. Si potrebbe dire che questa ragione e questo sentimento siano stati assenti [? F.5.] quando è nato l’odierno or- dinamento economico in Europa, Essi erano allo stato embrionale 4io LENIN e il loro influsso sul corso naturale, spontaneo delle cose è stato ir- risorio > (p. 9). Il signor Struve pone un punto interrogativo, e noi non com- prendiamo perchè rabbia posto solo per una parola e non per tutte, talmente priva di contenuto è tutta questa tirata! Che razza di sciocchezza è quella di dire che la ragione e il sentimento erano assenti quando è nato il capitalismo? In che cosa consiste il capitalismo^ se non in determinati rapporti fra gli uomini? Di uo- mini senza ragione e sentimento, ancora non ne conosciamo* E che fandonia ci viene mai propinata quando si afferma che l’influsso della ragione e del sentimento degli « individui vivi » di allora sul «corso delle cose» era «irrisorio»? È vero esattamente l’opposto. Uomini di idee chiare e di buon senso hanno costruito allora chiuse e dighe straordinariamente ingegnose, che hanno spinto l’indocile contadino nell’alveo dello sfruttamento capitalistico; hanno creato i canali di drenaggio straordinariamente ingegnosi delle misure poli- tiche e finanziarie, attraverso i quali (canali) sono fluite impetuose l’accumulazione capitalistica e l’espropriazione capitalistica, alle quali non bastava l’azione delle sole leggi economiche. In una pa- rola, tutte queste affermazioni del signor Mikhailovski sono così mostruosamente false che non si possono spiegare con i soli errori teorici. Esse si spiegano pienamente col punto di vi- sta piccolo-borghese assunto da questo scrittore. Il capitalismo ha già rivelato con assoluta chiarezza le sue tendenze, ha sviluppato sino in fondo l’antagonismo che gli è inerente, il contrasto degli interessi incomincia già ad assumere forme determinate, si riper- cuote persino sulla legislazione russa, ma il piccolo produt- tore si tiene in disparte da questa lotta. La sua minuscola azienda lo tiene ancora legato alla vecchia società borghese, e perciò, pur essendo oppresso dal regime capitalistico, non è in grado di capire le vere cause della sua oppressione e per consolarsi si illude an- cora che tutti i guai avvengono solo perchè la ragione e il senti- mento degli uomini si trovano ancora «allo stato embrionale ». «Naturalmente — continua l’ideologo di questo piccolo bor- ghese — gli uomini si sono sempre sforzati d’influire in un modo o nell’altro sul corso delle cose»* U «corso delle cose» consiste appunto nelle azioni e negli IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 411 « influssi » degli uomini e in niente altro, sicché anche questa è una frase vuota. « Ma essi hanno seguito in questo campo le indicazioni del- l'esperienza più gretta e gli interessi più grossolani; ed è com- prensibile che solo in uno stadio superiore questi dirigenti ab- biano potuto solo molto raramente imbattersi per caso nella via in- dicata dalla scienza moderna e dalle moderne idee morali » (p, 9). Morale filistea che condanna « la grossolanità degli interessi » perchè incapace di avvicinare i suoi « ideali » a qualsiasi interesse vitale; il filisteo chiude gli occhi sulla scissione già avvenuta, che si rispecchia con chiarezza nella scienza moderna e nelle moderne idee morali. È comprensibile che tutte queste peculiarità del modo di ragio- nare del signor Mikhailovski rimangano immutate anche quando egli passa alla Russia. Egli « saluta di tutto cuore » le chiac- chiere altrettanto strane di un certo signor Iakovlev, secondo cui la Russia, essendo una tabula rasa , può incominciare dal prin- cipio, evitare gli errori degli altri paesi, ecc. ecc. E tutto questo viene detto nella piena consapevolezza che su questa tabula rasa si reggono ancora molto saldamente i rappresentanti del regime « del- la vecchia nobiltà », con la grande proprietà terriera e gli immensi privilegi politici, che su di essa si sviluppa rapidamente il ca- pitalismo, con i suoi « progressi » di ogni genere. Il piccolo bor- ghese chiude vilmente gli occhi dinanzi a questi fatti e si solleva nella sfera delle innocue fantasticherie, secondo cui « noi inco- minciamo a vivere ora, quando la scienza possiede già certe verità e un certo prestigio ». Già dalle argomentazioni del signor Mikhailovski riportate dal signor Struve appare dunque chiaramente l’origine di classe delle idee sociologiche del populismo. Non possiamo lasciare senza replica un’osservazione del signor Struve contro il signor Mikhailovski. « Secondo la sua opinione — dice l’autore — non esistono tendenze storiche irresistibili che, come tali, debbano costituire, da un lato, il punto di partenza e, daH’altro, i limiti obbligatori per la razionale attività dell’indi- viduo e dei gruppi sociali » (p. n). Questo è il linguaggio di un oggettivista e non di un marxi- 412 LENIN sta (di un materialista). Fra questi concetti (sistemi di conce- zioni) esiste una differenza sulla quale ci si deve soffermare, per- chè il libro del signor Struve non spiega a fondo questa diffe- renza, e ciò costituisce uno dei difetti fondamentali che si rivela nella maggior parte dei suoi ragionamenti. L oggettivista parla della necessità di un determinato processo storico; il materialista costata con precisione che esistono una de- terminata formazione economico-sociale e i rapporti antagonistici che essa genera. L’oggettivista, volendo dimostrare la necessità di una determinata successione di fatti, rischia sempre di cadere sul terreno dell’apologeta di questi fatti; il materialista mette in luce gli antagonismi di classe e in questo modo definisce la sua concezione. L’oggettivista parla di « irresistibili tendenze stori- che»; il materialista parla della classe che «gestisce» un deter- minato ordinamento economico, creando certe forme di resi- stenza da parte di altre classi. In questo modo, il materialista, da un lato, è più coerente dell’oggettivista e applica il suo ogget- tivismo in modo più approfondito e completo. Egli non si limita a indicare la necessità del processo, ma chiarisce con precisione quale formazione economico-sociale dà il contenuto a questo pro- cesso, quale classe precisamente determina questa necessità. In questo caso, per esempio, il materialista non si sarebbe accon- tentato di costatare le « irresistibili tendenze storiche », ma avrebbe indicato resistenza di date classi, che determinano il contenuto degli ordinamenti esistenti ed escludono la possibilità di una via d’uscita al di fuori delibazione dei produttori stessi. D’altro lato, il materialismo racchiude in sè, per così dire, la partiticità, im- ponendo, nella valutazione di ogni avvenimento, l’accettazione di- retta e aperta del punto di vista di un determinato gruppo sociale *. Dal signor Mikhailovski l’autore passa al signor lugiakov, che non presenta niente di originale e di interessante. Il signor Struve afferma del tutto giustamente che i suoi ragionamenti sociolo- gici sono «parole altisonanti» «prive di qualsiasi contenuto». • Esempi concreti di applicazione incompleta del materialismo da parte del signor Struve e di scarsa coerenza della sua teoria della lotta di classe saranno riportati successivamente in ogni singolo caso. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 413 Vale la pena di soffermarsi sulla differenza estremamente caratte- ristica (per il populismo in generale) fra il signor Iugiakov e il signor Mikhailovski. Il signor Struve rileva questa differenza chia- mando « nazionalista » il signor Iugiakov, mentre del signor Mi- khailovski dice che « qualsiasi nazionalismo gli è sempre stato completamente estraneo », e che per lui, secondo le sue proprie parole, « la questione della giustizia popolare interessa non solo il popolo russo, ma l’intiera popolazione lavoratrice di tutto il mondo civile». Mi sembra che dietro questa differenza faccia an- cora capolino un riflesso della duplice condizione del piccolo pro- duttore, il quale è un elemento progressivo, in quanto incomin- cia, secondo un’espressione felice coniata inconsapevolmente dal signor Iugiakov, « a differenziarsi dalla società », ed è un elemento reazionario, in quanto lotta per conservare la sua posizione di piccolo imprenditore e si sforza di frenare lo sviluppo economico. Per questo anche il populismo russo sa combinare i tratti progres- sivi, democratici della dottrina con quelli reazionari, che gli guada- gnano le simpatie delle Mos^ovs^ie Viedomosti . Per quanto ri- guarda questi ultimi tratti, sarebbe difficile, penso, esporli con maggior rilievo di quanto abbia fatto il signor Iugiakov nella se- guente tirata, riportata dal signor Struve: « Solo i contadini sono stati sempre e dappertutto i veicoli del- l’idea pura del lavoro. A quanto pare, questa stessa idea è stata portata sull’arena della storia moderna dal cosiddetto quarto stato, dal proletariato urbano, ma la sua essenza ha subito modifiche così notevoli che il contadino a mala pena potrebbe riconoscere in essa la base consueta del suo modo di vita. 11 diritto al lavoro e non il sacro dovere del lavoro, il dovere di procurarsi il pane col sudore della fronte [ecco dunque che cosa si nascondeva dietro IV idea pura del lavoro»! L’idea puramente feudale del «dovere» del contadino di procurarsi il pane... per poter eseguire le presta- zioni di lavoro ? Si parla di questo « sacro » dovere alla bestia da soma, da questo dovere abbrutita e schiacciata! *]; poi, la divi- • L'autore, probabilmente, non sa — come si conviene a un piccolo borghese — che la popolazione lavoratrice dell'Europa occidentale da molto tempo ha superato lo stadio dì sviluppo in cui rivendicava il « diritto al lavoro », e riven- dica ora il « diritto alla pigrizia », il diritto di riposare dal lavoro eccessivo, che la storpia c la schiaccia. 4 i4 LENIN sione del lavoro e la sua remunerazione, tutta questa agitazione sulla giusta remunerazione del lavoro, come se non fosse il lavoro stesso che nei suoi frutti crea questa remunerazione [« Che cos’è questo? — domanda il signor Struve — Sancta simplicitas o qual- cos’altro? » Peggio. È l’apoteosi della docilità del bracciante in- chiodato alla terra, abituato a lavorare quasi gratuitamente per gli altri]; differenziazione del lavoro dalla vita, con cui il lavoro viene a costituire una certa categoria astratta [?! PS,], rappre- sentata da tante e tante ore di permanenza in fabbrica e che non ha nessun altro [?! PS*] rapporto, nessun legame con gli in- teressi quotidiani del lavoratore [viltà puramente filistea del pic- colo produttore, che talvolta si viene a trovare in acque molto cattive a causa della moderna organizzazione capitalistica, ma che più di tutto al mondo teme un serio movimento contro que- sta organizzazione da parte degli elementi che si sono defi- nitivamente «differenziati» da qualsiasi legame con essa]; in- fine, la mancanza di una sede stabile, di un focolare domestico creato dal lavoro, l’instabilità del settore di lavoro, tutto questo è profondamente estraneo all’idea del lavoro contadino, lì foco- lare creato dal lavoro, tramandato dai padri e dai nonni, il la- voro che pervade con i suoi interessi tutta la vita e ne costruisce la morale — l’amore per la terra bagnata dal sudore di molte generazioni — , tutto questo, che costituisce il tratto caratteri- stico imprescindibile dell’esistenza contadina, è del tutto scono- sciuto al proletariato operaio, e perciò, mentre la vita di quest’ul- timo, sebbene sia una vita di lavoro, s’impernia sulla morale bor- ghese (che è individualistica e si fonda sul principio del diritto ac- quisito), e nel migliore dei casi su una morale astrattamente filo- sofica, alla base della morale contadina stanno precisamente il la- voro, la sua logica e le sue esigenze» (p.’i8). Qui si presentano, oramai in forma pura, i tratti reazionari del piccolo produt- tore, il suo abbrutimento, che lo costringe a credere di avere dal destino Teterno « sacro dovere » di essere una bestia da soma; il suo servilismo « tramandato dai padri e dai nonni » ; il suo attaccamento a una minuscola azienda isolata, la quale lo co- stringe a respingere, per il timore di perderla, persino qualsiasi idea di «giusta remunerazione» e ad agire come un nemico di IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 415 qualsiasi « agitazione»; la quale, a causa della bassa produttività del lavoro e del fatto che il lavoratore è inchiodato a un solo posto, lo rende selvaggio e, ormai in virtù delle sole condizioni econo- miche, genera necessariamente il suo abbrutimento e il suo servi- lismo. L'eliminazione di questi tratti reazionari dev'essere incon- testabilmente considerata un merito della nostra borghesia, la cui azione progressiva consiste precisamente nell'aver spezzato tutti i legami del lavoratore con gli ordinamenti e le tradizioni feudali. Le forme medioevali di sfruttamento, che erano na- scoste dai rapporti personali del signore col suo suddito, del kulak e dello s\upstci\ locale coi contadini e gli artigiani del luogo, del patriarcale «milionario modesto e barbuto» con i suoi « ragazzi », e che perciò generavano idee ultrareazionarie, queste forme medioevali la borghesia le ha sostituite e continua a sosti- tuirle con lo sfruttamento da parte dell'« imprenditore disinvolto al- l'europea », con lo sfruttamento impersonale, nudo, non dissimulato da nulla, e che distrugge quindi le illusioni e le fantasticherie assurde. Essa ha distrutto il precedente isolamento del contadino (« stabilità sul fondo »), che non voleva, ma nemmeno poteva , conoscere nient'altro al di fuori del suo palmo di terra, e, socia- lizzando il lavoro ed elevandone straordinariamente la produt- tività, ha incominciato a spingere con forza il produttore nell'arena della vita sociale. Il signor Struve dice a proposito di questo ragionamento del si- gnor Iugiakov : « In questo modo il signor Iugiakov documenta con tutta chiarezza le radici slavofile del populismo » (p. 18) e poi, facen- do il bilancio della sua esposizione delle idee sociologiche del popu- lismo, aggiunge che la convinzione « di un'originalità di sviluppo della Russia » costituisce « il legame storico fra lo slavofilismo e il populismo », e che perciò la disputa dei marxisti coi populisti è « la continuazione naturale del contrasto fra slavofili e occidentalisti » (p. 29). Quest'ultimo assunto, a mio avviso, esige una precisazione. È incontestabile che i populisti sono responsabili in grandissima misura del gretto patriottismo della più bassa lega (il signor Iugia- kov, per esempio). È incontestabile anche che l'ignoranza del me- todo sociologico di Marx e del suo modo di impostare le questioni che riguardano i produttori diretti, equivale, per quei russi che vo- 416 LENIN gliono rappresentare gli interessi di questi produttori diretti, ad estraniarsi completamente dalla c civiltà » occidentale. Ma l’essenza del populismo sta in qualcosa di più profondo: non nella dottrina dell’or iginal ita e nemmeno nello slavofilismo, ma nel farsi porta- voce degli interessi e delle idee del piccolo produttore russo. Per- ciò appunto fra i populisti si sono avuti degli scrittori (e sono stati i migliori fra i populisti) che, come ha riconosciuto anche il signor Struve, non avevano niente di comune con lo slavofilismo, e riconóscevano persino che la Russia aveva preso lo stesso cam- mino dell’Europa occidentale. Con categorie come lo slavofilismo e l’occidentalismo non ci si può assolutamente orientare nelle que- stioni del populismo russo. Il populismo ha rispecchiato un fatto della vita russa che era ancora quasi del tutto assente nell’epoca in cui si formavano lo slavofilismo e l'occidentalismo, e precisa- mente il contrasto di interessi fra il lavoro e il capitale . Esso ha rispecchiato questo fatto attraverso il prisma delle condizioni di vita e degli interessi del piccolo produttore, l’ha rispecchiato per- ciò in modo deforme e pavido, creando una teoria che rivela non il contrasto degli interessi sociali, ma le sterili speranze in una diversa via di sviluppo, e il nostro compito è di correggere questo errore del populismo, di mostrare quale gruppo sociale può effet- tivamente rappresentare gli interessi dei produttori diretti. Passiamo ora al secondo capitolo del libro del signor Struve. Lo schema dell’esposizione dell’autore è il seguente: dapprima egli indica le considerazioni generali che inducono a conside- rare il materialismo come l'unico metodo giusto della scienza so- ciale; espone poi le concezioni di Marx e di Engels e, infine, ap- plica le conclusioni ottenute ad alcuni fenomeni della vita russa. Data la particolare importanza della materia trattata in questo ca- pitolo, cercheremo di esaminarne in modo più particolareggiato il contenuto, ponendo in rilievo tutti i punti che suscitano obie- zioni. All’inizio Fautore afferma, del tutto giustamente, che la teoria la quale riduce il processo sociale alle azioni di « individui vivi » che « si pongono obiettivi » e < spingono gli avvenimenti », è il risultato di un malinteso. Naturalmente nessuno ha mai nem- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 417 meno lontanamente pensato di attribuire « a un gruppo sociale un’esistenza autonoma, indipendente dagli individui che lo com- pongono » (p. 31), ma il fatto è che « l’individuo come perso- nalità concreta è un derivato di tutti gli individui che sono vissuti prima e di quelli ad esso contemporanei, vale a dire di un gruppo sociale» (p, 31). Chiariamo il pensiero dell’autore. La storia è fatta — argomenta il signor Mikhailovski — dall’t indivi- duo vivo con tutti i suoi pensieri e sentimenti ». Giustissimo. Ma da che cosa sono determinati questi «pensieri e sentimenti»? Si può seriamente sostenere che essi appaiono per caso e non scaturiscono necessariamente da un ambiente sociale determi- nato che serve come materiale, come oggetto della vita spirituale dell’individuo e che si rispecchia nei suoi « pensieri e sentimenti », positivamente o negativamente, e nel fatto che esso rappresenta gli interessi di questa o quella classe sociale? E, inoltre, in base a 1 quali caratteristiche dobbiamo giudicare i « pensieri e sentimenti » reali degli individui reali ? È ovvio che questa caratteristica può essere una sola : le azioni di questi individui, e siccome si tratta solo di « pensieri e sentimenti » sociali, si deve ulteriormente precisare: le azioni sociali degli individui, vale a dire i fatti sociali . « Separando il gruppo sociale dall’individuo — dice il signor Struve — noi sottintendiamo nel primo tutte le multi- formi azioni reciproche fra gli individui che sorgono sul ter- reno della vita sociale e si oggettivano nelle consuetudini e nel diritto, nei costumi e nella morale, nelle concezioni religiose» (p. 32). In altri termini: il sociologo materialista, che fa oggetto del suo studio determinati rapporti sociali fra gli uomini, in questo modo studia già gli individui reali, delle cui azioni si compon- gono appunto questi rapporti. Il sociologo soggettivista, che muove nel suo ragionamento dagli « individui vivi », in realtà intro- duce fin dall’inizio in questi individui « pensieri e sentimenti » che egli ritiene razionali (perchè, isolando i suoi « individui » dalla situazione sociale concreta, egli si è privato della possibi- lità di studiare i loro pensieri e sentimenti effettivi cioè « parte dall’utopia », precisamente come ha dovuto riconoscere il signor Mikhailovski *. E siccome inoltre la concezione del razionale * Operc y vo(. Ili, p. 155: «La sociologia deve partire da una qualche utopia». 28 - 572 418 LENIN propria di questo sociologo rispecchia di per sè (senza che egli stesso ne sia consapevole) un determinato ambiente sociale, le con- clusioni definitive del suo ragionamento, che egli presenta come prodotto € purissimo » della « scienza moderna e delle moderne idee morali », esprimono in realtà solo la mentalità e gli interessi della... piccola borghesia. * Quest’ultimo punto — vale a dire che la specifica teoria socio- logica della funzione dell’individuo o del metodo soggettivo colloca l'utopia al posto dell’indagine critica materialistica — è particolarmente importante e, siccome è stato tralasciato dal signor Struve, vale la pena di soffermarsi alquanto su di esso. Prendiamo a scopo di illustrazione la corrente argomentazione populista sull’artigiano. Il populista descrive la pietosa situazione di questo artigiano, la sua misera produzione, lo scandaloso sfrut- tamento che esso subisce da parte dello s\upstci\ y che intasca la parte del leone del prodotto, lasciando al produttore un compenso irrisorio per una giornata lavorativa di 16-18 ore, e conclude: il livello infimo della produzione e lo sfruttamento del lavoro del- l’artigiano sono i lati negativi degli ordinamenti attuali. Ma l’ar* tigiano non è un operaio salariato: questo è il lato positivo. Si deve conservare il lato positivo ed eliminare quello negativo e perciò occorre organizzare Varici artigiana. Ecco l’argomentazione popu- lista nella sua forma compiuta. Il marxista ragiona diversamente. La conoscenza della situa- zione dell’artigianato solleva per lui, oltre alla questione se esso rappresenti un bene o un male, anche quella del carattere che assume l’organizzazione di questo artigianato, vale a dire la questione di scoprire come e perchè precisamente così e non altri - menti si formano i rapporti fra gli artigiani per la produzione di un determinato prodotto. Ed egli vede che questa organizzazione è la produzione mercantile, vale a dire la produzione dei produttori iso- lati , collegati fra loro dal mercato . Il prodotto del singolo produt- tore, destinato al consumo altrui, può arrivare al consumatore e dare al produttore il diritto di ricevere un altro prodotto Sociale solo dopo aver assunto la forma di denaro , vale a dire dopo aver su- bito preliminarmente una valutazione sociale sotto l’aspetto sia qualitativo che quantitativo. E questa valutazione viene effettuata IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 419 alle spalle del produttore ad opera delle fluttuazioni del mercato. Queste fluttuazioni del mercato, sconosciute al produttore, indi- pendenti da lui, non possono non generare una diseguaglianza fra i produttori, non possono non accentuare questa disegua- glianza, rovinando alcuni e dando in mano agli altri il denaro=pro- dotto del lavoro sociale. Ne risulta con chiarezza anche la causa della potenza di chi detiene il denaro, dello sf{upstciì{: essa con- siste nel fatto che fra gli artigiani che vivono alla giornata, tutt’al più da una settimana all’altra, solo lo sf$upstci\ possiede il de- naro, vale a dire il prodotto del lavoro sociale precedente, che nelle sue mani diventa appunto capitale , strumento di appropriazione del plusprodotto degli altri artigiani. Perciò, conclude il marxista, in questo ordinamento deireconomia sociale l’espropriazione del produttore e il suo sfruttamento sono del tutto inevitabili; asso- lutamente inevitabili sono la subordinazione dei nullatenenti agli abbienti e quell’opposizione dei loro interessi che dà il contenuto al concetto scientifico della lotta delle classi . E, per conseguenza, l’in- teresse del produttore non è affatto di conciliare questi elementi opposti, ma, al contrario, di sviluppare l’opposizione, di svilup- pare la coscienza di questa opposizione. Noi vediamo che lo svilup- po deireconomia mercantile conduce anche da noi, in Russia, a que- sto sviluppo dell’opposizione: a misura^ che si espande il mercato e che aumenta la produzione, il capitale commerciale diventa in- dustriale. L’industria meccanizzata, distruggendo definitivamente la piccola produzione isolata (essa è già minata alle radici dallo sfytpstcify, socializza il lavoro. Il sistema della Plusmacherei , che nella produzione artigiana è nascosto dall’apparente indipendenza dell’artigiano e dall’apparente carattere fortuito del potere dello sfopstcif(, ora diviene evidente e palese. Il «lavoro», che nell’in- dustria artigiana partecipava alla « vita » solo in quanto rega- lava il plusprodotto allo s\upstci\ ;, ora « si differenzia dalla vita » della società borghese definitivamente. Questa società lo scaccia nel modo più aperto, applicando sino in fondo il principio che sta alla sua base, secondo cui il produttore può ottenere i mezzi di esistenza solo quando trova il detentore del denaro che acconsente ad appropriarsi il plusprodotto del suo lavoro, e ciò che non ha potuto capire l’artigiano [e il populista, suo ideologo], vale a 28 * 420 LENIN dire il profondo carattere di classe della suddetta opposizione, di- viene di per sè evidente per il produttore. Ecco perchè gli inte- ressi dell’artigiano possono essere rappresentati solo da questo pro- duttore avanzato. Confrontiamo ora queste argomentazioni per quanto riguarda il loro metodo sociologico. Il populista afferma di essere un realista. « La storia è fatta da individui vivi », e quindi io incomincio dai « sentimenti » del- l’artigiano, orientato negativamente verso l’ordinamento attuale, e dai suoi pensieri sull’instaurazione di ordinamenti migliori, mentre il marxista argomenta su una certa necessità e inevitabi- lità; costui è un mistico e un metafìsico. Effettivamente, risponde questo mistico, la storia è fatta da « individui vivi », ed io, esaminando perchè i rapporti sociali nellartigianato si sono formati così e non altrimenti (voi non avete nemmeno posto questa questione!), ho esaminato precisa- mente come degli « individui vivi » hanno fatto e continuano a fare la loro storia. E dispongo di un criterio sicuro per accertarmi di essere di fronte a individui « vivi », reali, a pensieri e senti- menti reali : questo criterio consiste nel fatto che i loro « pensieri e sentimenti » si sono già espressi in azioni, hanno creato determinati rapporti sociali. È vero, io non dico mai che « la storia è fatta da individui vivi » (perchè mi sembra che questa sia una frase vuota), ma indagando i rapporti sociali effettivi e il loro effet- tivo sviluppo, studio precisamente il prodotto dell’attività di individui vivi. E voi parlate, sì, di « individui vivi », ma in realtà prendete come punto di partenza non P« individuo vivo », con quei « pensieri e sentimenti » che sono in effetti creati dalle condizioni della sua vita, dall’attuale sistema di rapporti di pro- duzione, ma una marionetta, e le riempite la testa di vostri propri « pensieri e sentimenti ». È evidente che da una simile occupazione si ricavano solo innocue fantasticherie; la vita si scosta da voi e voi vi scostate dalla vita *. Ma questo ancora non * t La pratica la restringe [la possibilità di una nuova via storica] im- placabilmente»; tessa diminuisce, si potrebbe dire, di giorno in giorno» (parole del signor Mikhailovski citate da P. Struve a p. 16). Naturalmente non diminuisce la < possibilità », che non è mai esistita, ma diminuiscono le illusioni. Ed h bene che diminuiscano. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 421 basta: guardate con che cosa riempite la testa di questa mario- netta e quali misure predicate. Raccomandando ai lavoratori Xar- tel y come « via indicata dalla scienza moderna e dalle moderne idee morali », voi non avete tenuto presente un piccolo partico- lare, e cioè tutta l’organizzazione della nostra economia so- ciale. Non comprendendo che questa è un’economia capitalistica, voi non avete notato che su questo terreno tutte le artel possi- bili rimangono meschini palliativi, che non eliminano affatto nè la concentrazione dei mezzi di produzione, ivi compreso il denaro, nelle mani di una minoranza (questa concentrazione è un fatto incontestabile), nè l’assoluta miseria della stragrande massa della popolazione; questi palliativi nel migliore dei casi faranno salire solo un pugno di singoli artigiani nelle file della piccola borghesia. Da ideologo del lavoratore voi divenite ideologo della piccola borghesia. Ma ritorniamo al signor Struve. Dopo aver messo in rilievo l’in- consistenza delle argomentazioni dei populisti sull’« individuo », egli prosegue : « Che la sociologia in realtà tenda sempre a ricon- durre gli elementi dell’individualità alle fonti sociali, lo dimostra in modo convincente qualsiasi tentativo di spiegare un determinato momento importante dell’evoluzione storica. Quando si arriva alla ” personalità storica ”, al ’* grande uomo ”, si manifesta sempre la tendenza a presentarlo come ” veicolo ” dello spirito di una certa epoca, come rappresentante del suo tempo, a presentare le sue azioni, i suoi successi e insuccessi come risultati necessari di tutto il corso anteriore delle cose » (p. 32). Questa tendenza, comune a ogni tentativo di spiegare i fenomeni sociali, di creare cioè una scienza sociale, « ha trovato una chiara espressione nella dottrina che considera la lotta di classe come il processo fondamentale del- l’evoluzione sociale. Fatta astrazione dall’individuo, era necessario un altro elemento. Questo elemento è stato il gruppo sociale » (p. 33). Il signor Struve ha perfettamente ragione quando afferma che la teoria della lotta di classe corona, per così dire, la tendenza gene- rale della sociologia a ricondurre « gli elementi dell’individualità alle fonti sociali». Anzi: la teoria della lotta di classe attua per la prima volta questa tendenza con tale pienezza e coerenza da ele- vare la sociologia al rango di scienza. Questo è stato ottenuto me- 422 LENIN diante la definizione materialistica del concetto di «gruppo». Di per sè questo concetto è ancora troppo indeterminato e arbitra- rio: il criterio di distinzione, dei «gruppi» può essere visto e nei fenomeni religiosi e in quelli etnografici, politici, giuridici, ecc. Non esiste un criterio sicuro sulla base del quale in ciascuno di questi campi si possano distinguere determinati « gruppi ». La teoria della lotta di classe invece costituisce un’immensa conquista della scienza sociale precisamente perchè fissa con la massima esattezza e preci- sione i procedimenti per ricondurre l’individuo al sociale. In primo luogo questa teoria ha elaborato il concetto di formazione econo - mico-sociale . Avendo preso come punto di partenza il fatto fon- damentale per ogni convivenza umana, vale a dire il modo di procurarsi i mezzi di sussistenza, essa lo ha posto in relazione coi rapporti fra gli uomini, che si formano sotto l’influenza di determinati modi di procurarsi i mezzi di sussistenza, e nel sistema di questi rapporti (« rapporti di produzione » secondo la terminologia di Marx) ha indicato la base della società, che si riveste di forme giuridico-politiche e di cert^ tendenze del pensiero sociale. Ognuno di questi sistemi di rapporti di produzione è, secondo la teoria di Marx, un particolare organismo sociale, che possiede particolari leggi che ne regolano la nascita, il funziona- mento e il passaggio a una forma superiore, la trasformazione in un altro organismo sociale. Questa teoria ha applicato alla scienza sociale quel criterio scientifico generale, obiettivo della reitera- bifità, che secondo i soggettivisti non potrebbe essere applicato alla sociologia. Il loro ragionamento era precisamente il seguente: data l’immensa complessità dei fenomeni sociali e la loro varietà, non è possibile studiare questi fenomeni senza distinguere quelli importanti da quelli non importanti e per questa distinzione è indispensabile il punto di vista dell’individuo «criticamente pen- sante» e «moralmente sviluppato»; in questo modo essi sono giunti felicemente a trasformare la scienza sociale in una serie di edificanti precetti della morale piccolo-borghese, di cui abbiamo visto gli esempi nel signor Mikhailovski, che ha filosofeggiato sulla irrazionalità della storia e sul cammino illuminato dalla « luce della scienza». La teoria di Marx ha reciso alla radice precisamente queste argomentazioni. La distinzione fra importante e non im- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO portante è stata sostituita dalla distinzione fra la struttura econo- mica della società, come contenuto , e la forma politica e ideolo- gica: il concetto stesso di struttura economica è stato spiegato con precisione, mentre è stata confutata l’opinione dei precedenti eco- nomisti, che vedevano leggi della natura là dove c’è posto solo per le leggi di un particolare sistema, storicamente determina- to, di rapporti di produzione. Le argomentazioni dei sogget- tivisti sulla « società t> in generale, argomentazioni inconsistenti e che non vanno oltre le utopie piccolo-borghesi (giacche non è stata chiarita nemmeno la possibilità di generalizzare i più diversi ordinamenti sociali in tipi particolari di organismi sociali), sono state sostituite dall 'indagine di determinate forme di struttura della società. In secondo luogo, le azioni degli « individui vivi » entro i limiti di ognuna di queste formazioni economico-sociali, azioni infinitamente disparate, apparentemente non suscettibili di sistematizzazione, sono state generalizzate e ricondotte alle azioni di gruppi di individui distinti fra loro per la funzione che assol- vono nel sistema dei rapporti di produzione e, quindi, per le loro condizioni d’esistenza, per gli interessi che sono determinati da queste condizioni, in un parola ricondotte alle azioni delle classi , la cui lotta ha determinato lo sviluppo della società. Così è stata con- futata la concezione della storia, puerilmente ingenua, puramente meccanica, dei soggettivisti, che si sono accontentati della tesi, che non dice nulla, secondo cui la storia è fatta da individui vivi, che non hanno voluto chiarire da quale situazione sociale, e come preci- samente, sono condizionate le azioni di questi individui. Al sogget- tivismo si è sostituita la concezione che considera il processo sociale come un processo storico-naturale, concezione senza la quale, certa- mente, non potrebbe nemmeno esistere una scienza sociale. Il signor Struve molto giustamente osserva che « ignorare l’individuo in so- ciologia o, più precisamente, eliminarlo dalla sociologia è in sostanza un caso particolare dell’aspirazione ad una conoscenza scientifica > (p. 33), che I’« individualità » esiste non solo nel mondo spiri- tuale, ma anche nel mondo fisico. Il fatto è che per il mondo fisico da molto tempo si è stabilito definitivamente che l’« individualità » è subordinata a determinate leggi generali, mentre per il campo sociale questo è stato saldamente stabilito solo dalla teoria di Marx. LENIN 4M L’ulteriore obiezione mossa dal signor Struve alla teoria sociolo- gica dei soggettivisti russi consiste nellosservare che, oltre a tutti gli argomenti su riportati, « la sociologia in nessun caso può ri- conoscere come fatto primario quella che noi chiamiamo indivi- dualità, perchè il concetto stesso di individuo (che non ha bi- sogno di ulteriore spiegazione) e il fatto ad esso corrispondente sono il risultato di un lungo processo sociale » (p. 36). Questo con- i cetto è giustissimo, e ci si deve soffermare, tanto più che Targo- mentazione dell’autore presenta alcune inesattezze. Egli cita Topi- nione di Simmel che nella sua opera Sulla differenziazione sociale avrebbe dimostrato la dipendenza diretta fra lo sviluppo dell’in- dividuo e la differenziazione del gruppo di cui fa parte questo individuo. Il signor Struve oppone questa tesi alla teoria del signor Mikhailovski sulla dipendenza inversa fra lo sviluppo delTindi- vidualità e la differenziazione (« eterogeneità ») della società. « In un ambiente non differenziato — obietta il signor Struve — l’individuo sarà ” armonicamente integrale ”... nella sua ” unifor- mità e spersonalizzazione ” ». « Un individuo reale non può essere un ” complesso di tutti i tratti propri delTorganismo umano in generale”, semplicemente perchè una tale pienezza di contenuto supera le forze dell’individuo reale » (pp. 38-39). « Perchè l'indi- viduo possa essere differenziato deve trovarsi in un ambiente differenziato » (p. 39). Da questa esposizione non risulta con chiarezza in quale modo precisamente imposti la questione Simmel e quali siano le sue argomentazioni. Ma nella versione del signor Struve Timposta- zione del problema pecca del medesimo difetto riscontrato nel signor Mikhailovski. Il ragionamento astratto sul modo in cui lo sviluppo (e il benessere) dell’individuo dipende dalla differenzia- zione della società non è affatto scientifico, perchè non si può sta- bilire nessuna correlazione valida per qualsiasi forma strutturale della società. I concetti stessi di « differenziazione », « eteroge- neità », ecc. acquistano un significato completamente diverso se- condo la specifica situazione sociale cui vengono applicati. L’er- rore fondamentale del signor Mikhailovski consiste precisamente nel dogmatismo astratto dei suoi ragionamenti, che tentano di abbracciare il « progresso » in generale invece di studiare il IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 4 2 5 « progresso » concreto di una qualche formazione sociale con- creta. Quando il signor Struve espone in polemica col signor Mikhai- lovski le sue tesi generali (citate sopra), egli cade in quello stesso errore, allontanandosi dalla rappresentazione e dalla spiegazione del progresso concreto per entrare nel campo dei dogmi nebulosi e irreali. Prendiamo un esempio: «L’integrità armonica dcll’in- dividuo nel suo contenuto è determinata dal grado di sviluppo, vale a dire di differenziazione, del gruppo », dice il signor Struve c scrive questa frase in corsivo. Ma che cosa si deve intendere qui per «differenziazione» del gruppo? La soppressione della servitù della gleba ha accentuato questa « differenziazione » o l’ha atte- nuata? Il signor Mikhailovski risolve il problema con la seconda alternativa («Che cose il progresso? »); il signor Struve l’avrebbe risolto probabilmente con la prima, richiamandosi all’approfondi- mento della divisione sociale del lavoro. L’uno tiene presente l’abo- lizione delle differenze di casta; l’altro la creazione delle diffe- renze economiche. Come vedete, il termine è così vago che lo si può interpretare in maniera opposta. Un altro esempio. Il passaggio dalla manifattura capitalistica alla grande industria meccanizzata potrebbe essere considerato come una diminuzione della « differen- ziazione», perchè cessa la divisione particolareggiata del lavoro fra gli operai che si sono specializzati. Ma non vi può essere dub- bio che le condizioni di sviluppo dell’individuo siano invece molto più favorevoli (per l’operaio) appunto nell’ultimo caso. Ne con- segue che è sbagliata l’impostazione stessa del problema. L’au- tore stesso riconosce che esiste anche un antagonismo fra l’indi- viduo e il gruppo (anche Mikhailovski lo dice). « Ma la vita — egli aggiunge — non è mai fatta di antagonismi assoluti : in essa tutto è transitorio c relativo , e nel medesimo tempo tra tutti i suoi singoli aspetti vi è azione reciproca permanente » (p. 39). Se è così, a che cosa è servito enunciare le correlazioni assolute fra il gruppo e la personalità, correlazioni che non si riferiscono a un momento rigorosamente determinato dello sviluppo di una determinata formazione sociale? perchè non ricondurre tutta l’ar- gomentazione alla questione del processo concreto di evoluzione della Russia? L’autore compie il tentativo di impostare la que- stione in questo modo, e se lo proseguisse coerentemente, la sua 4 2Ó LENIN argomentazione ne trarrebbe un gran vantaggio. « Solo la divi- sione del lavoro — questo misfatto dell’umanità, secondo la dot- trina del signor Mikhailovski — ha creato le condizioni per lo svi- luppo di quell’ ” individuo ” in nome del quale il signor Mikhailov- ski protesta giustamente contro le forme odierne di divisione del la- voro » (p. 38). Tutto questo è detto molto bene, però invece di « divisione del lavoro » si dovrebbe dire « capitalismo » e persino, in modo ancor più limitato: capitalismo russo. Il significato pro- gressivo del capitalismo consiste precisamente nel fatto che esso ha distrutto le precedenti ristrette condizioni di vita dell’uomo, che erano la causa dell’ottusità intellettuale e non davano ai pro- duttori stessi la possibilità di prendere nelle loro mani la propria sorte. L’immenso sviluppo dei rapporti commerciali e dello scambio mondiale, gli spostamenti continui di enormi masse della popola- zione hanno spezzato i vincoli -secolari della gens , della famiglia, della comunità territoriale e hanno creato quella varietà di svi- luppo, « quella varietà di talenti, quella ricchezza di rapporti so- ciali » # , che assolve una funzione così importante nella storia contemporanea deirOccidente. In Russia questo processo si è ma- nifestato in tutto il suo vigore dopo la riforma, quando le antiche forme di lavoro si disgregarono con estrema rapidità e apparve in primo piano la compravendita della forza-lavoro, che staccò il contadino dalla famiglia patriarcale semifeudale, dall’atmosfera av- vilente della campagna, e sostituì forme puramente capitalistiche alle forme semifeudali di appropriazione del plusvalore. Questo processo economico si ripercosse nel campo sociale « nello sviluppo generale del sentimento della personalità», neiresclusione della classe dei grandi proprietari nobili dalla « società » ad opera dei raznocintsy> nella guerra ardente della letteratura contro le insensate limitazioni medioevali della personalità, ecc. I popu- listi non vorranno, probabilmente, contestare che appunto dopo la riforma in Russia si è avuto questo progresso del sentimento della propria dignità. Ma essi non si domandano quali condizioni materiali hanno condotto a questo. Con la servitù della gleba, naturalmente, non vi poteva .essere nulla di simile; ed ecco che il populista saluta la riforma «emancipatrice», se.iza accor- • K. Marx, Der achtzehnte Brumairc , S. 98 u.s.w. 87 . IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 427 gersi di cadere nello stesso miope ottimismo degli storici borghesi, dei quali Marx ha detto che guardano la riforma contadina attra- verso il clair-obscur dell’« emancipazione », senza accorgersi che questa «emancipazione» è consistita solo nel sostituire una forma all’altra, nel sostituire il plusvalore borghese al plusprodotto feu- dale. Precisamente lo stesso è accaduto anche da noi. Appunto il sistema dell’* economia curtense », che inchiodava la popolazione al luogo di residenza, la frazionava in piccoli gruppi di sudditi di singoli signori terrieri, portava al soffocamento dell’individuo. E d’altra parte, precisamente il capitalismo, che ha sottratto l’Individuo a tutti i vincoli feudali, l’ha posto in condizioni d’indipendenza di fronte al mercato, rendendolo possessore di merci (e come tale eguale a qualsiasi altro possessore di merci), ha sviluppato il senso della personalità. Se i signori populisti sono farisaicamente atterriti quando si parla loro del carattere progressivo del capitalismo russo, questo accade solo perchè essi non riflettono sulle condizioni mate- riali che hanno aperto la strada a quei « benefici del progresso » ca- ratteristici della Russia nel periodo posteriore alla riforma. Se la « so- ciologia » del signor Mikhailovski muove dall’« individuo » che pro- testa contro il capitalismo russo quale deviazione fortuita e tempo- ranea della Russia dal giusto cammino, egli già qui si dà la zappa sui piedi, in quanto non comprende che solo il capitalismo ha creato le condizioni che hanno reso possibile questa protesta dell’indi- viduo. Questo esempio ci mostra ancora una volta quale mo- difica occorre apportare all’argomento del signor Struve. Tutta la questione dovrebbe spostarsi sul terreno della realtà russa, sul terreno dell’analisi di ciò che esiste e del perchè esiste pre- cisamente così e non altrimenti: non a caso i populisti hanno impostato tutta la loro sociologia sulla discussione su ciò che « po- trebbe essere» invece che sull’analisi della realtà; essi non potevano non vedere che la realtà distrugge implacabilmente le loro illu- sioni. L’autore conclude il suo esame della teoria degli « individui » con questa formulazione : « per lo sociologia l’individuo è una funzione dell'ambiente », « l’individuo è qui un concetto formale, il cui contenuto è dato dall’indagine del gruppo sociale » (p. 40). L'ultima antitesi sottolinea in modo particolarmente efficace l’op- 428 LENIN posizione fra soggettivismo e materialismo : ragionando sull’* in- dividuo », i soggettivisti hanno definito il contenuto di questo concetto (vale a dire « i pensieri e i sentimenti » di questo indi- viduo, le sue azioni sociali) a priori , cioè hanno introdotto di sop- piatto le loro utopie invece di « indagare il gruppo sociale ». Un altro « aspetto importante » del materialismo — prosegue il signor Struve — « consiste nel fatto che il materialismo eco- nomico subordina ridea al fatto, la coscienza e il dover essere airessere » (p. 40). « Subordina » significa, naturalmente, in questo caso: assegna un posto subordinato nella spiegazione dei fenomeni sociali. I populisti soggettivisti agiscono nel modo esattamente op- posto: nei loro ragionamenti essi muovono dagli «ideali», senza riflettere minimamente che questi ideali non possono essere altro se non un determinato riflesso della realtà, che, di conseguenza, è ne- cessario controllarli con i fatti, ricondurli ai fatti. Del resto, per il populista quest’ultima affermazione sarà incomprensibile senza spiegazione. Com’è possibile? — egli si chiede. — Gli ideali devono giudicare i fatti, indicare come modificarli, controllare i fatti e non essere controllati dai fatti. Quest’ultima affermazione sembra al populista, abituato a vagare nelle sfere celesti, un compromesso con i fatti. Spieghiamoci. L’esistenza di un’« attività economica per conto altrui », resi- stenza dello sfruttamento genererà sempre sia negli sfruttati stessi che in singoli rappresentanti degli « intellettuali » ideali antitetici a questo sistema. Questi ideali sono straordinariamente preziosi per il marxista; solo su questo terreno egli polemizza con il populismo, e la sua polemica verte esclusivamente sulla costruzione di questi ideali e sulla loro attuazione. Per il populista è sufficiente costatare il fatto che genera questi ideali, poi dimostrare la legittimità dell’ideale alla luce « della scienza moderna e delle moderne idee morali » [egli però non capisce che queste « idee moderne » rappresentano semplicemente le concessioni dell’« opinione pubblica » dell’Europa occidentale alla nuova forza nascente] e fare appello quindi alla « società » e allo « Stato » : garantite, proteggete, organizzate! Il marxista muove dal medesimo ideale, ma lo confronta non IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 429 con « la scienza moderna e le moderne idee morali » *, bensì con gli esistenti antagonismi di classe , e perciò lo formula non come esigenza della « scienza », ma come esigenza di una deter- minata classe generata da determinati rapporti sociali (di cui si deve fare un'indagine obiettiva) e raggiungibile solo in un determinato modo, grazie a determinate proprietà di questi rapporti. Se non si riconducono in questo modo gli ideali ai fatti, questi ideali re- stano pii desideri, senza alcuna possibilità che la massa li accetti e, quindi, li attui. Dopo aver indicato in questo modo i principi teorici generali che impongono il riconoscimento del materialismo come unico metodo giusto della scienza sociale, il signor Struve passa a esporre le concezioni di Marx e di Engels citando prevalentemente gli scritti di quest’ultimo. Questa parte del libro è straordinariamente inte- ressante e istruttiva. È giustissima l’osservazione dell’autore secondo cui cin nes- sun luogo come negli scritti dei pubblicisti russi si incontra una tale incomprensione di Marx » (p. 44). Come esempio si cita prima di tutto il signor Mikhailovski, che vede nella « teoria storico-filo- sofica » di Marx solo la spiegazione della « genesi del regime capi- talistico ». Il signor Struve ha pienamente ragione quando protesta contro questa affermazione. Effettivamente questo fatto è carat- teristico in sommo grado. Il signor Mikhailovski ha scritto molto spesso su Marx, ma non ha detto mai una sola parola sul rapporto in cui si trova il metodo di Marx col « metodo soggettivo in socio- logia ». Il signor Mikhailovski ha scritto sul Capitale , ha dichiarato la sua «solidarietà» (?) con la dottrina economica di Marx, ma ha eluso con un assoluto silenzio la questione — che citiamo a titolo d’esempio — se i soggettivisti russi non si avvicinano al metodo di Proudhon che vuole trasformare leconomia mercantile secondo il suo ideale di giustizia **. In che cosa si distingue questo criterio (di giustizia : justice éternellé) dal criterio del signor Mi- khailovski : « scienza moderna e moderne idee morali »? E perchè il # Engels, nel suo libro Herrn E. Diihrings Umwàlzung der Wissenschajt , osserva molto acutamente che questo è il vecchio metodo psicologico: si confronta il proprio concetto non con il fatto che esso rispecchia, ma con un altro concetto, con il calco di un altro fatto". •• Dos Kapital, I. B., 2-te Aufl., S. 62, Amm. 38 430 LENIN signor Mikhailovski, che ha sempre protestato così energicamente contro la tendenza a identificare il metodo delle scienze sociali col metodo delle scienze naturali, non ha contestato lafTermazione di Marx secondo cui questo metodo di Proudhon è assurdo, come assurdo sarebbe il metodo di un chimico che, invece di « stu- diare le leggi effettive del metabolismo », volesse trasformare questo metabolismo secondo le leggi dell’« affinità »? non ha contestato l’opinione di Marx secondo cui il processo sociale è un « processo storico-naturale»? Questo non si spiega con la cattiva conoscenza degli scritti: si tratta, evidentemente, della più completa incom- prensione o della volontà di non capire. Il signor -Struve è il primo, a quanto pare, che lo ha dichiarato nella nostra letteratura, e questo è un suo grande merito. Passiamo ora alle affermazioni criticabili delittore riguar- danti il marxismo. « Noi non possiamo non riconoscere — dice il signor Struve — che la motivazione puramente filosofica di questa dottrina non è stata ancora data, e che questa dottrina non è ancora venuta a capo dell’immenso materiale concreto che offre la storia mondiale. Occorre, evidentemente, rivedere i fatti alla luce della nuova teoria; occorre la critica della teoria sulla base dei fatti. Forse, molte unilateralità e generalizzazioni troppo affrettate saranno abbandonate» (p. 46). Questo passo non è del tutto chiaro: che cosa intende Fautore per « motivazione puramente filosofi- ca»? Secondo la concezione di Marx ed Engels, la filosofia non ha alcun diritto a un’esistenza autonoma separata, e il suo materiale si divide fra le varie branche della scienza positiva. In questo modo per motivazione filosofica si può intendere o il confronto delle sue premesse con le leggi saldamente stabilite delle altre scienze [e il signor Struve stesso ha riconosciuto che già la psicologia contiene principi che impongono ['abbandono del soggettivismo e l’accettazione del materialismo], oppure l’esperienza dell’applica- zione di questa teoria. Ma in questo campo abbiamo l’affermazione dello stesso signor Struve, secondo cui « al materialismo rimarrà sempre il merito di aver dato un’interpretazione profondamente scientifica, veramente filosofica [il corsivo è dell’autore] di tutta una serie [Ni?.] di fatti storici di immensa importanza » (p. 50). L’ultima affermazione dell’autore contiene il riconoscimento che IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 431 il materialismo è l’unico metodo scientifico della sociologia e perciò, naturalmente, occorre « rivedere i fatti » da questo punto di vista, particolarmente rivedere i fatti della storia e della realtà russa, che i soggettivisti russi travisano con tanto zelo. Per quanto riguarda l’ultima osservazione circa le ipotetiche « unila- teralità » e le « generalizzazioni troppo affrettate », senza soffer- marci su questa osservazione generica e perciò poco chiara, esami- neremo direttamente una delle correzioni che l’autore « non con- tagiato dall’ortodossia » apporta alle « generalizzazioni troppo affrettate » di Marx. Si tratta dello Stato. Negando lo Stato, « Marx e i suoi seguaci » « hanno esagerato » « andando troppo oltre nella critica dello Stato moderno » e sono ca luti nell’« unilateralità ». « Lo Stato — dice il signor Struve, nell’intento di correggere questa esagerazione — è prima di tutto organizzazione dell 1 ordine; esso è dunque organiz- razione del dominio (di classe) in una società in cui la subor- dinazione di alcuni gruppi agli altri dipende dalla sua struttura economica » (p. 53). Il sistema gentilizio, secondo l’opinione del- l’autore, conosceva lo Stato, che rimane anche quando vengono eliminate le classi, perchè il tratto caratteristico dello Stato è il potere coercitivo. Ci si può soltanto meravigliare che l’autore critichi Marx dal suo punto di vista professorale con una mancanza di argomenti così sorprendente. Prima di tutto egli sbaglia completamente quan- do vede il tratto caratteristico dello Stato nel potere coercitivo: il potere coercitivo esiste in qualsiasi convivenza umana, nel sistema gentilizio come nella famiglia, ma là lo Stato non c’era. « Uno dei caratteri distintivi essenziali dello Stato — dice Engels nella stessa opera dalla quale il signor Struve ha tratto la citazione sullo Stato — consiste in un potere pubblico distinto dalla massa del popolo» [ Ursprung der Familie u.s.w.> 2-te Aufl., S. 84; tradu- zione russa, p. 109], e un po’ prima egli dice a proposito dell’istitu- zione delle naucrarie 90 , che essa « intaccò doppiamente la costitu- zione gentilizia: primo, perchè creava un potere pubblico [oef- fentliche Gewalt — nella versione russa è tradotto male: forza sociale] che non coincideva più senz’altro con la totalità del popolo armato» (ivi, p. 79; traduzione russa, p. 105). Dunque la ca- 43 2 LENIN ratteristica dello Stato è resistenza di una particolare classe di persone nelle cui mani si concentra il potere . Nessuno, natural- mente, potrebbe chiamare Stato una comunità in cui « l'organiz- zazione debordine » sia diretta a turno da tutti i suoi mem- bri. Inoltre, per quanto riguarda lo Stato moderno, il ragiona- mento del signor Struve è ancora più inconsistente. Dire di esso che è « prima di tutto [sic!?!] organizzazione dell'ordine » si- gnifica non capire un punto molto importante della teoria di Marx. Lo strato particolare nelle cui mani si trova il potere nella società contemporanea è la burocrazia. Il legame diretto e stret- tissimo di quest'organo con la classe della borghesia dominante nella società moderna appare chiaro sia dalla storia (la burocrazia è stata il primo strumento politico della borghesia contro i proprie- tari nobili, e in generale contro i rappresentanti del regime « della vecchia nobiltà », il primo intervento, non dei proprietari fondiari aristocratici, ma dei raznocintsy, della « classe media » nell'arena del dominio politico) che dalle condizioni stesse di formazione e re- clutamento di questa classe, cui l'accesso è aperto solo ai borghesi « provenienti dal popolo » e che è legata da migliaia di fili robu- stissimi a questa borghesia *. L'errore dell'autore è tanto più spia- cevole in quanto precisamente i populisti russi, contro i quali egli ha deciso così giustamente di lottare, non concepiscono che qual- siasi burocrazia, sia per la sua origine storica che per le sue scaturi- gini moderne e per lo scopo a cui è destinata, costituisce puramente ed esclusivamente un'istituzione borghese, alla quale possono pen- sare di rivolgersi in nome degli interessi del produttore solo gli ideologi della piccola borghesia. Vale la pena di soffermarsi ancora un po' sull'atteggiamento del marxismo verso l'etica. L'autore riporta a pp. 64-65 la magni- fica definizione di Engels che spiega il rapporto fra libertà e ne- cessità: «La libertà è il riconoscimento della necessità» 02 . Il determinismo non solo non presuppone il fatalismo, ma, al con- • Cfr. K. Marx, Burgerkrìeg in Frank,reich , p. 23 (Lpz. 1876) e Der Acht - zchnte Brumairc, p. 45-46 (Hmb. 1885) tt : «L’interesse materiale della borghesia francese è precisamente legato nel modo più stretto al mantenimento di quella grande e ramificata macchina statale [si tratta della burocrazia]. Qui essa mette a posto la sua popolazione superflua; qui essa completa, sotto forma di stipendi statali, ciò che non può incassare sotto forma di profitti, interessi, rendite e onorari ». IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 433 trario, offre precisamente la base per Fazione razionale. È indi- spensabile inoltre aggiungere che i soggettivisti russi non hanno saputo orientarsi nemmeno in una questione elementare come quella del libero arbitrio. Il signor Mikhailovski si è irrimediabil- mente smarrito confondendo il determinismo col fatalismo e ha trovato la via d’uscita... tenendo il piede in due staffe: non vo- lendo negare la validità delle leggi, egli ha affermato che il libero arbitrio è un fatto della nostra coscienza (propriamente l’idea è di Mirtov dal quale il signor Mikhailovski l’ha copiata) e perciò può servire di base all’etica. È comprensibile che, applicate alla sociologia, queste idee non abbiano potuto produrre altro che utopie o un vuoto moralismo che ignora la lotta delle classi che si sta svol- gendo nella società. Non si può non riconoscere perciò la giustezza dell’affermazione di Sombart che « nel marxismo stesso dal prin- cipio alla fine non c’è nemmeno un granello di etica » : nel campo teorico, esso subordina « la concezione etica * al « principio di cau- salità »; nel campo pratico la riduce alla lotta di classe. Il signor Struve completa l’esposizione del materialismo va- lutando, secondo la concezione materialistica, « due fattori che assolvono una funzione molto importante in tutte le costruzioni populiste », vale a dire gli « intellettuali » e lo « Stato » (p. 70). In questa valutazione si riflette ancora una volta quella « etero- dossia » dell’autore, che è stata rilevata sopra a proposito del suo oggettivismo. « Se... tutti i gruppi sociali in generale rappresentano una forza reale solo in quanto... essi coincidono con le classi so- ciali o si schierano con queste, è evidente che ”gli intellettuali non appartenenti a una casta ” non sono una forza sociale reale » (p. 70). Sull’astratto terreno teorico l’autore certamente ha ragione. Egli prende, per così dire, i populisti in parola: voi dite che gli intellettuali devono indirizzare la Russia su « altre vie » e non capite che, senza schierarsi con una classe, essi non rappresentano nulla. Voi menate vanto del fatto che gli intellettuali russi non di casta si sono sempre distinti per la « purezza » delle idee, ma per questo appunto essi sono sempre stati impotenti. La critica del- l’autore si limita a confrontare l’assurda idea populista dell’onni- potenza degli intellettuali con la sua idea del tutto giusta del- ì’« impotenza degli intellettuali nel processo economico » (p. 71). 29-572 434 LENIN Ma questo confronto non basta. Per giudicare gli « intellettuali » russi « non di casta » come gruppo particolare della società russa, che è così caratteristico per tutto il periodo posteriore alla riforma — periodo in cui il raznocinets soppianta definitivamente il nobile, — che, senza dubbio, ha assolto e continua ad assolvere una certa funzione storica, per fare questo è necessario confron- tare le idee e ancor più i programmi dei nostri « intellettuali non di casta» con la situazione e gli interessi delle classi oggi est - tenti nella società russa. Per fugare ogni minimo sospetto di parzialità, non faremo noi stessi questo confronto, ma ci limite- remo a citare il populista il cui articolo è stato commentato nel capitolo I. Da tutti i suoi giudizi scaturisce una conclusione per- fettamente definita: gli intellettuali russi d’avanguardia, liberali, « democratici » erano intellettuali borghesi. La « non appartenenza a una casta » non esclude affatto Torigine di classe delle idee degli intellettuali. Sempre e dappertutto la borghesia è insorta contro il feudalesimo in nome deirabolizione delle caste, e da noi contro il regime di casta della vecchia nobiltà hanno lottato gli intellet- tuali non di casta. Sempre e dappertutto la borghesia ha lottato contro le limitazioni di casta che hanno fatto il loro tempo e contro le altre istituzioni medioevali in nome di tutto il « popolo », in seno al quale gli antagonismi di classe non erano ancora sviluppati, ed essa, sia in Occidente che in Russia, aveva ragione, perchè le isti- tuzioni criticate opprimevano effettivamente tutti . Non appena in Russia fu assestato un colpo decisivo al regime di casta (1861), immediatamente incominciò a rivelarsi Tantagonismo in seno al « popolo » e, accanto a questo e in virtù di questo, l’antagonismo in seno all’intellettualità non appartenente a una casta, fra i libe- rali e i populisti, ideologi delle masse contadine (in seno alle quali i primi ideologi russi dei produttori diretti non vedevano, e non potevano ancora vedere, la formazione di classi antagonistiche). Lo sviluppo economico posteriore ha messo in piena luce gli antago- nismi sociali nella società russa e ha costretto tutti a riconoscere il fatto che la massa contadina si disgrega in borghesia rurale e prole- tariato. Il populismo si è ormai quasi completamente trasformato in ideologia della piccola borghesia, respingendo da sè il marxismo. Perciò gli « intellettuali non di casta » in Russia rappresentano IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 435 « una forza reale », in quanto essi prendono la difesa degli inte- ressi generali della borghesia *. Se, nondimeno, questa forza non ha potuto creare istituzioni convenienti per gli interessi che di- fende, non ha saputo trasformare « l’atmosfera della cultura russa contemporanea » (signor V.V.), se « il democratismo attivo nel- l’epoca della lotta politica » è stato sostituito dallV agnosticismo sociale » (signor V.V. in Nedielia, 1894, n. 47), la causa non ri- siede solo nelle fantasticherie che sono tipiche dei nostri « intel- lettuali non di casta », ma anche principalmente nella situazione e nella duplicità delle classi dalle quali essi sono usciti e dalle quali hanno attinto le forze. È incontestabile che l'« atmosfera » russa presentava per loro molti lati negativi, ma essa ha offerto loro anche alcuni lati positivi. In Russia ha una funzione storica particolarmente grande la classe che, secondo l’opinione dei populisti, non è il veicolo dell’« idea pura del lavoro », la cui « attività » non può essere assopita con dolci promesse. Perciò il fatto che i marxisti si richia- mano ad essa non solo non « spezza il filo democratico », come asserisce il sig. V.V., che si è specializzato quale inventore delle assurdità più inverosimili sul conto dei marxisti, ma, al contrario, raccoglie questo « filo » che la « società » nella sua indifferenza si lascia sfuggire dalle mani, ne esigono lo svolgimento, il raffor- zamento, ravvicinamento alla vita. Connessa a questo giudizio incompleto sugli intellettuali, tro- viamo nel signor Struve la tesi- seguente, la cui formulazione non è del tutto felice: «Si deve dimostrare — egli dice — che la di- sgregazione del vecchio regime economico è inevitabile » (p. 71). In primo luogo, che cosa intende l’autore per « vecchio regime economico » ? La servitù della gleba ? Ma è superfluo dimostrarne la disgregazione. «La produzione popolare»? Ma egli stesso dice in * Il carattere piccolo -borghese della stragrande massa delle aspirazioni popu- liste è stato rilevato nel capitolo I. Le aspirazioni che non hanno questo carattere (sul tipo della « socializzazione del lavoro »), occupano nel populismo contemporaneo un posto ormai del tutto trascurabile. Sia la Russate Bogatstvo (1893, n- 11-12, articolo di Iugiakov Questioni dello sviluppo economico della Russia) che il signor V.V. ( Saggi di economia teorica , Pietroburgo, 1895) protestano contro il signor N.-on, che ha pronunciato un giudizio « severo * (espressione del signor Iugiakov) sulla frusta panacea dei crediti, delTestensione del possesso fondiario, delle migrazioni interne, ecc. 29* 436 LENIN seguito, e del tutto giustamente, che questa combinazione di pa- role «non risponde a nessun ordinamento storico reale» (p. 177), che, in altri termini, si tratta di un mito, perchè dopo l’abolizione della « servitù della gleba » da noi l’economia mercantile ha inco- minciato a svilupparsi a ritmo accelerato. Probabilmente l’au- tore alludeva a quello stadio di sviluppo in cui il capitalismo non si è ancora completamente districato dalle istituzioni medioevali, in cui il capitale commerciale è ancora forte, e per la maggior parte dei produttori la piccola produzione si regge ancora. In secondo luogo, che cosa l’autore considera come criterio di questa inevita- bilità? Il dominio di determinate classi? Le caratteristiche del- Tattuale sistema di rapporti di produzione? In entrambi i casi la questione si riduce alla costatazione dell* esistenza di determi- nati ordinamenti (capitalistici); si riduce alla costatazione di un fatto, e in nessun caso la si dovrebbe trasferire nel campo dei ra- gionamenti suH’avvenire. Simili ragionamenti dovrebbero essere lasciati come prerogativa assoluta ai signori populisti, che cer- cano «altre vie per la patria». L’autore stesso dice nella pa- gina seguente che ogni Stato è « l’espressione del dominio di determinate classi sociali », che « è necessario ridistribuire la forza sociale fra le singole classi affinchè lo Stato modifichi radi- calmente il suo indirizzo» (p. 72). Tutto questo è profondamente giusto ed è rivolto precisamente contro i populisti; la questione dovrebbe quindi essere impostata in modo diverso: si deve dimo- strare (non « l’inevitabilità della disgregazione », ecc.) Yesistenza in Russia dei rapporti di produzione capitalistici; si deve di- mostrare che anche in Russia i fatti confermano la legge se- condo cui « l’economia mercantile è economia capitalistica », vale a dire che anche da noi Teconomia mercantile si trasforma dappertutto in economia capitalistica; si deve dimostrare che dap- pertutto dominano ordinamenti che nella loro sostanza sono bor- ghesi, che precisamente il dominio della borghesia, e non, come di- cono i populisti, i famosi «casi accidentali» o la «politica», ecc. portano alla liberazione del produttore dai mezzi di produzione e all’universalmente diffusa attività economica per conto altrui*. Con questo terminiamo l’esame della prima parte del libro del signor Struve, che ha un carattere generale. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 437 Capitolo iii COME IMPOSTANO LE QUESTIONI ECONOMICHE I POPULISTI E IL SIGNOR STRUVE Terminata l’analisi della sociologia, l’autore passa a più «con- crete questioni economiche » (p. 73). In questo campo egli ritiene « naturale e legittimo » incominciare dalle « tesi generali e dalle notizie storiche », dalle « premesse incontestabili, stabilite dall’espe- rienza generale delPuomo », come egli dice nella prefazione. Non si può non osservare che questo metodo pecca della me- desima astrattezza che è stata rilevata sin dall’inizio come difetto fondamentale del libro in esame. Nei capitoli ai quali ora passiamo (terzo, quarto e quinto), questo difetto ha condotto a conseguenze spiacevoli di duplice natura. Da un lato, esso ha indebolito quei precisi principi teorici che l’autore ha avanzato contro i populisti. Il signor Struve ragiona su un piano generale , descrive il passag- gio dall’economia naturale all’economia mercantile, osserva che di solito a questo mondo le cose sono andate, nella maggior parte dei casi, precisamente in questo o in quell’altro modo, e poi con singoli fugaci accenni passa alla Russia, estendendo anche ad essa il processo generale dello « sviluppo storico della vita eco- nomica ». È incontestabile che questa estensione è del tutto le- gittima, e che le « notizie storiche » dell’autore sono assoluta- mente necessarie per criticare il populismo, il quale rappresenta in modo errato non solo la storia della Russia. Ma si dovreb- bero enunciare più concretamente questi principi, contrapporli in modo più preciso agli argomenti dei populisti, i quali affermano che non è giusto estendere il processo generale alla Russia; si do- vrebbe mettere a confronto la concezione populista della realtà russa con la diversa concezione marxista di questa stessa realtà. D’altro lato, il carattere astratto dei ragionamenti dell’autore rende discordanti le sue tesi e fa sì che egli, pur indicando giu- stamente l’esistenza di un tale processo, non esamini quali classi si siano formate su questo terreno, quali classi siano state i veicoli del processo, ostacolando gli altri strati della popolazione ad esse subordinati; in una parola, l’oggettivismo dell’autore non arriva 43 ® LENIN qui sino al materialismo, nel significato suaccennato di questi termini *. Diremo ora il perchè del giudizio espresso sui capitoli indi- cati deiropera del signor Struve, esaminando singole considerazioni di particolare importanza. È esattissima l’osservazione dell’autore che « nella storia russa la dipendenza (giuridica ed economica) dei produttori diretti dai signori la incontriamo sin quasi dalle prime pagine, come com- pagno storico dell’idillica ” produzione popolare”» (p. 81). Nel- l’epoca dell’economia naturale il contadino era asservito al pro- prietario terriero; egli non lavorava per se, ma per il boiaro, per il monastero, per il proprietario nobile, e il signor Struve oppone del tutto giustamente questo fatto storico alle chiacchiere dei nostri sociologi originali secondo cui « i mezzi di produzione appartene- vano al produttore » (p. 81). Queste chiacchiere rappresentano uno di quei travisamenti della storia russa a favore dell’utopia piccolo- borghese di cui sono sempre stati così generosi i populisti. Non osando guardare in faccia la realtà, non osando chiamare questa oppressione con il suo vero nome, essi hanno fatto ricorso alla sto- ria, presentando le cose come se l’appartenenza dei mezzi di pro- duzione al produttore fosse un principio « tradizionale », una « base secolare » del lavoro contadino, e l’odierna espropriazione dei con- tadini si potesse spiegare perciò non con la sostituzione del plusva- lore borghese al plusprodotto feudale, non con l’organizzazione capitalistica della nostra economia sociale, ma con le casuali conse- guenze di una politica sbagliata, con una momentanea « deviazione dal cammino prescritto da tutta la vita storica della nazione » (si- • Questa correlazione fra oggettivismo e materialismo è indicata, fra l’altro, da Marx nella prefazione alla sua opera Der achtzehnle B rum aire des Louis Bonaparte. Marx, dopo aver detto che su questo stesso avvenimento storico aveva scruto Proudhon ( Coup d’état), si esprime nel modo seguente sulla concezione di quest’ultimo in contrasto con la propria: « Proudhon, dal canto suo, cerca di rappresentare il colpo di Stato [del 2 dicembre] come il risultato di una precedente evoluzione storica; ma la rico- struzione storica del colpo di Stato si trasforma in lui in un’àpologìà storica del- l'eroe del colpo di Stato. Egli cade cosi nell’errore dei nostri cosiddetti storici oggettivi . Io mostro, invece, come in Francia la lotta di claste creò delle circostanze e una situazione che resero possibile a un personaggio mediocre e grottesco di far la parte dell’eroe (Vorwort) IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 439 gnor Iugiakov, citato da P. Struve a p. 15), c non si sono vergo- gnati di raccontare queste assurde storielle su di un paese in cui solo da poco tempo è cessato * lo sfruttamento feudale dei contadini nelle forme più brutali, asiatiche, in cui non solo i mezzi di produ- zione non appartenevano al produttore, ma anche gli stessi pro- duttori si distinguevano appena da un qualsiasi « mezzo di produ- zione». Il signor Struve molto giustamente oppone a questo «otti- mismo smaccato » l’aspro giudizio di Saltykov sul legame fra la « produzione popolare » e la servitù della gleba, su come all’epoca delle « basi secolari » « l’abbondanza » « toccava in sorte solo [no- tate] agli eredi dei membri della Leib pompante 9 * e di altri guer- rieri » (p. 83). Rileviamo poi la seguente osservazione del signor Struve che ri- guarda in modo preciso fatti determinati della realtà russa e con- tiene un pensiero estremamente giusto. «Quando i produttori in- cominciano a lavorare non per il mercato locale, che ha limiti ben definiti, ma per un mercato lontano e indeterminato, e si sviluppa la concorrenza, la lotta per il mercato, queste condizioni condu- cono al progresso tecnico... Dal momento che è possibile la divi- sione del lavoro, essa deve essere attuata con la maggiore ampiezza consentita, ma, prima che la produzione sia riorganizzata sotto l’aspetto tecnico, l’influenza delle nuove condizioni di scambio (di smercio) si manifesterà nel fatto che il produttore cadrà sotto la dipendenza economica del commerciante (s^upstcif() 9 e, per l’aspet- to sociale, questo elemento ha un’importanza decisiva. Circostanza questa che i nostri ” marxisti genuini ” del genere del signor V. V., abbagliati dall’importanza del progresso puramente tec- nico (p. 98), perdono di vista ». Questo accenno all’importanza decisiva che ha avuto la comparsa dello s\upstci\ è profondamente giusto. Essa è stata decisiva in quanto dimostra già incontestabil- mente l’esistenza dell’organizzazione capitalistica della produzio- ne, dimostra l’applicabilità anche alla Russia del principio che * Non si può nemmeno ancora dire che sia definitivamente cessato. Da un Iato abbiamo le quote del riscatto (ed c noto che esse non comprendono solo il riscatto dalla servitù della gleba); d’altro lato, per esempio, le otrabot\i dei conta- dini per le terre stralciate, che sono una diretta sopravvivenza del modo di pro- duzione feudale. • 440 LENIN « l’economia mercantile — economia monetaria — è economia ca- pistalistica », crea la subordinazione del produttore al capitale, dalla quale l’unica via d’uscita non può essere altro che Fattività autono- ma del produttore. « Dal momento in cui il capitalista imprenditore si colloca fra il consumatore e il produttore — e questo è inevi- tabile nella produzione per un mercato vasto e indeterminato — abbiamo dinanzi a noi una delle forme della produzione capita- listica ». E Fautore aggiunge giustamente che « se per produzione artigiana s’intende quella in cui il produttore, lavorando per un mercato indeterminato e lontano, gode della piena indipendenza economica , risulterà probabilmente che questa genuina produzione artigiana nella realtà russa non esìste affatto ». A torto però ven- gono qui adoperati l’espressione « probabilmente » e il verbo al fu- turo: la preponderanza del sistema del lavoro a domicilio per conto della grande produzioni e del più completo asservimento de- gli artigiani agli s\upstciki è un fatto universalmente diffuso, che prevale nell’organizzazione reale del nostro artigianato. Questa organizzazione non è solo capitalistica, ma, secondo la giusta os- servazione dell’autore, è anche un’organizzazione « straordinaria- mente vantaggiosa per i capitalisti », che assicura loro profitti enor- mi, grazie al salario scandalosamente basso, e ostacola al mas- simo grado l’organizzazione e lo sviluppo degli operai (pp. 99-101). Non si può non rilevare che la preponderanza dello sfrutta- mento capitalistico nel nostro artigianato è cosa nota da moltis- simo tempo, ma i populisti l’ignorano nel modo più sfacciato. Quasi in ogni numero delle loro riviste e dei loro giornali dove si tratta questo argomento, troverete lamentele per il fatto che il governo appoggia il capitalismo « artificialmente » grande [tutta F« artificialità » consiste nell’essere grande e non piccolo, nell’es- sere capitalismo di fabbrica e non artigianale, meccanizzato e non a mano] e non fa nulla per « i bisogni dell’industria popolare ». Qui si manifesta in pieno la limitatezza del piccolo borghese che si batte per il piccolo capitale contro il grande e chiude ostina- tamente gli occhi sul fatto, accertato in modo incontestabile, che anche in quest’industria « popolare » esiste contrasto di inte- ressi e che, per conseguenza, la via d’uscita non risiede in crediti irrisori, ecc. Siccome al piccolo padrone, inchiodato alla sua IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 441 azienda e perennemente timoroso di perderla, tutto questo appare come qualcosa di pauroso, al pari dell’« agitazione » « sulla giusta remunerazione del lavoro, come se non fosse il lavoro stesso che nei suoi frutti crea questa remunerazione », si comprende che la massa lavoratrice degli artigiani non può avere altro rappresentante se non il produttore che si trova nelle condizioni « artificiali », « di serra », dell’industria di fabbrica e d’officina *. Soffermiamoci ancora sul ragionamento del signor Struve a proposito dell’agricoltura. Il trasporto a vapore rende necessario il passaggio all’economia di scambio, rende mercantile la produ- zione agricola. Il carattere mercantile della produzione esige asso- lutamente « la sua razionalità economica e tecnica » (p. no). L’au- tore considera questo principio come un argomento di particolare importanza contro i populisti, che indicano trionfalmente la (pre- tesa) mancanza di prove dei vantaggi della grande produzione nell’agricoltura. «Non si addice a coloro che si fondano sulla dot- trina di Marx — risponde loro l’autore — negare l’importanza delle particolarità economiche e tecniche della produzione agricola, grazie alle quali in certi casi le piccole aziende hanno una supe- riorità economica sulle grandi, sebbene Io stesso Marx neghi l’im- portanza di queste particolarità» (p. in). Un passo molto oscuro. Di quali particolarità parla l’autore? Perchè non le indica con pre- cisione? Perchè non indica dove e come Marx ha espresso in pro- posito la sua opinione e per quali motivi viene riconosciuto neces- sario correggere questa opinione? « La piccola produzione agricola — prosegue l’autore — deve assumere sempre piu un carattere mercantile, e, per essere imprese vitali, le piccole aziende agricole devono soddisfare le esigenze ge- nerali della razionalità economica e tecnica » (p. m). «Non si tratta affatto di sapere se le piccole aziende agricole saranno assorbite da quelle grandi — difficilmente ci si può attendere un tale risultato dell’evoluzione economica — ma della metamorfosi cui viene sottoposta tutta l’economia nazionale sotto l’influenza dello scambio. I populisti perdono di vista il fatto che l’eliminazione • « L’intiero processo sì esprime nel fatto che la piccola produzione (arti- gianato) per alcuni suoi elementi si avvicina al " capitalismo ”, e per altri elementi al lavoro salariato, libero dai mezzi di produzione » (p. 104). 442 LENIN deireconomia naturale da parte dell’economia di scambio, unita alla ” dispersione dell’industria ” costatata sopra, modifica com- pletamente tutta la struttura della società. Il precedente rap- porto fra popolazione agricola (rurale) e non agricola (urbana) viene alterato a favore di quest’ultima. Lo stesso tipo economico e la psicologia dei produttori agricoli si modificano radicalmente sotto rinflusso delle nuove condizioni della vita economica » (p.ii4). Il passo riportato ci spiega che cosa voleva dire l’autore con la sua tirata su Marx, e nel medesimo tempo illustra con chiarezza la nostra precedente osservazione che il metodo dogmatico del- l’esposizione, non essendo fondato sulla rappresentazione del pro- cesso concreto, rende poco chiare e discordanti le idee delittore. La sua affermazione che le concezioni populiste sono erronee è del tutto giusta, ma incompleta perchè non viene accompagnata dall'indicazione di quelle nuove forme dell’antagonismo di classe che si sviluppano nel corso di questa sostituzione della produ- zione razionale a quella irrazionale. L’autore, per esempio, si limita a ricordare di sfuggita che « razionalità economica » significa «massima rendita» (p. no), ma dimentica di aggiungere che la rendita presuppone V organizzazione borghese dell agricoltura^ vale a dire, in primo luogo, la completa subordinazione deH’agri* coltura al mercato e, in seconda luogo, la formazione in essa delle stesse classi della borghesia e del proletariato che sono proprie dell’industria capitalistica. I populisti, ragionando sulla pretesa organizzazione non ca- pitalistica della nostra agricoltura, impostano la questione in mo- do terribilmente limitato e sbagliato, riducendo tutto all’elimi- nazione delle pìccole aziende da parte delle grandi, e solo a questo. Il signor Struve dice loro del tutto giustamente che in questo ragio- namento essi perdono di vista il carattere generale della pro- duzione agricola, che può essere (e da noi effettivamente è) bor- ghese anche nella piccola produzione, come è borghese l’azienda dei contadini dell’Europa occidentale. Le condizioni nelle quali la piccola azienda indipendente (« popolare », secondo la ter- minologia degli intellettuali russi) diviene borghese, sono note: in primo luogo, il dominio deireconomia mercantile che, dato IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 443 l’isolamento* dei produttori, suscita fra di loro la concorrenza e, rovinando la massa, ai icchisce i pochi; in secondo luogo, la tra- sformazione della forza-lavoro in merce e dei mezzi di produzione in capitale, vale a dire la liberazione del produttore dai mezzi di produzione e l’organizzazione capitalistica delle più importanti branche industriali. In queste condizioni il piccolo produttore in- dipendente diventa un fenomeno eccezionale nei confronti della massa dei produttori, come anche da noi oggi i padroni effet- tivamente indipendenti costituiscono l’eccezione fra la massa di coloro che lavorano per conto altrui, i quali non solo non pos- siedono un’azienda « indipendente », ma nemmeno i mezzi di sussistenza per una settimana. La posizione e gli interessi isolano il padrone indipendente dalla massa dei produttori che vivono principalmente del salario. Mentre questi ultimi pongono il pro- blema della « giusta remunerazione », che necessariamente rappre- senta la premessa del problema fondamentale di un diverso ordi- namento delleconomia sociale, il primo si interessa molto più vivamente di cose del tutto diverse, e cioè del credito, in parti- colare del piccolo credito « popolare », del miglioramento e del- la riduzione dei prezzi degli attrezzi, dell’organizzazione dello smercio », dell’« estensione del possesso fondiario », ecc. La legge stessa della superiorità delle grandi aziende sulle pic- cole non è che la legge della produzione mercantile e, per con- seguenza, non può essere applicata alle aziende che non si sono ancora definitivamente inserite nella produzione mercantile, che non sono state subordinate al mercato. Perciò l’argomentazione (nella quale, fra l’altro, si è esercitato anche il signor V. V.) se- condo cui la decadenza delle aziende nobiliari dopo la riforma e laffitto delle terre dei proprietari privati da parte dei contadini smentiscono l’opinione dell’evoluzione capitalistica della nostra agri- coltura, dimostra solo l’incomprensione assoluta della questione da parte di chi a questa argomentazione ha fatto ricorso. È com- prensibile che la distruzione dei rapporti feudali, nei quali la col - * Si intende che si tratta dell’isolamento economico. II possesso fondato sul- Yobstcina non l’elimina affatto. Nelle stesse ripartizioni « egualitarie », il contadino gestisce da solo l’azienda sul suo appezzamento e, per conseguenza, è un pro- duttore isolato, individuale. 444 LENIN tura era nelle mani dei contadini, abbia provocato la crisi dei grandi proprietari fondiari. Ma anche senza parlare del fatto che questa crisi ha condotto solo all’impiego su scala sempre più vasta del lavoro dei braccianti e dei giornalieri, il quale ha sostituito le forme superate del lavoro semifeudale ( otrabotkj) y anche senza par- lare di questo fatto, la stessa azienda contadina ha incominciato a modificare sostanzialmente il suo carattere: essa è stata costretta a lavorare per il mercato, il che non ha tardato a scindere i con- tadini in piccola borghesia campagnuola e proletariato rurale. Que- sta scissione risolve definitivamente il problema del capitalismo in Russia. Il signor Struve spiega il processo indicato nel capitolo V, dove osserva: «I piccoli coltivatori si differenziano: si sviluppano, da un lato i contadini "economicamente forti" [si dovrebbe dire: borghesi], dall’altro lato i contadini di tipo proletario. I tratti della produzione popolare si combinano con quelli capitalistici formando un solo quadro, sul quale spicca nettamente la scritta: qui imper- versa il kulak * » (p. 177). Precisamente su questo lato della questione, suWorganizzazione borghese della nuova agricoltura « razionale », si doveva concen- trare l’attenzione. Si doveva mostrare ai populisti che, ignorando il processo indicato, essi si trasformano da ideologi dei contadini in ideologi della piccola borghesia. « L’ascesa della produzione popolare » che essi auspicano con ardore può significare, con tale organizzazione dell’economia contadina, solo l’« ascesa » della pic- cola borghesia. Al contrario, coloro i quali richiamano l’attenzione sul produttore che vive in rapporti capitalistici più sviluppati, non esprimono solo giustamente gli interessi di questo unico produttore, ma anche di tutta la gigantesca massa dei contadini « proletari ». La poco felice esposizione del signor Struve è talmente incom- pleta e incoerente che il nostro autore, parlando dell’agricoltura razionale, non ne ha definito l’organizzazione economico-sociale, e, mostrando come il trasporto a vapore sostituisca la produzione razionale a quella irrazionale, la produzione mercantile a quella naturale, non ha definito quella nuova forma dell’antagonismo di classe che nasce in questo processo. Lo stesso difetto d’impostazione dei problemi si manifesta nella • Espressione di Saltykov-Stccdrin (j N.d.R .). IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 445 maggior parte dei ragionamenti contenuti nei capitoli esaminati. A titolo di illustrazione porterò ancora alcuni esempi. L'economia mercantile — dice l'autore — e la vasta divisione sociale del lavoro « si sviluppano, fondandosi sull'istituto della proprietà privata, sui principi della libertà economica e sul sentimento dell'individuali- smo » (p. 91). Il progresso della produzione nazionale dipende dalla « misura in cui l'istituto della proprietà privata domina sulla so- cietà ». « Forse questo è doloroso, ma così accade nella realtà; questa coesistenza è stabilita empiricamente, storicamente. Oggi che le idee e i principi del XVIII secolo vengono bistrattati con tanta leggerez- za, in sostanza si ripete lo stesso errore di allora : troppo spesso si di- mentica il legame storico-culturale del progresso economico con l'istituto della proprietà privata, con i principi della libertà economi- ca e col sentimento dell'individualismo. Solo ignorando questo le- game si può supporre che senza attuare i principi suindicati sia pos- sibile il progresso economico per una società economicamente e cul- turalmente non sviluppata. Noi non proviamo nessuna particolare simpatia per questi principi e ne comprendiamo perfettamente il ca- rattere storicamente transitorio , ma al tempo stesso non possiamo non vedere in essi un'immensa forza culturale, non solo negativa, ma anche positiva. Può non vedere questa forza solo l'idealismo, che nelle sue elucubrazioni si presume non legato ad alcuna eredità storica » (p. 91). L'autore ha perfettamente ragione quando costata «obietti- vamente » le « coesistenze storiche », ma tanto più spiace l’incon- gruenza della sua argomentazione. Così, verrebbe voglia di dirgli: andate fino in fondo a! vostro discorso; riconducete questi principi generali e queste notizie storiche a un determinato periodo della nostra storia russa, formulateli in modo da mostrare perchè e in che cosa precisamente differisca la vostra concezione da quella populista, confrontateli con la realtà che deve servire come cri- terio per il marxista russo, mostrate i contrasti di classe nascosti da tutti questi progressi e da questa cultura *. • Conira principia negantem disputar i non potest [contro chi nega i principi non si può discutere. N.d.R.] r dice l’autore a proposito della discussione con i populisti. Dipende da come si formulano questi principia: come principi gene- rali e notizie, oppure come diversa interpretazione di questi 0 quei fatti della storia e della realtà russa. 446 LENIN Quel «progresso» e quella «cultura» che la Russia 'posteriore alla riforma ha portato con se sono senza dubbio legati alpe istituto della proprietà privata »; tale progresso non solo è stato attuato per la prima volta in tutta la sua pienezza con la creazione del nuovo processo civile « contenzioso », che davanti al tribunale ha assicu- rato quella stessa « eguaglianza » che è stata incarnata nella vita dal «lavoro libero» e dalla sua vendita al capitale; esso è stato esteso alla proprietà fondiaria sia dei grandi proprietari, liberati da tutti gli obblighi verso lo Stato, che dei contadini, trasformati in conta- dini proprietari ; esso è stato persino posto alla base del diritto politico dei « cittadini » a partecipare alPamministrazione autono- noma locale (censo), ecc. Ancora più incontestabile è il « nesso » esistente fra il nostro « progresso » e i « principi della libertà econo- mica »: nel capitolo I abbiamo già sentito dire dal nostro populista come questa « libertà » sia consistita nella liberazione dei « modesti e barbuti » skupstcikj della terra russa dalla necessità di « sottometter- si a un sottufficiale di polizia ». Abbiamo già detto come il « senti- mento dell’individualismo » sia stato creato dallo sviluppo della eco- nomia mercantile. Se si mettono insieme tutti questi tratti del progresso della patria, non si può non giungere alla conclusione (tratta anche dal populista degli anni settanta) che questo pro- gresso e questa cultura erano completamente borghesi. La Russia d’oggigiorno è molto migliore di quella anteriore alla riforma, ma siccome tutto questo miglioramento è dovuto interamente ed esclusivamente alla borghesia, ai suoi agenti e ideologi, i pro- duttori non ne hanno tratto giovamento. Per loro questi miglio- ramenti hanno significato solo un cambiamento di forma del plusprodotto, hanno significato solo metodi migliorati e perfe- zionati di liberazione del produttore dai mezzi di produzione. Perciò i signori populisti danno prova della più inverosimile « leg- gerezza » e smemorataggine, quando protestano contro il capi- talismo russo e contro il mondo borghese rivolgendosi proprio a coloro che ne sono stati i veicoli e i promotori. Di loro si potrebbe solo dire: « la pecora chiede aiuto al lupo ». Il populista odierno non potrà essere d’accordo su questa defi- nizione della Russia posteriore alla riforma e della « società ». Ma per contestarla dovrebbe negare il carattere borghese della Russia IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 447 posteriore alla riforma, negare proprio quello nel cui nome il suo lontano antenato, il populista degli ^nni settanta, si levò e « andò al popolo » a cercare le « garanzie dell’avvenire » fra gli stessi produttori diretti. Certamente il populista odierno non solo, come ci si può attendere, avrà il coraggio di negarlo, ma probabil- mente cercherà anche di dimostrare che in questo campo si è ve- rificato un cambiamento in meglio; in tal modo però egli si limi- terebbe a mostrare a tutti coloro i quali ancora) non se ne rendono conto che egli non rappresenta decisamente nient’altro che il pic- colo borghese del tipo più comune. Come il lettore vede, devo solo completare le affermazioni del signor Struve, dare loro un’altra formulazione, « pronunciare di- versamente la stessa parola ». Ci si domanda: ce bisogno di questo? Vale la pena di soffermarsi in modo così particolareggiato su queste aggiunte e conclusioni? Non sono forse ovvie? Mi sembra che ne valga la pena per due motivi. In primo luogo, il ristretto oggettivismo dell’autore è estremamente pericoloso, per- chè giunge a dimenticare i limiti tra le vecchie argomentazioni professorali, così radicate nella nostra letteratura, sulle vie e sulle sorti della patria e la caratterizzazione precisa del processo effettivo originato da certe classi. Questo ristretto oggettivismo, questo mar- xismo inconseguente è il difetto principale del libro del signor Stru- ve, e su di esso è necessario soffermarsi' in modo assai particolareg- giato, per mostrare che esso scaturisce precisamente non dal marxi- smo, ma dalla sua applicazione inadeguata; non dal fatto che Fau- tore abbia visto altri criteri della sua teoria oltre alla realtà, che egli abbia tratto altre conclusioni pratiche dalla dottrina (esse sono impossibili, ripeto, inconcepibili senza mutilarla di tutti i principi più importanti), ma perchè l’autore si è limitato a un solo aspetto, più generale, della teoria e non l’ha applicato con piena coerenza. In secondo luogo, non si può non essere d’accordo con il concetto espresso dall’autore nella prefazione, secondo cui, prima di criticare il populismo nelle questioni particolari, era necessario « svelare le basi stesse del dissenso » (p. VII) mediante una « polemica di prin- cipio ». Ma precisamente perchè l’autore possa conseguire questo scopo è necessario che egli dia un significato più concreto a quasi tutte le sue affermazioni, che riconduca le sue indicazioni troppo LENIN generiche alle questioni concrete della storia e della realtà russe. Su tutte queste questioni i marxisti russi dovranno ancora svolgere un grande lavoro di « revisione dei fatti » alla luce del materia- lismo — dietro le teorie degli « intellettuali » scorgere gli antago- nismi di classe nelTattività della « società » e dello « Stato » — , e in- fine un lavoro per stabilire un legame fra tutte le singole forme, estremamente eterogenee, di appropriazione del plusprodotto nelle produzioni « popolari » russe e la forma capitalistica avanzata, più sviluppata di questa appropriazione, che contiene in se le « ga- ranzie dell’avvenire » e attualmente pone in primo piano l’idea e il compito storico del «produttore». Perciò, per quanto possa sembrare audace il tentativo di indicare la soluzione di questi problemi, per quanto possano essere numerose le modifiche e le correzioni da apportare dopo un ulteriore studio particolareggiato, tuttavia vale la pena di accennare ai problemi concreti, al fine di su- scitare su di essi la discussione più generale e vasta possibile. Il punto culminante del ristretto oggettivismo del signor Struve, che determina i suoi errori nell’impostazione dei problemi, è il suo ragionamento errato su List e la sua « magnifica teoria » circa la «confederazione delle forze produttive nazionali», l’importanza dello sviluppo dell’industria di fabbrica per l’economia agricola, la superiorità dello Stato manifatturiero-agricolo su quello agricolo, ecc. L’autore trova che questa « teoria » parla con straordinaria « forza di convinzione dell’inevitabilità storica e della legittimità del capitalismo nel significato più lato del termine » (p. 123), della « potenza storico-culturale della trionfante produzione mercan- tile» (p. 124). Il carattere professorale dei ragionamenti dell’autore, che sembra sollevarsi al di sopra di ogni paese determinato, di ogni periodo storico determinato, di ogni classe determinata, si manifesta qui con particolare chiarezza. Comunque si consideri questo ragio- namento — sotto l’aspetto puramente teorico oppure sotto l’aspetto pratico — , questo giudizio sarà egualmente giusto. Incomincia- mo dal primo aspetto. Non è forse strano pensare che si possa « convincere » qualcuno della « inevitabilità storica e della legit- timità del capitalismo » per un determinato paese con affermazioni astratte, dogmatiche, sull’importanza dell’industria di fabbrica? IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 449 Non è un errore porre la questione su questo terreno, così gradito ai professori liberali della Russfoie Bogatstvoì II marxista non ha forse il dovere di ricondurre tutta la questione all’analisi di ciò che esiste e del perchè esiste precisamente così e non diversamente? I populisti considerano il nostro capitalismo come una pianta artificiale, di serra, perchè non capiscono i suoi legami con tutta l’organizzazione mercantile della nostra economia sociale, non ve- dono le sue radici nella nostra « produzione popolare ». Fate loro vedere questi legami e queste radici, fate loro vedere che il ca- pitalismo domina nella sua forma meno sviluppata, e perciò peg- giore, anche nella produzione popolare, e dimostrerete 1*« inevita- bilità » del capitalismo russo; fate loro vedere che questo capita- lismo, che socializza il lavoro elevandone la produttività, svi- luppa e scopre lantagonismo sociale, di classe, che dappertutto si è determinato nella « produzione popolare », e dimostrerete la « le- gittimità » del grande capitalismo russo. Per quanto riguarda l’aspetto pratico di questo ragionamento, che ha punti di con- tatto con la questione della politica commerciale, si possono fare le seguenti osservazioni. I marxisti russi, pur sottolineando prima di tutto e con la massima forza che la questione della libertà di com- mercio e del protezionismo è una questione capitalistica, una que- stione di politica borghese, devono sostenere la libertà di com- mercio, perchè in Russia con intensità particolare si manifesta il carattere reazionario del protezionismo, che frena lo sviluppo eco- nomico del paese, serve gli interessi non dell’intiera classe della borghesia, ma solo di un pugno di magnati oligarchi; perchè attuare la libertà di commercio significa affrettare il processo che reca i mezzi della liberazione dal capitalismo. L’ultimo paragrafo (XI) del III capitolo è dedicato all’esame del concetto di « capitalismo ». L’autore molto giustamente osserva che questo termine viene adoperato « con grande libertà », cita esempi di interpretazione « molto ristretta » e « molto larga », ma non stabilisce nessuna caratteristica nettamente determinata; il concetto di « capitalismo », nonostante l’analisi dell’autore, è ri- masto oscuro. E invece sembrerebbe che ciò non dovesse pre- 3 ^- 57 ^ sentare particolari difficoltà, perchè il concetto di capitalismo è stato introdotto nella scienza da Marx e da lui stesso concreta- mente motivato. Ma anche qui il signor Struve non vorrebbe essere contagiato dall** ortodossia ». « Marx stesso — egli dice — concepi- va il processo di trasformazione della produzione mercantile in mer- cantile-capitalistica in modo forse più impetuoso e rettilineo di quanto sia in realtà » (p. 127, nota). Può darsi. Ma siccome que- sta è Tunica rappresentazione scientificamente motivata e conva- lidata dalla storia del capitale, siccome non conosciamo altre rap- presentazioni « forse » meno « impetuose » e meno « rettilinee », noi ricorriamo a Marx. Caratteristiche sostanziali del capitalismo, se- condo la sua dottrina, sono (1) la produzione mercantile, come Eorma generale della produzione. Il prodotto assume la forma di merce nei più diversi organismi della produzione sociale, ma solo nella produzione capitalistica tale forma del prodotto del lavoro è generale , e non eccezionale, singola, occasionale. La seconda ca- ratteristica del capitalismo (2) è il fatto che non solo il prodotto del lavoro, ma anche il lavoro stesso, vale a dire la forza-lavoro delTuomo, assume la forma di merce. Il grado di sviluppo della forma di merce della forza-lavoro caratterizza il grado di svi- luppo del capitalismo*. Mediante questa definizione noi ci orien- tiamo facilmente negli esempi di interpretazione sbagliata di que- sto termine riportati dal signor Struve. Senza dubbio la contrappo- sizione degli ordinamenti russi al capitalismo, fondata sulTarre- Lratezza tecnica della nostra economia nazionale, sul predominio della produzione a mano ecc., sebbene così spesso addotta dai populisti, è completamente assurda, perchè il capitalismo esiste sia con una tecnica di basso livello che con una tecnica altamente svi- luppata, e Marx sottolinea molte volte nel Capitale che il capitale dapprima subordina a sè la produzione così come la trova e solo in seguito la trasforma tecnicamente. Non c’è dubbio che la Hausindustrie tedesca e il « sistema del lavoro a domicilio per conto della grande produzione » della Russia costituiscono un’orga- • Das Kapital, li Band (1885), S. 93. È necessario precisare che Marx nel passo indicato non dà adatto la definizione del capitalismo. Egli in generale non si è occupato di definizioni. Qui viene indicato solo il rapporto esistente fra la produzione mercantile e quella capitalistica, di cui appunto si parla nel testo**. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 451 nizzazione capitalistica dell’industria, poiché qui non solo do- mina la produzione mercantile, ma è il detentore del denaro che domina sul produttore e si appropria il plusvalore. Non c’è dub- bio che i populisti, quando si dilettano a contrapporre i conta- dini russi «che posseggono terra» al capitalismo dell’Europa occidentale, dimostrano solo di non comprendere che cosa è il capitalismo. Anche in Occidente, come osserva del tutto giusta- mente l’autore, si conserva qua e là « l’economia seminaturale dei contadini » (p. 124), ma questo fatto sia in Occidente che in Rus- sia non elimina nè il predominio della produzione mercantile nè la subordinazione della stragrande maggioranza dei produttori al capitale, subordinazione che, prima del suo massimo, estremo svi- luppo, attraversa molti gradi, solitamente ignorati dai populisti, sebbene la questione sia stata spiegata da Marx con assoluta pre- cisione. Questa subordinazione incomincia col capitale commer- ciale e usurarhy passa poi al capitalismo industriale, che a sua volta è dapprima assolutamente primitivo sotto l’aspetto tecnico e non si distingue affatto dai vecchi sistemi di produzione, quindi or- ganizza la manifattura, che s’impernia ancora sempre sul lavoro a mano, si fonda prevalentemente suH’arugianato senza rompere il legame deH’operaio salariato con la terra, e corona lo sviluppo con la grande industria meccanizzata. Solo l’ultima, suprema fase rappresenta il punto culminante dello sviluppo del capitalismo, essa soltanto crea l’operaio completamente espropriato, libero come un uccello *, essa soltanto genera (in senso materiale e in senso sociale) quelli azione unificatrice » del capitalismo che i popu- listi si sono abituati a collegare col capitalismo in generale, essa soltanto oppone al capitalismo la « creatura del suo stesso sangue ». Il quarto capitolo, Progresso economico e progresso sociale , non è che la continuazione del terzo, riferendosi a ' quella parte del libro che oppone ai populisti i dati dell’« esperienza generale del- l’umanità ». Qui dohbiamo soffermarci particolareggiatamente, in primo luogo, su un’opinione sbagliata dell’autore (oppure si tratta di un’espressione infelice?) a proposito dei seguaci di Marx, e, in * I populisti presentano sempre la cosa come se l’operaio cui è stata tolta la terra sia una condizione necessaria del capitalismo in generale e non solo del- l’industria meccanizzata. 45 * LENIN secondo luogo, sulla formulazione dei compiti della critica eco- nomica del populismo. Il signor Struve dice che Marx ha concepito il passaggio dal capi- talismo a un nuovo regime sociale sotto forma di una brusca ca- duta, di un crollo del capitalismo. (Egli ritiene che autorizzano tale interpretazione «alcuni passi» di Marx, mentre in realtà que- sta tesi è contenuta in tutte le opere di Marx), I suoi seguaci lot- tano per le riforme. Alla concezione di Marx degli anni quaranta « è stata apportata un’importante correzione » : in luogo dell’« abis- so » che separa il capitalismo dal nuovo regime, è stata ammessa l’esistenza di « tutta una serie di passaggi ». Non possiamo in nessun modo riconoscere giusta questa affer- mazione. I « seguaci di Marx » non hanno apportato nessuna « correzione », nè importante nè non importante, al suo concetto. La lotta per le riforme non implica affatto una « correzione », non corregge minimamente la dottrina dell’abisso e della brusca ca- duta, perchè questa lotta si conduce con lo scopo, apertamente e precisamente riconosciuto, di arrivare appunto «alla caduta»; e che per questo sia necessaria « tutta una serie di passaggi » — da una fase all’altra, da un gradino airaltro della lotta — lo ha rico- nosciuto anche Marx negli anni 1840, quando scriveva nel Mani- festo che non si può separare il movimento verso il nuovo sistema dal movimento operaio (e quindi dalla lotta per le riforme), e proponeva egli stesso, a conclusione, una serie di misure pratiche 0G . Se il signor Struve voleva dire che la concezione di Marx si è sviluppata, egli, certamente, ha ragione. Ma allora noi vediamo qui non una « correzione » alle vedute di Marx, bensì precisamente l’op- posto: la loro applicazione, la loro attuazione. Nè possiamo essere d’accordo con l’atteggiamento dell’autore verso il populismo. « La nostra letteratura populista — egli dice — ha afferrato il contrasto tra ricchezza nazionale e benessere popolare, tra pro- gresso sociale e progresso della distribuzione» (p. 131). Il populismo non ha « afferrato » questo contrasto, ma ha solo costatato l’esistenza, nella Russia posteriore alla riforma, del me- desimo contrasto fra il progresso, la cultura, la ricchezza, da una parte, e, dall’altra, la liberazione del produttore dai mezzi di prò- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 453 duzione, la diminuzione della quota del prodotto del lavoro popo- lare spettante al produttore, l’aumento della miseria e della disoc- cupazione che ha determinato questo contrasto anche in Occidente. « ... In virtù del suo carattere umanitario, filantropico, questa letteratura ha subito risolto il problema in favore del benessere popolare, e siccome alcune forme economiche popolari ( obstcina , artel) chiaramente incarnavano l’ideale dell’eguaglianza economica e assicuravano così il benessere popolare, mentre il progresso della produzione, sotto l’influenza dell’intensificazione degli scambi non prometteva assolutamente di favorire queste forme, in quanto ne scalzava le basi economiche e psicologiche, i populisti, richiaman- dosi alla dolorosa esperienza fatta dall’Occidente con il progresso della produzione fondata sulla proprietà privata e sulla libertà economica, all’economia mercantile, al capitalismo, hanno opposto la cosiddetta ” produzione popolare”, che dovrebbe garantire il benessere popolare, come ideale sociale ed economico, per la cui conservazione e ulteriore sviluppo gli intellettuali russi e il po- polo russo dovrebbero lottare ». In questo ragionamento emergono con tutta chiarezza i di- fetti dell’esposizione del signor Struve. Il populismo viene rappre- sentato come una teoria « umanitaria » che ha « afferrato » il con- trasto fra ricchezza nazionale e povertà popolare, « ha risolto il problema » in favore della distribuzione, perchè « l’esperienza fatta dall’Occidente» non prometteva il benesseie popolare. E l’autore si accinge a polemizzare contro questa « soluzione » del problema, senza accorgersi di combattere solo contro l’involucro idealistico e, per di più, ingenuamente fantastico del populismo, e non contro il suo contenuto, senza accorgersi di commettere già un grave errore accettando quell’impostazione professorale del proble- ma che è propria dei signori populisti. Come è già stato osservato, il contenuto del populismo riflette la mentalità e gli interessi del piccolo produttore russo. Il « carattere umanitario e filantropico » della teoria sono derivati dallo stato di oppressione del nostro pic- colo produttore, che è duramente vessato sia dagli ordinamenti e dalle tradizioni « della vecchia nobiltà » che dal giogo del grande capitale. L’atteggiamento del populismo verso l’« Occidente » e verso la sua influenza sulla Russia è stato determinato, certamente, 454 LENIN non già dal fatto che il populismo « ha afferrato a> questa o quella idea deirOccidente, ma dalle condizioni di vita del piccolo pro- duttore: quest’ultimo si è trovato di fronte il grande capitalismo, che ha fatto propria la tecnica dell’Europa occidentale *, e, suben- done l’oppressione, ha costruito teorie ingenue, le quali spiegano non la politica capitalistica con l’economia capitalistica, ma il capi- talismo con la politica, le quali proclamano che il grande capita- lismo è qualcosa di estraneo alla vita russa, portato dal di fuori. Trovandosi inchiodato alla sua piccola azienda isolata, egli non ha la possibilità di capire il vero carattere dello Stato, e perciò si è ri- volto allo Stato pregandolo di appoggiare e sviluppare la piccola produzione (« popolare »). A causa dello scarso sviluppo dell’an- tagonismo di classe inerente alla società capitalistica russa, è sem- brato che la teoria di questi ideologi della piccola borghesia rap- presentasse gli interessi del lavoro in generale. Invece di rilevare l’assurdità dell’impostazione stessa della que- stione da parte dei populisti e di spiegare la loro « soluzione » di questo problema con le condizioni materiali di vita del piccolo produttore, l’autore stesso nella sua impostazione del problema manifesta un dogmatismo che ricorda la « scelta s> populista fra progresso economico e progresso sociale. « Compito della critica dei principi economici del populismo... è ... dimostrare quanto segue : « i) Il progresso economico è la condizione necessaria del pro- gresso ‘sociale; quest’ultimo scaturisce storicamente dal primo, e, a un certo grado di sviluppo, fra i due processi deve mani- festarsi, e in realtà si manifesta, un’organica azione reciproca, un condizionamento reciproco » (p. 133). In linea generale, questa enunciazione, s’intende, è del tutto giusta’. Ma essa definisce i compiti della critica dei principi sociolo- gici anziché quelli della critica dei principi economici del populi- smo: in sostanza, è una diversa formulazione della dottrina secondo cui lo sviluppo della società è determinato dallo sviluppo delle forze produttive, dottrina di cui si è parlato nei capitoli I e II. Per la critica dei « principi economici del populismo » questo non basta. • Cfr. l’articolo sumportato dalle Olieccstvennye Zapis^i. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 455 È necessario formulare più concretamente la questione, ricondurla dal progresso in generale al « progresso » della società capitalistica russa, a quegli errori nella concezione di questo progresso che hanno generato le ridicole favole populiste sulla tabula rasa , sulla «produzione popolare», sulla mancanza di basi del. capitalismo russo, ecc. Invece di dire che fra il progresso economico e sociale si deve manifestare un’azione reciproca, si devono indicare (o al- meno accennare) fenomeni ben determinati del progresso sociale in Russia e le particolari radici economiche di questi fenomeni che i populisti non sanno vedere *. « 2) Perciò il problema di organizzare la produzione e il grado di produttività del lavoro precede quello della distribuzione; in certe condizioni storiche, quando la produttività del lavoro popo- lare è molto bassa, sia in senso assoluto che relativo, l’importanza fondamentale del fattore produttivo si fa sentire con forza par- ticolare ». L’autore si fonda qui sulla dottrina di Marx concernente l’im- portanza subordinata della distribuzione. Come epigrafe al IV capitolo vengono poste le parole tratte dalle osservazioni al pro- gramma di Gotha e7 , dove Marx oppone il socialismo volgare a quello scientifico, che non attribuisce un’importanza sostanziale alla distribuzione, spiegando il regime sociale con l’organizzazione dei rapporti di produzione e ritenendo che una data organizzazione di questi rapporti implichi già un determinato sistema di distribuzio- ne. Quest’idea, secondo l’osservazione completamente giusta delit- tore, pervade tutta la dottrina di Marx ed ha un’importanza estre- ma per spiegare il contenuto piccolo-borghese del populismo. Ma le ultime parole della frase del signor Struve offuscano notevolmente quest’idea, soprattutto per il termine non chiaro « fattore pro- duttivo ». Può sorgere facilmente un equivoco sul significato da attribuire a questo termine. Il populista condivide l’opinione del piccolo produttore che spiega le sue avversità in modo estrema- rsi può obiettare che in realtà sono io a correre troppo: l'autore, in effetti, ha detto che dalle questioni generali egli intende passare gradualmente a quelle concrete, che esamina appunto nel VI capitolo. Ma il fatto è che l’accennata astrat- tezza della critica del signor Struve costituisce il tratto caratteristico di tutto il suo libro, anche del VI capitolo e persino della parte conclusiva. Deve essere corretta soprattutto la sua impostazione dei problemi . 45 6 LENIN mente superficiale: col fatto che egli è «povero» mentre il vicino sf{tipstci\ è « ricco », col fatto che le « autorità » aiutano solo il grande capitale, ecc., in una parola, con le particolarità della di- stribuzione, con gli errori della politica, ecc. Quale punto di vista gli oppone l’autore ? Il punto di vista del grande capitale, che guarda con disprezzo la misera attività economica del contadino artigiano e si vanta delimito grado di sviluppo della sua produ- zione, del suo « merito », consistente nell’aver aumentato la produt- tività del lavoro popolare, bassa sia in senso assoluto che relativo? oppure il punto di vista dei suoi antipodi, che vivono già in rap- porti talmente sviluppati che non possono accontentarsi dei rife- rimenti alla politica e alla distribuzione, che incominciano a capire che la causa è più profonda e risiede nell’organizzazione stessa (sociale) della produzione, nella struttura stessa dell’economia so- ciale fondata sui principi della proprietà individuale, control- lata e diretta dal mercato? Questa domanda potrebbe sorgere spontanea nel lettore, tanto più che l’autore talvolta adopera l’espressione « fattore produttivo » accanto all’espressione « attività economica» (cfr. p. 171: «ignoranza del fattore produttivo» da parte dei populisti, « che arriva sino alla negazione di qualsiasi attività economica »), tanto più che l’autore talvolta, confrontando la produzione « irrazionale » e quella « razionale », offusca il rap- porto fra il piccolo produttore e il produttore che ha già definiti- vamente perduto i mezzi di produzione. È incontestabile che que- sto non infirma la fedeltà di esposizione dell’autore dal lato obiet- tive ) y che chiunque capisca il carattere antagonistico del regime capitalistico può facilmente rappresentarsi la questione alla luce di quest’ultimo rapporto. Ma siccome è universalmente noto che proprio i signori populisti russi non capiscono tutto questo, sarebbe desiderabile trovare in chi con loro discute una maggiore preci- sione e coerenza e il numero minore possibile di enunciazioni astratte e troppo generali. Come abbiamo cercato di mostrare con un esempio concreto nel capitolo I, tutta la differenza tra il populismo e il marxismo con- siste nel carattere della critica del capitalismo russo . Il populista ritiene sufficiente criticare il capitalismo costatando l’esistenza dello sfruttamento, l’azione reciproca fra questo sfruttamento e la poli- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 457 tica, ecc. Il marxista ritiene indispensabile spiegare questi feno- meni dello sfruttamento e legarli fra loro, come un sistema di deter- minati rapporti di produzione, come una particolare formazione economico-sociale, le cui leggi di funzionamento e di sviluppo pos- sono essere sottoposte a un’analisi obiettiva. Il populista ritiene suffi- ciente, per criticare il capitalismo, condannarlo dal punto di vista dei suoi ideali, dal punto di vista « della scienza moderna c delle moderne idee morali ». Il marxista ritiene indispensabile analiz- zare in tutti i particolari le classi che si formano nella società capitalistica, ritiene fondata solo la critica dal punto di vista di una classe determinata, la critica che s'impernia non su giudizi morali deH’« individuo », ma sulla definizione precisa del processo so- ciale effettivamente in atto. Se si tenta su questa base di definire i compiti della critica dei principi economici del populismo, si potrebbe esprimerli all’incirca nel modo seguente: È necessario dimostrare che il grande capitalismo in Russia sta alla « produzione popolare » come un fenomeno pienamente svi- luppato sta a un fenomeno non sviluppato, come la fase superiore di sviluppo della formazione sociale capitalistica sta alla sua fase inferiore *; che la liberazione del produttore dai mezzi di produ- zione e rappropriazione del prodotto del suo lavoro da parte di chi detiene il denaro devono essere spiegate sia nella fabbrica che nel villaggio, anche se associato in obsteina , non con la politica, non con la distribuzione, ma con quei rapporti di produzione che necessariamente si formano nelleconomia mercantile, con quella formazione di classi, i cui interessi sono antagonistici, che caratte- rizza la società capitalistica **; che quella realtà (la piccola produ- * L'analisi dell’aspetto economico deve essere naturalmente completata con Tanalisi delle sovrastrutture sociali, giuridico-politiche e ideologiche. Non avendo compreso il legame del capitalismo con la « produzione popolare », i populisti ri- tengono che la riforma contadina, il potere statale, gli intellettuali, ecc., abbiano un carattere non di classe. L’analisi materialistica, riconducendo tutti questi feno- meni alla lotta di classe, deve mostrare concretamente che dopo la riforma il « progresso sociale » della Russia è stato solo una conseguenza del « progresso economico » capitalistico. La «revisione dei fatti» della realtà economica russa, particolarmente di quella da cui i populisti attingono il materiale per le loro fantasticherie da edu- 458 LENIN zione), che i populisti vogliono innalzare a un livello superiore evitando il capitalismo, contiene già il capitalismo, con l’antagoni- smo delle classi e i conflitti fra le classi ad esso inerenti, ma solo nella sua forma peggiore, nella forma che ostacola l’attività indi- pendente del produttore, e che perciò i populisti, ignorando gli an- tagonismi sociali già formatisi e fantasticando su «altre vie per la patria », sono utopisti reazionari, perchè il grande capitalismo non fa che sviluppare, depurare e chiarire il contenuto di questi anta- gonismi, che in Russia esistono ovunque. Dipende direttamente dalla formulazione troppo astratta dei compiti della critica economica del populismo anche Tulteriore esposizione dell’autore, che vuole dimostrare la « necessità » e il « ca- rattere progressivo » non del capitalismo russo, ma di quello del- l’Europa occidentale. Senza toccare direttamente il contenuto eco- nomico della dottrina populista, questa esposizione offre tuttavia molti spunti interessanti e istruttivi. Nella nostra letteratura popu- lista si sono levate più volte voci di sfiducia nei confronti del mo- vimento operaio dell’Europa occidentale. Questo si è visto con particolare chiarezza durante l’ultima polemica del signor Mikhai- lovski e C. contro i marxisti (Rass\oie Bogatstvo , 1893-1894). Noi non abbiamo ancora visto niente di buono nel capitalismo, scri- veva allora il signor Mikhailovski *. L’assurdità di queste vedute canda, vale a dire dell’economia contadina e artigiana, deve mostrare che la causa della condizione di oppressione del produttore non risiede nella distribu- zione ( nei confronti del < popolo » e non si vogliono dedi- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 461 lano non interessanti e la loro forza un'impotenza, la colpa o è di quegli sciagurati sofisti che dividono il popolo indivisibile in diversi campi nemici *, ... o di un particolare dell’esecuzione che ha fatto fallire l’assieme; o di un caso imprevisto che ha fatto andare a monte tutto 1 * affare. Ad ogni modo, il democratico esce sempre senza macchia; e la disfatta crea in lui la nuova con- vinzione ch’egli deve vincere, non perchè egli stesso e il suo partito cambieranno il loro vecchio modo di vedere, ma al con- trario perchè gli avvenimenti, maturando, gli verranno incontro» (ihm entgegenzureifen haben. Der achtzehnte Brumaire u. s . w. t p* 39) **• Gli esempi riportati dall’autore stesso dimostrano che è errato definire i populisti ideologi dell’economia naturale e dell'egua- glianza primitiva. « Come curiosità si deve notare — dice il signor Struve — che il signor Nik.-on chiama tuttora Vasilcikov economi- sta liberale » (p. 169). Se si considera questo appellativo nella so- stanza , esso non è affatto curioso. Vasilcikov include nel suo pro- gramma il credito a buon mercato e largamente diffuso. Il signor Nikolai-on non può non vedere che sul terreno di una società ca- pitalistica, qual è la società russa, il credito non farà che raffor- zare la borghesia, condurrà allo « sviluppo e al consolidamento dei rapporti capitalistici » (Saggi, p. 77), Vasilcikov, come del resto tutti i populisti, con le sue misure pratiche rappresenta gli inte- ressi esclusivi della piccola borghesia. È curioso qui forse solo il fatto che il signor N.-on, troneggiando accanto ai pubblicisti della Russ\oìe Bogatstvo , non veda « tuttora » che anch’essi sono dei piccoli «economisti liberali», esattamente come il principe Vasil- cikov. La teoria dell’utopismo si concilia agevolmente in pratica con i progressi piccolo-borghesi. Questa qualificazione del popu- lismo è per di più confermata da Golovacev, che comprende care allo studio preciso della posizione e degli interessi di ogni singola classe, non vogliono esaminare se gli interessi di una certa categoria di produttori si intrec- cino con gli interessi dei « predoni », indebolendo la forza di resistenza dei primi nei confronti di questi ultimi. • Secondo i populisti russi i colpevoli sono i malefici marxisti, che innestano artificialmente il capitale e i suoi antagonismi di classe nel terreno sul quale così rigogliosamente sbocciano i fiori del « reciproco adattamento sociale » e dell e atti- vità solidale» (signor V.V, in Struve, p. 161). 462 LENIN quanto sarebbe assurdo assegnare un nadiel a tutti, senza eccezione, e propone « crediti a buon mercato per il popolo lavoratore ». Il signor Struve, criticando questa « mirabolante » teoria, si occupa solo dalla sua inconsistenza teorica, senza però, a quanto sembra, affer- rarne il contenuto piccolo-borghese. Occorre soffermarsi ancora, a proposito del capitolo V, sulla « legge dei bisogni medi » del signor Stcerbina. Ciò è importante per giudicare il malthusianesimo del signor Struve, che è ben evi- dente nel capitolo VI. La « legge » consiste nel fatto che, raggrup- pando i contadini secondo le dimensioni del loro nadiel , si ottiene la media dei bisogni della famiglia contadina (vale a dire le spese per le varie necessità), che oscilla pochissimo (secondo i gruppi); inoltre il signor Stcerbina calcola le spese per abitante. Il signor Struve sottolinea con soddisfazione che questa « legge » « ha un’immensa importanza », perchè, egli dice, conferma la « legge universalmente nota » di Malthus, secondo cui « il benes- sere e laumento della popolazione sono determinati dai mezzi di sussistenza che le sono accessibili». Non si capisce perchè il signor Struve si rallegri per questa legge. Non si capisce in che modo si possa scorgere una « legge », e per di più di « enorme importanza *, nei calcoli del signor Stcerbina. È del tutto naturale che, non esistendo differenze particolarmente grandi nel tenore di vita delle singole famiglie contadine, otte- niamo medie poco oscillanti se dividiamo i contadini in gruppi; soprattutto se nel dividerli prendiamo come base le dimensioni del loro nadiel , che non definiscono direttamente le condizioni economiche della famiglia (perchè il nadiel può essere stato ce- duto, mentre può anche essere stata presa in affitto altra terra), e sono del tutto eguali per il contadino ricco e il contadino povero, le cui famiglie hanno un numero identico di membri soggetti alle imposte. I calcoli del signor Stcerbina dimostrano solo che egli ha scelto un metodo di raggruppamento poco felice. Che il signor Stcerbina veda in ciò una qualche legge da lui sco- perta, è gioito strano. Non meno strano è il vedere qui una con- ferma della legge di Malthus, come se dalle dimensioni del nadiel fosse possibile valutare i mezzi di sussistenza accessibili al con- tadino », senza prendere in considerazione nè Taffitto nè le « occu- IL CONTENUTO economico del populismo 463 pazioni ausiliarie », nè la dipendenza economica del contadino dal grande proprietario fondiario e dallo sfapstcil^. À proposito di questa « legge » (e la sua esposizione da parte del signor Stcer- bina mostra che Fautore stesso della « legge » annette un’im- portanza incredibile alle sue cifre medie che non dimostrano proprio nulla) il signor Struve dice: «** Produzione popola- re ” in questo caso significa semplicemente azienda senza impiego di lavoro salariato. Che in questa organizzazione dell’azienda il ” plusvalore ” resti nelle mani del produttore è incontestabile» (p. 176). E l’autore osserva che, se la produttività del lavoro è bassa, questo non impedisce al rappresentante di tale « produzione po- polare » di vivere peggio dell’operaio. L’entusiasmo per il malthu- sianesimo ha condotto l’autore a una definizione inesatta della si- tuazione descritta. Il capitale commerciale e usurario assoggetta il lavoro in ogni villaggio russo e — senza convertire il produttore in operaio salariato — gli toglie non meno plusvalore di quanto il capitale industriale ne tolga al lavoratore. Il signor Struve ha os- servato giustamente sopra che la produzione capitalistica subentra dal momento in cui fra il produttore [e il consumatore*] si pone il capitalista , sebbene questi si limiti ad acquistare dal produttore in- dipendente (in apparenza) la merce finita (p. 99 e nota 2); e fra i produttori russi « indipendenti » sarebbe difficile trovare qualcuno che non lavori per il capitalista (mercante, sfapttcì{, kulak, ecc.). Uno dei più grossi errori dei populisti è che essi non vedono il legame strettissimo e inscindibile fra l’organizzazione capitalistica dell’economia sociale russa e il dominio assoluto del capitale com- merciale nel villaggio. Perciò l’autore dice molto giustamente che «la stessa locuzione ” produzione popolare” nel significato in cui l’adoperano i signori populisti non risponde ad alcun ordina- mento storico reale. Da noi, in Russia, sino al 1861 la "produ- zione popolare ” era strettamente legata con il regime feudale, ma poi, dopo il 1861, si è verificato a ritmo accelerato lo sviluppo dell’economia mercantile, che non ha potuto non contaminare la purezza della produzione popolare» (p. 177). Quando il populi- sta dice che l’appartenenza dei mezzi di produzione al produt- Omcsso da Lcnio (N.d.R.), 4 6 4 LENIN tore è un principio tradizionale della vita russa, egli non fa altro che travisare la storia a favore della sua utopia, mediante un sot- terfugio verbale: nel regime feudale i mezzi di produzione erano dati dal grande proprietario fondiario al produttore affinchè que- st’ultimo potesse eseguire per lui la bar steina ; il nadiel era una spe- cie di salario in natura, un mezzo « tradizionale » di appropria- zione del plusprodotto. L’abolizione della servitù della gleba non è stata affatto una «liberazione» del produttore; essa ha significato solo un cambiamento di forma del plusvalore. Se qua e là in Inghilterra la caduta della servitù della gleba ha creato contadini effettivamente indipendenti e liberi, la nostra riforma ha com- piuto di colpo il passaggio dall’« ignominioso » plusprodotto feu- dale al « libero » plusvalore borghese. Capitolo iv LA SPIEGAZIONE DI ALCUNI TRATTI DELL’ECONOMIA RUSSA DOPO LA RIFORMA NEL LIBRO DEL SIGNOR STRUVE L’ultimo (sesto) capitolo del libro del signor Struve è dedi- cato alla questione più importante: lo sviluppo economico della Russia. Per il suo contenuto teorico questo capitolo si divide nelle parti seguenti: i) sovrappopolazione nella Russia agricola, suo ca- rattere e sue cause; 2) disgregazione della massa contadina, suo significato e sue cause; 3) funzione del capitalismo industriale nella rovina dei contadini; 4) economia privata, carattere del suo svi- luppo, e 5) la questione dei mercati per il capitalismo russo. Prima di passare alesarne deirargomentazione del signor Struve su cia- scuna di queste questioni, ci soffermeremo sulle sue osservazioni a proposito della riforma contadina. L’autore protesta contro l’interpretazione « idealistica » della riforma, e accenna alle esigenze dello Stato, che richiedevano un aumento della produttività del lavoro, al riscatto, alla pres- sione « dal basso ». Purtroppo l’autore non ha condotto sino in fondo la sua legittima protesta. I populisti spiegano la riforma con lo sviluppo delle idee « umanitarie » ed « emancipatrici » nella IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 465 « società ». Questo sviluppo è incontestabile, ma spiegare con esso la riforma significa cadere in una vuota tautologia, in quanto si riconduce 1 *« emancipazione » alle idee « emancipatrici ». Per il materialista è indispensabile l’esame particolareggiato del conte- nuto delle misure che sono state attuate in nome delle idee. Non ce stata nella storia nessuna « riforma » importante, anche se con carattere di classe, in prò della quale non si sia fatto uso di pa- role e idee elevate. Lo stesso accade per la riforma contadina. Se ci si sofferma sul contenuto effettivo dei cambiamenti da essa operati, risulterà che il loro carattere è il seguente: una parte dei contadini è stata spossessata, e — fatto essenziale — gli altri contadini, ai quali è stata lasciata una parte della loro terra, hanno dovuto riscattarla dai grandi proprietari come cosa che non appar- tenesse loro per nulla, e per di più a un prezzo artificialmente elevato. Simili riforme non solo da noi, in Russia, ma anche in Occidente sono state ammantate con le teorie della « libertà » e dell’« eguaglianza »; ed è stato già dimostrato nel Capitale che la produzione mercantile è stata precisamente il terreno su cui sono sorte le idee di libertà ed eguaglianza. In ogni caso, per quanto sia complesso il meccanismo burocratico che ha attuato la riforma in Russia, per quanto esso sia lontano, apparentemente *, dalla stessa borghesia, resta il fatto incontestabile che solo sul terreno di questa riforma son potuti sorgere gli ordinamenti borghesi . Il signor Struve osserva molto giustamente che è errato contrapporre come si fa di solito la riforma contadina russa a quella dell’Eu- ropa occidentale: «è completamente sbagliata (in forma così generale) l’affermazione che nell’Europa occidentale i contadi- ni siano stati liberati senza la terra o, in altri termini, sposses- sati con mezzi legislativi » (p. 196). Sottolineo le parole * in forma cosi generale» perchè lo spossessamento dei contadini con mezzi legislativi è un fatto storico irtcontestabile dovunque sia stata attuata la riforma contadina, ma non è un fatto universale, giacché una parte dei contadini, mentre veniva liberata dalla di- pendenza feudale, ha riscattato la terra dai grandi proprietari fon- • In realtà, come si è rilevato sopra, questo meccanismo, e per la 'sua composizione e per la sua origine storica, non ha potuto che servire la borghesia. 31-572 4 66 LENIN diari nell'Occidente e la riscatta anche nel nostro paese. Solo dei borghesi sono capaci di dissimulare questa realtà del riscatto e di asserire che la « liberazione dei contadini con la terra * ha fatto della Russia una tabula rasa » (parole di un certo signor Iakovlev, «approvate di tutto cuore» dal signor Mikhailovski; cfr. p. io in P. Struve). I Passiamo ora alla teoria del signor Struve sul « carattere della sovrappopolazione nella Russia agricola ». Questo è uno dei punti più importanti, nei quali il signor Struve si allontana dalla « dot- trina » del marxismo avvicinandosi alla dottrina del malthusia- nesimo. Nella sua polemica col signor N.-on, egli sostiene in so- stanza che nella Russia agricola la sovrappopolazione « non è ca- pitalistica, ma, per così dire, semplice, corrispondente all’economia naturale » ** Siccome il signor Struve dice che la sua obiezione al signor Nik.-on « coincide interamente con Tobiezione generale mossa da F. A. Lange alla teoria della sovrappopolazione relativa di Marx » (p. 183, nota), ci occuperemo anzitutto di controllare la validità di questa « obiezione generale » di Lange. Lange tratta della legge della popolazione di Marx nel ca- pitolo V della sua Questione operaia (traduzione russa, pp. 142-178). Egli prende le mosse dalla tesi fondamentale di Marx che « di fatto ogni modo di produzione storico particolare ha le proprie leggi della popolazione, particolari, storicamente valide. Una legge astratta della popolazione esiste soltanto per le piante e per gli animali » 0fl . Lange obietta : « Ci sarà permesso osservare in primo luogo che anche per * Per rispettare la verità si dovrebbe dire: concessione a una parte dei conta- dini del diritto di riscattare dai grandi proprietari fondiari una parte del proprio nadìel a prezzo raddoppiato. E non è giusto nemmeno il termine « concessione s>, perchè il contadino, se rifiutava di « avere assicurato il nadiel » in questo modo, era minacciato di fustigazione neU*uffìcio del volost. •* Così si esprime il signor Struve nel suo articolo sul Sozialpoìitìsches Central « blatt (1893, n. 1, 2 ottobre). Egli aggiunge di non ritenere « malthusiana » que- sta opinione. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 467 le piante e per gli animali, a rigor di termine, non esiste nessuna legge ” astratta ” della riproduzione, perchè in generale Tassa- zione è solo l’enucleazione delTuniversale in tutta una serie di fenomeni omogenei s> (p. 143), e Lange spiega minuziosamente a Marx che cos’è Tassazione. È chiaro che egli semplicemente non ha capito il significato delTaffermazione di Marx. Marx contrappone in questo campo l’uomo alle piante e agli animali in base alla considerazione che il primo vive in organismi sociali dif- ferenti, i quali si succedono storicamente e sono determinati dal sistema della produzione sociale e, per conseguenza, anche dalla distribuzione. Le condizioni di riproduzione delTuomo dipendono direttamente dalla struttura dei diversi organismi sociali, e perciò la legge della popolazione dev’essere studiata separatamente per ciascuno di questi organismi e non « astrattamente », senza ri- guardo alle forme storicamente diverse della struttura sociale. La spiegazione di Lange che Tastrazione è Tenuclazione delTuni- versale dai fenomeni omogenei, si rivolge interamente contro lo stesso autore: noi possiamo ritenere omogenee solo le condizioni di esistenza degli animali e delle piante, ma in nessun modo quelle delTuomo, poiché sappiamo che egli ha vissuto in unioni sociali diverse per il tipo d’organizzazione. Dopo aver poi esposto la teoria di Marx sulla sovrappopola- zione relativa in un paese capitalistico, Lange dice: «a prima vista può sembrare che questa teoria spezzi il lungo filo che at- traversa tutta la natura organica, uomo compreso, che essa spie- ghi i fondamenti della questione operaia come se le indagini gene- rali sull’esistenza, la riproduzione e il perfezionamento del ge- nere umano fossero del tutto superflue per il nostro scopo, vale a dire per la comprensione della questione operaia » (p. 154) *. La teoria di Marx non spezza affatto il filo che attraversa tutta la natura organica, uomo compreso: esige solo che la «questione operaia » — giacché tale questione esiste solo nella società capi- talistica — non sia risolta sulla base di « indagini generali » sulla * E in che cosa possono consistere queste «indagini generali»? Se ignorano le formazioni economiche particolari della società umana, si riducono a ba- nalità. E se devono abbracciare alcune formazioni, è evidente che devono essere precedute da indagini particolari su ogni formazione singola. LENIN riproduzione dell’uomo, ma sulla base di indagini particolari sulle leggi dei rapporti capitalistici. Ma Lange è di diversa opinione: « nella realtà — egli dice — non è così. Prima di tutto è chiaro che il lavoro di fabbrica già nei suoi primi embrioni presuppone la miseria » (p. 154). E Lange dedica una pagina e mezza alla dimostrazione di questa tesi, che è di per sè evidente e che non ci fa avanzare nemmeno di un millimetro: in primo luogo, noi sappiamo che il capitalismo stesso crea la miseria ancora prima di quella fase del suo sviluppo in cui la produzione assume la forma di produzione di fabbrica, prima che le macchine creino la popolazione eccedente; in secondo luogo, anche la stessa forma di struttura sociale anteriore al capitalismo, quella feudale, fon- data sulla servitù della gleba, ha creato una miseria sua particolare, che è appunto quella trasmessa in eredità al capitalismo. « Ma persino con un ausiliario così potente [vale a dire con la miseria] il primo imprenditore solo in casi rari riesce ad attirare una quantità considerevole di forza-lavoro verso un nuovo ge- nere di attività. Di solito le cose si svolgono nel modo seguente. Da un centro in cui l’industria di fabbrica si è già conquistata il diritto di cittadinanza l’imprenditore porta con sè un contingente di operai; a questo contingente egli aggrega alcuni contadini senza terra *, che in quel momento non hanno lavoro, e Tulteriore com- pletamento del contingente di operai esistente lo si recluta ormai nella giovane generazione » \(p. 156). Lange scrive in corsivo le ultime due parole. Evidentemente, le « indagini generali sull’esi- stenza, la riproduzione e il perfezionamento del genere umano » hanno trovato la loro espressione precisamente nell’affermazione che rindustriale recluta i nuovi operai nella « giovane genera- zione » e non nella vecchia generazione che tramonta. Il buon Lange continua ancora per un’intiera pagina (p. 157) queste « inr dagini generali» raccontando al lettore che i genitori si sforzano di assicurare l’avvenire ai loro figli, che i moralisti oziosi hanno •Fra parentesi; da dove provengono questi «contadini senza terra»? Proba- bilmente, secondo Topinione d» Lange, non sono un residuo degli ordinamenti feudali e nemmeno un prodotto del dominio del capitale, ma un risultato del fatto che « nel costume popolare non si è consolidata la tendenza della limitazione volontaria delle nascite» (p. 157). IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 4*9 torto di condannare il desiderio di uscire dalla condizione nella quale si è nati, che è del tutto naturale cercare di assicurare ai figli un’occupazione indipendente. Solo dopo avere esaurito tutte queste argomentazioni, che avrebbero trovato meglio il loro pc*to in esercizi calligrafici, arriviamo alla questione: * In un paese agricolo, in cui il suolo appartiene a piccoli e grandi proprietari, se nel costume popolare non si è radicata la tendenza alla limitazione volontaria delle nascite, sorge inevita- bilmente un’eccedenza permanente della manodopera e dei con- sumatori che vogliono vivere con i prodotti di quel territorio » (pp. 157-158). Lange si limita a enunciare questo principio pretta- mente malthusiano senza addurre alcuna prova. Lo ripete poi più volte, dicendo che « in ogni caso la popolazione di tale paese, an- che se in cifra assoluta è molto scarsa, presenta di solito i sintomi della sovrappolazione relativa », che « sul mercato prevale costan- temente l’offerta di lavoro, mentre la domanda resta insignifi- cante » (p. 158), ma tutte queste rimangono affermazioni assoluta- mente gratuite. Da che cosa risulta che « l’eccedenza di operai » sia effettivamente «inevitabile»? Come si dimostra il legame di que- sta eccedenza con il fatto che nel costume popolare manca la ten- denza alla limitazione volontaria delle nascite? Prima di ragionare sul « costume popolare », non si dovrebbero esaminare i rapporti di produzione nei quali vive il popolo di quel paese? Immaginia- mo, per esempio, che i piccoli e i grandi proprietari di cui parla Lange si siano uniti per produrre beni materiali in questo modo: i piccoli proprietari hanno ricevuto dai grandi degli appezzamenti di terra per il proprio mantenimento, e in cambio eseguono per loro la barsteina coltivando i loro campi. Immaginiamo poi che questi rapporti siano stati distrutti, che le idee umanitarie ab- biano fatto talmente girare la testa ai grandi proprietari da indurli a « liberare i loro contadini con la terra », vale a dire a stralciare circa il 20% della terra dai nadiel dei contadini, costringendo questi ultimi ad acquistare il restante 80 % della terra a un prezzo raddoppiato. È evidente che questi contadini, garantiti così dalla « piaga del proletariato », per poter vivere devono continuare a lavorare per i grandi proprietari; ma ora non lavorano più agli ordini del gastaldo servo, come prima, ma in base a un libero 470 LENIN contratto: per conseguenza si portan via il lavoro a vicenda, perchè non sono più legati insieme e ciascuno lavora per pro- prio conto. Questo sistema di soppiantare gli altri nel lavoro elimina inevitabilmente alcuni contadini: siccome essi, in seguito alla riduzione del nadiel e all’aumento degli oneri, sono divenuti più deboli nei confronti del grande proprietario, la loro concor- renza aumenterà il saggio del plusprodotto e il grande proprie- tario avrà bisogno di un numero minore di contadini. Per quanto si consolidi nel costume popolare la tendenza alla limitazione vo- lontaria delle nascite, la formazione di un’« eccedenza » è sempre egualmente inevitabile. Il ragionamento di Lange, che ignora i rapporti economico-sociali, è solo una chiara prova dell’erroneità dei suoi metodi. E Lange non sa far altro che ripetere ragionamenti del genere. Egli dice che i fabbricanti trasferiscono volentieri le loro aziende nei villaggi più remoti, perchè là « si ha sempre a disposizione la quantità occorrente di mano d'opera infantile per qualsiasi lavoro » (p. 161), senza indagare quale storia, quale modo della produzione sociale abbia creato questa « disposizione » dei genitori a cedere in servitù i loro figli. I suoi metodi si mani- festano con il massimo risalto nel seguente ragionamento: egli cita Marx, il quale dice che l’industria meccanizzata, dando al capi- tale la possibilità di acquistare il lavoro delle donne e dei fan- ciulli, rende l’operaio « mercante di schiavi ». «Ecco dove sfociato il discorso!» — esclama trionfalmente Lange. — « Ma è forse possibile pensare che l’operaio che vende la propria forza-lavoro per miseria, sarebbe passato così facilmente anche al commercio della moglie e dei figli, se a questo passo non l’avessero spinto da un lato il bisogno e dall’altro la ten- tazione? » (p. 163). Il buon Lange ha spinto il suo zelo sino a difendere l’operaio da Marx, dimostrando a Marx che l’operaio «è spinto dal bi- sogno ». ... « E che cos’altro rappresenta in sostanza questo bisogno che cresce sempre più, se non una metamorfosi della lotta per resi- stenza? » (p. 163); Ecco a quali scoperte conducono le « indagini generali sull’esi- stenza, la riproduzione e il perfezionamento del genere umano»! IL CONTENirTO ECONOMICO DEL POPULISMO 471 Veniamo forse a sapere qualcosa sulle cause del «bisogno», sul suo contenuto politico-economico e sul suo sviluppo, se ci viene detto che questa è una metamorfosi della lotta per resistenza? Ma, volendolo, questo si può dire di ogni cosa: dei rapporti delPope- raio con il capitalista, del proprietario terriero con il fabbricante e con il contadino servo della gleba, ecc. ecc. Il tentativo di Lange di correggere Marx non ci dà altro che simili inconsistenti bana- lità o ingenuità. Vediamo ora che cosa dice per convalidare que- sta correzione il signor Struve, seguace di Lange, nella sua argo- mentazione su un problema concreto, e precisamente sulla sovrap- popolazione nella Russia agricola. La produzione mercantile — incomincia il signor Struve — au- menta la capienza del paese. « Lo scambio esercita tale azione non solo mediante la completa riorganizzazione tecnica ed eco- nomica della produzione, ma anche nei casi in cui la tecnica della produzione rimane al livello precedente e l’economia naturale mantiene, nelPeconomia generale della popolazione, la vecchia funzione dominante. Ma, in questo caso, dopo una breve ripresa, compare in modo del tutto inevitabile la "sovrappopolazione”; se la produzione mercantile ne è responsabile, lo è tuttavia solo: 1) come stimolante , 2) come fattore che complica la situazione? (p. 182). La sovrappopolazione sarebbe comparsa anche senza l’economia mercantile: essa ha un carattere non capitalistico. Ecco le considerazioni esposte dall’autore. Sin dal primo mo- mento esse colpiscono per la stessa infondatezza che abbiamo vi- sto in Lange: si aiferma che la sovrappopolazione economica na- turale è inevitabile, ma non si spiega quale processo precisamente la crei. Esaminiamo i fatti in cui l’autore trova la conferma delle sue opinioni. I dati per il 1762-1846 mostrano che l’aumento della popola- zione in generale non è stato affatto rapido: l’incremento annuo è stato dell’ 1,07-1, 5%. Inoltre, secondo quanto dice Arseniev, la popolazione è aumentata più rapidamente nei governatorati «ce- realicoli». Questo «fatto», conclude il signor Struve, «è estrema- mente caratteristico delle forme primitive deH’economia popo- lare, dove l’aumentQ della popolazione si trova in dipendenza di- retta dalla fertilità naturale, dipendenza che, per così dire, si può 472 LENIN toccare con mano ». Questo è dovuto alla « legge della corrispon- denza fra la riproduzione della popolazione e i mezzi di sussisten- za » (p. 185). «Quanto più estesa è la superficie agricola e quanto più elevata è la fertilità -naturale della terra, tanto maggiore è l’incremento naturale della popolazione » (p. 186). La conclusione manca assolutamente di prove: sulla base del solo fatto che nei governatorati della regione centrale della Russia europea la po- polazione ha registrato Tincremento minore dal 1790 al 1846 nei governatorati di Vladimir e Kaluga, si costruisce tutta una legge sulla corrispondenza tra la riproduzione della popolazione e i mezzi di sussistenza. Dalla « superficie agricola » si possono forse valutare i mezzi di sussistenza della popolazione? (Anche am- mettendo che da dati così scarsi si possano trarre conclusioni ge- nerali). Certamente questa « popolazione » non si è appropriata di- rettamente i prodotti «della fertilità naturale» da essa ottenuti: li ha divisi con i grandi proprietari fondiari, con lo Stato. Non è forse chiaro che questo o quel sistema di economia basato sulla grande proprietà fondiaria — obro\ o barsteina , entità dei tributi e metodi di esazione, ecc. — hanno influito in misura incompara- bilmente maggiore sulla quantità dei « mezzi di sussistenza » che spettano alla popolazione di quanto vi abbia influito la superfìcie agricola di cui i produttori non hanno il possesso esclusivo e li- berò? Ma vi è di più. Indipendentemente dai rapporti sociali che trovavano la loro espressione nella servitù della gleba, la popolazio- ne era anche allora vincolata allo scambio: « la separazione dell’in- dustria di trasformazione dall'agricoltura — dice giustamente l’au- tore — , vale a dire la divisione sociale, nazionale del lavoro, esi- steva anche nelPepoca anteriore alla riforma » (p. 189). Ci si do- manda : perchè in tal caso dobbiamo pensare che i « mezzi di sussi- stenza » fossero meno abbondanti per l’artigiano o il negoziante di bestiame di Vladimir, i quali vivono fra le paludi, che per il modesto proprietario terriero di Tambov con tutta la sua « ferti- lità naturale del suolo»? Poi il signor Struve riporta i dati sulla diminuzione dei servi della gleba prima dell’emancipazione. Gli economisti, di cui egli cita l’opinione, attribuiscono questo fenomeno al « declino del be- nessere » (p. 189). L’autore conclude: IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 473 « Ci siamo soffermati sulla diminuzione del numero dei servi della gleba prima dell’emancipazione, perchè questo fatto, se- condo noi, getta una chiara luce sulla situazione economica della Russia in quell’epoca. Una parte considerevole del paese era... sa- tura di popolazione, date le condizioni tecnico-economiche e giuridico-sociali allora esistenti : queste ultime erano chiaramente sfavorevoli a un più o meno rapido aumento per quasi il 40 % di tutta la popolazione » (p. 189). Che cosa c’entra qui la < legge > di Malthus sulla correlazione fra riproduzione e mezzi di sussi- stenza, dato che gli ordinamenti sociali del feudalesimo convo- gliavano questi mezzi di sussistenza nelle mani di un gruppo ristretto di grandi proprietari terrieri, lasciandone priva la massa della popolazione, il cui aumento è oggetto deirindagine ? Si può forse riconoscere un qualsiasi valore, per esempio, alla considera- zione dell’autore secondo cui l’incremento minimo si è verificato 0 nei governatori poco fertili e con un’industria debolmente svi- luppata, 0 nei governatorati puramente agricoli a popolazione molto fitta? Il signor Struve vuol vedere in questo una manife- stazione della « sovrappopolazione non capitalistica >, che dovrebbe manifestarsi anche senza l’economia mercantile e che « corrisponde all’economia naturalo. Ma con lo stesso, se non con maggiore fondamento si potrebbe dire che questa sovrappopolazione cor- risponde all’economia feudale, che il lento incremento della po- polazione è dipeso soprattutto dall’intensificato sfruttamento del lavoro contadino, verificatosi in seguito allo sviluppo della produ- zione mercantile nelle aziende dei grandi proprietari fondiari, da quando essi hanno incominciato a servirsi della barstcina per pro- durre grano per la vendita , e non solo per il proprio fabbisogno. Gli esempi citati si ritorcono contro l’autore in quanto attestano l’impossibilità di costruire una legge astratta sulla popolazione secondo la formula della correlazione fra il suo aumento e i mezzi di sussistenza, ignorando i sistemi storici particolari dei rapporti sociali e le fasi del loro sviluppo. Il signor Struve, passando al periodo posteriore alla riforma, dice: «nella storia della popolazione dopo la caduta della servitù della gleba scorgiamo lo stesso tratto fondamentale che esisteva an- che prima dellemancipazione. Il maggiore o minore aumento della 474 LENIN popolazione in generale dipende direttamente dalla superficie agri- cola e dal nadiel » (p. 198). Questo viene documentato con una tabella che classifica i contadini secondo le dimensioni del loro nadtel , e dalla quale risulta che [‘incremento della popolazione è tanto più sensibile quanto maggiori sono le dimensioni del nadtel. « E non potrebbe essere diversamente nella condizione dell’econo- mia naturale , ” per il consumo personale ” che serve prima di tutto a soddisfare i bisogni del produttore stesso» (p. 199). Effettivamente, se fosse così , se il nadiel servisse prima di tutto per il soddisfacimento diretto dei bisogni del produttore, se costi- tuisse l’unica fonte di soddisfacimento di questi bisogni, allora, e soltanto allora, sarebbe possibile dedurre da simili dati una legge generale deH’aumento della popolazione. Ma noi sappiamo che non è così. I nadiel servono « prima di tutto » per soddisfare i bisogni dei grandi proprietari fondiari e dello Stato: essi sono tolti ai possessori, se questi « bisogni » non vengono soddisfatti tempestivamente, e sono gravati di obblighi pecuniari che supe- rano il loro rendimento. Inoltre, questa non è l’unica risorsa del contadino. Il deficit nell'azienda — dice l'autore — deve ripercuo- tersi sulla popolazione preventivamente e negativamente. Inoltre le occupazioni ausiliarie, allontanando la popolazione maschile adulta, frenano l’aumento della popolazione (p. 199). Ma se il deficit dell’azienda fondata sul nadiel viene coperto con l’af- fitto o con il provento delle occupazioni ausiliarie, i mezzi di sus- sistenza del contadino possono risultare del tutto sufficienti per un « energico aumento della popolazione >. È incontestabile che le circostanze possono prendere una piega così favorevole solo per una minoranza di contadini, ma — mancando un esame speci- fico dei rapporti di produzione in seno alla massa contadina — non risulta in nessun modo che questo incremento proceda in modo uniforme, che esso non sia prevalentemente determinato dal benessere di una minoranza. Infine, l’autore stesso pone come pre- messa per la dimostrazione della sua tesi l’economia naturale, men- tre dopo la riforma, per suo proprio riconoscimento, la produzione mercantile c penetrata come una potente ondata nella vita. È. evi- dente che i dati dell’autore non bastano affatto per stabilire una legge generale dell aumento della popolazione . Anzi, la « sempli- IL CONTENUTO ECONOMICO DEL TOrULlSMO 475 cita » astratta di questa legge, fondata sul presupposto che i mezzi di produzione nella società che stiamo analizzando « servono pri- ma di tutto per il soddisfacimento immediato dei bisogni del pro- duttore stesso », dà una spiegazione completamente sbagliata e del tutto gratuita di fatti sommamente complessi. Per esempio: dopo Temancipazione — dice il signor Struve — per i grandi proprietari fondiari fu vantaggioso cedere delle terre in affitto ai contadini. « In questo modo, le superfici alimentari accessibili ai contadini, vale a dire i loro mezzi di sussistenza, sono aumentate » (p. 200). Completamente gratuito e falso è questo modo lineare di porre tutto l’affitto in relazione con la « superfìcie alimentare ». L’au- tore stesso osserva che i grandi proprietari si son presa la parte del leone del prodotto ottenuto sulla loro terra (p. 200), sicché ancora non si è potuto stabilire se questo affitto abbia o no peggiorato (a causa delle otrobobfy, per esempio) la situazione degli affit- tuari, abbia o no imposto loro obblighi tali da costringerli alla fin fine a ridurre la superficie alimentare. Inoltre, l’autore stesso osserva che l’affitto è alla portata solo dei contadini agiati (p. 216), nelle cui mani deve costituire un mezzo di espansione del- l’azienda mercantile più che di rafforzamento di quella « per il proprio consumo ». Anche se fosse dimostrato che in generale l’affitto ha migliorato la situazione dei « contadini », quale por- tata potrebbe avere questa circostanza, se, come dice lo stesso au- tore, i contadini poveri sono stati rovinati dagli affitti (p. 216), se cioè quello che per alcuni è stato un miglioramento ha rappre- sentato un peggioramento per gli altri? Nell’affittanza contadina, evidentemente, si intrecciano i vecchi rapporti feudali e i nuovi rapporti capitalistici; il ragionamento astratto deIl*autore, che non prende in considerazione nè gli uni nè gli altri, non solo non aiuta a comprendere questi rapporti, ma, al contrario, complica la questione. Vi è poi un accenno dell’autore a fatti che convaliderebbero le sue cesi. E precisamente il riferimento al fatto che « la vecchia espressione scarsità di terra è semplicemente il termine d’uso cor- rente per indicare quel fenomeno che la scienza chiama sovrappo- polazione » (p. 186). L’autore sembra fondarsi in questo modo su tutta la nostra letteratura populista, che ha stabilito in maniera in- 476 LENIN contestabile il fatto che i nadìel contadini sono « insufficienti », che migliaia di volte ha « suffragato » i suoi desideri relativi all’« am- pliamento del possesso fondiario contadino » con questa « sem- plice » considerazione: la popolazione è aumentata, i nadiel sono diventati più piccoli, è naturale che i contadini vadano in rovina. Tuttavia questa logora argomentazione populista sulla «scarsità di terra » non ha il minimo valore scientifico *, e non può servire ad altro che ai «benintenzionati discorsi» della commis- sione per il progresso indolore della patria sulla giusta via. In que- sta argomentazione, dietro agli alberi non si vede la foresta, dietro i tratti superficiali del fenomeno non si vede lo sfondo essenziale, quello economico-sociale del quadro. Da un lato un immenso patrimonio fondiario appartiene ai rappresentanti del regime «della vecchia nobiltà», dall’altro la terra si acquista: ecco lo sfondo essenziale, per cui qualsiasi « ampliamento del possesso fondiario » rimane un palliativo meschino. Sia le argomentazioni populiste sulla scarsità di terra che le « leggi » malthusiane sulla correlazione fra l’aumento della popolazione e i mezzi di sussi- steoza, peccano precisamente per la loro « semplicità » astratta, che ignora i fatti, i rapporti economico-sociali concreti. Questa rassegna degli argomenti del signor Struve ci conduce alla conclusione che la sua tesi, secondo cui la sovrappopolazione nella Russia agricola si spiega con la non corrispondenza tra l’au- mento della popolazione e i mezzi di sussistenza, non è stata in nes- sun modo dimostrata. Egli conclude le sue argomentazioni in que- sto modo: «ed ecco dinanzi a noi il quadro di una sovrappopola- zione economico-naturale complicata da fattori economico-mercan- tili e da altri importanti tratti caratteristici, ereditati dal regime so- ciale dell’epoca della servità della gleba» (p. 200). Certamente, si può dire di ogni fatto economico verificantesi in un paese che sta passando daH’economia « naturale » a quella « mercantile », che si tratta di un fenomeno « economico-naturale, complicato da fat- # Vale a dire, questo ragionamento non serve affatto a spiegare la rovina dei contadini c la sovrappopolazione, sebbene il fatto stesso della « insufficienza » sia incontestabile, come lo è il suo aggravarsi in seguito aU’incrcmcnto della po- polazione. Quel che occorre non è costatare il fatto, ma spiegarne rorigine. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 477 tori economico-mercantili ». Si può anche dire viceversa; «fe- nomeno economico-mercantile, complicato da fattori economico- naturali », ma tutto questo non solo non può dare il « quadro », ma nemmeno la minima idea di come precisamente si crea la sovrap- popolazione sul terreno dei rapporti economico-sociali esistenti. La conclusione finale dell’autore contro il signor N.-on e contro la sua teoria della sovrappopolazione capitalistica in Russia suona così : « i nostri contadini non producono abbastanza cibo » (p. 237). La produzione agricola dei contadini fornisce sino ad oggi i prodotti che vanno ai grandi proprietari fondiari, i quali percepi- scono le quote del riscatto per il tramite dello Stato; essa è oggetto permanente delle operazioni del capitale mercantile e usurario, che toglie immense quote di prodotto alla stragrande massa dei contadini; infine fra i «contadini» stessi questa produ- zione è ripartita in modo così complesso, che il vantaggio (affitto) generale e medio risulta essere uno svantaggio per la massa; e il signor Struve taglia il nodo gordiano di tutto questo groviglio di rapporti sociali con una soluzione astratta e più che gratuita: «la produzione non basta ». No, questa teoria non regge alla minima critica: essa non fa che rendere più complesso l’oggetto dell’inda- gine, vale a dire i rapporti di produzione nell’economia agricola dei contadini. La formula malthusiana presenta le cose come se avessi- mo a che fare con una tabula rasa e non con i rapporti feudali e borghesi che si intrecciano nell’organizzazione odierna della econo- mia contadina russa. Naturalmente non possiamo assolutamente limitarci -a criti- care le opinioni del signor Struve. Dobbiamo anche porci la do- manda: quali sono le ragioni del suo errore? e quale dei due av- versari (il signor N.-on e il signor Struve) spiega in modo giusto la sovrappopolazione ? La spiegazione del signor N.-on si fonda sulla « liberazione > della massa degli operai ad opera della trasformazione capitalistica deirartigianato. Inoltre egli riporta solo i dati sull’espansione della grande industria di fabbrica e di officina, e non prende in conside- razione il fatto parallelo dell’espansione delle industrie artigiane, che è l’espressione dell’approfondirsi della divisione sociale del la- 478 LENIN voro Egli trasferisce la sua spiegazione alPagricoltura senza nemmeno tentare di delineare con esattezza l’organizzazione eco- nomico-sociale e il grado di sviluppo di quest* ultima. Il signor Struve risponde osservando che « la sovrappopolazione capitalistica come l’intende Marx è strettamente legata al progresso delia tecnica > (p. 183), e siccome egli, d’accordo con il signor N.-on, trova che la « tecnica » dell’« economia * contadina « quasi non ha progredito » (p. 200), rifiuta di riconoscere come capitalistica la sovrappopolazione nella Russia agricola e cerca altre spie- gazioni. L’osservazione del signor Struve in risposta al signor N.-on è giusta. La sovrappopolazione capitalistica è creata dal fatto che il capitale s’impadronisce della produzione e, diminuendo il numero degli operai necessari (per la produzione di una determinata quan- tità di prodotti), crea la popolazione eccedente. Marx dice quanto segue a proposito della sovrappopolazione capitalistica nell’agri- coltura: « Non appena la produzione capitalistica si è impadronita del- l’agricoltura, ossia nel grado in cui se n’è impadronita, la domanda di popolazione operaia agricola diminuisce in via assoluta a mano a mano che vi aumenta il capitale in funzione, senza che la sua repulsione, come anche nell’industria non agricola, venga inte- grata da una maggiore attrazione. Una parte della popolazione rurale si trova quindi costantemente sul punto di passare fra il proletariato urbano o il proletariato delle manifatture **. (Mani- fattura qui nel senso di ogni industria non agricola). Questa fonte della sovrappopolazione relativa fluisce dunque costantemente. Ma il suo costante flusso verso le città presuppone nelle stesse * È noto che dopo la riforma le nostre industrie artigiane si sono estese ed è comparsa una massa di nuove industrie. È nota anche la spiegazione teorica di questo fatto che accompagna lo sviluppo capitalistico di queste altre industrie, spie- gazione che Marx ha dato quando ha analizzato la « creazione del mercato interno per il capitale industriale» ( Das Kapital , i. Aufl. S. 776 u. ff.) 100 •* Notiamo fra parentesi che, probabilmente per aver osservato questo fatto, Lange è stato indotto ad apportare la sua correzione alla teoria di Marx, che egli non ha ben capito. Invece di analizzare questo fatto prendendo come punto di partenza il modo attuale (capitalistico) della produzione sociale c di seguirne il manifestarsi nell'agricoltura, ha pensato d’inventare varie particolarità dei « co- stumi popolari ». IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 479 campagne una sovrappopolazione costantemente latente il cui volu- me si fa visibile solo nel momento in cui i canali di deflusso si schiu- dono in maniera eccezionalmente larga. L’operaio agricolo viene perciò depresso al minimo del salario e si trova sempre con un piede dentro la palude del pauperismo » (Das Kapital , 2 Aufl., S. 668) 101 . Il signor Nxm non ha dimostrato il carattere capitalistico della sovrappopolazione nella Russia agricola, perchè non l’ha posto in relazione col capitalismo nell’agricoltura: essendosi limi- tato a un fugace e lacunoso accenno all’evoluzione capitalistica del- l’azienda fondata sulla proprietà privata, egli ha perso compieta- mente di vista le caratteristiche borghesi dell’organizzazione del- l’economia contadina. Il signor Struve avrebbe dovuto correggere questi difetti dell’esposizione del signor N.-on, difetti che hanno una grandissima importanza, in quanto, per aver ignorato il capi- talismo nell’agricoltura, ii suo dominio e, nel medesimo tempo, il suo ancora debole sviluppo, si è giunti naturalmente alla teoria del- l’assenza o della contrazione del mercato interno. Invece di mettere a confronto la teoria del signor N.-on con i dati concreti del nostro capitalismo agricolo, il signor Struve è incorso in un altro errore, negando il carattere assolutamente capitalistico della sovrappopo- lazione. Tutto il periodo storico posteriore alla riforma è caratterizzato dall’irruzione del capitale neireconomia agricola. I grandi pro- prietari fondiari passarono (se lentamente o rapidamente, questa è un altra questione) al libero lavoro salariato, che ebbe una dif- fusione molto vasta e determinò persino il carattere della stra- grande maggioranza delle occupazioni ausiliarie contadine; essi elevarono il livello tecnico e introdussero l’uso delle macchine. Per- sino il sistema economico feudale che si stava estinguendo — ces- sione della terra ai contadini in cambio delle otrabot\i — subì una trasformazione in senso borghese a causa della concor- renza dei contadini, che ebbe l’effetto di peggiorare la situa- zione degli affittuari e di introdurre condizioni più onerose*, # Cfr., per esempio in Karyscev {Risultati delle statistiche degli zemstvo , voi. Il, p. 266), l’accenno, contenuto nella raccolta sul distretto di Rostov sul Don, alla graduale diminuzione della quota dei contadini nella skopstcina . Ivi, cap. V, § 9, sui pagamenti supplementari dei contadini mediante il lavoro nel- l'affittanza mezzadrile. 480 LENIN riducendo quindi il numero degli operai. Nell’economia conta- dina si rivelò con assoluta chiarezza la differenziazione dei con- tadini in borghesia rurale e proletariato. I « ricchi » estesero i seminativi, migliorarono l’azienda [Cfr. V.V., Tendenze pro- gressive nell'economia contadina ], e furono costretti a ricorrere al lavoro salariato. Tutti questi sono fatti da lungo tempo stabiliti, universalmente riconosciuti, cui accenna (come ora vedremo) anche lo stesso signor Struve. Prendiamo ancora, a scopo illustrativo, il caso più comune nel villaggio russo: con vari accorgimenti il « kulak » ha tolto all’* obstcina », o più esattamente ai membri del- Yobstcina di tipo proletario, il miglior appezzamento della terra dei nadiel e vi conduce l’azienda con il lavoro e con le scorte degli stessi contadini cui « era stato garantito il nadiel », che si sono impelagati nei debiti e in obblighi di vario genere e si so- no incatenati al loro benefattore — per il reciproco adattamento so- ciale e per l’attività solidale — in virtù dei principi comunitari prediletti dai populisti. La sua azienda è gestita certamente meglio dell’azienda dei contadini rovinati e richiede un numero molto minore di operai rispetto all’epoca in cui questo appezzamento era nelle mani di alcuni piccoli proprietari. Nessun populista può negare che fatti simili non sono isolati, ma generali. L’originalità delle teorie dei populisti consiste solo in questo: essi non vogliono chiamare tali fatti col loro vero nome, non vogliono vedere che sono un indice del dominio del capitale nell' agricoltura. Essi dimen- ticano che la forma primaria del capitale è stata sempre e dapper- tutto 1 il capitale commerciale, monetario, che il capitale prende sempre il processo tecnico della produzione così come lo trova, e solo in seguito lo trasforma. E non vedono perciò che, « difen- dendo » (a parole, s’intende, e niente più) gli odierni ordinamenti agricoli dall’* incombente » (?1) capitalismo, difendono solo le forme medioevali del capitale dall’assalto delle sue forme più mo- derne, puramente borghesi. Non si può quindi negare il carattere capitalistico della sovrap- popolazione in Russia, come non si può negare il dominio del capitale nell’agricoltura. Ma è naturalmente del tutto assurdo ignorare il grado di sviluppo del capitale , come fa il signor N.-on, che nel suo fervore rappresenta questo sviluppo come se fosse IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 481 quasi ultimato, c perciò crea la teoria della contrazione o dell as- senza del mercato interno, mentre in realtà il capitale, sebbene già domini, domina in una forma relativamente molto rudimentale; ci sono ancora molti gradini intermedi per arrivare al pieno svi- luppo, alla piena separazione del produttore dai mezzi di pro- duzione, e ogni passo avanti del capitalismo agricolo equivale a un 'espansione del mercato interno, il quale, secondo la teoria di Marx, viene appunto creato dal capitalismo agricolo, che in Russia non si contrae, ma, al contrario, si forma e si sviluppa. Inoltre, da questa descrizione del nostro capitalismo agricolo*, anche se tratteggiata a grandi linee, vediamo che esso non abbrac- cia tutti i rapporti economico-sociali nel villaggio. Accanto ad esso vediamo tuttora rapporti feudali, e nel campo economico (per esempio, la cessione di terre stralciate in cambio di otrabotb} e di versamenti in natura; qui si riscontrano tutte le caratteri- stiche dell’economia feudale: e lo «scambio di servizi» in na- tura fra il produttore e il detentore dei mezzi di produzione, e lo sfruttamento del produttore, che viene vincolato alla terra e non separato dai mezzi di produzione), e ancora di più nel campo sociale e giuridico-politico (obbligatoria « garanzia del nadicl », divieto di lasciare la terra, vale a dire mancanza della libertà di trasferirsi da un luogo allibro, pagamento delle quote del riscatto, vale a dire sempre delPo^ro^, al grande proprietario, soggezione ai proprietari terrieri privilegiati per quanto riguarda la giustizia e Tamministrazione, ecc.); anche questi rapporti conducono, indubbiamente, alla rovina e alla disoccupazione dei contadini, alla « sovrappopolazione » dei braccianti vincolati alla terra. La base capitalistica dei rapporti odierni non deve nascon- dere questi residui tuttora molto forti del ceto della « vecchia nobiltà » che non sono stati ancora distrutti dal capitalismo ap- punto a causa del suo scarso sviluppo. Lo scarso sviluppo del ca- pitalismo, Pc arretratezza della Russia », che i populisti ritengono una « fortuna » **, sono una « fortuna » solo per gli sfruttatori di nobile rango. Oltre ai tratti capitalistici essenziali, Tattuale « so- vrappopolazione » presenta quindi ancora tratti feudali. * Se ne parlerà in modo più particolareggiato in seguito, separatamente per quanto riguarda i contadini e i grandi proprietari fondiari. •* Signor Iugiakov in Ru ss foie Bogatstvo. 32 - 572 482 LENIN Se noi confrontiamo quest’ultima affermazione con quella del signor Struve, secondo cui nella « sovrappopolazione » esistono tratti economico-naturali ed economico-mercantili, vedremo che la prima non esclude la seconda, ma, al contrario, rientra in essa: si deve includere la servitù della gleba nei fenomeni « economico- naturali », il capitalismo in quelli la libertà completa, che gli permette di cambiar padrone e gli scioglie le mani. Ma la polemica tra il signor Struve e il signor N.-on esula completamente dal campo di queste considerazioni. In secondo luogo, prosegue il signor Struve, il signor N.-on « di- mentica che l’aumento della produttività del lavoro agricolo è IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 485 possibile solo mediante cambiamenti nella tecnica e nel sistema di conduzione dell’azienda o di coltivazione » (p. 206). Effettivamente il signor N.-on lo dimentica, ma tale considerazione non farà che rafforzare la tesi deirinevitabilità della espropriazione definitiva dei contadini non agiati, dei contadini «di tipo proletario». Per trasformare e migliorare la tecnica bisogna disporre di mezzi mo- netari, e questi contadini non hanno nemmeno i mezzi di so- stentamento. In terzo luogo — conclude l’autore — il signor N.-on ha torto quando afferma che l’aumento della produttività del lavoro agri- colo costringerà i concorrenti a diminuire i prezzi. Perchè si abbia questa diminuzione — dice giustamente il signor Struve — è indispensabile che la produttività del nostro lavoro agricolo non solo raggiunga quella dell’Europa occidentale [in questo caso noi venderemo il prodotto al livello del lavoro socialmente ne- cessario], ma la superi. Questa obiezione è pienamente fondata, ma essa non dice ancora affatto per quale parte precisamente « dei contadini » e in virtù di che cosa sarà vantaggioso questo elevamento del livello tecnico. « In generale, il signor N.-on non ha motivo di aver tanto timore dell’aumento della produttività del lavoro agricolo » (p. 207). Secondo l’opinione del signor Struve, il suo timore è determi- nato dal fatto che egli non riesce a concepire il progresso dell’agri- coltura diversamente che sotto forma di progresso dell’agricoltura estensiva, accompagnato da una sempre maggiore sostituzione de- gli operai da parte delle macchine. L’autore definisce in modo molto appropriato l’atteggiamento del signor N.-on verso l’ascesa della tecnica agricola con la parola «timore»; egli ha perfettamente ragione quando afferma che questo timore è assurdo. Ma ci sembra che la sua argomentazione non tocchi l’errore fondamentale del signor N.-on. Il signor N.-on, che sembra attenersi con il massimo rigore alla dottrina del marxismo, cionondimenp distingue nettamente l’evoluzione capitalistica dell’agricoltura nella società capitalistica dall’evoluzione dell’industria di trasformazione, nel senso che per quest’ultima ammette l’azione progressiva del capitalismo, la so- cializzazione del lavoro, mentre per la prima non le ammette. 4 86 LENIN Perciò per l’industria di trasformazione egli « non teme » Patimento della produttività del lavoro, ma « lo teme » per Pagricoltura, seb- bene l’aspetto economico-sociale della questione e la ripercussione di questo processo sulle differenti classi della società siano assoluta- mente identici in entrambi i casi ... Marx ha enunciato questo principio con particolare rilievo nella seguente nota: «Gli eco- nomisti inglesi filantropi, come il Mill, il Rogers, Goldwin Smith, il Fawcett, ccc., e i fabbricanti liberali, come John Bright e con- sorti, domandano alla nobiltà fondiaria inglese, col tono di Dio quando domandava a Caino dov’era suo fratello Abele: dove sono finite le nostre migliaia di freeholders ? Ma di dove mai siete venuti voi? Dalla distruzione di quei freeholders . Perchè non se- guitate, domandando: dove sono finiti i tessitori, i filatori, gli artigiani indipendenti?» (Das Kapitaf I, S. 780, Ann. 237 102 ). L’ultimo periodo identifica chiaramente la sorte dei piccoli pro- duttori, siano essi occupati nell agricoltura 0 neirindustria di tra- sformazione, sottolinea la formazione delle classi della società bor- ghese in entrambi i casi *. L’errore fondamentale del signor N.-on consiste precisamente nel fatto che egli ignora queste classi, la loro formazione in seno alla massa dei nostri contadini, non si pone l’obiettivo di indagare in modo più preciso ognuna delle successive fasi di sviluppo dell’antagonismo tra queste classi. Ma il signor Struve non imposta affatto la questione in questa maniera. Non solo non corregge l’errore del signor N.-on a cui abbiamo accennato, ma, al contrario, lo ripete egli stesso , ra- gionando, con la mentalità del professore che sta al di sopra delle classi, sui « vantaggi » del progresso per i « contadini ». Questo tentativo di sollevarsi al di sopra delle classi rende estremamente nebulose le tesi dell’autore, sino al punto che se ne possono trarre conclusioni di carattere borghese: all’affermazione incontestabil- mente giusta che il capitalismo nell’agricoltura (come anche il capitalismo nell’industria) peggiora la situazione del produttore, egli oppone i «vantaggi» in generale di questi cambiamenti. È come se qualcuno, ragionando sulle macchine nella società bor- ghese, si mettesse a confutare la teoria di un economista roman- • Cfr. particolarmente il § 4 del capitolo XXIV, Genesi degli affittuari capitali - stici, pp. 773-776 1M . IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 487 tico, secondo cui esse peggiorano la situazione dei lavoratori, con prove circa « il vantaggio e il beneficio » del progresso in generale. Probabilmente, alla considerazione del signor Struve il populista risponderà: il signor N.-on teme non l'aumento della produttività del lavoro, ma il regime borghese. Non c'è dubbio che il progresso della tecnica nell’agricoltura, dati i nostri ordinamenti capitalistici, è legato al regime borghese, ma il « timore » manifestato dai populisti è evidentemente del tutto assurdo. II regime borghese è già un fatto della vita reale, il lavoro è già subordinato al capitale anche nell’agricoltura, e si deve « temere » non il regime borghese, ma il fatto che il pro- duttore non ne abbia coscienza, e sia incapace di difendere i propri interessi contro di esso. Perciò si deve auspicare non che il capitalismo arresti il suo sviluppo, ma che, al contrario, si sviluppi pienamente, sino in fondo. Per indicare in modo più particolareggiato e più preciso i motivi dell’errore commesso dal signor Struve trattando dell'agricol- tura nella società capitalistica, ci proveremo a descrivere (nei tratti più generali) il processo di formazione delle classi accanto a quei cambiamenti della tecnica che hanno dato origine al suo ra- gionamento. Il signor Struve fa in questo campo una rigorosa di- stinzione tra l'agricoltura estensiva e quella intensiva, e scorge la radice degli errori del signor N.-on nel fatto che questi non vuol vedere altro che l’agricoltura estensiva. Cercheremo di dimostrare che non è questo l’errore fondamentale del signor N.-on, che quando l’agricoltura passa alla coltivazione intensiva la formazione delle classi della società borghese è in sostanza identica a quella che si verifica quando si ha uno sviluppo dell’agricoltura estensiva. Non occorre parlare molto dell’agricoltura estensiva, perchè anche il signor Struve riconosce che qui la borghesia elimina i « con- tadini ». Accenniamo solo a due questioni. In primo luogo, il pro- gresso della tecnica è provocato dalleconoraia mercantile; per realizzarlo è indispensabile che l'imprenditore possegga mezzi monetari disponibili, eccedenti [rispetto al suo consumo e alla riproduzione dei suoi mezzi di produzione]. Dove si possono ricavare questi mezzi? Evidentemente non si possono ricavare che dalla trasformazione del ciclo merce-denaro-merce nel ciclo 488 LENIN denaro-merce-denaro più un incremento. In altri termini, questi mezzi possono essere ricavati esclusivamente dal capitale, dal capi- tale commerciale e usurario , da quegli stessi « kulak, mercanti », ecc., che gli ingenui populisti russi fanno rientrare non nel ca- pitalismo, ma nella « rapina » (come se il capitalismo non fosse rapina! come se la realtà russa non ci mostrasse il nesso esistente fra tutte le forme possibili di questa « rapina », dal più rozzo e primitivo sistema dei kulak alla più moderna e razionale at- tività deirimprenditore!) *. In secondo luogo, notiamo lo strano atteggiamento del signor N.-on verso questa questione. Nella nota 2 a p. 233 egli contrabbatte la tesi di V. E. Postnikov, autore àt\\' Azienda contadina nel mezzogiorno della Russia , il quale afferma che le macchine hanno esattamente raddoppiato la su- perficie a coltivazione dell’azienda contadina, portandola da dieci a venti desiatine per lavoratore, e che perciò la causa della « po- vertà della Russia » è la « piccola dimensione dell’azienda conta- dina». In altri termini: lo sviluppo della tecnica nella società borghese conduce all’espropriazione delle aziende piccole e arre- trate. Il signor N.-on obietta: domani la tecnica può ancora tri- plicare questa superficie. Allora le aziende di 60 desiatine do- vranno trasformarsi in aziende di 200 o 300 desiatine. Colui che portasse questo argomento contro la costatazione del carattere borghese della nostra agricoltura si renderebbe non meno ridicolo di colui che si mettesse a dimostrare la debolezza e Pimpotenza del capitalismo di fabbrica in base al fatto che l’odierna macchina a vapore dovrà essere sostituita « domani » da quella elettrica. « Si ignora anche dove vadano a finire i milioni di braccia che si • I signori populisti seguono anche un altro metodo, molto profondo, per nascondere che il nostro capitalismo industriale ha le sue radici nella « produzione popolare », vale a dire nell’usura e nei kulak « popolari ». Il kulak porta i suoi « ri- sparmi » alia banca di Stato; i suoi depositi permettono alla banca, sulla base dello sviluppo della ricchezza popolare, dei risparmi popolari, dell’iniziativa popolare, della capacità creditìzia popolare, di prendere denaro in prestito dagli inglesi. Lo «Stato» adopera il denaro preso in prestito per aiutare... — quale politica di corte vedutel quale triste ignoranza della « scienza moderna » e delle « moderne idee morali»! — ... i capitalisti. Ci si domanda ora: non è forse chiaro che se lo Stato destinasse questo denaro (dei capitalisti) non al capitalismo, ma alla « pro- duzione popolare», da noi, in Russia, ci sarebbe non il capitalismo, ma la «produ- zione popolare » ? IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 489 rendono disponibili » — aggiunge il signor N.-on, citando a giudizio davanti a se la borghesia e dimenticando che nessun altro, tranne il produttore stesso, è in grado di giudicarla. La forma- zione dell’esercito di riserva dei disoccupati è una conseguenza ine- vitabile dell’impiego delle macchine tanto nell’agricoltura borghese quanto nell’industria borghese. Quindi per quanto riguarda Io sviluppo dell’agricoltura esten- siva, non c’è dubbio che il progresso della tecnica nell’economia mercantile conduce alla trasformazione del « contadino », da un lato, in imprenditore agricolo (intendendo per imprenditore agri- colo Timprenditore capitalista nell’agricoltura), e in bracciante e giornaliero, dall’altro lato. Esaminiamo ora il caso in cui si passa dall’agricoltura estensiva a quella intensiva. Il signor Struve s’at- tende precisamente da questo processo un « vantaggio » per il « con- tadino ». Per evitare che sia contestata l’attendibilità del materiale in base al quale descriviamo questo passaggio, ci serviamo dell’ope- ra L'influenza del trasporto a vapore sull'agricoltura del signor A. I. Skvortsov *, cui il signor Struve ha rivolto elogi così sperticati. Nel capitolo terzo della sezione IV del suo libro il signor A. Skvortsov esamina « il cambiamento della tecnica nell’agricol- tura sotto l’influenza del trasporto a vapore» in paesi ad agricol- tura estensiva e intensiva. Prendiamo la descrizione di questo cambiamento nei paesi densamente popolati ad agricoltura esten- siva, Si può ritenere che la Russia europea centrale rientri in questa categoria. Il signor Skvortsov prevede per questo paese gli stessi cambiamenti che devono inevitabilmente verificarsi, se- condo l’opinione del signor Struve, anche in Russia, e precisamente la trasformazione in un paese ad agricoltura intensiva con una svi- luppata produzione di fabbrica. Seguiamo il signor A. Skvortsov (§§ 4-7, pp. 440-451). • Neiia nostra letteratura è invalsa ('abitudine di annoverarlo fra i marxisti. Questo giudizio è infondato, al pari di quello che considera marxista il signor N.-on. Neanche il signor A. Skvortsov conosce la dottrina della lotta di classe e del carat- tere di classe dello Stato. Le sue proposte pratiche in Studi economici non diffe- riscono affatto dalle solite proposte borghesi. È vero che egli osserva la realtà russa con maggior acume dei signori populisti, ma se ci si basa soltanto su questo, si dovrebbero annoverare fra i marxisti anche il signor B. Cicerin e molti altri. 490 LENIN Esaminiamo un paese ad agricoltura estensiva*. Una parte molto considerevole della popolazione è occupata nell'agricoltura. L’uniformità delle occupazioni determina la mancanza di un mercato. La popolazione è povera, in primo luogo, perchè le aziende sono piccole e, in secondo luogo, perchè manca lo scam- bio: «gli altri bisogni, oltre quelli alimentari cui provvede l’agri- coltura stessa, vengono soddisfatti, si può dire, esclusivamente dalla produzione fornita da mestieri primitivi che da noi vengono chia- mati industria artigiana ». La costruzione delle ferrovie aumenta il prezzo dei prodotti agricoli e, per conseguenza, accresce la capacità d’acquisto della popolazione. « Quando sorgono le ferrovie, il paese viene inondato dai prodotti a buon mercato delle manifatture e delle fabbriche », che rovinano gli artigiani locali. Questa è la prima causa del «crollo di molte aziende». La seconda causa di questo fenomeno è rappresentata dai cattivi raccolti. « Anche l’agricoltura è stata condotta sinora con metodi primitivi, vale a dire sempre irrazionalmente, e quindi i cattivi raccolti costituiscono un fenomeno frequente, ma con la costru- zione delle ferrovie il rincaro del prodotto, che in passato era una conseguenza del cattivo raccolto, o non si verifica affatto, oppure, in ogni caso, si verifica in misura notevolmente minore. Perciò al primo cattivo raccolto fa seguito di solito, come naturale conse- guenza, il crollo di molte aziende. Questo risultato è tanto più rapido quanto, in generale, sono minori le eccedenze dei raccolti normali e quanto più la popolazione deve fare affidamento sui proventi delle industrie artigiane ». Per fare a meno delle industrie artigiane e mettersi al sicuro dai cattivi raccolti passando all’agricoltura intensiva (razionale) sono necessarie, in primo luogo, grandi eccedenze di mezzi mo- netari (provenienti dalla vendita dei prodotti agricoli a prezzi più alti) e, in secondo luogo, lo sforzo intelligente della popolazione. * Il signor A. Skvortsov osserva che di solito per paese ad agricoltura estensiva si intende un paese scarsamente popolato (p. 439. iota). Egli ritiene errata questa definizione, indicando le seguenti caratteristiche detragricoltura estensiva: 1) forti fluttuazioni dei raccolti; 2 ) uniformità delle colture e 3) mancanza di mercati interni, vale a dire di grandi città, nelle quali si concentra l'industria di tra- sformazione. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 49 1 senza il quale non si può accentuare la razionalità e il carattere in- tensivo delle coltura. Per la massa della popolazione queste con- dizioni certamente non esistono: esse vengono soddisfatte solo da una minoranza *. « La popolazione eccedente che si è formata in questo mo- do [vale a dire in seguito al «fallimento» di molte aziende, ro- vinate dal declino delle industrie artigiane e dalle esigenze più elevate poste airagricoltura] in parte sarà assorbita da quelle aziende che sapranno uscire da questa situazione in condizioni migliori e avranno la possibilità di accentuare il carattere intensivo della produzione » (cioè, è naturale, le braccia eccedenti, saranno « assorbite » come operai salariati, braccianti e giornalieri. Il signor A. Skvortsov non lo dice, ritenendo forse che sia cosa troppo evi- dente). Si richiede un grande consumo di forza viva, perchè la vici- nanza del mercato, ottenuta grazie al perfezionamento delle vie di comunicazione, dà la possibilità di produrre generi difficilmente tra- sportabili, « la cui produzione esige per la maggior parte un no- tevole consumo di forza-lavoro viva ». « Di solito, tuttavia, — prosegue il signor Skvortsov — il processo di disgregazione si svolge molto più rapidamente del processo di miglioramento delle aziende che si sono conservate, e una parte dei padroni rovinati deve trasferirsi, se non fuori del paese, almeno nelle città. È questa la parte che ha dato il contingente principale airincremento della popolazione urbana in Europa dall’epoca della costruzione delle ferrovie. ». Proseguiamo. « Eccedenza della popolazione significa mano d’opera a buon mercato ». « Grazie alla fertilità del suolo (e al clima favorevole...) qui ci sono tutte le condizioni per coltivare piante e in generale quei prodotti agricoli che richiedono un grande impiego di mano d opera per unità di superficie » (p. 443), tanto più che le piccole dimensioni delle aziende (« sebbene esse, forse, possano anche aumentare rispetto al passato ») ostacolano l’introduzione delle macchine. « Inoltre non rimane immutato * « Per un paese di questo tipo [saturo di popolazione in rapporto al livello attuale della conduzione aziendale] noi dobbiamo ammettere che da un lato le mo- deste eccedenze ,e dall'altro il basso grado di istruzione della popolazione, con il mutare delle condizioni, costringono molte aziende al fallimento * (p. 442). 492 LENIN nemmeno il 'capitale fisso, e prima di tutto devono cambiare il loro carattere le scorte morte». E, anche senza tener conto delle mac- chine, « la necessità di una migliore coltivazione del terreno con- durrà a sostituire attrezzi perfezionati a quelli tradizionali primi- tivi, a sostituire il ferro e l’acciaio al legno. Questa trasformazione provocherà necessariamente la creazione di fabbriche adibite alla produzione di questi attrezzi, dal momento che essi non possono es- sere costruiti in modo più o meno soddisfacente dairartigiano ». Lo sviluppo di questa branca industriale è favorito dalle condizioni se- guenti: t) necessità di ricevere la macchina o un pezzo di ricam- bio entro un breve periodo di tempo; 2) «qui la manodopera ab- bonda ed è a buon mercato»; 3) basso costo del combustibile, dei fabbricati e della terra; 4) « le piccole dimensioni delle unità econo- miche fanno sì che il consumo degli attrezzi aumenti, perchè è noto che le piccole aziende richiedono una quantità relativamente mag- giore di scorte». Si sviluppa anche la produzione di altro tipo. « In generale la vita cittadina si sviluppa ». Per forza di cose si svi- luppano le industrie minerarie , « perchè, da un lato, si forma una massa di manodopera disponibile e, dall’altro, grazie alle fer- rovie e allo sviluppo dell’industria meccanica di trasformazione e di altre industrie, aumenta la domanda di prodotti delPindustria mineraria. In .questo modo, una zona che prima della costruzione della ferrovia era densamente popolata e ad agricoltura estensiva si trasforma più o meno rapidamente in una zona ad agricoltura fortemente intensiva con una più o meno sviluppata produzione di fabbrica ». Lo sviluppo dell’agricoltura intensiva si manifesta con il cambiamento del sistema di coltivazione. L’avvicendamento trien- nale delle colture non è possibile data la fluttuazione dei raccolti. È indispensabile il passaggio alla « rotazione delle colture » che elimina la fluttuazione dei raccolti. Certamente, la rotazione com- pleta delle colture # , che richiede un’agricoltura altamente inten- siva, non può essere applicata subito. Perciò all’inizio si introdurrà • Sjue caratteristiche sono: i) tutta la superficie viene convertita in arativo; 2) nei limiti del possibile il maggese viene escluso; 3) nella rotazione delle colture le piante vengono razionalmente alternate; 4) la coltivazione è il più possibile accurata; 5) il bestiame viene tenuto in stalle. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 493 la rotazione delle colture cerealicole [avvicendamento razionale], si svilupperà l’allevamento del bestiame, la semina delle erbe fo- raggere. « Quindi, in ultima analisi, la nostra zona densamente po- polata ad agricoltura estensiva si trasformerà più o meno rapida- mente, di pari passo con lo sviluppo delle vie di comunicazione, in una zona ad agricoltura altamente intensiva; il livello inten- sivo, come è stato detto, crescerà prima di tutto mediante l’au- mento del capitale variabile ». Questa descrizione particolareggiata del processo di sviluppo dell’economia intensiva mostra con chiarezza che anche in questo caso il progresso della tecnica nella produzione mercantile conduce alleconomia borghese, scinde i produttori diretti facendone o degli imprenditori agricoli , che usufruiscono di tutti i vantaggi del- Tagricoltura intensiva, del perfezionamento degli attrezzi, ecc., oppure degli operai , che offrono con la loro « libertà » e con il loro « buon prezzo » le più « favorevoli condizioni » per lo « svi- luppo progressivo di tutta l’economia nazionale ». L’errore fondamentale del signor N.-on non consiste nell’igno- rare l’agricoltura intensiva, occupandosi esclusivamente di quella estensiva, ma nel fatto che egli, invece di analizzare gli antago- nismi di classe nel campo della produzione agricola russa, offre al lettore vuote lamentazioni secondo cui « noi » seguiremmo una via sbagliata. II signor Struve ripete questo errore, offuscando gli antagonismi di classe con argomentazioni « obiettive », e corregge solo gli errori secondari del signor N.-on. Questo è tanto più strano in quanto egli stesso rimprovera molto giustamente a questo « in- dubbio marxista » di non aver capito la teoria della lotta di classe. Ciò è tanto più spiacevole, in quanto commettendo un simile er- rore il signor Struve sminuisce TefiScacia dimostrativa del suo con- cetto completamente giusto, secondo cui è assurdo « temere » il progresso tecnico nell’agricoltura. Per chiudere la questione del capitalismo nell’agricoltura, rias- sumiamo quanto è esposto sopra. Come imposta la questione il signor Struve? Egli parte dalla spiegazione aprioristica, gratuita, della sovrappopolazione adducendo la non corrispondenza tra l’au- mento della popolazione e quello dei mezzi di sussistenza; osserva 494 LENIN poi che la produzione dei generi alimentari da parte del nostro con- tadino « non è sufficiente » e risolve il problema asserendo che il pro- gresso della tecnica è vantaggioso per « i contadini », che la « pro- duttività agricola dev’essere aumentata » (p. 211). Come avrebbe do- vuto impostare questo problema se fosse stato « legato alla dottrina » del marxismo? Avrebbe dovuto incominciare dall’analisi dei rap- porti di produzione esistenti nell’agricoltura russa e, dopo aver mo- strato che l’oppressione del produttore si spiega non con l’azione del caso e nemmeno con la politica, ma con il dominio del capitale che si forma necessariamente sul terreno dell’economia mercantile, osservare come questo capitale distrugga la piccola produzione e quali forme assumano in questo campo gli antagonismi di classe. Avrebbe quindi dovuto dimostrare come lo sviluppo ulteriore faccia sì che il capitale si trasformi da mercantile in industriale (assu- mendo determinate forme neireconomia estensiva e determinate altre in quella intensiva), sviluppando e inasprendo l’antagonismo di classe, la cui base era già pienamente posta nella vecchia forma, e contrapponendo definitivamente il lavoro « libero » alla pro- duzione «razionale». Allora sarebbe bastato il semplice confronto tra queste due forme successive della produzione borghese e dello sfruttamento borghese perchè il carattere « progressivo » del cam- biamento dell’economia, i suoi « vantaggi » per il produttore si rivelassero con piena evidenza: nel primo caso la subordina- zione del lavoro al capitale è nascosta da migliaia di sopravvi- venze dei rapporti medioevali, che impediscono al produttore di vedere l’essenza della questione e generano nel suo ideologo idee assurde e reazionarie sulla possibilità di attendere un aiuto dalla «società», ecc.; nel secondo caso tale subordinazione è com- pletamente libera dai vincoli medioevali e il produttore è in grado di svolgere un’attività autonoma, cosciente, contro i suoi « antipodi », e ne comprende la necessità. Alle considerazioni sul « difficile, doloroso passaggio » al capitalismo si sostituirebbe la teoria che non solo parla degli antagonismi di classe, ma li rivela concretamente in ogni forma della produzione « irrazionale » e «razionale», dell’economia «estensiva» e «intensiva». I risultati ai quali ci ha condotto l’esame della prima parte del capitolo VI del libro del signor Struve, dedicata al « carattere della IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 495 sovrappopolazione nella Russia agricola », si possono formulare nel modo seguente: i) Il malthusianesimo del signor Struve non è convalidato da nessun dato di fatto e si fonda su premesse dogma- tiche metodologicamente sbagliate. 2) La sovrappopolazione della Russia agricola si spiega con il dominio del capitale e non con la mancanza di corrispondenza fra l’aumento della popolazione e quello dei mezzi di sussistenza di cui essa dispone. 3) La tesi del signor Struve circa il carattere economico-naturale della sovrappo- polazione è giusta solo nel senso che nelle forme non sviluppate, e perciò particolarmente gravose per il produttore, il capitale agricolo viene ostacolato dalla sopravvivenza dei rapporti feudali. 4) Il signor N.-on non ha dimostrato che il fenomeno della sovrappopolazione in Russia ha un carattere capitalistico, perchè ha ignorato il dominio del capitale nell’agricoltura. 5) L’errore fondamentale del signor N.-on, ripetuto anche dal signor Struve, risiede nella mancata ana- lisi di quelle classi che si formano con lo sviluppo dell’agricoltura borghese. 6) Dal fatto che il signor Struve ha ignorato gli antagoni- smi di classe è derivato come naturale conseguenza che la tesi com- pletamente giusta del carattere progressivo e dell’auspicabilità dei miglioramenti tecnici sia stata espressa in una forma estremamente infelice e nebulosa. II Passiamo ora alla seconda parte del capitolo VI, dedicata alla questione della disgregazione della massa contadina. Questa parte è strettamente legata a quella precedente, perchè serve a com- pletare l’analisi del capitalismo nell’agricoltura. Dopo aver accennato all’aumento dei prezzi dei prodotti agri- coli nel corso dei primi ventanni dopo la riforma e all’espansione della produzione mercantile nell’agricoltura, il signor Struve dice molto giustamente che ne «hanno ricavato un vantaggio soprat- tutto i proprietari terrieri e i contadini agiati » (p. 214). « La dif- ferenziazione in seno alla popolazione contadina doveva aumen- tare, e a quest’epoca risalgono i suoi primi successi». L’autore cita osservazioni degli studiosi locali secondo cui la costruzione delle ferrovie ha accresciuto solo il benessere della parte agiata 496 LENIN dei contadini, che laffitto accende fra i contadini « una vera battaglia », che conduce sempre alla vittoria degli elementi eco- nomicamente forti (pp. 216-217). Egli cita l’indagine di V. Postni- kov, secondo cui l’azienda dei contadini agiati è già talmente soggetta al mercato che il 40% dei seminativi fornisce prodotti destinati alla vendita, e, aggiungendo che al polo opposto i con- tadini « perdono la loro indipendenza economica e vendendo la loro forza-lavoro si trovano sulla soglia del bracciantato », con- clude giustamente: «Solo la penetrazione deireconomia di scam- bio spiega perchè le aziende contadine economicamente forti pos- sano ricavare un vantaggio dalla rovina delle aziende deboli » (p. 223). « Lo sviluppo deireconomia monetaria e l’incremento della popolazione — dice Fautore — conduce alla scissione dei contadini in due parti: una parte economicamente solida, compo- sta dai rappresentanti della nuova forza, il capitale in tutte le sue forme e in tutti i suoi gradi, e l’altra composta dai coltivatori se- mindipendenti e dai braccianti veri e propri » (p. 239). Per quanto succinte, le osservazioni dell’autore su questa « dif- ferenziazione » ci danno nondimeno la possibilità di rilevare i seguenti tratti importanti del processo considerato: 1) Non si tratta soltanto del fatto che si crea una diseguaglianza patrimo- niale : si crea una « nuova forza », il capitale . 2) La creazione di questa nuova forza è accompagnata dalla creazione di nuovi tipi di aziende contadine: da un lato, quelle dei contadini agiati econo- micamente forti, che gestiscono un’azienda mercantile sviluppata, estorcono l’affitto ai contadini poveri e ricorrono allo sfruttamento del lavoro altrui*; dall’altro lato, quelle dei contadini «proletari », che vendono la propria forza-lavoro al capitale. 3) Tutti questi fenomeni sono sorti direttamente e immediatamente sul terreno dell’economia mercantile. Lo stesso signor Struve ha osservato che senza la produzione mercantile essi non erano possibili, mentre sono divenuti necessari quando questa si è affermata. 4) Questi fenomeni (la « nuova forza », i nuovi tipi di contadini) apparten- • Il signor Struve non menziona questa caratteristica. Essa si manifesta anche neirimpiego del lavoro salariato, che assolve una funzione non trascurabile nel- l'azienda dei contadini agiati, e nelle operazioni del capitale usurario e commer- ciale in mano loro, che toglie egualmente il plusvalore al produttore. Se manca questa caratteristica non si può nemmeno parlare di « capitale ». IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 497 gono al campo della produzione e non si limitano al campo dello scambio, della circolazione delle merci: il capitale si manifesta nella produzione agricola; compare anche la vendita della forza- lavoro. Sembrerebbe che questi tratti caratteristici del processo stabi- liscano direttamente che ci troviamo di fronte a un fenomeno puramente capitalistico, che fra i contadini si formino le classi proprie della società capitalistica, la borghesia e il proletariato; ma vi è di più: questi fatti attestano non soltanto che il capitale si è assicurato il dominio nell’agricoltura, ma anche che ha già compiuto, se così ci si può esprimere, un secondo passo. Da capi- tale commerciale esso si trasforma in industriale, da dominatore del mercato in dominatore della produzione; l'antagonismo di classe fra il ricco s\upstci\ e il contadino povero si trasforma in antagonismo fra il razionale imprenditore borghese e il libero ven- ditore di libere braccia. Ma il signor Struve non ha saputo rinunciare nemmeno qui al malthusianesimo; nel processo accennato, secondo la sua opinione, si riflette solo un lato della questione (« solo il lato progressivo >), accanto al quale ce ne anche un altro: « l'irrazionalità tecnica di tutta reconomia contadina » : « in essa si riflette, per cosi dire, il lato regressivo di tutto il processo », essa « livella » i contadini, cancella la disuguaglianza, agendo « in legame con l’incremento della popolazione » (pp. 223-224). Questo ragionamento piuttosto nebuloso ci mostra solo che l'autore preferisce principi estremamente astratti alle indicazioni concrete, e che vuol far entrare per forza dappertutto la < legge » della correlazione tra aumento della popolazione e mezzi di sussistenza. Dico « vuol far entrare per forza », perchè, anche se ci si limita rigorosamente ai fatti citati dalPautore stesso, è impossibile trovare riferimenti a tratti concreti del processo che non rientrino nella « dottrina » del marxismo ed esigano l'accettazione del malthusianesimo. Osserviamo ancora una volta questo processo: dapprima abbiamo i produttori naturali, con- tadini, relativamente omogenei # . La penetrazione della produ- * Che lavorano per il signore feudale . Questo aspetto viene lasciato in disparte per rappresentare più chiaramente il passaggio daircconomia na- 33 — 572 498 LENIN zione mercantile pone la prosperità della singola azienda alla mercè del mercato, introduce in questo modo, mediante le fluttuazioni del mercato, uno stato di ineguaglianza e Taggrava, concentrando il denaro libero nelle mani di alcuni e rovinando gli altri. Questo denaro serve, naturalmente, per sfruttare i nul- latenenti, e si trasforma in capitale. Sinché i contadini in rovina conservano ancora la loro azienda, il capitale può sfruttarli, la- sciando che essi, svolgano la loro attività economica come prima, sulle vecchie basi tecnicamente irrazionali, e può fondare lo sfruttamento sulPacquisto del prodotto del loro lavoro. Ma la spoliazione raggiunge, infine, un tale grado di sviluppo che il contadino è costretto ad abbandonare del tutto l’azienda: egli non può più vendere il prodotto del suo lavoro, non gli resta che vendere il lavoro. Il capitale prende allora l’azienda nelle sue mani; esso è già costretto — in virtù della concorrenza — ad or- ganizzarla razionalmente; ne ha la possibilità grazie ai mezzi monetari disponibili «risparmiati» in precedenza; esso sfrutta non più l’imprenditore, ma il bracciante, il giornaliero. Ci si do- manda: come distingue l’autore i due aspetti di questo processo? In che modo crede di poter giungere a questa mostruosa conclu- sione di carattere malthusiano: «L’irrazionalità tecnica dell’eco- nomia e non il capitalismo [osservate questo « e non »] : ecco il nemico che toglie il pane quotidiano ai nostri contadini» (p. 224)? Come se fosse mai esistito un tempo in cui questo pane quoti- diano fosse spettato interamente al produttore e non fosse diviso in prodotto necessario e plusprodotto, percepito dal proprietario nobile, dal kulak, dal contadino «forte», dal capitalista! È necessario aggiungere tuttavia che l’autore dà qualche ulte- riore spiegazione sulla questione del « livellamento ». Egli dice che « risultato del livellamento suaccennato » è « la diminuzione o persino la scomparsa del ceto medio nella popolazione contadina costatata in molti luoghi » (p. 225). Citando una pubblicazione de- gli zemstvo che costata un « ulteriore accentuarsi della distanza che separa nelle campagne i ricchi dal proletariato senza terra e senza turale a quella mercantile. È già stato detto che i residui dei rapporti propri del- r« economia curtense » peggiorano la situazione del produttore e fanno assu- mere alla spoliazione forme particolarmente gravose. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 499 cavalli», egli conclude: «In questo caso il livellamento è certa- mente al tempo stesso anche differenziazione , ma sul terreno di questa differenziazione si sviluppa solo V asservimento y che può rappresentare unicamente un freno al progresso economico » (p. 226). Quindi risulta sin d’ora che la differenziazione creata dal- l’economia mercantile dev’essere contrapposta non al « livella- mento », bensì sempre alla differenziazione, ma solo a una dif- ferenziazione di genere diverso , e precisamente all’asservimento. E siccome l’asservimento « frena > « il progresso economico », l’autore chiama « regressivo » questo « aspetto ». L’argomentazione è fondata su metodi assai singolari, niente affatto marxisti. Si raffrontano 1 *« asservimento » e la « differen- ziazione », come se si trattase di due « sistemi » autonomi, par- ticolari; l’una viene esaltata perchè favorisce il progresso, l’al- tro è condannato perchè lo frena. Dovè andata a finire quell’esi- genza dell’analisi degli antagonismi di classe, per il cui mancato soddisfacimento il signor Struve ha così giustamente attaccato il si- gnor N.-on, quella dottrina del « processo naturale » di cui egli ha parlato in modo così brillante? In realtà questo asservimento, che egli ha subito demolito per il suo carattere regressivo, non rappre- senta altro che la manifestazione primitiva del capitalismo nell’agri- coltura, di quello stesso capitalismo che conduce poi all’ascesa pro- gressiva della tecnica. Che cos’è lasservimento in realtà? È la dipendenza del padrone che possiede i propri mezzi di pro- duzione e che è costretto a lavorare per il mercato dal detentore del denaro, dipendenza che, per quanto assuma forme diverse (la forma del capitale usurario o del capitale dello sl^upstci/^ che ha monopolizzato lo smercio), ha sempre come conseguenza che una grandissima parte del prodotto del lavoro spetta non al produttore, ma al detentore del denaro. Quindi la sua essenza è puramente capitalistica *, e tutta la particolarità consiste nel fatto che questa # Qui si riscontrano tutte le caratteristiche: la produzione mercantile, come terreno; la monopolizzazione del prodotto del lavoro sociale sotto forma di de- naro, come risultato; c la trasformazione di questo denaro in capitale. Non dimen- tico affatto che queste forme primarie del capitale esistevano in singoli casi anche prima degli ordinamenti capitalistici. Ma si tratta appunto del fatto che esse, nel- l’odierna economia contadina russa, appaiono non come casi isolati, ma come 33* 500 LENIN forma primaria, embrionale dei rapporti capitalistici è completa- mente avvolta nei precedenti rapporti feudali: qui non c’è libero contratto, ma transazione coercitiva (talvolta per ordine delle « au- torità», talvolta per desiderio di conservare l’azienda, talvolta a causa di vecchi debiti, ecc.); qui il produttore è vincolato a un deter- minato luogo e a un determinato sfruttatore: all’opposto del carattere impersonale della transazione commerciale propria dei rapporti puramente capitalistici, qui la transazione ha invaria- bilmente il carattere personale dell’« aiuto », del « beneficio », e questo carattere della transazione pone inevitabilmente il produttore in una condizione di dipendenza personale, semiservile. Espressioni adoperate dalFautore come come qualcosa di staccato dai « contadini >, come qualcosa che li colpisce per caso, dall’esterno, mentre in realtà la « fabbrica » (sia secondo la teoria che il signor N.-on vuole seguire fedelmente, sia secondo i ' dati della storia russa) non è altro che il coronamento dello sviluppo dell’organizzazione mercantile di tutta Teconomia sociale, e quindi anche dell’economia contadina* La grande produzione borghese di « fabbrica > è la continuazione diretta, immediata della produ- zione piccolo-borghese nel villaggio, nella tanto celebrata « ob - steina > o nell’industria artigiana. « Affinchè la ” forma di fabbrica ” divenga ” meno costosa ” — dice molto giustamente il signor Struve — il contadino deve porsi sul terreno della razionalità eco- nomica nelle condizioni dell’economia monetaria *. c Se i contadini si fossero attenuti... all’economia naturale, nessun tessuto di in- diana... avrebbe potuto allettarli!. In altri termini : la « forma di fabbrica » non è altro che la produzione mercantile sviluppata , ed essa si è sviluppata da quella produzione mercantile rudimentale che da noi è rappresentata dall’economia contadina e artigiana. L’autore vuol dimostrare al signor N.-on che la « fabbrica » e i « contadini > dipendono gli uni dall’altra, che i « principi » economici dei loro ordinamenti non IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 503 sono antagonistici # , ma identici. Per far questo egli avrebbe do- vuto ricondurre la questione all’organizzazione economica del- l’economia contadina, affermare, al contrario del signor N.-on, che il nostro piccolo produttore (contadino coltivatore e artigiano) è un piccolo borghese. Impostando così la questione, egli l'avrebbe spostata dal campo dei ragionamenti su ciò che « deve » o « può » essere, ecc. al campo della spiegazione di ciò che è e della spiegazione del perchè sia precisamente così e non diversamente . Per controbattere questa tesi i populisti avrebbero dovuto ne- gare i fatti universalmente noti e incontestibili dello sviluppo delFeconomia mercantile e della disgregazione della massa dei contadini [della quale questi fatti dimostrano il carattere piccolo- borghese], oppure negare le verità elementari delleconomia po- litica. Accettare questa tesi significa riconoscere l'assurdità della contrapposizione « capitalismo »-« regime popolare », riconoscere il carattere reazionario dei progetti di « cercare altre vie per la patria » e di auspicare la « socializzazione » della « società » borghese o dello « Stato » che ha ancora per metà il « vecchio carattere nobiliare ». Ma il signor Struve, invece di incominciare dal principio **, in- comincia dalla fine : « noi respingiamo — egli dice — uno dei prin- cipi basilari della teoria populista dello sviluppo economico della Russia, il principio che lo sviluppo della grande industria di tra- sformazione rovina il contadino coltivatore» (p. 24 6). Questo si- gnifica già, come dicono i tedeschi, vuotare la vasca buttando via il bambino insieme con l’acqua! Lo «sviluppo della grande in- dustria di trasformazione » rappresenta ed esprime lo sviluppo del capitalismo. E che precisamente il capitalismo rovini il contadino è un principio basilare non già del populismo, ma del marxismo . I populisti hanno visto e continuano a vedere le cause della libera- zione del produttore dai mezzi di produzione non nell'organiz- zazione specifica delFeconomia sociale russa che reca il nome di capitalismo, ma nella politica del governo che, essi dicono, è stata # I populisti hanno detto questo apertamente e direttamente, ma l'« indubbio marxista * signor N.-on presenta questa stessa assurdità avvolta in frasi nebulose sul « regime popolare » e sulla « produzione popolare » condite con citazioni di Marx. ••Incominciare cioè dal carattere piccolo- borghese del «contadino coltivatore» per dimostrare P« inevitabilità e legittimità » del grande capitalismo. 5 o 4 LENIN infelice («noi» abbiamo imboccato una via sbagliata, ecc.), nel* l’inerzia della società, che non è stata abbastanza compatta contro i predoni e i lestofanti, ecc.; perciò si sono limitati a proporre « misure » riguardanti l’attività della « società » e dello « Stato ». Al contrario, additando come causa dell’espropriazione l’esistenza del- l’organizzazione capitalistica dell’economia sociale, si giunge ine- vitabilmente alla dottrina della lotta delle classi (cfr. in Struve, pp. ioi, 288 e molte altre). L’espressione dell’autore è inesatta in quanto egli parla del « coltivatore » in generale e non delle classi antagonistiche dell’agricoltura borghese. I populisti dico- no che il capitalismo, in quanto manda in rovina Pagri coltura, non è capace di abbracciare tutta la produzione del paese e la conduce sulla via sbagliata; i marxisti dicono che il capitalismo, sia nell’industria di trasformazione che nell’agricoltura, schiaccia il produttore , ma, portando la produzione a un livello superiore, crea le condizioni e le forze per la « socializzazione » *. La conclusione del signor Struve su tale questione è la seguente: « uno degli errori fondamentali del signor N.-on consiste nel fatto che egli ha trasportato in blocco nell’odierna economia contadina, sinora più naturale che monetaria, le concezioni e le categorie del regime capitalistico già formato » (p. 237). Abbiamo visto sopra che solo per avere ignorato completamente i dati concreti del capitalismo agricolo russo il signor N.-on, dis- sertando sulla « contrazione » del mercato interno, è caduto nel suo ridicolo errore. Ma quest’errore l’ha commesso non perchè abbia trasportato nella massa contadina tutte le categorie del capitalismo, ma perchè non ha applicato nessuna categoria del capitalismo ai dati sull’agricoltura. Le classi della borghesia e del proletariato costituiscono certamente le più importanti « categorie » del capita- lismo. Il signor N.-on non solo non le ha «trasportate» nella « massa contadina » (vale a dire non ha analizzato in modo esau- riente a quali gruppi o ceti di contadini siano precisamente ap- • c Da un lato la razionalizzazione dell’agricoltura che ne permette la gestione sociale, la riduzione ad absurdum della proprietà fondiaria dall'altro, costitui- scono i grandi meriti del modo di produzione capitalistico. Al pari di tutti gli altri suoi progressi storici, esso ha realizzato anche questo anzitutto a prezzo del completo impoverimento dei produttori diretti » ( Dos Kapitaì , voi., HI, 2, P- 157) IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 505 plicabili quelle categorie e quanto esse siano sviluppate), ma, al contrario, ha ragionato come un populista puro, ignorando gli ele- menti antagonistici all'interno dell’« obstcina », parlando dei « con- tadini » in generale. E questo ha fatto sì che la sua tesi del ca- rattere capitalistico della sovrappopolazione, del capitalismo come causa dell’espropriazione del coltivatore, sia restata senza dimo- strazione e sia servita solo a un’utopia reazionaria. IV Nel paragrafo Vili del sesto capitolo il signor Struve espone il suo pensiero sull’azienda fondata sulla proprietà privata. Egli rileva molto giustamente che le forme assunte da questa azienda dipendono intimamente e direttamente dalla rovina dei contadini. Il contadino rovinato non « alletta » più il grande proprietario fon- diario con i « canoni d affitto favolosi », e questi si rivolge al lavoro bracciantile. Come prova si citano alcuni estratti dell’articolo di Raspopin, che ha elaborato i dati delle statistiche degli zemstvo sulle aziende dei grandi proprietari fondiari e delle pubblicazioni stati- stiche periodiche degli zemstvo che mettono in rilievo il carattere « forzato » dell’estendersi delle coltivazioni in economia. In risposta ai signori populisti, che così volentieri cercano di seppellire sotto dissertazioni sull’« avvenire » del capitalismo nell’agricoltura e sulla sua « possibilità » il fatto del suo dominio attuale, Fautore si ri- chiama in modo preciso alla realtà . Dobbiamo soffermarci qui solo sulla valutazione di questo fe- nomeno da parte dell’autore, il quale dice che si tratta di « tendenze progressive nell’azienda fondata sulla proprietà privata » (p. 244), che queste tendenze sono create dalla « logica inesorabile del- l’evoluzione economica » (p. 240). Temiamo che per la loro astrat- tezza questi principi del tutto giusti restino incomprensibili per il lettore che non conosce il marxismo; che il lettore non capisca — senza un’esposizione precisa della successione di certi sistemi econo- mici, di certe forme dell’antagonismo di classe — perche que- sta tendenza è « progressiva » (dall’unico punto di vista, s’in- tende, dal quale può porre la questione un marxista, dal punto di vista di una classe ben determinata), in che cosa consiste pre- 506 LENIN cisamente il carattere « inesorabile > dell’evoluzione in atto. Prove- remo perciò a descrivere questa successione (almeno nei tratti più generali) mettendola a confronto con l’impostazione populista in proposito. Il populista presenta il processo di sviluppo dell’azienda brac- ciantile come il passaggio dall’azienda contadina «iodi penden- te» all’azienda dipendente, e, naturalmente, lo ritiene regresso, decadenza, ecc. Questo modo di presentare il processo è in realtà assolutamente sbagliato , non corrisponde assolutamente alla realtà, e perciò sono assurde anche le conclusioni che se ne traggo- no. Il populista, presentando la questione in questo modo otti- mistico (rispetto al passato e al presente), non fa che voltare le spalle ai fatti, stabiliti dalla stessa letteratura populista, per vol- gersi alle utopie e alle possibilità. Prendiamo come punto di partenza l’economia feudale ante- riore alla riforma. La struttura fondamentale dei rapporti di produzione era la se- guente: il signore dava la terra, il legname da costruzione e in generale i mezzi di produzione (talvolta anche direttamente i mezzi di sussistenza) a ciascuna famiglia contadina separata- mente, e, lasciando che il contadino stesso si procurasse il vitto, lo costringeva a lavorare per lui durante tutto il tempo addizionale y a effettuare la barsteina . Sottolineo « durante tutto il tempo addizionale » per rilevare che in questo sistema non si può nemmeno parlare di « indipendenza » del contadino *. Il « nadiel » che il signore « garantiva > al contadino non serviva che come salano in natura ; serviva interamente ed esclusivamente al signore per sfruttare il contadino, serviva a « garantire » al si- gnore la manodopera, mai a garantire effettivamente il contadino stesso **. Ma ecco che irrompe l’economia mercantile. Il signore inco- mincia a produrre il grano per la vendita e non per sè. Di con- seguenza si intensifica lo sfruttamento del lavoro dei contadini; • Mi limito esclusivamente all'aspetto economico della questione. •• Perciò è assolutamente sbagliato richiamarsi alla « divisione della terra in nadiel propria del sistema feudale, per dimostrare il carattere c tradizionale » del- l'appartenenza dei mezzi di produzione al produttore. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 507 poi il sistema dei nadiel diventa un impaccio, perchè non è più vantaggioso per il signore distribuire nuovi nadiel alle giovani ge- nerazioni di contadini, e si offre la possibilità di regolare i conti in denaro. Diviene più comodo delimitare una volta per sempre la terra dei contadini, separandola da quella dei signori (soprat- tutto se nel medesimo tempo viene stralciata una parte dei nadiel e si percepisce un « equo » riscatto), e servirsi del lavoro degli stessi contadini, posti in condizioni materiali peggiori e costretti a en- trare in concorrenza sia con gli ex servi della gleba che con i « dar- stvenni\i » 105 e i più agiati ex contadini dello Stato e della corona, ecc. Il regime feudale crolla. Il sistema economico — ormai impostato sul mercato (questo è particolarmente importante) — si modifica, ma non ad un tratto. Nuove caratteristiche e nuovi « principi » si aggiungono ai vecchi. Queste nuove caratteristiche consistono nel fatto che base della Plusmacherei è non più la consegna dei mezzi di produzione al contadino, ma, al contrario, la sua « libertà » dai mezzi di pro- duzione, il suo bisogno di denaro; non più Teconomia naturale, non lo scambio naturale dei « servizi » (il signore dà al con- tadino la terra, e il contadino i prodotti del pluslavoro, il grano, la tela, ecc.), ma il « libero » contratto commerciale, mone- tario. Precisamente questa forma economica, che combina con le vecchie le nuove caratteristiche, si è instaurata in Russia dopo la riforma. Ai vecchi mètodi di cessione in prestito della terra in cambio di lavoro (conduzione delle terre stralciate, ad esempio) si è associato W ingaggio invernale»: prestito di denaro in cambio di lavoro nel momento in cui il contadino ha partico- larmente bisogno di denaro e vende il suo lavoro a un prezzo tre volte inferiore, prestito di grano contro otrabot\i y ecc. I rapporti economico-sociali dell’ex « votcina » si sono ridotti, come vedete, alla più comune transazione usuraria : si tratta di operazioni del tutto analoghe a quelle dello s\upstcì\ nei confronti degli arti- giani. È incontestabile che dopo la riforma è divenuta tipica precisa- mente questa economia, e la nostra letteratura populista ci ha for- nito descrizioni eccellenti di questa forma particolarmente ripu- 508 LENIN gnante di Plusmacherei , congiunta con le tradizioni e i rapporti feudali e con lo stato di assoluta impotenza del contadino vincolato al suo « nadiel ». Ma non volevano e non vogliono i populisti vedere in che cosa consiste la base economica di questi rapporti? Base del dominio qui non è più solo il possesso della terra, come ai vecchi tempi, ma anche il possesso del denaro, di cui il contadino ha bisogno (e il denaro è un prodotto del lavoro sociale organizzato daireconomia mercantile), e la « libertà » del contadino dai mezzi di sussistenza. È evidente che questo è un rapporto capitalistico, borghese. Le « nuove » caratteristiche non sono altro che la forma primaria di dominio del capitale nell’agricoltura, forma che non si è ancora liberata dalle pastoie dell’economia «curtense», forma che ha creato l’antagonismo di classe proprio della società capi- talistica, ma non l’ha ancora consolidato. Ma ecco che con lo sviluppo dell’economia mercantile viene meno la base di questa forma primaria di dominio del capitale: la rovina dei contadini, giunti ormai al fallimento completo, signi- fica che i contadini hanno perduto le proprie scorte — sulla cui base si reggeva sia la forma feudale che quella semischiavistica del lavoro — e che il grande proprietario è costretto quindi a ricor- rere alle proprie scorte e il contadino a divenire bracciante. È anche un fatto incontestabile che questo passaggio abbia in- cominciato a verificarsi in Russia dopo la riforma. Questo fatto mostra la tendenza a quella forma di asservimento che i populi- sti considerano in modo puramente metafisico, al di fuori del legame col passato, al di fuori della tendenza allo sviluppo; que- sto fatto mostra Yulteriore sviluppo del capitalismo, l’ulteriore sviluppo di quell’antagonismo di classe che è inerente alla nostra società capitalistica e che nell’epoca precedente si esprimeva nel- l’atteggiamento del « kulak » verso il contadino e ora incomincia a esprimersi nell’atteggiamento del dirigente di un’azienda ra- zionale verso il bracciante e il giornaliero. Ed ecco che precisamente quest’ultimo cambiamento suscita disperazione e orrore nel populista, che si mette a lanciar grida sullo tirati in ballo dal signor Struve in modo estremamente infelice. Il ragiona- mento del signor Struve su questo argomento lascia tanto più per- plessi, in quanto egli stesso accenna alTimportanza prevalente del mercato interno per la Russia e coglie in fallo il signor V.V. sul suo « programma di sviluppo del capitalismo russo » che si appoggia sui « contadini forti ». Il processo di formazione di questi contadini « forti » (vale a dire borghesi), attualmente in corso nelle nostre campagne, ci mostra con chiarezza la nascita del capitale, la proleta- rizzazione del produttore e Yespansione del mercato interno : la « diffusione degli attrezzi perfezionati », per esempio, significa pre- cisamente accumulazione del capitale sotto forma di mezzi di pro- duzione. In questa materia sarebbe particolarmente necessario, in- vece di esporre le « possibilità », descrivere e spiegare il processo effettivo che si esprime nella creazione del mercato interno del ca- pitalismo russo*. Terminato così Tesarne della parte teorica del libro del signor Struve, possiamo tentare ora di dare una caratterizzazione generale, per così dire riassuntiva, del metodo fondamentale delle sue argo- mentazioni e avvicinarci in questo modo alla soluzione dei pro- blemi posti alPinizio: «che cosa precisamente in questo libro può essere messo in conto al marxismo?», «quali principi della dottrina [del marxismo] l’autore respinge, completa e corregge, e a quali risultati si giunge in questi casi? ». Il tratto fondamentale delle argomentazioni dellautore, rile- vato sin dalPinizio, è il suo angusto oggettivismo, che si limita a dimostrare Tinevitabilità e la necessità del processo, e non cerca di scoprire in ogni fase concreta di questo processo la forma di antagonismo di classe ad esso inerente, un oggettivismo che ca- • Siccome questo è un problema molto importante e complesso, intendiamo dedicargli un articolo apposito 1W . 34 * 5 i6 LENIN ratterizza il processo in generale, ma non le singole classi antagoni- stiche dalla cui lotta risulta il processo. Comprendiamo benissimo che l’autore ha avuto i suoi ruo- tivi per limitare in questo modo le sue « note > alla sola parte « oggettiva », che è anche la più generale: in primo luogo, volendo opporre ai populisti i principi delle concezioni avversarie, egli ha esposto i soli principia, affidandone lo sviluppo e il chiarimento più concreto aH’ulteriore svolgimento della polemica; in secondo luogo, nel capitolo I abbiamo cercato di mostrare che tutta la differenza fra il populismo e il marxismo consiste nel carattere della critica del capitalismo russo, nella diversa spiegazione di esso; da tutto questo scaturisce naturalmente che i marxisti si limitano talvolta ai principi « oggettivi » generali, si fondano esclusiva- mente su ciò che distingue la nostra concezione (dei fatti univer- salmente noti) dalla concezione populista. Ma il signor Struve, ci sembra, si è spinto troppo oltre in questa direzione. L’astrattezza dell’esposizione ha portato spesso ad affer- mazioni che non possono non dare origine a malintesi; l’imposta- zione del problema non si è differenziata dai metodi correnti dell’argomentazione professorale dominanti nella nostra lettera- tura, metodi che consistono nel considerare dall’alto le vie e le sorti della patria e non le singole classi che procedono su questa o quella determinata via; quanto più concrete divenivano le argomen- tazioni dell’autore, tanto più era impossibile spiegare i principia del marxismo rimanendo sul piano delle tesi astratte generali, tanto più era necessario definire esattamente questa o quella po- sizione di questa o quella classe della società russa, questa o quella correlazione tra le differenti forme di Plusmacherei e gli interessi dei produttori. Perciò ci è sembrato non del tutto inopportuno il tentativo di completare e chiarire la posizione dell’autore, seguirne passo a passo l’esposizione, per rilevare la necessità di una diversa impostazione dei problemi, la necessità di un’applicazione più coerente della teo- ria degli antagonismi di classe. Delle vere e proprie deviazioni del signor Struve dal marxismo — nelle questioni dello Stato, della sovrappopolazione, del mercato interno — si è già parlato a sufficienza. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 5*7 VI Il libro del signor Struve, oltre alla critica del contenuto teorico del populismo, contiene anche, fra Faltro, alcune osservazioni che riguardano la politica economica populista. Sebbene Fautore fac- cia queste osservazioni di sfuggita e senza svilupparle, nondimeno non possiamo non parlarne, per non dar adito al minimo malinteso. In queste osservazioni si accenna alla « razionalità », al carattere progressivo, « sensato », ecc. della politica iiberale, vale a dire bor- ghese, rispetto alla politica populista *. Evidentemente, Fautore ha voluto mettere a confronto due po- litiche che rimangono sul terreno dei rapporti esistenti, e in que- sto senso egli ha osservato del tutto giustamente che è « sensata » la politica che sviluppa il capitalismo e non quella che lo frena, «sensata, naturalmente, non perchè servendo la borghesia, le su- bordini sempre di più il produttore [come tentano di interpretare i vari «sempliciotti» o «funamboli»], ma perchè, inasprendo e depurando i rapporti capitalistici, essa illumina Yintelletto di colui che è il solo dal quale dipende il cambiamento e gli scioglie le mani. Non possiamo non osservare, r tuttavia, che il signor Struve formula questa tesi completamente giusta in modo poco felice, la enuncia, data Fastrattezza che gli è propria, in modo tale che talvolta gli si vorrebbe dire: lasciate che i morti seppelliscano i loro morti. In Russia non c’è mai stata penuria di gente che si sia messa con tutta Fanima a creare teorie e programmi che esprimano gli interessi della nostra borghesia e tutti quei « doveri » che dovrebbe assolvere il grande, forte capitale : schiacciare il piccolo ca- # Citiamo qualche piccolo esempio di queste osservazioni: «Se lo Stato... desidera rafforzare non la grande, ma la piccola proprietà terriera, nelle attuali condizioni economiche esso può raggiungere questo scopo non andando alla ri- cerca di un'irrealizzabile eguaglianza economica fra i contadini, ma solo appog- giandone gli elementi vitali, creando fra loro un ceto di contadini economica- mente forti » (p. 240). « Non posso non vedere che la politica che sarà diretta a creare questi contadini [appunto: «economicamente forti, adatti alla produzione mercantile»], sarà Tunica politica sensata e progressiva» (p. 281). «La Russia da paese capitalistico povero deve divenire un paese capitalistico ricco» (p. 250), ecc., sino alle parole conclusive: «andiamo a scuola dal capitalismo». 5 i8 LENIN pitale e distruggerne i metodi primitivi e patriarcali di sfruttamento. Se anche qui Fautore si fosse rigorosamente attenuto ai dettami della « dottrina » del marxismo, che impone di ricondurre l’esposi- zione alla descrizione del processo effettivo, che impone di mettere in luce gli antagonismi di classe dietro ogni forma di politica « sen- sata », « razionale » e progressiva, egli avrebbe espresso diversa- mente la stessa idea, avrebbe dato un'impostazione diversa del problema. Egli avrebbe messo in relazione le teorie e i programmi del liberalismo, vale a dire della borghesia, che sono spuntati dopo la grande riforma come i funghi dopo la pioggia, e i dati con- creti sullo sviluppo del capitalismo in Russia. In questo modo avrebbe mostrato, in base all'esempio russo, quel legame tra le idee sociali e lo sviluppo economico che aveva voluto dimostrare nei primi capitoli e che può essere definitivamente stabilito solo da un’analisi materialistica della realtà russa. In questo modo avrebbe mostrato, quindi, come siano ingenui i populisti, che nella loro letteratura combattono le teorie borghesi, quasi che queste teorie fossero solo ragionamenti sbagliati e non rappresen- tassero gli interessi di una classe potente, cui è sciocco rivol- gere esortazioni e che può essere « convinta » solo con l’impo- nente forza di un’altra classe. In questo modo egli avrebbe mostrato, infine, quale classe determini da noi in realtà il « dovere » e il « progresso », e come siano ridicoli i populisti, che dissertano sulla « via » da « scegliere ». I signori populisti si sono aggrappati con particolare soddisfa- zione a queste espressioni del signor Struve, rallegrandosi maligna- mente del fatto che la loro infelice formulazione abbia permesso a vari economisti borghesi (del genere del signor Iangiul) e ai fautori della servitù della gleba (del genere del signor Golovin) di aggrap- parsi a singole frasi staccate dal contesto. Abbiamo visto in che cosa consista il difetto del signor Struve, che ha messo quest’arme nelle mani degli avversari. I tentativi di criticare il populismo semplicemente come teo- ria che indica in modo errato le vie per la patria * hanno impedito • L’autore delle Note critiche accenna alla base economica del populismo (pp. 166-167), ma questo accenno ci sembra insufficiente. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 519 all’autore di definire con sufficiente chiarezza il suo atteggiamento verso la « politica economica > del populismo. Si potrebbe interpre- tarlo quasi come un ripudio in blocco di questa politica, e non solo di una metà. È necessario perciò soffermarsi su questo punto. I filosofemi sulla possibilità di « altre vie per la patria > non sono che l’involucro del populismo. In quanto al contenuto, in- vece, esso rappresenta gli interessi e il modo di vedere del pic- colo produttore, del piccolo borghese russo. Perciò il populista, in teoria, è esattamente come Giano, che con una faccia guarda al passato e con l’altra all’avvenire, come nella vita è Giano il piccolo produttore, che, volendo rafforzare la sua piccola azienda, non sa- pendo e non volendo sapere nulla del regime economico generale e della necessità di tener conto della classe che lo dirige, guarda con una faccia al passato, mentre con l’altra guarda all’avvenire, assumendo un atteggiamento ostile nei confronti del capitali- smo che lo manda in rovina. Di qui risulta evidente che respingere tutto il programma po- pulista in blocco, indiscriminatamente, sarebbe assolutamente sba- gliato. Si deve rigorosamente distinguerne il lato reazionario e il lato progressivo. Il populismo è reazionario in quanto propone misure che incatenano il contadino alla terra e ai vecchi modi di produzione, quali l’inalienabilità del nadiel , ecc. *, in quanto vuole frenare lo sviluppo dell’economia monetaria, in quanto attende dalla « società > e dall’azione dei rappresentanti della burocrazia non dei miglioramenti parziali, ma il cambiamento della via (valga come esempio il signor Iugiakov, che in RussJ{oie Bogatstvo n. 7, 1894, ha dissertato sulle coltivazioni collettive progettate da un presidente di zemstvo e si è messo ad apportare correzioni a questi progetti). Contro simili punti del programma populista è cer- tamente necessario condurre una guerra senza quartiere. Ma vi sono anche altri punti concernenti l’autonomia amministrativa, la libera e ampia diffusione della cultura fra il popolo, 1« ascesa » della • È giustissima l'affermazione del signor Struve che queste misure potrebbero solo « realizzare le ardenti aspirazioni di alcuni proprietari terrieri dell’Europa occidentale e della Russia che vogliono braccianti vincolati alla terra » (p. 279). 520 LENIN « azienda popolare > (vale a dire della piccola azienda) mediante crediti a buon mercato, miglioramenti della tecnica, regolamenta- zione dello smercio, ecc. ecc. Naturalmente anche il signor Struve riconosce pienamente che simili misure di carattere democratico generale sono progressive. Esse non freneranno, ma affretteranno lo sviluppo economico della Russia sulla via capitalistica, affrette- ranno la creazione del mercato interno, affretteranno lo sviluppo della tecnica e dell’industria meccanizzata, migliorando la situa- zione del lavoratore ed elevando il livello dei suoi bisogni, affret- teranno e favoriranno la sua indipendenza di pensiero e di azione. Qui però può forse sorgere una questione: chi indica meglio e con maggiore precisione simili misure incontestabilmente auspica- bili, i populisti oppure Ì pubblicisti à la Skvortsov, il quale difende anch'egli a spada tratta il progresso tecnico e verso il quale il signor Struve dimostra una così straordinaria simpatia? Mi sembra che alla luce del marxismo non si possa porre in dubbio la necessità di preferire assolutamente, sotto questo aspetto , il populismo. Le mi- sure dei signori Skvortsov si richiamano agli interessi di tutta la classe dei piccoli produttori, della piccola borghesia, così come il pro- gramma delle Mos\ovs\ie Viedomosti si richiama agli interessi del- la grande borghesia. Queste misure non devono giovare a tutti*, ma solo ai singoli eletti che le autorità ritengono degni della loro attenzione. Infine, esse sono vergognosamente brutali, perchè pre- suppongono l’intervento della polizia nelFeconomia dei contadini. Prese nel loro insieme, queste misure non danno alcuna seria garanzia e prospettiva di realizzare « il progresso produttivo del- l'economia contadina >. 1 populisti interpretano e rappresentano sotto questo aspetto in modo incomparabilmente più giusto gli interessi dei piccoli pro- duttori, e i marxisti devono, dopo aver ripudiato tutti gli aspetti reazionari del loro programma, non solo accogliere i punti di ca- rattere democratico generale, ma anche attuarli con maggiore pre- cisione, profondità e ampiezza. Quanto più energiche saranno •Vale a dire, naturalmente, a tutti coloro ai quali è accessibile il progresso tecnico. IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 5 2 * queste riforme in Russia, quanto più eleveranno il tenore di vita delle masse lavoratrici, tanto più acuto e netto si rivelerà lantago- nismo sociale importantissimo e (già adesso) fondamentale della vita russa. I marxisti non solo non « spezzano il filo democra- tico » o la tendenza alla democrazia, come afferma, calunniandoli, il signor V.V.; al contrario, essi vogliono lo sviluppo e il rafforza- mento di questa tendenza, vogliono avvicinarla alla vita, vogliono raccogliere il « filo » che la « società » e gli « intellettuali » si la- sciano cadere di mano *. Questa esigenza — di non gettar via il « filo », ma, al contrario, di rafforzarlo — non scaturisce affatto per caso dallorientamento individuale di questo o quel « marxista », ma è determinata necessa- riamente dalla posizione e dagli interessi della classe che essi vo- gliono servire, è dettata necessariamente e incondizionatamente dalle esigenze fondamentali della loro «dottrina». Non posso, per motivi facilmente comprensibili, soffermarmi qui ad analiz- zare la prima parte di questa affermazione, a definire la « posi- zione » e gli «interessi»; in proposito, mi sembra, i fatti parlano chiaro. Tratterò brevemente solo la seconda parte, e precisamente Tatteggiamento della dottrina marxista verso i problemi che rap- presenterebbero la « rottura del filo ». I marxisti devono impostare queste questioni diversamente da come hanno fatto e continuano a fare i signori populisti. Questi ul- timi esaminano la questione alla luce « della scienza moderna, dei moderni concetti etici»; le cose vengono presentate come se non esistessero determinate cause profonde, inerenti agli stessi rap- porti di produzione , che impedissero la realizzazione di simili ri- forme, ma Tostacelo risiedesse solo nella grossolanità dei senti- menti : nella debole « luce delTintelletto », ecc., come se la Russia fosse una tabula rasa sulla quale non restasse che tracciare giusta- •II signor V.V. dice (Nedielia 1894, n. 47): «Nel periodo della no- stra storia posteriore alla riforma i rapporti sociali, per alcuni loro tratti, si sono av- vicinati a quelli dell’Europa occidentale, con la democrazia attiva all’epoca della lotta politica e l'agnosticismo sociale nel periodo successivo ». Ci siamo sfor- zati di mostrare nel capitolo I che questo « agnosticismo » non è fortuito, ma è il risultato inevitabile della posizione e degli interessi della classe dalla quale provengono i rappresentanti della « società », classe che, accanto, agli svantaggi, ricava dai rapporti odierni . vantaggi molto cospicui. 522 LENIN mente le giuste vie. Una simile impostazione del problema ha assi- curato, naturalmente, quella « purezza * di cui si vanta il signor V.V., e che in realtà significa solo « purezza » delle fantasticherie da educanda, che rende le argomentazioni populiste tanto appropriate per le conversazioni accademiche. I marxisti devono impostare questi problemi in modo com- pletamente diverso *. Dovendo cercare le radici dei fenomeni sociali nei rapporti di produzione, dovendo ricondurre questi feno- meni agli interessi di determinate classi, essi devono formulare gli stessi desiderata come « aspirazioni » di determinati elementi sociali, « aspirazioni » che incontrano l’opposizione di determinati altri ele- menti e classi. Una simile impostazione eliminerà di per sè ogni possibilità di servirsi delle loro « teorie » per argomentazioni profes- sorali che si sollevino al di sopra delle classi, per qualsiasi progetto e relazione che prometta un « brillante successo » **. Questo, certa- mente, è ancora un pregio soltanto indiretto dell’accennata diversità dei punti di vista, ma anch’esso è assai notevole se si tiene presente lungo quale ripida china il populismo odierno sta precipitando nel pantano dell’opportunismo. Ma la cosa non si esaurisce in un pregio indiretto. Se si pongono le stesse questioni applicando la teoria del- l’antagonismo di classe [naturalmente per questo è necessario « rive- dere i fatti» della storia e della realtà russa], allora le risposte for- niranno una definizione degli interessi essenziali di determinate classi; queste risposte saranno destinate ad essere utilizzate pra- ticamente*** appunto da queste sole classi interessate, si strap- peranno, per adoperare la bella espressione di un marxista, dalle « anguste pareti dello studio degli intellettuali » per rivolgersi a coloro stessi che partecipano ai rapporti di produzione nella loro • Se si atterranno coerentemente alla loro teoria. Abbiamo già deno più volte che l’esposizione del signor Struvc non è soddisfacente precisamente perchè egli non si è attenuto con tutto il rigare necessario a questa teoria. 44 Espressione del signor Iugiakov. 444 Certo, per arrivare a questa « utilizzazione » occorre un immenso lavoro preparatorio, lavoro che, per la sua stessa natura, è invisibile. Prima che si arrivi a questa utilizzazione può trascorrere un periodo di tempo più o meno lungo, nel cono del quale diremo apertamente che non esiste ancora nessuna forza ca- pace di aprire vie migliori per la patria, in opposizione alT« ottimismo sdolci- nato a dei signori populisti, i quali asseriscono che le forze esistono e non rimane che consigliare loro di c abbandonare la via sbagliata ». IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO 523 forma più sviluppata e pura, a coloro sui quali si fa sentire con maggiore intensità la « rottura del filo » e per i quali gli « ideali > sono « necessari », perchè senza di essi vivono male. Questa impo- stazione infonderà un nuovo soffio di vita in tutte queste vecchie questioni — tributi, passaporti, migrazioni interne, amministra- zione dei volost , ecc. — , questioni che la nostra « società » ha di- scusso e ridiscusso, masticato e rimasticato, deciso e rideciso, e per le quali sta ora perdendo qualsiasi interesse. Quindi, comunque noi affrontiamo la questione — esaminando il contenuto del sistema dei rapporti economici dominante in Russia e le differenti forme di questo sistema nel loro nesso storico e nel loro rapporto con gli interessi dei lavoratori, oppure esaminando la questione della « rottura del filo » e dei motivi di questa « rottura » — in entrambi i casi giungiamo a una sola conclusione, alla con- clusione che grande è l’importanza del compito storico del «la- voro differenziato dalla vita» posto dall’epoca che attraversiamo, alla conclusione che l’idea di questa classe ha un significato uni- versale. NOTE 1 L'articolo Nuovi spostamenti economici nella vita contadina è il primo in ordi- ne di tempo degli scritti di Lenin giunti fino a noi. Esso fu scritto a Samara nella primavera del 1893 e doveva venir pubblicato sulla stampa legale. Lenin si proponeva di pubblicarlo sulla rivista Russkaia Mysl t ma l’articolo venne re- spinto dalla redazione « come non rispondente all’orientamento della rivista ». All’Istituto Marx-Engels-Lenin presso il CC del PC (b) dell’URSS si trovano due manoscritti di questo articolo. Il primo (minuta) vi h per- venuto dall'archivio personale di Lenin; il secondo è stato rinvenuto nell’ar- chivio della Corte d’appello di Mosca e rappresenta la redazione definitiva del- l’articolo da parte dell’autore. Nella presente edizione esso viene pub- blicato in base a quest’ultimo manoscritto. Presso PIMEL si conserva anche l'opera di V. E. Postnikov, luzno-russkjoc krestianhjoe hjioziaistvo (L’azienda contadina nel mezzogiorni della Russia), con le annotazioni di Lenin. Queste annotazioni (e con esse due lettere dello stesso Lenin che commentano il contenuto essenziale del presente articolo) sono state pubblicate nella prima sezione del volume XXXIII del Lenins^i Sbornii (Mi- scellanea di Lenin). Il materiale fondamentale di questo articolo è stato utilizzato da Lenin per il secondo capitolo dell’opera Lo sviluppo del capitalismo in Russia (voi. 3 della presente edizione). - P. 1. 2 Statistiche degli zemstvo. Gli organi statistici degli zemstvo presso le giunte amministrative di governatorato e di distretto (istituite dopo la riforma del 1861) svolgevano indagini statistiche (censimenti delle aziende contadine e artigiane, indagini sui bilanci contadini, ecc.) e pubblicavano numerose rassegne e rac- colte statistiche distretto per distretto e governatorato per governatorato, nelle quali era contenuto un ricco materiale documentario. Tuttavia gli statistici de- gli zemstvo , fra i quali prevalevano i populisti, spesso elaboravano tendenzio- samente e raggruppavano in modo sbagliato i dati statistici, il che diminuiva notevolmente il loro valore. Nelle tabelle spariscono le differenze sostanziali e le caratteristiche dei singoli gruppi di contadini, formatisi nel corso dello svi- luppo del capitalismo. Lenin studia sotto tutti gli aspetti, controlla accurata- tamente ed elabora in modo originale i dati statistici degli zemstvo , esegue propri calcoli, redige tabelle e compendi, analizza marxisticamentc e raggruppa scientificamente i dati ottenuti sulle aziende contadine e artigiane, riuscendo in tal modo a dare il quadro reale dello sviluppo economico della Russia - P. 3. 528 NOTE 3 Gli scritti indicati fanno parte della raccolta ìtoghi ckjonomiccskjovo rssledovania Rossii po dannym zemskjoi statistici (Risultati dello studio economico della Russia secondo i dati statistici degli zemstvo ): voi. I, V. V., KrestiansCaia obsteina (La comunità contadina), Mosca, 1892; voi. II, N. Kariscev, Krestian- sì{ie vnienadelnie arendy (Le affittanze contadine di terre fuori dei nadiel ), Dor- pat, 1892. Ambedue le opere hanno un orientamento liberal-populista. V. V. è lo pseudonimo di V. P. Vorontsov, uno degli ideologi del popu- lismo liberale degli anni ottanta e novanta • P. 4. 4 Membri figuranti nei registri della revisione : popolazione maschile della Russia feudale soggetta al testatico (in principal modo i contadini e i piccoli borghesi) e a questo scopo registrata da speciali censimenti (cosiddetti di « revisione »). Queste «revisioni» si effettuarono a partire dal 1718; nel 1858 si fece la de- cima « revisione », che fu l’ultima. In varie regioni la terra fu divisa in seno alle obsteine in. base ai membri figuranti nei registri della revisione. - P. io. 5 Mennoniti : settari oriundi dell’Europa occidentale, stabilitisi in Russia alla fine del secolo XVIII, soprattutto nei governatorati di Iekaterinoslav e di Tau- ride. Le aziende dei coloni mennoniti erano per la maggior parte aziende agiate, di kulak. - P. 26. 8 SielsCaia raspravax speciale tribunale per i contadini dello Stato, istituito nella Russia zarista in base ad un decreto del 1838 e presieduto dall’anziano del vii- laggio. Le raspravy di villaggio e di volost estendevano la propria competenza a varie cause e reati civili e potevano infliggere multe e condannare ai lavori forzati e alla fustigazione. - P. 43. 7 Russkjùa Mysl (Il pensiero russo): rivista mensile di tendenze liberal -populiste; uscì a cominciare dal 1880. Dopo la rivoluzione del 1905, divenne Porgano del partito cadetto e fu diretta da P, Struve. Venne soppressa verso la metà del 1918. - P. 48. 8 Uffici distrettuali per gli affari contadini', vennero istituiti nel 1874 per sor- vegliare gli organi della « pubblica amministrazione contadina » nei villaggi e nei volost . Diretti dai capi distrettuali della nobiltà, questi uffici erano com- posti dai commissari di polizia, dai giudici di pace e dai presidenti delle giunte amministrative distrettuali. Gli Uffici distrettuali per gli affari contadini dipen- devano dagli Uffici di governatorato, diretti dai governatori imperiali. - P. 61. 9 II saggio A proposito della cosiddetta questione dei mercati fu scritto a Pietro- burgo nell'autunno del 1893. In esso Lenin sviluppa le tesi fondamentali già da lui esposte precedentemente in una riunione del circolo dei marxisti di Pie- troburgo (circolo dei < vecchi ») durante la discussione della relazione di G. B. Krasin sul tema La questione dei mercati . In questo scritto, come già nel suo intervento, Lenin rileva gli errori di Krasin e nel contempo critica aspramente le concezioni dei populisti liberali circa le sorti del capitalismo in Russia e le vedute apologetico-borghesi del nascente « marxismo legale ». Lo scritto di Lenin costituì un’arme poderosa nella lotta contro il popu- lismo ed il « marxismo legale » e venne diffuso nei circoli socialdemocratici di Pietroburgo e di altre città. Il manoscritto, che si riteneva definitivamente perduto, pervenne al- NOTE 529 l’IMEL solo nel 1937 e lo scritto fu pubblicato per la prima volta nello stesso anno, sul n. 21 della rivista BolscevH . Nel 1938 fu pubblicato dal- I’IMEL in edizione separata. - P. 69. 10 Negli scritti dell’ultimo decennio del secolo scorso Lenin usò, accanto al ter- mine di « plusvalore » ( pribavocnaia stoimost : letteralmente « valore supple- mentare », termine abituale per indicare il « plusvalore » in lingua russa), quello di c supcrvalore » (. svierh^hstoimost , che ricalca il tedesco Mehrwert), In seguito Lenin usò esclusivamente il primo termine. - P. 73. 11 K. Marx, // capitale , II, 2, Roma, Edizioni Rinascita, 1954, p. 97. La citazione di Lenin è tratta dall’edizione tedesca del 1885. - P. 82. 12 K. Marx, Il capitale , I, 1, ed. cit., 1951, p. 120. La citazione di Lenin è tratta dalla seconda edizione tedesca del 1872. - P. 94. 13 Ni^.-on, AL-on, Nif{oÌai-on\ pseudonimo di N. F. Danielson, uno degli ideologi del populismo liberale degli anni ottanta-novanta. Lopera di Nikolai-on che qui viene citata è intitolata Ocerf^i nascevo poreformennovo obsteestvennovo khoziaistva (Saggi sulla nostra economia sociale posteriore alla riforma), Pie- troburgo, 1893. - P. 95. 14 K. Marx, Il capitale t II, 1, ed. cit., 1953* P* 333 (nota 32). - P. 100. 15 II saggio di Lenin Che cosa sono gli « amici del popolo » e come lottano contro i socialdemocratici? fu scritto nel 1894 (la prima parte fu ultimata nelPaprile, la seconda e la terza nell’estate). Lenin aveva cominciato a lavorare su questo argomento già a Samara nel 1892-1893; nel circolo dei marxisti di Samara aveva letto alcune relazioni in cui criticava aspramente i populisti liberali av- versari del marxismo V. V. (Vorontsov), Mikhailovski, Iugiakov, Krivenko. Queste relazioni costituirono il materiale preparatorio dellopera Che cosa sono gli « amici del popolo ». Il saggio fu pubblicato in parti separate. La prima parte venne pubblicata a Pietroburgo nella primavera del 1894 in edizione poligrafata e diffusa clan- destinamente in quella ed in altre città. Nel luglio 1894 usci la seconda edi- zione della prima parte, anch’cssa poligrafata. Circa 100 copie della prima e della seconda parte furono stampate nel mese di agosto a Gorki (governatorato di Vladimir) da A. A. Ganscin. Infine, nel settembre dello stesso anno, A. A. Vaneiev pubblicò a Pietroburgo in edizione poligrafata altre 50 copie della prima parte (quarta edizione) e un numero circa uguale di copie della terza parte. Questa edizione, per necessità cospirative, recava in copertina l’avver- tenza: « Edizione di un gruppo provinciale di socialdemocratici ». Le organizza- zioni locali riproducevano Topera di Lenin nei modi più diversi; alcune parti venivano ricopiate a mano, battute a macchina, ecc.; il gruppo socialdemocratico del distretto di Borzensk (governatorato di Cernigov) la pubblicò in edizione poligrafata. Il libro venne diffuso a Pietroburgo, Wilno, Kiev, Cernigov, Poltava, Vla- dimir, Penza, Rostov sul Don, Tiflis, Tomsk e in altre città. Stalin e i membri del suo circolo nel seminario di Tiflis conobbero questo scritto nel 1897-1898. Il libro era ben noto sia al gruppo « Emancipazione del lavoro » che alle altre organizzazioni socialdemocratiche russe all’estero. L’edizione poligrafata della prima e della terza parte fu rinvenuta al- 35—572 53° NOTE l'inizio del 1923 neH’archivio socialdemocratico di Berlino e quasi contempo rancamente nella Biblioteca pubblica di Leningrado. Nella prima, nella se- conda e nella terza edizione delle Opere di Lenin quest’opera è stata pubbli- cata sulla scorta delle edizioni poligrafate rinvenute nel 1923. Nella presente edizione si pubblica seguendo il testo di un nuovo esemplare deH’edizione poli- grafala, pervenuto all'IMEL solo nel 1936. Questa copia contiene numerose correzioni redazionali, apportate da Lenin evidentemente in vista dell’eilirione a stampa che doveva uscire all’estero. Tutti questi emendamenti sono siali in- seriti nella presente edizione. Nelle edizioni poligrafate della prima parte non si era fatto ricorso nè al corsivo, nè alla spaziatura, nè alla sottolineatura. Nei passi da porre in risalto ci si avvaleva delle virgolette. Nella presente edizione, che segue la copia autorizzata, le virgolette sono state sostituite dal corsivo e le varie aggiunte inserite nel testo fra parentesi sono state messe in nota a piè di pagina. Viene pure pubblicata la spiegazione dell’autore ad una tabella ( Ap- pendice /), spiegazione che si era omessa nelle edizioni precedenti, cosicché nella presente edizione viene presentato il testo esatto di questo importantissimo scritto di Lenin. La seconda parte del libro, in cui Lenin criticava le concezioni economico- politiche del populista liberale S. N. Iugiakov, non è stata ancora reperita. - P. 123. 10 Russ\oie Bogatstvo (La ricchezza russa): rivista mensile pubblicata dal 1876 alla metà del 1918. A partire dall’inizio degli anni novanta divenne l'organo dei populisti liberali e fu diretta da Krivenko e Mikhailovski. La rivista, che propugnava una politica di conciliazione col governo zarista e la rinuncia ad ogni lotta rivoluzionaria, combattè ad oltranza il marxismo. - P. 127. 17 Allusione all’articolo di N. K. Mikhailovski, K. Marx sotto giudizio dinanzi al signor lu. Giukjovskjy pubblicato sulla rivista Otiecestvennye Zapisk.it n. io, ot- tobre 1877. - P. 129. 18 K. Marx, Il capitale , I, 1, ed. cit., p. 18. - P. 131. lft K. Marx-F. Engels, Sul materialismo storico , Roma, Edizioni Rinascita, 1951, pp. 43-45* “ P* 133- 20 Contrat sociali una delle opere principali di Jean Jacques Rousseau (pubblicata nel 1762); sviluppa l’idea che qualsiasi regime sociale deve essere il risultato di un libero accordo, di un «contratto» fra gli uomini. Pur essendo'fondamen- talmente idealistica, la teoria del «contratto sociale», enunciata alla vigilia della rivoluzione borghese del XVIII secolo in Francia, assolse una funzione rivoluzionaria. Essa formulava le rivendicazioni della eguaglianza borghese, chiamava alla soppressione dei privilegi feudali e all'instaurazione della re- pubblica borghese. - P. 134. 21 K. Marx, // capitale , I, 2, ed. cit., 1952, p. 73 (nota 89), - P. 141. 22 La lettera di Marx alla redazione delle Otiecestvennye Zapiski risale alla fine del 1877, e fu provocata daH’articoio di Mikhailovski K. Marx sotto giudizio dinanzi al signor lu. Giukovski . Essa venne trascritta e inviata in Russia da Engels dopo la morte di Marx. A quanto attesta Engels, essa « circolò a lungo in Russia nelle copie manoscritte dell’originale francese e venne poi pubblicata in traduzione russa sul Viestnik Narodnoi Voli (n. 5), nel 1886, a Ginevra, e NOTE 53 1 più tardi anche in Russia. Questa lettera, come tutto ciò che usciva dalla penna di Marx, suscitò un vivo interesse nei circoli russi » (cfr. Soziales aus Russ- latid (Sulla società russa), pubblicato nel 1875 sul Voll^sstaat, e ripubblicato nel volume F. Engels, Internationales atts dem Volksstaat , Berlino, 1894. Per la traduzione italiana, cfr. Cose internazionali estratte dal Vol{sstaat , in Marx- Engels-Lassallc, Opere , Milano, Soc. Ed. «Avanti!», 1914, voi. IV). In Russia la lettera venne pubblicata per la prima volta sul hi ridicessi Viestnif{, 1 888, n. io. Cfr. anche nota 61. - P. 141. 23 F. Engels, Antidiihring , Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 160. - P. 14 1. 2-1 L’opera qui menzionata e L'ideologia tedesca. Scritta da Marx c da Engels ne- gli anni 1845-1846, giacque per decenni negli archivi della socialdemocrazia tedesca; fu pubblicata interamente in lingua tedesca per la prima volta nel 1932 daH’lMEL. Cfr. Die Deutsche Ideologie. Kntil [ der neuesten dcutschen Philosophie in ihren Repràsentanten, Feuerbach, B. Batter ttiid S timer, and des deutschen Sozialismus in seinen verschiedenen Propheten , Berlino, Dietz Verlag, 1953, pp. 664. La caratterizzazione di quest’opera riportata nella stessa pagina è tratta dalla «Nota preliminare» di F. Engels al suo scritto: Ludovico Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 9. - P. 142. 25 F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. io. - P. 143. 2G Organizzazione gentilizia 1 regime della comunità primitiva. La definizione classica del regime della comunità primitiva si trova in Stalin, Materialismo dialettico e materialismo storico : « Nel regime della comunità primitiva, la proprietà sociale dei mezzi di produzione costituisce la base dei rapporti di produzione. Ciò corrisponde, es- senzialmente, al carattere delle forze produttive in questo periodo. Gli utensili di pietra, e l’arco e le frecce apparsi più tardi, escludevano la possibilità di lot- tare isolatamente contro le forze della natura e contro le bestie feroci. Per raccogliere i frutti nelle foreste, per pescare, per costruire un’abitazione qual- siasi, gli uomini debbono lavorare in comune, se non vogliono morire di fame, 0 essere preda delle bestie feroci, o cadere in mano alle comunità vicine. Il lavoro collettivo conduce alla proprietà collettiva, sia dei mezzi di produzione, sia dei prodotti. Non si ha smeora nozione della proprietà privata dei mezzi di produzione, salvo la proprietà personale di alcuni strumenti di produzione, che sono in pari tempo armi di difesa contro gli animali feroci. Non esistono nè sfruttamento, nè classi » (cfr. Stalin, Questioni del leninismo-, Roma, Edi- zioni Rinascita, 1952, p. 667). Il libro di Morgan menzionato nel testo (p. 143) è intitolato Ancient Society (La società antica). - P. 146. 27 Sistema dei pomestie: sistema particolare di proprietà terriera feudale che in Russia viene instaurato verso la metà del XV secolo. A differenza della voteina , che è proprietà piena ed ereditaria del boiaro, il pomestie era un possesso con- dizionato c temporaneo deH’uomo d’arme nobile. La terra del pomestie veniva 35 “ 532 NOTE considerata proprietà del sovrano feudale e originariamente veniva data agli uomini d’arme in riconoscimento dei loro servizi neH’esercito o a corte. Gra- dualmente questo possesso divenne ereditario. A partire dalla metà del XVII secolo la differenza fra le due forme di possesso fondiario feudale va in Russia gradualmente scomparendo: i diritti feudali dei possessori di votdna e di po- mestie si eguagliano. Con Pietro I il pomestie diviene definitivamente proprietà privata dei signori feudali. - P. 148. 28 Associazione internazionale degli operai : la I Internazionale, fondata a Londra da Marx nelPautunno del 1864. Guidata da Marx e da Engels, l’Internazionale diresse la lotta economica e politica degli operai dei vari paesi rafforzando la solidarietà internazionale, combattè contro gli anarchici proudhoniani, i bakuninisti e le altre organizzazioni antimarxiste. La I Internazionale cessò di esistere nel 1872. La sua importanza storica risiede nel fatto che essa « aveva gettato le fondamenta dell'organizzazione internazionale degli operai per la preparazione del loro assalto rivoluzionario contro il capitale » (cfr. La III Internazionale e il suo posto nella storia , in Lenin, L’fnternazionale comunista , Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 66). - P. 151. 20 V. Burenin : collaboratore del giornale reazionario Novoie Vremia , noto ca- lunniatore^ combattè ferocemente contro i rappresentanti di tutte le correnti pro- gressive del pensiero sociale. Lenin si serve del suo nome per indicare i me- todi polemici disonesti. - P. 152. 30 Novoie Vremia (Tempi nuovi): giornale; si pubblicò a Pietroburgo dal 1868 all’ottobre del 1917. Appartenne a diversi editori e mutò ripetutamente il suo orientamento politico: da principio liberale moderato, divenne, dopo il 1876, l'organo della nobiltà e dalla burocrazia reazionaria. Sovvenzionato dal go- verno zarista, il giornale cominciò a lottare non solo contro il movimento ri- voluzionario, ma anche contro il movimento liberale e borghese. Dopo il 1905 divenne uno degli organi dei Cento neri. In un articolo pubblicato il 4 febbraio 1894 Burenin aveva lodato N. K. Mikhailovski per la sua lotta contro i marxisti. - P. 154. 31 F. Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, ed. cit., p. 9. - P. 157. 32 K. Marx, // capitale , I, 1, ed. cit., p. 21. - P. 158. K. Marx, Un carteggio del 1843 e altri scritti giovanili , Roma, Edizioni Rina- scita, 1954, pp. 38-40, passim. La lettera fu pubblicata per la prima volta in russo nel Sozial-Demokrat, ras- segna politico-letteraria del gruppo «Emancipazione del lavoro». - P. 158. 34 L'esposizione sistematica e l’ulteriore sviluppo del metodo dialettico marxista sono contenuti negli scritti di Lenin e di Stalin. Cfr., in particolare Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo , Edizioni Rinascita, Roma, 1953, e Materia- lismo dialettico e materialismo storico, in Stalin, Questioni del leninismo , ed. cit., p. 645-675. - P. 162. 35 ViestnH Evropy (Il messaggero d’Europa): rivista mensile, pubblicata a Pie- troburgo dal 1866 aH’cstate del 1918. La rivista propugnava le concezioni della borghesia liberale russa; a cominciare dagli anni novanta condusse una lotta sistematica contro il marxismo. - P. 162. NOTE 533 36 L’autore della nota (I.K.-n) era I. I. Kaufman, professore all’Università di Pietroburgo. Marx giudicò quella nota una delle migliori esposizioni del metodo dialettico. Cfr. Poscritto alla seconda edizione del I libro del Capitale (I, i, ed cit., pp. 25-27). - P. 162. 37 F. Engels, Antidiihring , ed. cit., pp. 143-145. - P. 165. 38 Otiecestvennye Zapisfy (Memorie patrie): rivista mensile politico-letteraria, pubblicata a Pietroburgo dal 1820 al 1830 e dal 1839 al 1884. Tra gli anni quaranta e sessanta fu Porgano della democrazia rivoluzionaria ed ebbe tra i suoi collaboratori Bielinski, Cernyscevski, Nekrasov, Saltykov-Stcedrin, Eli- seiev ed altri. Negli anni settanta divenne organo dei populisti. Nel 1884 fu soppressa dal governo zarista. - P. 172. 36 Postoronni (Estraneo): pseudonimo di N. K. Mikhailovski. - P. 172. 40 Allusione ai seguenti principi formulati da Marx e da Engels nel Manifesto del partito comunista : « Le posizioni teoriche dei comunisti non poggiano affatto sopra idee, so- pra principi che siano stati inventati o scoperti da questo o quel rinnovatore del mondo. « Esse sono soltanto espressioni generali dei rapporti effettivi di una lotta di classe che già esiste, di un movimento storico che si svolge sotto i nostri occhi» (cfr. K. Marx-F. Engels, Manifesto del partito comunista , Roma, Edi- zione Rinascita, 1953, pp. 99-100). - P. 175. 41 F. Engels, Antidiihring (parie prima: Filosofìa ; capitolo IX: Morale e diritto . Le verità eterne ), ed. cit., p. 105. - P. 176. 4 - Allusione agli articoli di N. Mikhailovski A proposito della edizione russa di un libro di K. Marx ( Otiecestvennye Zapiski , n. 4, aprile 1872), e K. Marx sotto giudizio dinanzi al signor lu. Giu^ovs^i ( Otiecestvennye Zapiski, n. lo, ottobre 1877). - P- 179- 43 K. Marx, Un carteggio del 1843 e altri scritti giovanili, ed. cit., p. 40. - P. 182. 44 Allusione a S. N. Iugiakov, uno degli ideologi del populismo e dei dirigenti della rivista Russ^oie Bogatstvo . Le concezioni economico-politiche di questo populista (sulla valutazione della realtà economica russa, sulle sorti del capi- talismo in Russia, sulla disgregazione delle masse contadine, ecc.) furono cri- ticate da Lenin nella seconda parte del presente scritto di cui fino ad oggi non è stato rinvenuto nè il manoscritto nè l'edizione poligrafala. - P. 183. 45 Ple\hanov e il suo circolo : il gruppo « Emancipazione del lavoro », primo gruppo marxista russo, venne organizzalo a Ginevra nel 1883 da G. V. Ple- khanov e svolse una grande attività per diffondere il marxismo in Russia. Cfr. il giudizio sull’attività di questo gruppo e sulla sua funzione storica in Storia del PC ( b ) delPURSS. Breve corso, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1949, cap. I, - P. 192. 4fi Nota degli editori : poscritto alla prima edizione della prima parte di Che cosa sono gli e amici del popolo » ecc. « La seconda e la terza edizione in prepa- razione », menzionate nel poscritto, si riferiscono alla seconda e alla terza parte dell'opera. - P. 200. 534 NOTE 47 Poscritto alla presente edizione', poscritto alla seconda edizione della prima parte di Che cosa sono gli « amici del popolo » ecc., scritta nel luglio del 1894, - P. 201. ìuridiceski Viestni\ (Bollettino giuridico): rivista mensile di tendenze liberali borghesi; pubblicata a Mosca dal 1867 al 1892. - P. 206. 40 N. F. Annenski, Rapporto sulla situazione degli artigiani del distretto di Pa - vlovo , in Nigegorodskj. viestni\ paro\hodstva i promysclennosti (Messaggero della navigazione e dell’industria di Nizni-Novgorod), 1891, nn. 1, 2 e 3. P. 208. 50 E. M. Dementiev, Pabrì\a , cto ona daiot naseleniu ì ona u nievo beriot (La fabbrica. Che cosa essa dà e che cosa prende alla popolazione), Mosca, 1893. - P. 210. 51 1 «dati relativi ad alcuni distretti» sulla disgregazione delle masse contadine che Lenin menziona erano contenuti nella seconda parte (finora non reperita) del presente saggio Che cosa sono gli camici del popolo », ecc. La questione è stata poi elaborata particolareggiatamente da Lenin in Lo sviluppo del capitalismo in Russia (voi. 3 della presente edizione, in parti- colare il capitolo II). - P. 225. 52 Contadini cetvertnye : nella Russia zarista, categoria di ex contadini dello Stato discendenti dagli uomini d’arme di modesta condizione che, nei secoli XV-XVII, si erano stabiliti nelle regioni periferiche dello Stato moscovita. Per il loro servizio di vigilanza sulla frontiera questi coloni (cosacchi, soldati) ri- cevevano in godimento temporaneo o ereditario piccoli appezzamenti di terra di un certo numero di cetverti. A partire dal 1719 essi incominciarono a chiamarsi odnodvortsy (con un solo dvor , vale a dire un solo fuoco). Gli odnodvortsy un tempo usufruivano di vari privilegi ed avevano an- che il diritto di possedere contadini. Nel corso del XIX secolo essi ven- nero a poco a poco equiparati giuridicamente ai contadini. In base al decreto del 1866, la terra degli odnodvortsy (terra cctvertnaia) venne considerata come loro proprietà privata, trasmissibile ereditariamente ai membri delle loro fami- glie (contadini cetvertnye). - P. 227. 63 1 . A. Gurvic, Ekonomices\oe pologenie russai derevni (La situazione econo- mica della campagna russa). Questo saggio, che uscì in inglese a New York nel 1892, fu poi pubblicato in russo nel 1896. Il volume contiene pregevole ma- teriale documentario. - P. 228. 54 Cfr. Per la critica della filosofia del diritto di Hegel . Introduzione , in K. Marx, Un carteggio del 1843 ed scritti giovanili , ed. cit., p. 90. - P. 237. 55 Cfr. Raccolta di dati statistici sul governatorato di Mosca , voi. V, parte I, 1879, e: voi. II, 1878. - P. 245. 30 V. N. Grigoriev, Kustarnoie zamocnonogevoie proizvodstvo Pavlov s\ovo ru iona (L’industria artigiana delle serrature e dei coltelli nel distretto di Pavlovo), 1881; per l’opera di Annenski cfr. nota 49. - P. 251. NOTE 535 67 Land bill : leggi fondiarie approvate su proposta del ministro liberale inglese Gladstone negli anni settanta-ottanta del secolo scorso. Allo scopo di atte- nuare la lotta fra gli affittuari e i landlords (proprietari terrieri) e di pro- curarsi i voti degli affittuari, il governo Gladstone introdusse alcune insignifi- canti limitazioni all’arbitrio dei landlords , i quali espellevano in massa gli affittuari. Il governo prometteva anche di disciplinare la questione del paga- mento degli arretrati da parte degli affittuari, di creare speciali tribunali agrari per fissare (entro un periodo di 15 anni) un c giusto» canone d’affitto, ecc. Le leggi agrarie di Gladstone sono un esempio tipico di demagogia sociale della borghesia liberale, - P. 260. 68 Assicurazione operaia di Bismarc\\ assicurazione sociale degli operai in caso di mutilazione, malattia, invalidità e vecchiaia, introdotta in Germania dal go- verno Bismarck negli anni ottanta. L’assicurazione di Bismarck si esten- deva solo a una parte degli operai, mentre i fondi delle casse malattia erano costituiti per i due terzi da contributi degli operai e solo per un terzo da contributi degli imprenditori. Non essendo riuscito a schiacciare il movimento operaio con le sue feroci leggi contro i socialisti, Bismarck tentava di disgre- garlo con misere elemosine agli operai. Com’è noto, anche questa politica non ebbe successo. - P. 260. 69 Saltykov-Stcedrin, Liberal (Il liberale), in Opere scelte , 1937, pp. 195-198. - P. 263. 00 Nedielia (La settimana): settimanale liberal-populista; si pubblicò a Pietro- burgo dal 1886 al 1901. Il giornale lottava contro l’autocrazia e propugnava la cosiddetta teoria dei « piccoli fatti », vale a dire invitava gli intellettuali a ri- nunciare alla lotta rivoluzionaria e ad interessarsi di « cultura ». - P. 265. 01 Allusione a Herzen. Cfr. la lettera di Marx alla redazione delle Otieccstvcnnye Zapis\i, in Pcriepiska K. Marxa i F. Engelsa s russami politiceskimi deiate - Itami (Carteggio di C. Marx e F. Engels con uomini politici russi), Mosca, 1951, p. 221. Cfr. anche nota 22. - P. 268. 82 Sozialpolitisches Cenlralblatt (Bollettino di politica sociale): rivista dell’ala destra della socialdemocrazia tedesca, pubblicata a Berlino dal 1892 al 1895. - P. 274. 03 K. P. Pobìedonostscv : primo procuratore del Sinodo, reazionario estremo, ispi- ratore della politica di Alessandro III. - P. 275. 04 Si chiamavano « rettili » gli organi di stampa mercenari, vale a dire le riviste e ì giornali che erano sovvenzionati dal governo zarista e strisciavano davanti ad esso, - P. 277. 08 A. S. lermolotr. ministro dell’agricoltura e del demanio negli anni 1893-1905; svolse una politica di difesa dei residui del feudalesimo, facendosi interprete degli interessi dei grandi proprietari feudali. S. lu . Witte\ uno dei ministri più noti della Russia zarista; per lungo tempo (1892-1903) fu ministro delle finanze. Con le sue misure nel campo delle finanze, della politica doganale, delle costruzioni ferroviarie, ecc., tutte ne- gli interessi della grande borghesia, favorì lo sviluppo del capitalismo in Russia. - P. 278. 536 NOTE 66 La sezione russi della I Internazionale venne fondata a Ginevra all'inizio del 1870 da un gruppo di emigrati di tendenze populiste capeggiati da N. I. Utin. Suo organo era la rivista Narodnoie Dillo (La causa del popolo), che si pub- blicava a Ginevra, Il 22 marzo 1870 il Consiglio generale dellTnternazionale ac- colse la sezione russa nellTnternazionale stessa. Su richiesta della sezione, la sua rappresentanza in seno al Consiglio generale venne assunta da K, Marx, «Accetto con piacere l’impegno di cui mi onorate, proponendomi come vostro rap- presentante presso il Consiglio generale », scriveva Marx il 24 marzo ai mem- bri della sezione russa. I membri della sezione russa della I Internazionale appog- giarono Marx nella sua lotta contro gli anarchici bakuninisti, propagandarono' le idee rivoluzionarie deirintemazionalc* e si sforzarono di consolidare il le- game del movimento rivoluzionario russo con quello dell’Europa occiden- tale. - P. 281. 37 A. N. Engelhardt : pubblicista populista, largamente noto per i suoi esperi- menti agronomico-sociali e per l’organizzazione di una azienda modello nella sua proprietà di Batistcevo (governatorato di Smolensk) (cfr. le sue lettere Iz dcrevnì [Dalla campagna], 1882, edizione Sotsekghis, 1937). Tale azienda c stata caratterizzata da Lenin ne Lo sviluppo del capitalismo in Russia, capitolo III (voi. 3 della presente edizione), - P. 282. 33 Sozial-Demokrat: prima rivista dei socialdemocratici russi, rassegna politico- letteraria pubblicata dal gruppo « Emancipazione del lavoro » all’estero nel 1890-1892; complessivamente ne uscirono quattro fascicoli. Fu la prima ri- vista dei socialdemocratici russi. L’articolo N . G. Cernycevs^i di Plekhanov, ci- tato da Lenin, si trova nel primo fascicolo (1890, pp. 138-139). - P. 284. 69 Allusione al partito del Narodnoie Pravo, organizzazione clandestina degli intellettuali democratici, fondata nel 1893 con la partecipazione di ex membri del gruppo Narodnaia Volia\ nella primavera del 1894 quest’organizzazione venne distrutta dal governo zarista. L’organizzazione pubblicò due documenti programmatici; Nasustcni vopros (La questione essenziale) e un Manifesto. Per il giudizio dì Lenin sui membri del Narodnoie Pravo come partito poli- tico, cfr. pp. 310-313 del presente volume, e l’opuscolo I compiti dei socialde- mocratici russi (nella presente edizione, voi. 2, pp. 315-337). La maggior parte dei membri del Narodnoie Pravo entrò in seguito nel partito dei socialisti- rivoluzionari. - P. 295. 70 K. Marx, Il capitale , I, 3, ed. cit., pp. 223-224, passim. La citazione di Lenin è tratta daH'edizione russa del 1873. - P, 315. 71 Nik.-on (N. F. Danielson), Ocerki nascevo poreformennovo obsteestvennovo kjioziaìslva (Saggi sulla nostra economia sociale posteriore alla riforma), Pie- troburgo, 1938. - P. 318. 72 F. Engels, La questione delle abitazioni , Roma, Edizioni Rinascita, 1950, pp. 13, 19-20, passim. - P. 323. 73 K. Marx, // capitale , I, 3, ed. cit., p. 93. La citazione di Lenin è tratta dall’edi- zionc russa del 1872. - P. 323. 74 K. Marx, Miseria della filosofia , Roma, Edizioni Rinascita, 1949, p. 102. - 1'. ^5. NOTE 537 75 Cfr. Critica del programma di Gotha, in K. Marx-F. Engels, // partito e l’In- ternazionale, Roma, Edizioni Rinascita, 1 948» p. 238. - P. 325, 76 K. Marx, // capitale, I, 1, ed. cit., p. 28. - P. 334. 77 Dalla lettera di Marx a Ruge del settembre 1843. C£r. nota 43. - P. 335. 78 L'articolo II contenuto economico del populismo e la sua critica nel libro del signor Struve , scritto a Pietroburgo fra le fine del 1894 e l’inizio del 1895, è diretto contro il « marxismo legale ». La lotta di Lenin contro il « marxismo legale » ebbe una immensa im- portanza. « Come sempre accade nella storia — leggiamo nella Storia del PC (b) dell'URSS — ai grandi movimenti sociali si aggregano dei ” compagni di stra- da ” temporanei. Tra questi ” compagni di strada ” si trovano anche i co- siddetti " marxisti legali Quando il marxismo ebbe assunto un largo sviluppo in Russia, gli intellettuali borghesi incominciarono ad indossare l'abito marxi- sta. Essi facevano stampare i loro articoli nei giornali e nelle riviste legali, cioè permesse dal governo dello zar. Perciò fu dato loro il nome di ” marxisti legali ”, « I ” marxisti legali " lottavano a modo loro contro il populismo, ma cerca- vano di utilizzare questa lotta e la bandiera del marxismo per subordinare e adattare il movimento operaio agli interessi della società borghese, agli inte- ressi della borghesia. Della dottrina di Marx essi respingevano la parte essenziale, cioè la teoria della rivoluzione proletaria, della dittatura del pro- letariato. Il marxista legale più noto, Pietro Struve, decantava la borghesia, e invece di incitare alla lotta rivoluzionaria contro il capitalismo, invitava a M riconoscere la propria mancanza di cultura e a mettersi alla scuola del capi- talismo ”. 4 Nella lotta contro i populisti, Lenin riteneva ammissibili accordi tem- poranei coi ” marxisti legali ” allo scopo di utilizzarli contro i populisti, per pubblicare insieme, ad esempio, una raccolta di scritti contro quel partito. Ma nel contempo Lenin criticava molto aspramente i M marxisti legali ”, additan- done la sostanza liberale borghese. « Molti di quei ” compagni di strada ” dovevano divenire in seguito ca- detti (partito principale della borghesia russa), e, durante la guerra civile, delle guardie bianche in piena regola » (cfr. Stona del PC (b) dell'URSS. Breve Corso , ed. cit., p. 24). Lenin comprese subito la natura liberale-borghese dei « marxisti legali > e già nell’autunno del 1894 tenne, nel circolo marxista di Pietroburgo, una con- ferenza sul tema II riflesso del marxismo nella letteratura borghese, nella quale criticava aspramente le concezioni di Struve e degli altri e marxisti legali ». Il testo di quella conferenza servì di base per l’articolo II contenuto econo- mico del populismo e la sua critica nel libro del signor Struve , pubblicato (con lo pseudonimo K. Tulin) nella raccolta Materiali per la caratterizzazione del nostro sviluppo economico . La raccolta venne pubblicata con una tiratura di 2.000 copie da una tipografia legale neU’aprile del 1895. Il governo zarista ne vietò la diffusione e, dopo averla tenuta sotto interdizione per un anno intiero, la confiscò e la fece distruggere. Poterono essere salvate dalla distruzione solo un centinaio di copie, che furono diffuse clandestinamente fra i socialdemo- cratici a Pietroburgo e in altre città, fra l’altro a Tiflis. Quando Stalin nel 1898, mentre era ancora net seminario di Tiflis, criticò i capi della maggioranza dell’organizzazione georgiana ” Mesame Dosi ” — che 53 « NOTE faceva proprie le posizioni del « marxismo legale » ed era incline al naziona- lismo borghese — conosceva già gli scritti di Lenin e, in particolare, l’articolo Il contentilo economico del populismo , la cui lettura lo impressionò profonda- mente. « Devo vederlo a qualunque costo », disse Stalin quando lesse Tarticolo, come ricorda uno dei compagni che lo conobbero da vicino in quel periodo. Alla fine del 1907 l'articolo, col sottotitolo Riflessi del marxismo /iella letteratura borghese, venne pubblicato nella raccolta In 12 anni. Nella prela- zione Lenin sottolineava fra l’altro che l’articolo era nato dalla sua con- ferenza dell’autunno del 1894 e che, inoltre, poteva considerarsi una specie di prospetto dei suoi scritti economici posteriori (soprattutto del libro Lo sviluppo del capitalismo in Russia). - P. 341. 70 Trucl^-system: sistema di remunerazione degli operai a mezzo di merci degli spacci istituiti nelle fabbriche e appartenenti ai fabbricanti. 1 padroni costrin- gono gli operai a ricevere, in luogo del salario in denaro, generi di con- sumo di cattiva qualità e a prezzi elevati. Questo sistema, che è un mezzo supplementare di sfruttamento degli operai, in Russia era particolarmente dif- fuso nei distretti in cui fiorivano le industrie artigiane. P. 352. Mosì^ovskje Viedomosti (Notizie di Mosca): uno dei piu vecchi giornali russi. Pubblicato dapprima (dopo il 1756) dall’Università di Mosca come un modesto foglietto, negli anni sessanta assunse un orientamento monarchico e nazionali- stico e sostenne le opinioni degli strati più reazionari dei proprietari nobili e del clero. Dopo il 1905 diventò uno degli organi principali dei Cento neri. Cessò le pubblicazioni dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Viest (Notizie), giornale reazionario delta nobiltà: si pubblicò negli anni sessanta e settanta del secolo scorso. - P. 355. 81 Dittatura del cuore: venne così denominata, ironicamente, Teffimera po- litica di lusinghe verso i liberali del dignitario zarista Loris-Melikov, che nel 1880 era stato nominato, prima capo della «Commissione superiore ammini- strativa » per la lotta contro il « sovversivismo », poi ministro degli interni. Tale politica si prefiggeva lo scopo di portare la borghesia liberale a schierarsi al fianco dello zarismo e di eliminare i sentimenti di opposizione che si erano manifestati in seno alla stessa borghesia liberale sotto l’influenza del movi- mento rivoluzionario che si stava sviluppando nel paese. - P. 359. 82 Cfr. le opere di G. Uspenski, specialmente i racconti e bozzetti Iz dereviens\ovo dnìevni\a (Da un diario di campagna), Kniz\a cc\ov (Il libretto degli assegni), Risma s doroghi (Lettere da un viaggio), Neporvannye sviazi (Legami indis- solubili), Givye tsijry (Cifre vive). - P. 387. 88 II signor Coupon: espressione in uso nella letteratura degli anni ottanta e novanta per designare il capitale e i capitalisti. L’espressione « il signor Coupon » venne coniata dallo scrittore Gleb Uspenski nei bozzetti Grìe\hi tiazkje (Peccati gravi) (pubblicati per la prima volta sulla rivista Russ\ata Mysl , 1888, n. 12). P. 393- 84 Rcgierungsrat (consigliere di Stato): allusione aU’economista tedesco baione A. Haxthausen, il quale negli anni quaranta aveva visitato la Russia e de- scritto particolareggiatamente la comunità contadina russa nel suo libro Studien iiber die inneren Zìislande, das Vol\slebcn und insbesondere die làndli - NOTE 539 chcn Fnrichtungen Russlands (Studi sui rapporti interni, sulla vita del popolo e in particolare sulle istituzioni agrarie della Russia), Hannover, 1847; Berlino, 1852. « La proprietà comunista dei contadini russi — scrisse Engels — ... venne scoperta dal prussiano Haxthausen ». (Cose intemazionali estratte dal Volksstaat , ed. cit.); inoltre Haxthausen esaltava la Russia dei tempi di Nicola I, veden- dovi una superiorità rispetto all'Europa occidentale nel fatto che in essa non esisteva la «piaga della proletarizzazione». - P. 401. 85 Dovendo tener conto della censura, Lenin non poteva richiamarsi direttamente agli scritti marxisti pubblicati dal gruppo «Emancipazione del lavoro», e rin- via quindi il lettore all’opera di V. V. (Vornntsov), Orerai teoreticeskoi c\ono- mii (Saggi di economia teorica) (Pietroburgo, 1845), dove, a pp. 257-258, viene citato largamente l’articolo di Plekhanov Vnutrenneie obozrenie (Panorama interno), pubblicato sul Sozial-Demokrat , n. 2, agosto 1890. - P. 404. 80 Mirtov: pseudonimo di P. L. Lavrov (1823-1900), uno degli ideologi del po- pulismo degli anni settanta, memhro dell'associazione clandestina popu- lista Zemlia i volta (Terra e libertà) e, in seguito, del partito Narodnaia Velia (Libertà del popolo); negli anni settanta propugnò l’« andata al popolo ». Mirtov fu il fondatore dell'idealistica « scuola soggettivistica » nel campo della sociologia. - P. 409. 87 K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte , Roma, Edizioni Rinascita, 1054, p. no. - P. 426. 88 F. Engels, Anlidtìhring , ed, cit. p. 108. - P. 429. 80 K. Marx, il rapitale, I, 1, cd. cit. p. 98, nota 38. - P. 429. 90 Nane rafie: «piccoli distretti territoriali, dodici in ogni tribù», nell’antica re- pubblica ateniese; « ogni naucrarìa doveva fornire, armare ed equipaggiare una nave da guerra, e fornire due cavalieri » per le esigenze militari dello Stato (rfr. F. Engels, L 'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato . ed. cit., pp. t t 5, 119). - P. 431. 91 K. Marx. La guerra civile in Francia , Roma, Edizioni Rinascita, 1950, e II 18 brumaio di Luigi Bonaparte, ed cit. La citazione di Lenin ò tratta da 7/ 18 brumaio fp. 55). - P. 432. 92 F. Engels, Antiduhring, ed. cit., p. 127. - P. 432. 03 K. Marx, il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, ed. cit., p. 8. L'opera di Proudhon menzionata da Lenin è La revolution sociale demontrèe par le coup d'état du 2 décembrey Parigi, 1852. - P. 438. 94 Leìbkom panie: titolo onorifico conferito ad una compagnia di granatieri del reggimento della Guardia Preobragenski nel 1741 dalla imperatrice Elisabetta Petrovna in occasione della sua incoronazione. I membri di questa compagnia ricevettero donazioni di terre a titolo di pomcstic , franchige e privilegi d’ogni genere. L’appellativo fu messo in circolazione nella letteratura dal noto scrittore satirico russo Saltykov-Stccdrin nei suoi Poscc\honsl{ie rasskazy (Racconti di Poscekhon). - P. 439. 540 NOTI- 95 K. Marx. // capitale , II, i, ed. cit,, pp. 122-123. - P. 450. 96 K. Marx-F. Engels, Manifesto del partito comunista , ed. cit., pp. 98-99. - P. 452. 97 Programma di Gotha\ programma del Partito socialdemocratico tedesco, appro- vato nel 1875 al Congresso di Gotha all'atto dell’unificazione dei due partiti socialisti che finallora erano esistiti, separati l'uno dall’altro, in Germania: eise- nachiani (diretti da Bebel e Liebknecht c sotto l’influenza ideologica di Marx e di Engels) e lassalliani. Si trattava di un programma profondamente opportuni- stico, giacche gli eisenachiani in tutte le questioni principali avevano fatto con- cessioni ai lassalliani, approvando le loro formulazioni. Marx ed Engels sotto- posero il programma di Gotha a una critica demolitrice: cfr. Per la critica del programma di Gotha> in K. Marx-F. Engels, Il partito c l'Internazionale , ed cit., pp. 221-245. - P. 455. 98 K. Marx, Il 18 brumaio dì Luigi Bonaparte, ed. cit., pp. 48-49. - P. 461. 99 K. Marx, // capitale , I, 3, ed. cit., 1952, p. 82. - P. 466. 100 K. Marx, Il capitale , I, 3, ed. cit., 1953, p. 204 - P. 478. 101 Ivi, pp. 93-94. - P. 479. 102 Ivi, p. 208. - P. 486. 103 Ivi, pp. 201-203. " I 3 ' 486. 104 K. Marx, Das Kapita\ y Dritter Band, Berlin, Dictz Verlag, 1949, p. 666. La cita- zione di Lenin è tratta dalla seconda parte, p. 157 deU’edizionc tedesca del 1894. - P. 504. 105 Darstvenniki (o darstvennye hjrestianie , contadini della donazione): contadini già servi, che, al tempo della riforma del 1861, ricevettero gratuitamente (in russo « darom », ossia senza riscatto) dal signore un misero lotto ( nadiel ) pari appena ad un quarto del cosiddetto nadiel contadino « superiore » n « ufficiale », vale a dire fissato dalla legge. Dì tutta la parte restante dei pre- cedenti nadiel contadini s’impadronì il signore, che, anche dopo rabolizione della servitù della gleba, continuava a tener asserviti i suoi contadini « darstvennye » spossessati della loro terra. - P. 507. 106 Lenin ha elaborato particolareggiatamente questa questione nel suo libro Lo sviluppo del capitalismo in Russia (voi. 3 della presente edizione). - P. 515. CRONACA BIOGRAFICA io (22) aprile agosto 21 ( 2 4 Ì gennaio i (13) marzo 8 (20) maggio 10 (22) giugno fine di giugno 13 (25) agosto settembre-novembre 4 (16) dicembre 5 (tj) dicembre 1870 Nasce a Simbirsk (oggi Ulianovsk) V.I. Ulianov (Lenin), fondatore del bolscevismo. 1879 Lenin entra nel ginnasio classico di Simbirsk. 1886 Muore I.N. Ulianov, padre di Lenin. 1887 Arresto di A.I. Ulianov, fratello maggiore di Lenin, per aver partecipato a un attentato contro Alessandro III. Esecuzione capitale di A.I. Ulianov e degli altri condannati per l’attentato contro Alessandro IH. Lenin termina il ginnasio di Simbirsk ricevendo la meda- glia d’oro» La famiglia Ulianov si trasferisce a Kazan. Lenin entra all’Università di Kazan. A Kazan partecipa all’attività di un circolo di studenti* ri- voluzionari. Partecipa a una riunione di studenti dell’Università di Kazan. Arrestato per la sua partecipazione al movimento rivoluzio- nario degli studenti, viene espulso dall’università. 544 CRONACA BIOGRAFICA 7 (i 9) dicembre Viene confinato nel villaggio di Kokusckino sotto la sorve- glianza segreta della polizia. 1888 23 settembre ( 5 ottobre) Il dipartimento di polizia nega a Lenin l’autorizzazione a recarsi all’estero « per continuare gli studi ». inizio di ottobre Lenin riceve l’autorizzazione a ritornare dal villaggio di Kokusckino a Kazan, dove si trasferisce nuovamente anche tutta la famiglia Ulianov. autunno Studia il Capitale di Marx, aderisce al circolo marxista or- ganizzato da N.E. Fedoseiev. 1889 3-4 (25-16) maggio Si trasferisce da Kazan nel governatorato di Samara, in una fattoria presso il villaggio di Alakaicvka. 14 (26) giugno Riceve la notizia che gli è stata negata l’autorizzazione a recarsi all’estero « per motivi di salute ». 13 (25) luglio Arresto di N.E. Fedoseiev e dei membri dei circoli marxisti da lui organizzati a Kazan, compresi gli aderenti al circolo di cui faceva parte Lenin. 11 (23) ottobre Lenin si trasferisce a Samara. 1890 fine del 1889 primi mest del 1890 Continua, a Samara, lo studio delle opere di Marx e di En- gels; traduce il Manifesto del partito comunista , che viene poi letto nei circoli clandestini di Samara (questa traduzione non si è conservata). Conosce A.P. Skliarenko e si dedica alla propaganda del marxismo fra i giovani di Samara. 17 (29) maggio Riceve l’autorizzazione a sostenere come esterno gli esami presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pietro- burgo. fine di agosto (inizio di settembre) Primo viaggio di Lenin a Pietroburgo in vista degli esami presso quella Università. 26 agosto 1 settembre Durante il viaggio per Pietroburgo Lenin sosta a Kazan. (7-13 settembre ) 2 4 ottobre (5 novembre) Ritorna da Pietroburgo a Samara. CRONACA BIOGRAFICA 545 4-24 aprile (16 aprile 6 maggio) 1 7 (29) maggio estate - inizio di settembre 16 (28) settembre - 9 (21) novembre 12 (24) novembre T4 (26) gennaio io gennaio (11 febbraio) 2 3 luglio ( 4 agosto) estate del 1892- i n verno del 1892-1893 primavera-estate fine di agosto (inizio di settembre) 31 agosto (12 settembre) 3(15) settembre 2 5 settembre ( 7 ottobre ) 1891 Sostiene gli esami presso la facoltà di giurisprudenza del- l’Università di Pietroburgo (sessione primaverile). Ritorna a Samara. Vive a Samara e in una fattoria nei pressi del villaggio di Alakaìevka. Sostiene gli ultimi esami presso l’Università di Pietroburgo (sessione autunnale). Ritorna a Samara. 1892 Riceve dalla Direzione del circondario scolastico di Pietro- burgo il diploma di laurea di primo grado. Per decisione del tribunale circondariale di Samara Lenin viene iscritto nelle liste degli assistenti avvocati giurati. Ottiene la facoltà di trattare cause in tribunale. Scrive alcune relazioni nelle quali critica le concezioni dei populisti e le legge nei circoli clandestini. Queste relazioni costituiscono il materiale preparatorio per lo scritto Che cosa sono gli « amici del popolo » e come lottano contro i social- democratici? 1893 Attorno a Lenin si forma il primo circolo marxista di Sa- mara (A. P. Skliarenko, I. Kh. Lalaiants). Lenin prepara e legge nel circolo l’articolo Nuovi spostamenti economici nella vita contadina ( a proposito del libro di V.E. Postmfov), Durante il viaggio da Samara a Pietroburgo sosta a Nizni- Novgorod e conosce i marxisti locali. Giunge a Pietroburgo. Si iscrive come assistente avvocato di M.F. Volkenstein. Si reca a Vladimir per incontrarsi con N.E. Fedoseiev. L’in- contro non avviene perchè Fedoseiev non è stato ancora ri- lasciato dal carcere. 36 - 572 CRONACA BIOGRAFICA 54 6 autunno autunno e inverno i8gs-t8g4 inizia di gennaio 9 (21) gennaio gennaio marzo-giugno prima metà dell anno 14 (26) giugno luglio 27 agosto (8 settembre ) A Pietroburgo Lenin entra nel circolo marxista degli studenti di tecnologia (S.I. Radcenko, V.V. Starkov, P.K. Zaporogets, G.M. Krgigianovski e altri); in una riunione del circolo critica la relazione di G.B. Krasin intitolata La questione dei mercati. Scrive la relazione A proposito della cosiddetta questione dei mercati e la legge nel circolo. Lenin prende contatto con gli operai d’avanguardia delle fabbriche e delle officine di Pietroburgo (V.A. Scelgunov, I.B. Babusckin e altri). Le relazioni di Lenin producono una forte impressione sui membri dei circoli marxisti di Pietroburgo. La conoscenza straordinariamente approfondita della dottrina di Marx, la capacità di applicare creativamente il marxismo alla situa- zione economica e politica della Russia, la fede ardente, in- crollabile nella vittoria della causa operaia, il genio orga- nizzativo fanno di Lenin il dirigente riconosciuto dei mar- xisti di Pietroburgo. 1894 Profittando deile vacanze invernali, Lenin si reca a Mosca. Prende la parola, nel corso di una riunione clandestina a Mosca, contro il populista V.V. (VP. Vorontsov), confu- tandone le posizione teoriche. Visita Nizni-Novgorod e nel circolo marxista legale legge una relazione sul libro di V.V. Le sorti del capitalismo in Russia. Ritorna a Pietroburgo, dove dirige il gruppo dei socialdemocratici della città e il circolo operaio centrale, dirige l’attività di studio dei circoli operai nel quartiere oltre la Nevskaia Zastava e in altri rioni. Scrive Che cosa sono gli « amici del popolo » e come lottano contro i socialdemocratici ?, la cui prima parte viene pubbli- cata a Pietroburgo in primavera. In un circolo marxista di Pietroburgo tiene una relazione nella quale esamina criticamente il libro Le affittanze con • tadine di terre fuori dei nadiel del populista N. Karyscev. Parte per andare a trascorrere l’estate a Mosca, presso la famiglia, e per recarsi per un certo periodo a Samara. A Pietroburgo esce la seconda edizione della prima parte dell’opera Che cosa sono gli « amici del popolo » e come lottano contro ì socialdemocratici? Ritorna da Mosca a Pietroburgo. CRONACA BIOGRAFICA 547 fine d'agosto (prima metà di settembre ) settembre ottobre autunno dopo il 24 dicembre ( dopo il 5 gennaio) fine del 1894- inizio del 1895 Esce a Gorki, governatorato di Vladimir, la prima edizione della seconda parte e la terza edizione della prima parte del- l’opera Che cosa sono gli « amici del popolo » e come lottano contro i socialdemocratici? Esce a Pietroburgo la prima edizione della terza parte e la quarta edizione della prima parte dell’opera Che cosa sono gli « amici del popolo » e come lottano contro i socialdemo- cratici? In un circolo marxista di Pietroburgo Lenin legge Che cosa sono gli « amici del popolo » e come lottano contro i social- democratici? In una riunione del circolo marxista di Pietroburgo legge la relazione II riflesso del marxismo nella letteratura borghese , nella quale critica aspramente le deformazioni borghesi del marxismo contenute nel libro di Struve Note critiche sulla questione dello sviluppo economico della Russia, Con l’attiva collaborazione dell’operaio I.V. Babusckin redige un manifesto indirizzato agli operai dell’officina Semianni- kov a proposito delle agitazioni verificatesi in quella azienda: è il primo manifestino d’agitazione dei marxisti russi. Scrive il contenuto economico del populismo e la sua cri- tica nel libro del signor Struve . INDICE DEI NOMI Abele - 486. Annenski, N. F. - 208, 251. Arakeeiev, A. A. - 294, Arseniev, K. I. - 471. Baranov, N. M. - 265. Bielov, V. D. - 337. Bismarck, O. - 260. Bloss, W. - 140, 158. Bright, J. - 486. Burcnin, P. V. - 151, 154, 181, 185, 2 73* Caino - 486. Cernyscevski, N. G. - 265, 268, 273, 274, 283-285. Cicerin, B. N. - 361, 489. Darwin, Ch. - 128, 136, 137, 143. Dementiev, E. M. - 210. Duhring, E. - 144, 160-162, 165-171, 176, 1 8 1 , 429. Engelhardt, A. N. - 282, Engels, F. - 101, 141-146, 153, 158, 160, 162, 165, 166, 1 68, 170, 1 7 j, 175- 177, 179, 180, 322, 416, 429-432, 458, Fawcctt, H. - 486. Galvani, L. - 159. Giano - 519. Giukovski, I. G. - 129, 166, 167, 171. Gladstone, W. E. - 260. Goethe, J. W. - 264. Gogol* N. V. - 99. Golovacev, A. A. - 461. Golovin, K. F. - 518. Golubev, P. A. - 483. Grigoriev, V. N. - 228, 251. Grigorov - 228. Gurvic, I. A. - 227, 257. Hegel, G. - 132, 159- 1 62, 164-166, 168. Herzen, A. I. - 265, 274. Iakovlev, A. V. - 411, 46(1. languii, I. I. - 5^. Iermolov, A. S. - 277, 293. Isaiev, A. A. - 215. Iugiakov, S. N. - 48, 127, 184, 200, 205, 209, 220, 230, 238, 240, 246, 260, 262, 283, 292, 358, 376, 393» 412, 413, 415» 435» 439» 481» 519, 522. Kablukov, N. A. - 245, 354. Kareiev, N. I. - 138. Karyscev, N. A. - 4, 14, 16, 19» 238, 254» 255, 259, 479* Kautsky, K. - 128, 153» 158» ^5» 3^6. Kazi, M. I. - 337- Kharizomenov, S. A. - 206, 207. Klopstock, F. G. - 129. Korolenko, S. A. - 320» 3 2I > Kosic, A. A. - 265. Krylov, I. A. - 155, 298. Krivenko, S. N. - 127, 200, 205-207, 2 1 1 , 219-223, 225, 229-233, 238, 240- 242, 246, 247, 249, 253-255, 258, 261, 264, 267, 268, 271, 273-276, 280 2M2, 3f3, 318, 323, 358, 39°> 550 INDICE DEI NOMI Lange, F. A. - 466-471, 47 8, Lavrov, P. L. - V. Mirtov. Lessing, G. E. - 129. Licbknecht, W. - 301* List, G. F. - 448. Malthus, T. R. - 462, 473, 482. Manilov - 328. Mario (pseudonimo di K. Winkelble- cher) - 252, Marx, K, - 71, 72, 76, 78, 80-82, 94, too, 127-132, 135-138, 140-148, 151, 153» I57'i72» 174-176, 179-185, 187, I 9 1_I 94> 21 °» 218, 237, 257, 267-269, 2 96, 3i3'3i6, 321-326, 329, 334, 335, 390, 415, 416, 422, 423, 426, 427, 4 2 9-43 2 * 438> 44 1 > 44 2 , 450-452, 455, 466, 467, 470, 471, 478, 481, 486, 503, 510, 513, 514. Mayer, S. - 157. Mcndelciev, D. I. - 361. Mikhailovski, N. K. - 127, 129-132, 137-162, 164-167, 170-172, 174,179, 181, 183-185, 187, 190-200, 205, 206, 241, 257, 262, 266-272, 316, 324» 325. 334* 335* 363. 365. 376, 388, 408-413, 417, 422, 424-427, 429, 430, 433, 458, 466 (V. anche Posto- ronni). Mill, J. - 486. Mirtov (pseudonimo di P. L. Lavrov) - 408, 433. Morgan, L. H. - 143, 146. Morozuv, T. S. - 337. Naidenov - 337. Napoleone Bonaparte - 164. Nekrasov, N. A. - 259. N.-on, Nik.-on, Nikolai-on (pseudoni- mo di Danìelson N. V.) - 95, 97, 104, 118, 119. 215, 239, 274, 276, 3i3'32i, 323» 324, 328-331. 354. 407. 435. 461, 466, 477'48o, 482-489, 493. 495. 499» 501-504. 513* Orlov, V. I. - 244, 245. Plekhanov, G. V. - 179. 192, 193» 221, 275, 284, 293. Pliusck.in - 99. Postnikov, V. E. - 3-10, 12, 14, 16, 18, 20, 21, 24-26, 29-36, 38, 40-52, 54-56, 58-60, 63-68, no, III, aRfl. 496. Postoronni (pseudonimo di N. K. Mi- khailovski) - 172. Proudhon, P. J - 138, 429, 430, 438. Rogers, J. - 486. Rothschild - 514. Rousseau, J. J. - 170. Ruge, A. - 158. Saltykov, M. E. - 262, 439, 444. Senior, N. W. - 82. Sieber, N. J. - 218. Simme!, G. - 424. Skvortsov, A. I. - 197, 489-491, 520. Slonimski, L. Z. - 56, 328, 329. Smith, A. - 514. Smith, G. - 486. Sombart, W. - 433. Stcedrin - V. Saltykov M. E. Stcerbina, F. A. - 220-226, 230, 462, 463. Struve, P. B. - 274-276, 313, 314, 317, 318, 328-331, 343, 344, 350, 358, 359. 363. 365. 388, 397, 404, 418, 420, 421, 424, 425, 428-433, 435-439, 441, 442, 444, 447, 448, 450, 452, 453» 455» 458-466, 471-473» 475. 477-480, 482-487, 489, 493'497. 499* 505, 509-520, 522. Suvorin, A. S. - 354. Trirogov, V. - 54. Tverskoi - 95. Uspenski, Gl. - 259, 346-348, 355, 387. V. V. (pseudonimo, di Vorontsov V. P.) 4, 101, 103, 120, 155, 244, 255, 258, 266, 271, 292, 315, 353, 354, 359. 37o, 395» 405» 435. 439» 443» 461, 480, 482, 509-511» 5i3-5i5> 521. Vasilcikov, A. I. - 239, 371, 461. Vernadski, I. V. - 361. Verner, K. A. - 19. Volghìn - 284. Vorontsov V. P. - Vedi V. V. Winkelblecher, K. - V. Mario. Witte, S. I. - 278. Zlatovratski, N. N. - 346. INDICE DEI GIORNALI E DELLE RIVISTE Ittridiccskì V test ni\ (Bollettino giuridi- co) - 206, 267, 268. Moskovskie Viedomosti (Notizie di Mo- sca) - 354, 413, 520. Narodnoic Pravo (Il diritto del popolo) 336 ' 339 - Ncdiclia (La settimana) - 265, 359, 370, 395» 435» 521- Novoìe Vremia (Tempi nuovi) - 154, 265, 344- Otiecestvennye Zapisbj (Memorie patrie) - 172, 174, 185» 252, 257, 286, 321, 346, 407, 454» 514- Ruspata Mysl (Il pensiero russo) - 48, 185, 218, 246, 257» 5M- Russkpic Bogatstvo (La ricchezza rus- sa) - 127, 130, 144» 152, 153» 159» 183, 184, 188, 198, 200, 201, 238, 242, 250, 252, 254, 257, 259, 260, 262, 263, 265, 267, 275-277, 289, 314» 321» 323» 328, 345. 358» 365. 366, 371» 378, 407» 435» 449* 458, 461, 481, 519- Sieverni Vicstnil { (Il messaggero del Nord) - 228. SozialpoUtisches Ccntralblatt (Bolletti- no di politica sociale) - 274, 466. Sozìal -Dcmok/at (Il socialdemocratico) - 284. Vìest (Notizie) - 355, 359. Viestni{ Evropy (Il messaggero d 'Euro- pa) - 56* 95» 162. GLOSSARIO Ariel: Bar Sicilia: Ce t ceri: Desiati na: Freeholder: Khutor: Kula\: Mir: Nadicl: Obro\: 0 organizzazione economica volontaria» di tipo corporativo- cooperalivo, della Russia zarista, costituita anche allo scopo di migliorare le condizioni d’ingaggio degli associati come salariati; aveva breve durata (anche una sola stagione) ed era priva di personalità giuridica; 2) cooperativa artigiana di produzione. lavoro obbligatorio gratuito che il contadino eseguiva sulle terre signorili al tempo della servitù della gleba {corvée), circa mezza desiatina, ha. 1,092. contadini liberi dell’Inghilterra feudale, che avevano un appez- zamento non sottoposto ad obblighi feudali. piccola proprietà terriera fuori dell’abitato, costituita da un appczzamento con casa ed accessori. contadino agiato che impiegava lavoratori a salario 0 li sfruttava con contratti usurati. 1) comunità di villaggio, lo stesso che obstcina\ 2) assemblea dei membri deWobstcina. lotto di terra che la famiglia contadina aveva ricevuto in godi- mento all'epoca feudale, destinato a fornirle la sussistenza ne- cessaria in modo che essa potesse eseguire gratuitamente il lavoro sulle terre dell'azienda signorile. Questo lotto la riforma del t86i Io assegnò alla famiglia stessa, dopo averne stralciato una parte considerevole a favore dei proprietari fondiari ( otrczki ). una delle forme fondamentali di sfruttamento dei contadini da parte dei signori feudali al tempo della servitù della gleba, per cui il signore percepiva dai contadini un introito in natura 0 in 554 Ob steina: Otì'abot\i: Fotv.es tic: Raznocintsy : S\npstci{: Sagcn ; S\o piscina: Volost: Voteina: Zemstvo l Zems\i Sobor: GLOSSARIO denaro. Il termine serviva anche a indicare lo stesso introito del signore feudale. (letteralmente comunità) organizzazione contadina di villaggio, a carattere amministrativo e di casta, per i cui membri vigeva, per ciò che concerneva il fisco, il principio della responsabilità col- lettiva; i membri deWobstcina, inoltre, possedevano la terra in comune, senza alcun diritto di proprietà sugli appezzamenti coltivati. lavoro obbligatorio per il proprietario fondiario dopo l’abolizione della servitù della gleba; poteva essere convcrtito nel versamento di una quota parte dei prodotti della terra, o assumere la forma di vere e proprie prestazioni gratuite per la terra ceduta ai con- tadini, per gli usi civici, ccc. Cfr. nota 27. nella Russia del XIX secolo, elementi intellettuali della borghesia liberale democratica, non appartenenti alla nobiltà e provenienti dagli strati borghesi e piccolo-borghesi (clero, burocrazia, con- tadini). 1) accaparratore, speculatore; 2) nella Russia prerivoluzionaria, imprenditore che fornisce al- l’artigiano le materie prime, ausi Ha rie ecc., accaparrandosi poi i prodotti finiti. vecchia misura russa ~ m. 2,134. particolare forma di affitto in natura, di carattere vessatorio, vi- gente in varie Zone della Russia, in base alla quale l’affittuario pagava al proprietario terriero, « dal mucchio » (in russo s k°P n y\ la metà e talvolta anche più della metà del raccolto, dandogli inoltre una parte del suo lavoro sotto forma di otra - botkj- circoscrizione territoriale rurale, la più piccola unità ammini- strativa della Russia zarista; più volost gravitanti attorno ad una città costituivano un uiezd (distretto). una delle forma del possesso fondiario feudale della Russia dei secoli XII-XVII, patrimorio ereditario, trasmesso di « padre in figlio ». Della voteina il proprietario poteva disporre a proprio piacere (alienarla, dividerla, ecc.). Cfr. nota 27. sistema delle istituzioni di autoamministrazione locale cui pote- vano accedere i soli elementi provenienti dalla borghesia e dalla nobiltà. nella Russia del XVI e XVII secolo, assemblea dei rappresen- tanti della popolazione per ceti, convocata per essere consultata dal governo (corrispondente agli Stati Generali), IMDICE Prefazione dell’Istituto M ai x -Engel s-Le nin alla quarta edizione russa Nota dell’editore I 1893 NUOVI SPOSTAMENTI ECONOMICI NELLA VITA CONTADINA . . 1-68 I- 3 II- 7 III. 24 IV. 36 V. 64 A PROPOSITO DELLA COSIDDETTA QUESTIONE DEI MERCATI . . 69 -I 2 I I. 7 I II. 72 III. 76 IV. 82 v. 86 VI- 93 VII. . . 102 Vili. . 118 1894 CHE COSA SONO GLI «AMICI DEL POPOLO» E COME LOTTANO CONTRO I SOCIALDEMOCRATICI I2 3'339 558 INDICE Parte I Nota degli editori 200 Poscritto alla presente edizione . . 201 Parte III 20 3 Appendice I 3°5 Appendice II 3*3 Appendice III 333 IL CONTENUTO ECONOMICO DEL POPULISMO E LA SUA CRITICA NEL LIBRO DEL SIGNOR STRUVE 34 [ " 5 2 3 Capitolo I - Glosse marginali alla « profession de foi » po- pulista 346 Capitolo II - Critica della sociologia populista • • • 4°7 Capitolo III - Come impostano le questioni economiche i po- pulisti e il signor Struve 43 ^ Capìtolo IV - La spiegazione di alcuni tratti deireconomia russa dopo la riforma nel libro del signor Struve 4^5 I 467 II \ ... 496 III 502 IV. 506 V. 510 VI. 518 Note 525 Cronaca biografica 541 Indice dei nomi 549 Indice dei giornali e riviste 551 Glossario 553 Tavole fuori testo I 2 '3 II 70-71 IH 204-205 ,v 342-343 Il presente volume è stato curato da A. Carpitella per la traduzione e da E. Fubini, A. Herzel, M. A. Manacorda, E. Robotti e I. Solfrini per la revisione redazionale. Finito di stampare nel marzo 1970 per conto degli Editori Riuniti S. p. A. Roma — Viale Regina Margherita, 290 dalla Tipo-litografia L. Chiovini » Roma 10102—612 1)11(01)— 74 6e3 o 5 t>hbji. XyAoiKecTBeHHbifl peAaKTop B. Koasqhoo TexuHMecKHtt peAaKTop T, lOpoea rioAnHcano k nenaTH 25/VI1 1974 r. KHOfl TOprOBJlH . MocKBa r-21, 3y6oBCKHtt ÓyAbBap. 21. flpoCAaBCKiiit nojiHrpacJiKOMÓHiiaT «CoioanojiHrpacÌjnpoMa» npn To- cyAapcTBeiiHOM KOMHTeTe CoeeTa Mhhhctpob CCCP no Ae/iaM 1l3AaTeAbCTB, nOAnrpa4>HH H KIIHWHOft TOprOBAH. 150014, JlpocAaBAb, yA. CboOoaw, 97.